51.   DOPO L’APOCALISSE… LA GIOIA 

 

Questa lezione1 è tutta per la mistica e… per chi soffre come lei.
Dobbiamo sempre ricordare che il suo ‘destino’ di vittima la espone alle sofferenze che più che dai problemi di salute le sono procurate dal malanimo degli uomini. Questo è un tema ricorrente che Azaria ha sollevato più volte.
Egli la assimila a quella colomba che – colpita e ferita da un cacciatore crudele all’ala mentre felice tornava a casa dal suo padrone – fatica a mantenersi in volo, scivola d’ala, si rialza, scende di nuovo, e nonostante il dolore nelle carni cerca di mantenersi in volo trovando però sempre maggior difficoltà a ‘volare’.
In effetti – è l’osservazione di Azaria – quando gli uomini - crudeli e vili spesso con quelli dai quali sono sicuri di non ricevere reazioni - feriscono moralmente le nostre ‘ali’, è difficile alzare il nostro spirito a Dio.
Tuttavia, non agli uomini - spesso ‘guerci’ in un mondo di ciechi – ma a Dio stesso bisogna chiedere aiuto.
Non è forse - lei - la sua piccola voce?
Non è forse - Lui - il suo Maestro?
Può lei mai dubitare che sia Lui a parlarle, a formarla, a guidarla?
Che lei segua quindi sempre la strada indicata da Gesù che fin da prima che nascesse l’ha curata, poi da bambina, da giovinetta ed in età matura, proteggendola nelle prove più grandi e financo assistendola con le amicizie più opportune.
Nessuno meglio di lui – Azaria, il suo Angelo custode – sa queste cose. Ma lei non si perda d’animo perché anche nella sua piccola Apocalisse, quanto più si troverà tramortita dal dolore e da forze che le parranno soverchianti e contrarie, stia sicura e alzi il capo perché la sua gioia sarà più vicina.

=========== 

Non richiede commenti, questo breve ‘dettato’ di Azaria se non – forse - per quella piccola osservazione finale, forse un’allusione velata, che passa quasi inosservata per cui la mistica deve sapere che quanto più nella sua ‘piccola Apocalisse’ le sembri che il mondo le crolli addosso quello è invece il momento in cui è più prossima la gioia.
Qui non ne abbiamo mai parlato, ma nell’Opera valtortiana uno dei motivi che ricorrono spesso come una nota di fondo è quello dell’Apocalisse, un’Apocalisse che il suo Gesù le spiega correggendo tante errate interpretazioni umane che ne hanno distorto il vero significato dando valori ‘allegorici’ a fatti che invece valgono per come sono letteralmente detti e scritti da San Giovanni.
In particolare un peggioramento dell’Umanità, un allontanamento da Dio, un’Apostasia (come aveva profetizzato anche San Paolo in una delle sue epistole) per cui, quando il Male espresso in quel momento dall’Anticristo sembrerà instaurare il suo regno su tutta la terra e l’Umanità sarà sempre più sofferente e priva di speranza, quello sarà il momento in cui il Gesù-Verbo interverrà nella Storia – e non alla fine della Storia – per sconfiggere l’Anticristo ed instaurare finalmente il Regno di Dio nel cuore degli uomini, nel cuore cioè di uomini che, provati e prostrati da prove tremende, alzeranno il volto a Dio chiedendogli di aiutarli e di intervenire.2
Questa, dunque, la gioia dopo il dolore: il Regno di Dio in terra, quello che invochiamo sempre con il ‘Padre nostro’ senza neanche sapere esattamente cosa chiediamo e pensando magari solo a quello del Cielo di cui quello in terra è anticipazione e ‘figura’.
Ma vi pare possibile che il Dio-Verbo che si è incarnato per redimere gli uomini ed instaurare il Suo Regno in terra lasci la Terra per sempre in mano a Satana e non la liberi lasciando l’Umanità in balìa del suo Nemico sino alla fine del mondo?


1 M.V. 'Libro di Azaria' - Cap. 42 - 1° dicembre 1946 - Centro Ed. Valtortiano

2 Dell'autore, vedi 'Viaggio nell'Apocalisse verso l'Anticristo prossimo venturo' - Ed. Segno, 2007 - vedi anche sito internet