53.  L’AUTOCOMPIACIMENTO DEGLI ‘STRUMENTI’ PER I PROPRI DONI

 

La lezione odierna di Azaria è stata preceduta – il giorno prima1 - da una ‘lezione’ molto particolare di Gesù.
La mistica il giorno precedente era a letto, sveglia da poco, e subito le affollano la mente i pensieri più cupi che aprono la sua giornata. E lei ripensa…, ripensa alle sofferenze che le vengono dai Padri Servi di Maria che evidentemente mostrano scetticismo circa l’origine soprannaturale di quanto lei scrive e descrive.
Allora lei si interroga ansiosa e si domanda angosciata se lei non sia per caso una ammalata che ‘immagina’ - lavorando di fantasia – colloqui divini mai avvenuti, oppure se a parlarle non sia addirittura Satana che si finge Dio.
Inoltre, poiché lei sa bene che a parlarle è invece il Signore, ha terrore di sbagliare nel trascrivere e teme di dire cose che escono dal suo subconscio, insomma pensieri ‘suoi’, anziché pensieri che vengono dal Signore.
E Gesù… puntualmente le risponde dicendole che - anche se quelli che escono dal suo cuore fossero pensieri umani – poiché il ‘frutto’ è buono vorrebbe dire che anche la ‘pianta’ è buona, e già questo fatto sarebbe sufficiente ad assicurarle la vita eterna perché nella Sacra Scrittura e nella Sapienza è detto che ‘chi illustra Gesù e per Lui lavora non peccherà ed avrà la vita eterna’.
Chi è saturo di Sapienza – dice Gesù - è saturo di Dio e chi dice parole soprannaturali è voce dello Spirito di Dio che compie queste operazioni nel ‘cuore’ di chi è da Lui abitato. Se fosse quindi il suo ‘cuore’ a suggerirle i pensieri che lei scrive ciò significherebbe che lei è ‘piena di Dio’ perché… ‘è dal cuore dell’uomo  che viene quello che esce dalla bocca’.
Gesù la invita dunque a procedere perché lei - così facendo - fa amare il Signore, Maria Ss. e tutta la celeste popolazione dei santi, e già questo basterebbe a farle avere la vita eterna, senza peraltro ancora considerare il suo grande amore per Dio, per non dire poi della sua volontaria immolazione di ‘anima-vittima’.
Proceda dunque – dice Gesù – e… perdoni. Coloro che la fanno soffrire sono dei miopi spirituali, resi anzi ciechi dalle cateratte che velano le pupille del loro intelletto, e sono pertanto incapaci di vedere il ‘Sole’.
Dunque – prosegue Gesù – che lei continui, con i suoi scritti, a portargli anime che lo amino senza lasciarsi spaventare dalle ‘voci’ di chi se ne sta fra l’erba e lo stagno, come quei ranocchi che gracidando vorrebbero fare tacere l’usignolo o volare nel cielo come una colomba, e non potendolo fare ne rimangono contrariati.
Gesù conclude il suo intervento di ‘consolazione’ invitandola a venire a Lui, perché Lui che le parla… è proprio Lui.

Come dicevo all’inizio, il giorno dopo, Domenica III d’Avvento, Azaria introduce la sua lezione2 e - collegandosi evidentemente alle parole del Signore del giorno prima – dice alla mistica che, se anche lei insistesse a voler vedere riconosciuta l’origine soprannaturale3 della sua opera e qualcuno dei sacerdoti per tale sua insistente ‘pretesa’ decidesse di non occuparse più, lei non se ne preoccupi.
Costoro dovranno peraltro rispondere a Dio di tre cose: di non aver saputo riconoscere la sua Parola, di aver dato scandalo a molte persone, di aver mancato di carità nei suoi confronti e verso gli ‘affamati’ della Parola per i quali Dio, misericordioso, ha dettato l’Opera.
L’Angelo invita quindi la mistica a stare salda nella fede ed a servire Dio nell’umiltà, che è molto importante anche perché la sua mancanza, o solo un atto di autocompiacimento anche da parte di strumenti virtuosi in molte altre cose, tradiscono agli occhi altrui questa loro imperfetta virtù.
Quando infatti l’umiltà è perfetta, l’autocompiacimento non deve lambire neppure la parte più segreta del cuore. Essa – l’umiltà – non deve rimanere scossa dalle altrui lodi per i propri doni, né tantomeno mascherarsi in pose ipocrite di umiltà che divengono una forma raffinata di superbia mentre in realtà gli sguardi degli strumenti, i loro sorrisi compiaciuti e mal celati, rivelano chiaramente che essi godono della lode. L’Occhio di Dio, comunque, penetra sempre nel loro cuore e tutto vede.
Bisogna poi – continua Azaria cambiando discorso – imparare a vivere alla giornata, senza andare in affanno per il proprio futuro. Chi induce queste preoccupazioni è solo Satana che vuole spaventare e fare dubitare dell’aiuto della Provvidenza.
Nella preghiera del Padre nostro insegnata da Gesù, Egli ha detto ‘Dacci oggi il pane…’.
Egli ha detto così perché al domani ci penserà sempre il Signore.
A ben meditarci – prosegue Azaria – nella Preghiera del ‘Padre nostro’ vi sono quattro aspetti che dovrebbero sempre far parte della preghiera giornaliera di un buon cristiano: un atto di fede, un atto di speranza, un atto di carità ed un atto di dolore4 e quest’ultimo dovrebbe sempre concludere la nostra giornata dopo un attento esame di coscienza, omissioni comprese.
Concludendo, non preoccuparsi quindi del domani – ribadisce Azaria – perché le preoccupazioni allontanano da Dio ed è attraverso di esse che Lucifero entra.
Mai affannarsi ma piuttosto rivolgersi sempre a Dio supplicandolo e poi ringraziandolo.
Carità, fede, speranza, umiltà, fiducia in Dio, ubbidienza alla sua volontà, sono tutti atteggiamenti che danno una pace inimmaginabile.

 

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Potrebbe sembrare eccessivo questo insistere di Azaria sul concetto della umiltà, ‘vietando’ agli strumenti carismatici persino quello che – magari a causa delle lodi ‘esterne’ che potrebbero giungere loro - potrebbe sembrare un umano innocuo compiacimento per il dono da essi ricevuto.
In realtà però l’insegnamento di Azaria parte da una conoscenza profonda della psicologia umana e non solo umana.
Ricordo di aver letto nell’Opera valtortiana che, prima ancora della creazione dell’uomo, alla base della successiva ribellione di Lucifero a Dio vi era in lui già una sorta di autocompiacimento per la sua perfezione angelica, autocompiacimento che egli indulgentemente o imprudentemente ‘coltivò‘ ma che era già  un ‘fumus’ che si sarebbe poi ‘condensato’ in orgoglio e infine in superbia: l’antitesi dell’Umiltà finendo di credersi come Dio.
Lo stesso peccato, al fondo, commesso dai due Progenitori che colsero il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male nella convinzione – suggerita dal Serpente – che ciò li avrebbe resi come Dio: quindi ribellione e tentativo di prevaricazione verso Chi aveva loro tutto gratuitamente donato.
Ecco dunque l’importanza di sforzarsi al massimo per essere umili, pena ‘l’autocompiacimento’ che di per sé non è ancora un grave peccato ma che comincia ad allontanare lo strumento da Dio permettendo a Satana di occupare gradatamente lo spazio rimasto vuoto.
Come fare dunque se l’autocompiacimento per i doni sorge spontaneo, direi umanamente, nel senso che è praticamente un ‘modo d’essere’ della nostra natura?
Bisogna innanzitutto che qualcuno come Azaria o un direttore spirituale ‘educhi’ e ‘formi’ spiritualmente lo strumento.
In secondo luogo che lo strumento, una volta avvertito del pericolo, impari ad analizzarsi e – riconoscendo in sé quel ‘fumus’ pur tanto lieve ed apparentemente innocuo - ne riconosca invece il subdolo pericolo e si sforzi di reprimerlo, chiedendo aiuto a Dio, perché senza l’aiuto di Dio lo strumento da sé non potrebbe fare niente.
Questa continua tensione interiore, questa perenne osservazione di se stessi, fatta di cadute ma anche di richieste di perdono al Signore, è una via molto stretta che lo strumento dotato di doni deve percorrere per compiere la sua missione che non è missione umana, dove l’errore è umanamente ammissibile, ma missione d’ordine soprannaturale.
E’ un continuo ‘martirio’ del proprio ‘io’, specie se unito a tutte le altre pulsioni – non molto rilevanti per una persona ‘normale’ - che lo strumento deve invece sforzarsi di porre sotto controllo per continuae il suo cammino di ‘perfezione’.
Noi sappiamo tuttavia che – come non furono perfetti, in quanto pur sempre creati e perché dotati di libero arbitrio, gli stessi Angeli – neppure l’uomo è perfetto, a maggior ragione per le conseguenze provocate in lui dal Peccato originale dei Primi Due.
Dio però lo sa e si accontenta che l’uomo – specie se strumento – si adoperi con tutte le sue personali forze e… chieda aiuto, e Dio non glielo negherà, perché non aspetta altro che la sua invocazione – che è Amore - per darglielo.


1 M.V.: ‘Libro di Azaria’ – 14 dicembre 1946, ore 05.20, pagg. 355/358 – Centro Editoriale Valtortiano

2 M.V.: ‘Libro di Azaria’ – Cap. 44 – 15 dicembre 1946 - Centro Editoriale Valtortiano

3 N.d.A.: Nelle note del Libro di Azaria si accenna al fatto che Maria Valtorta decise di rinunciare a chiedere che venisse riconosciuta ufficialmente la soprannaturalità dell’Opera (cosa che lei desiderava non per sé ma a gloria del Signore) quando le venne riferito che Pio XII, interpellato al riguardo nel corso di una udienza speciale il 26 febbraio 1948, conoscendo l’Opera, saggiamente, prudentemente e autorevolmente suggerì: «Pubblicate quest’Opera così come sta: chi legge, capirà».

4 N.d.A. Nella nota n° 31 a fondo pagina del ‘Libro di Azaria’ (Nell’Edizione del 1988 che noi qui utilizziamo: Cap. 44, pag. 360) il ‘notista’ ritiene che i quattro aspetti siano: ‘Padre nostro che sei nei Cieli’…, ‘Venga il tuo Regno’…, ‘Sia fatta la tua volontà’… e ‘Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori’…