(Il Vangelo secondo Luca – La Sacra Bibbia –  Cap. 1, 1-38 - Edizioni Paoline, 1968)
(Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 1,16 e 5– Centro Ed. Valtortiano)
(G.L.: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Capp. 64-25  -  Edizioni Segno)

2. La rivincita di Dio!
Fischia, o Satana, il tuo livore mentre Ella nasce. Questa Pargola ti ha vinto!
Prima che tu fossi il Ribelle, il Tortuoso, il Corruttore, eri già il Vinto…

 
Lc 1, 1-38:

Poiché molti si sono accinti a comporre una narrazione degli avvenimenti compiutisi in mezzo a noi, come ci hanno trasmesso coloro che fin da principio ne sono stati testimoni oculari e sono divenuti ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo aver fatto diligenti ricerche su queste cose fin dalle loro origini, narrarle per iscritto con ordine, per te, o nobile Teofilo, affinchè tu riconosca la verità degli insegnamenti che hai ricevuto.

Al tempo di Erode, re di Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, e sua moglie, delle figlie di Aronne, si chiamava Elisabetta.
Erano tutti e due giusti davanti a Dio; osservavano in maniera irreprensibile tutti i comandamenti e tutte le disposizioni del Signore. Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due avanzati negli anni.
Or, avvenne che mentre egli esercitava le sue funzioni davanti a Dio, nel turno della sua classe, secondo l’uso del servizio divino, fu scelto dalla sorte a bruciare l’incenso ed entrare così nel Santuario del Signore, mentre tutta la moltitudine del popolo stava fuori in preghiera, nell’ora dell’incenso.

Allora un Angelo del Signore gli apparve, in piedi, alla destra dell’altare dell’incenso.
Zaccaria si turbò a quella vista e fu preso da timore.
Ma l’Angelo gli disse: « Non temere, Zaccaria, perché la tua preghiera è stata esaudita. Tua moglie Elisabetta ti partorirà un figlio, al quale tu porrai nome Giovanni. Egli sarà per te motivo di gioia e di allegrezza e molti gioiranno per la sua nascita, perché sarà grande dinanzi al Signore. Non berrà vino né alcolici, ma sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre, e ricondurrà molti figli di Israele al Signore, loro Dio. Egli lo precederà con lo spirito e la fortezza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli, i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto ».
Zaccaria disse all’Angelo: «In quale maniera riconoscerò questo? Perché io sono vecchio e mia moglie è avanzata in età».
L’Angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto davanti a Dio, e sono stato mandato per parlarti e annunziare a te questa buona novella. Ecco, tu resterai muto e non potrai parlare fino a quel giorno in cui queste cose si compiranno, perché tu non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a suo tempo ».
Intanto il popolo stava aspettando Zaccaria ed erano meravigliati che si trattenesse così a lungo nel Tempio.
Quando uscì non poteva loro parlare, sicchè essi compresero che aveva avuto una visione nel Tempio, e faceva loro dei segni, ma rimase muto.
Quando furono compiuti i giorni del suo ministero, egli se ne ritornò a casa sua.
Qualche mese dopo Elisabetta, sua moglie, concepì e per cinque mesi si tenne nascosta e pensava: «Così ha voluto fare con me il Signore, quando volle togliere l’obbrobrio che avevo in faccia agli uomini ».

Sei mesi dopo, l’Angelo Gabriele fu inviato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, ad una vergine promessa ad un uomo chiamato Giuseppe, della casa di Davide.
Il nome della vergine era Maria.
L’Angelo, essendo entrato da lei, le disse: «Ave, o piena di grazia, il Signore è con te!».
Turbata a queste parole, ella si domandava che cosa significasse un tale saluto.
Ma l’Angelo le disse: « Non temere, Maria, perché tu hai trovato grazia davanti a Dio. Ecco tu concepirai nel tuo seno e darai alla luce un figlio, a cui porrai nome Gesù; egli sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Iddio gli darà il trono di Davide, suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine ».
Allora Maria disse all’Angelo: «Come potrà avvenire questo, se io non conosco uomo?».
L’Angelo le rispose: «Lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà della sua ombra; per questo il bambino che nascerà, sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anch’essa un figlio nella sua vecchiaia, e colei che era chiamata sterile è nel sesto mese; perché niente è impossibile a Dio ».
Allora Maria disse: « Ecco l’ancella del Signore si faccia in me secondo la tua parola ».
E l’Angelo si partì da lei.

 

2.1 Ma dì un po’…, com’è questa storia della verginità di Maria’?!

Rimango pensieroso a meditare su questo brano con il quale Luca dà inizio al suo racconto evangelico, racconto che appare evidente trarre la sua fonte di notizie dalla stessa Maria in persona.
Se era già stato scritto per primo il Vangelo di Matteo, e poi successivamente anche quello del binomio Marco-Pietro, Luca doveva essere da parte sua alla ricerca di un qualcosa in più e Maria dovette pensare di aiutarlo raccontandogli quegli episodi dell’infanzia di Gesù che solo lei poteva testimoniare.
In questo brano è l’episodio di Maria quello che mi colpisce, quello di quest’angelo che le si presenta, le fa la sua ambasceria e di Lei che si meraviglia perché … ‘non conosce uomo’, mentre l’angelo le risponde che ‘niente è impossibile a Dio’.
Narra la Valtorta, attraverso le sue visioni, che Maria – offerta dai genitori al Signore e vissuta dai tre anni in su al Tempio - vari anni dopo, quando i suoi genitori erano ormai morti, venne promessa in sposa a Giuseppe.
La cerimonia avviene a Gerusalemme, poiché lei era una delle vergini del Tempio.
Maria – giovinetta e leggiadra da non dire – indossa monili, appartenuti a sua mamma Anna e alla nonna paterna, che la cugina  Elisabetta aveva portato alla morte della madre da Nazareth a Gerusalemme tenendoli in serbo per Maria insieme al corredo.
Il Pontefice consacra la promessa di matrimonio, dopodichè, in una sala separata, viene regolarmente stipulato il contratto di nozze nel quale viene detto che Maria porta  in dote alla sposo la sua casa e annessi beni e il suo personale corredo e ogni altro bene ereditato dal padre.
Gli sposi escono, e si avviano verso un carro da viaggio trainato da un cavallo.
Maria ed Elisabetta salgono all’interno mentre Giuseppe e Zaccaria si mettono alla guida partendo al trotto.
Le mura del Tempio e la città si allontanano, essi entrano in aperta campagna e Maria – scostando ogni tanto la tenda del carro – sotto il suo velo piange piano piano, mentre guarda il Tempio e la città sempre più lontani, pensando certamente a tutti gli affetti lasciati.
Arrivano a Nazareth, tutti e quattro, e vengono accolti da una folla festante di amici e parenti accorsa per l’avvenimento.
Il carro si dirige al passo verso la casa di Maria, che lei non vede dalla infanzia, e Giuseppe le spiega che la casa non è più grande e bella come quella di una volta. Il padre Gioacchino morì infatti dopo una lunga e costosa malattia che lo obbligò a vendere i terreni, e la casa stessa è stata in parte demolita per far posto al passaggio di una strada costruita da Roma.
La parte di casa rimasta, ristrutturata e con il recupero di un locale interrato scavato contro la collina per farne un deposito di attrezzi, abbellita da un orto vasto, tutto in fiore perché è febbraio, è quella che attende ora Maria.
Giuseppe dice che lui lavorerà, facendo il falegname , e lei risponde che lo farà anche lei, lavorando di cucito.
Giuseppe si oppone, chiedendole di non volerlo mortificare e le propone invece di accudire la casa, tessendo e cucendo le cose di casa.
Accolti da altri parenti che li attendevano sulla soglia - Maria di Alfeo e suo marito Alfeo (fratello di Giuseppe) e genitori dei futuri apostoli Giacomo e Giuda d’Alfeo, essi entrano in casa mentre Giuseppe - tenendo per mano Maria - le mostra tutti quei particolari che lei doveva aver ormai dimenticato, incluso l’orto con il frutteto.
Maria è stanca per il lungo viaggio e i parenti se ne vanno – lasciandola sola – insieme a Giuseppe.
Mi è sembrato di capire che – sulla base delle usanze di quell’epoca – fosse previsto un certo periodo di ‘fidanzamento’, di separazione, prima che i promessi sposi potessero legittimamente consumare le nozze e vivere sotto lo stesso tetto.
Ed è dunque questa la casa dell’Annunciazione da parte dell’Angelo.
Come sarà successo? In quale forma le sarà apparso? Intendo dire, in carne umana dicendo magari ‘Io sono un angelo!’, oppure in forma ‘eterea’, così in quel caso lei non avrebbe avuto dubbi? Sarà apparso di colpo e poi scomparso di colpo lasciandola davanti ad un bel…niente, così da farle venire i dubbi che – anziché una visione – avesse avuto una immaginazione, insomma un sogno? Anzi sarà mica stato davvero un sogno e lei era a letto?
Credo che Voltaire se le sia chieste anche lui queste cose, anche se per lui non ne sarebbe valsa la pena, perché questi dei vangeli eran certo sogni, anzi…miti.
Vediamoci allora la Valtorta.

(M.Valtorta:‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap.16 – Centro Ed. Valtortiano)

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16.  L'Annunciazione.

8 marzo 1944.
Ciò che vedo.  Maria, fanciulla giovanissima, quindici anni al massimo all'aspetto, è in una piccola stanza rettangolare. Una vera stanza di fanciulla.  Contro una delle due pareti più lunghe è il giaciglio: un basso lettuccio senza sponde, coperto di alte stuoie o tappeti.  Si direbbe che sono stesi o su una tavola o su un traliccio di canne, perché stanno molto rigidi e senza curve come avviene nei nostri letti.  Contro l'altra parete, una scansia con una lucerna ad olio, dei rotoli di pergamena, un lavoro di cucito piegato con cura, pare un ricamo.
Di fianco a questa, verso la porta che è aperta sull'orto ma velata da una tenda che palpita ad un leggero vento, è seduta su uno sgabello basso la Vergine.  Fila del lino candidissimo e morbido come una seta.  Le sue piccole mani, solo di poco più scure del lino, prillano sveltamente il fuso.  Il visetto giovanile, e tanto tanto bello, è lievemente curvo e lievemente sorridente, come se accarezzasse o seguisse qualche dolce pensiero.
Vi è molto silenzio nella casetta e nell'orto.  Vi è molta pace tanto sul viso di Maria quanto nell'ambiente che la circonda. Pace e ordine.  Tutto è lindo e ordinato, e l'ambiente, umilissimo nel suo aspetto e nelle suppellettili, quasi nudo come una cella, ha un che di austero e regale per il grande nitore e la cura con cui sono disposte le stoffe sul lettuccio, i rotoli, il lume, la piccola brocca di rame presso al lume, con entro un fascio di rami fioriti, rami di pesco o di pero.  Non so.  Sono certo di alberi da frutto di un bianco lievemente rosato.
Maria si mette a cantare sottovoce e poi alza lievemente la voce.  Non va al gran canto.  Ma è già una voce che vibra nella stanzetta e nella quale si sente una vibrazione d'anima.  Non capisco le parole, dette certo in ebraico.  Ma, dato che ripete ogni tanto: « Jehovà », intuisco che sia qualche canto sacro, forse un salmo.  Forse Maria ricorda i canti del Tempio.  E deve essere un dolce ricordo, perché posa sul grembo le mani sorreggenti il filo e il fuso e alza il capo appoggiandolo indietro alla parete, accesa da un bel rossore nel viso, con gli occhi persi dietro a chissà quale soave pensiero, fatti lucidi da un'onda di pianto che non trabocca ma che li fa più grandi.  Eppure quegli occhi ridono, sorridono al pensiero che vedono e che l'astrae dal sensibile.  Il viso di Maria, emergente dalla veste bianca e semplicissima, così rosato e cinto dalle trecce che porta avvolte come corona intorno al capo, pare un bel fiore.
Il canto si muta in preghiera: « Signore lddio Altissimo, non tardare oltre a mandare il tuo Servo per portare la pace sulla terra.  Suscita il tempo propizio e la vergine pura e feconda per l'avvento del tuo Cristo.  Padre, Padre santo, concedi alla tua serva di offrire la sua vita a questo scopo.  Concedimi di morire dopo aver visto la tua Luce e la tua Giustizia sulla terra e di aver conosciuto che la Redenzione è compiuta. O Padre santo, manda alla terra il Sospiro dei Profeti.  Manda alla tua serva il Redentore.  Che nell'ora in cui cessi il mio giorno, si apra per me la tua Dimora; perché le sue porte sono state già aperte dal tuo Cristo per tutti coloro che hanno sperato in Te.  Vieni, vieni, o Spirito del Signore.  Vieni ai tuoi fedeli che ti attendono.  Vieni, Principe della Pace!... ». Maria resta assorta così...
La tenda palpita più forte, come se qualcuno dietro ad essa ventilasse con qualcosa o la scuotesse per scostarla.  E una luce bianca di perla fusa ad argento puro fa più chiare le pareti lievemente gialline, più vivi i colori delle stoffe, più spirituale il volto sollevato di Maria.  Nella luce, e senza che la tenda sia scostata sul mistero che si compie - anzi non palpita più, pende ben rigida contro gli stipiti, come fosse parete che isola l'interno dall'esterno - si prosterna l'Arcangelo.
Deve necessariamente assumere aspetto umano.  Ma è un aspetto trasumanato.  Di quale carne è composta questa figura bellissima e folgorante?  Di quale sostanza l'ha materializzata Iddio per renderla sensibile ai sensi della Vergine?  Solo Dio può possedere queste sostanze e usarle in tal maniera perfetta.  E' un volto, è un corpo, sono occhi, bocca, capelli e mani come le nostre.  Ma non sono la nostra opaca materia.  E' una luce che ha preso colore di carne, di occhi, di chioma, di labbra, una luce che si muove e sorride e guarda e parla.
« Ave, Maria, piena di Grazia, ave! ». La voce è un dolce arpeggio come di perle gettate su un metallo prezioso.
Maria trasale e abbassa lo sguardo.  E più trasale quando vede la fulgida creatura inginocchiata ad un metro circa di distanza da Lei e che, con le mani incrociate sul petto, la guarda con una venerazione infinita.
Maria balza in piedi e si stringe alla parete.  Diviene pallida e rossa alternativamente.  Il suo viso esprime stupore e sgomento.  Si stringe inconsciamente le mani sul seno nascondendole sotto le larghe maniche, si curva quasi per nascondere il più possibile il suo corpo.  Un atto di pudore soave.
« No. Non temere.  Il Signore è teco!  Tu sei benedetta fra tutte le donne ».
Ma Maria continua a temere.  Da dove è venuto quell'essere straordinario?  E' un messo di Dio o dell'Ingannatore?
« Non temere, Maria! » ripete l'Arcangelo. « Io sono Gabriele, l'Angelo di Dio.  Il mio Signore mi ha mandato a te.  Non temere, perché tu hai trovato grazia presso Dio.  Ed ora tu concepirai nel seno e partorirai un Figlio e gli porrai nome "Gesù". Questi sarà grande, sarà chiamato Figlio dell'Altissimo (e tale sarà in vero) e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo Regno non avrà mai fine.  Comprendi, o santa Vergine amata dal Signore, Figlia benedetta di Lui, chiamata ad esser Madre del suo Figlio, quale Figlio tu genererai?
« Come può avvenire questo se io non conosco uomo?  Forse che il Signore Iddio più non accoglie l'offerta della sua serva e non mi vuole vergine per amor di Lui?».
« Non per opera di uomo sarai Madre, o Maria.  Tu sei l'eterna Vergine, la Santa di Dio.  Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà.  Perciò Santo si chiamerà Colui che nascerà da te, e Figlio di Dio.  Tutto può il Signore Iddio nostro.  Elisabetta, la sterile, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio che sarà il Profeta del tuo Figlio, colui che ne prepara le vie.  Il Signore ha levato a questa il suo obbrobrio, e la sua memoria resterà nelle genti congiunta al nome tuo, come il nome della sua creatura a quello del tuo Santo, e fino alla fine dei secoli le genti vi chiameranno beate per la Grazia del Signore venuta a voi ed a te specialmente; venuta alle genti per mezzo tuo.  Elisabetta è nel suo sesto mese ed il suo peso la solleva al gaudio, e più la solleverà quando conoscerà la tua gioia.  Nulla è impossibile a Dio, Maria, piena di Grazia.  Che devo dire al mio Signore?  Non ti turbi pensiero di sorta.  Egli tutelerà gli interessi tuoi se a Lui ti affidi.  Il mondo, il Cielo, l'Eterno attendono la tua parola! ».
Maria, incrociando a sua volta le mani sul petto e curvandosi in un profondo inchino, dice: « Ecco l'ancella di Dio.  Si faccia di me secondo la sua parola ».
L'Angelo sfavilla nella gioia.  Adora, poiché certo egli vede lo Spirito di Dio abbassarsi sulla Vergine curva nell'adesione, e poi scompare senza smuover tenda, ma lasciandola ben tirata sul Mistero santo.

Maria è un personaggio che i vangeli ‘sottovalutano’, forse per quella mentalità ebraica ‘maschilista’ che – al di là delle intenzioni nei confronti della certo molto rispettata madre di Gesù – tendeva a non mettere in risalto il ruolo della donna.
Eppure il Gesù della Valtorta, nell’Opera principale e poi anche nei Quaderni, tesse sulla Madre un ‘poema’ che più splendido non si potrebbe immaginare.
Ad esempio L’Evangelo come mi è stato rivelato comincia con alcune visioni della Valtorta dove si vedono i genitori anziani di Maria, Gioacchino ed Anna, nella loro casetta in campagna.
Il loro matrimonio era stato sterile ed essi – che erano dei ‘giusti’, anzi dei ‘santi’ – avevano pregato ardentemente il Signore perché desse loro una discendenza, nonostante l’età.
E il Signore li accontenta. Maria nasce infatti nel corso di un temporale violentissimo che rinfresca la calura estiva mentre un fulmine – al primo vagito – si scarica con un rombo infernale pochi metri davanti alla soglia di casa.
Ma Gesù fa precedere il racconto delle visioni che concernono la nascita di Maria e che costituiscono l’inizio dell’opera in dieci volumi, con questa riflessione:

(M.Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 1 – Centro Ed. Valtortiano)

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  • Pensiero d’introduzione

     Dio volle un seno senza macchia.

16 agosto 1944.
Dice Gesù:
« Oggi scrivi questo solo. La purezza ha un valore tale che un seno di creatura potè contenere l’Incontenibile, perché possedeva la massima purezza che potesse avere una creatura di Dio.
La SS. Trinità scese con le sue perfezioni, abitò con le sue Tre  Persone, chiuse il suo Infinito in piccolo spazio – né si diminuì per questo, perché l’ amore della vergine e il volere di Dio dilatarono questo spazio sino a renderlo un Cielo – si manifestò con le sue caratteristiche:
il Padre, essendo Creatore nuovamente della Creatura come al sesto giorno ed avendo una ‘figlia’ vera, degna, a sua perfetta somiglianza. L’impronta di Dio era stampata in Maria così netta che solo nel Primogenito del Padre le era superiore. Maria può essere chiamata la ‘secondogenita’ del Padre perché, per perfezione data e saputa conservare, e per dignità di Sposa e Madre di Dio e di Regina del Cielo, viene seconda dopo il Figlio del Padre e seconda nel suo eterno Pensiero, che ab aeterno in Lei si compiacque;
il Figlio, essendo anche per Lei ‘il Figlio’ e insegnandole, per mistero di grazia, la sua verità e sapienza quando ancora non era che un Germe che le cresceva in seno;
lo Spirito Santo, apparendo fra gli uomini per una anticipata Pentecoste, per una prolungata Pentecoste, Amore in ‘Colei che amò’, Consolazione agli uomini per il frutto del suo seno, Santificazione per la maternità del Santo.
Dio, per manifestarsi agli uomini nella forma nuova e completa che inizia l’èra della Redenzione, non scelse a suo trono un astro del cielo, non la reggia di un potente. Non volle neppure le ali degli angeli per base al suo piede. Volle un seno senza macchia.
Anche Eva era stata creata senza macchia. Ma spontaneamente volle corrompersi. Maria, vissuta in un mondo corrotto – Eva era invece in un mondo puro -  non volle ledere il suo candore neppure con un pensiero volto al peccato. Conobbe che il peccato esiste. Ne vide i volti diversi e orribili. Tutti li vide. Anche il più orrendo: il deicidio. Ma li conobbe per espiarli e per essere, in eterno, Colei che ha pietà dei peccatori e prega per la loro redenzione.
Questo pensiero sarà introduzione ad altre sante cose che darò per conforto tuo e di molti.

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Dunque, riflettendo, Maria era proprio vergine e - al suo assenso all’Angelo - verrà immediatamente ‘fecondata’ dallo Spirito Santo.
Questo della verginità di Maria  è uno dei punti più ostici della dottrina cristiana che – quando mi capita di parlarne con dei non credenti – suscita non di rado  sorrisetti educati di perplessità e - quando proprio uno non riesce a trattenersi - lievi sorrisetti ironici, se non anche sarcastici.
Nel suo ‘La sfida della fede’ (Ed. S.Paolo, 1993) Vittorio Messori – commentando il Natale e pensando alla nascita di Gesù a Betlemme –scrive: ‘Nulla, è noto, suscita più sarcasmo, quando non furore (non soltanto nel mondo degli ‘increduli’ ma, da qualche tempo, anche nel giro di certa teologia), quanto la verità di fede della verginità di Maria, prima, durante, dopo il parto. Un mistero insondabile, ricco di risonanze cosmiche, che non è un aspetto secondario, come conferma la sua presenza in tutte le confessioni di fede. Eppure, poiché non rientra in quel modello di ‘religione nei limiti della sola ragione’ che a molti, oggi, sembra il solo praticabile, e poiché il nome stesso di ‘verginità’ suscita accuse di repressione sessuale, questa verità è rimossa – quando non negata – persino in certa catechesi. Confesso che non riuscirò mai a capire certi disagi. Forse, anche perché sono plagiato (e ben lieto d’esserlo) da quel rapido appunto di Pascal: «Come detesto queste sciocchezze: non credere nella realtà dell’Eucarestia, non credere alla verginità perpetua di Maria! Se il vangelo è vero, se Gesù Cristo è Dio, che differenza può esserci?». Semplicistico? A noi pare soltanto logico. E detto da uno che di logica se ne intendeva’.

A proposito di sorrisetti ironici e – sia pur garbati – sarcasmi…

Oggi, per esempio, ero fuori a pranzo con mio fratello ed un suo amico.
Erano arrivati il giorno prima in auto, dalla loro residenza viterbese sui Monti Cimini, per fare provvista del vino delle mie terre, che è notoriamente di rinomata qualità, specie se di mia produzione…casalinga.
Roba miracolosa, da risuscitare i morti come Lazzaro, insomma.
Dopo aver fatto il ‘pieno’, mio fratello – che quando beve un pochettino del mio vino si sente più ben disposto e generoso del solito – aveva voluto portarci in auto in un ristorantino della Riviera per deliziarci con un pranzetto a base di pesce.
Proprio sul finire, quando la prospettiva di un loro rientro in sede a…500 km. di distanza stava spingendo mio fratello a far mostra di alzarsi, quel bel tomo del suo amico – che evidentemente deve aver saputo da mio fratello che scrivo libri di questo genere e che quindi doveva avere forse un poco di ‘curiosità’ - mi spara a bruciapelo quella che mi è sembrata una vera e propria ‘provocazione’: ‘Ma dì un po’, com’è questa storia della verginità di Maria?!…’.
Voi cosa avreste detto a uno che – dopo una eccellente frittura di pesce, a contorni di orate e pàgari, il tutto annaffiato da un ‘Vermentino’ fresco al punto giusto, coronato da un caffè corretto da un mezzo grappino, vi avesse fatto a tradimento una domanda-canaglia di questo tipo?
Cosa faccio? Lo converto? Non lo converto? Lo mando a quel paese? E se non si salva di chi è la colpa, poi?
Sono dunque ricaduto sulla sedia, dalla quale mi stavo alzando anch’io, incerto se accettare la sfida oppure lasciarlo partire senza aver neanche tentato di raccogliere la provocazione approfittandone per dargli almeno un minimo di spiegazione, seminando un dubbio in quella che era evidentemente una rocciosa incredulità.
Ma come si fa a dare una spiegazione di questo genere ad uno, che è un galantuomo ma è digiuno di spiritualità e che pensa – come mi aveva confessato - che il massimo della ‘religiosità’ sia rifugiarsi in un bosco ed ascoltare la natura zufolando agli uccelli che gli rispondono come a San Francesco?
Sia ben chiaro, anche quella – anche se lui non lo sospetta – può essere una forma di preghiera, una forma inconscia di sentirsi in qualche modo vicino a Dio che egli avverte esser presente nella natura che lo circonda, anche se sospettavo che egli pensasse ad una qualche presenza di tipo panteista  materialista.
Ho allora avvertito un senso di impotenza mentre mio fratello, che sbirciava con finta noncuranza l’orologio, mi toglieva alla fine dall’imbarazzo dicendo accomodante che avremmo potuto parlarne con calma quando io avessi restituito la visita il mese dopo, quando sarei andato a prelevarmi quel paio di fusti di olio dei monti Cimini che lui mi avrebbe preparato.
I rapporti con mio fratello e con la sua mogliettina svedese, se non l’aveste capito, sono anche di tipo…gastronomico, e lei – che va continuamente in Svezia come se andasse al supermercato di fronte – torna ogni volta con una abbondante provvista di salmone che poi mi conserva nel congelatore per prendermi per la gola e farmi andare a trovarli più spesso.
Così, per accontentare mio fratello ma anche per dare all’amico la spiegazione che non ho potuto dargli oggi, e soprattutto per cancellargli quel sorrisetto che però lui si era ben guardato dal far trapelare, mi farò il mese prossimo questi cinquecento chilometri all’andata, seguiti da quelli al ritorno a…pieno carico.
Ma come si può affrontare un argomento come quello della verginità di Maria con uno che – oltre a non aver fede - non ha nessuna base di carattere biblico o dottrinario e che magari non è neanche del tutto sicuro – come tanti altri, credo – che l’uomo possieda un’anima, né tanto meno che Dio esista o, se esiste, che sia un principio ‘astratto’ e che l’universo si sia magari ‘autogenerato’?
Quel ‘niente è impossibile a Dio’  che l’Angelo aveva risposto a Maria è una cosa ovvia – quanto meno per chi creda a Dio creatore – ma è difficile da ‘mandar giù’.  Per comprendere la verginità di Maria non si può infatti prescindere da un altro importante aspetto, quello appunto della immacolata concezione, quel ‘seno senza macchia’ di cui parla Gesù nel suo Pensiero d’introduzione, pensiero che quindi diventa anche il nostro.

Figuratevi che io – per anni – nella mia ignoranza ‘religiosa’ avevo sempre confuso l’immacolata concezione di Maria con la sua verginità, confusione che però – lo dico per consolarmi - ho poi rilevato in tante altre persone.
Ora seguitemi nel ragionamento.

>>> continua