33. LA VIA DELLA CROCE
L’Arcangelo Raffaele avverte la mistica1, la quale è moralmente sofferente2, che anche quel giorno Egli le viene inviato dal Signore per lenire con parole di Cielo le sue sofferenze.
Il fatto di vedere le difficoltà incontrate dai suoi scritti – le dice Azaria - difficoltà che per lei rappresentano una vera e propria ‘passione’ e che le facevano per di più sorgere dei dubbi interiori, avrebbe dovuto farla certa che essi provenivano veramente da Dio.3
Queste difficoltà sono ‘permesse’ da Dio per mettere alla prova il ‘cuore’ della mistica e quello di chi la avversa, per ‘saggiare’ il cuore di ognuno. Quindi – questa di Dio – non è un’opera sterile ma buona.
Dio sa infatti trarre vantaggio dalle azioni malvage degli uomini e di Satana stesso, per cui sovente chi contraddice o si prende gioco di Dio finisce invece per dare beneficio a chi ne subisce le conseguenze, facendo così brillare più vive le azioni dei ‘figli di Dio’.
Lo stesso Nemico, l’Avversario per eccellenza che attraverso altri uomini, magari inconsapevoli, ha tormentato tanti ‘santi’ credendosi egli ‘soggetto attivo’ della loro sofferenza, si è rivelato alla fine ‘oggetto passivo’ strumentalizzato a sua insaputa da Dio che se ne è servito per il Bene superiore a gloria dei ‘santi’ stessi.
Satana, quanto più insidia e perseguita le sue vittime, tanto più si rende conto che esse sono ‘prede’ che gli sfuggono.
Seguire la Santificazione – continua Azaria – è cosa difficile perché essa è cosparsa di rinunce, di lotte, di dolori mentre la via della Tentazione è quella più facile perché umanamente appaga e concede una calma apparente che tuttavia cela l’insidia di una dannazione eterna.
I Giusti devono quindi preferire – se necessario – la via della mortificazione e della sofferenza, perché è questa quella che salva di più e trasforma l’uomo da ‘essere animale’ a ‘essere spirituale’.
Sofferenza e mortificazione – aggiunge ancora Azaria – vanno dunque amate perché in un primo tempo esse sono mezzo di espiazione ed in un secondo tempo sono mezzo di santificazione nella misura in cui esse siano offerte in una sorta di sacrificio continuo.
Anche Gesù – conclude Azaria – ebbe ‘ribrezzo’ del dolore, ma attraverso di esso, sofferto e offerto, Egli salvò il mondo, perché l’Immolazione tutto ottiene.
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Che dire di questo insegnamento di Azaria?
E’ il grande tema cristiano dell’importanza della ‘croce’ della vita, accettata ed offerta.
Quando poi si parla, come nel caso di Maria Valtorta, di offrirsi volontariamente ‘vittime’ è una cosa che spaventa, perché la sofferenza ripugna. Si può accettare di morire in battaglia ma è difficile per chiunque la sofferenza che ‘uccide’ l’anima con uno stillicidio continuo. E anche se ormai da Azaria abbiamo appreso che Dio – a chi accetta volontariamente di soffrire per amore – dà sempre le forze per sopportare, ciò nonostante è sempre forte la repulsione per la sofferenza, accettata o non accettata che sia.
Tuttavia…, almeno in teoria, non bisognerebbe aver paura della croce.4
L'uomo associa l'idea della ‘croce’ alla crocifissione, alla sofferenza, alla morte.
Ma anche i figli, ad esempio, sono 'croce', ed una madre non si sognerebbe mai di considerarli una sofferenza, nè tantomeno una 'morte'. Perchè li ama.
Dunque bisogna amare la Croce.
Così come esistono tanti uomini dal volto diverso, così come le impronte digitali di ogni uomo sono diverse da quelle di un altro, così vi sono tante croci diverse, tante sfumature diverse di croce.
Dio non carica mai sull'uomo una croce che egli non è in grado di portare, perchè la vita è già una croce, ed è già di per se stessa una croce sufficiente.
Dio insegna all'uomo a portare meglio questa sua croce, quindi gliela rende meno pesante, più leggera, perchè gli insegna ad amarla.
L'accettazione della Croce, per molti, consiste in un diverso atteggiamento mentale che li porta a vedere gli inconvenienti più o meno grandi della vita in un'ottica di abbandono.
Quando le cose vanno bene, bisogna gioire ringraziando il Signore.
Quando vanno meno bene, non è il Signore che ce le manda – le croci - ma le circostanze, ed allora bisogna 'offrire' chiedendo ‘forza’ al Signore.
Questo, per molti, significa ‘accettare’ la Croce.
Non il dover accettare una croce particolare che ci viene imposta, ma l’assumere un atteggiamento psicologico che ci porta ad accettare la vita offrendo a Dio, sull'altare di Dio, i frutti buoni e quelli cattivi, chiedendo che Dio purifichi questi ultimi attraverso la nostra accettazione.
Anche l’apostolato – ad esempio - è una ‘croce’ perché comporta l’accettare la strada in salita che esso comporta.
Anche il lavoro comune è una strada in salita.
Ma l'apostolato è in salita perchè porta al Calvario dove Gesù-crocifisso attende, attende non per crocifiggerci ma per farci capire che il nostro percorso ci ha portato alla meta finale, cioè a Cristo Crocifisso, che rappresenta la più lampante evidenza dell'Amore di Dio, il modo più evidente per farci capire che la strada in salita ci ha portati più vicini a Dio.
Quindi non bisogna temere. Abbracciare la croce significa: ‘accettare di salire con lena, senza guardare la cima’, perchè ci darebbe 'vertigine', ma percorrendo la salita passo dopo passo.
Ci accorgeremmo allora che un passo dopo l'altro, senza fatica, proprio senza accorgercene, ci troveremo lassù, non in croce, ma semplicemente vicino al Suo Cuore di Crocifisso.
Seguire la Via della Croce significa dunque seguire la via che porta a Gesù, crocifisso - Lui - di sua volontà, per noi.
Poi…, poi ci sono le ‘anime’ che non si accontentano di seguire la Via della Croce, ma che vogliono essere esse stesse crocifisse...
Che fare? Negare loro questa aspirazione interiore? Sarebbero infelici.
Chi vuole quel tipo particolare di croce, come la volle Maria SS. nel momento in cui consapevolmente dette il suo 'Sì', illuminata dallo Spirito della Sapienza, si rende ‘corredentore’, portatore di una missione austera, la più austera, di fronte alla quale le imposizioni delle regole monacali più severe sono fiori rispetto ai quali quella missione è un 'groviglio' di spine: quello della Corona che Gesù portò sino al Calvario.
Ma è per costoro, anche, che Gesù continua a salvare il mondo. E' per questi piccoli 'cristi', grandi per esserlo nella loro dimensione umana, che Egli continua a salvare il mondo.
E come il Padre non riesce a resistere alle Preghiere della Figlia perfetta, il Figlio a quelle della Madre perfetta, lo Spirito Santo a quelle della Sposa perfetta, così Gesù non riesce a resistere alle preghiere di questi figli che offrono se stessi perchè Egli salvi gli altri.
1 M.V.: ‘Libro di Azaria’ – Cap. 24 – 28 luglio 1946 – Centro Editoriale Valtortiano
2 N.d.A.: Maria Valtorta era inferma e non faceva certo niente per provocare incomprensioni, ma lo straordinario carattere dei suoi scritti sorprendeva. Pareva quasi impossibile che Dio rivelasse a quella povera e sconosciuta inferma delle verità spirituali di quella portata. Se da un lato vi erano gli entusiasti che attestavano che il ‘dito di Dio’ fosse nei suoi scritti, vi era anche chi – davanti allo ‘straordinario’ – rimaneva sospettoso.
La Chiesa gerarchica – per prudenza ma anche spesso per ‘eccesso di prudenza’ – si è sempre mossa con passi di piombo nei confronti delle apparizioni, delle visioni e del Soprannaturale in genere. Ciò lo si può quindi anche capire in rapporto agli scritti della nostra mistica in cui le rivelazioni, anche se mai trovate in contrasto con la Dottrina della Chiesa e degli antichi Padri, avrebbero richiesto anni e anni di approfondimento e studio prima di ricevere l’Imprimatur secondo le norme del Diritto canonico che a quel tempo era previsto anche per i laici.
Significativa - al riguardo delle vicissitudini dell’Opera e della mistica - la testimonianza resa da Padre Corrado Berti, dell’Ordine dei Servi di Maria, che insieme a Padre Migliorini era stato suo direttore spirituale (vedere in proposito il ‘Libro di Azaria’, Ristampa del 1991, Cap. 14, 26.5.46, pag. 125/127, nota n° 8 – Centro Edit. Valtortiano).
Maria Valtorta sapeva bene – grazie alla sua diretta e anche ‘tangibile’ esperienza spirituale – che l’Opera veniva da Dio e che avrebbe dovuto essere approvata dalle gerarchie, pubblicata e divulgata a beneficio dei credenti, ma le restrizioni e l’incredulità delle ‘autorità’, la facevano precipitare in frequenti stati di frustrazione e disperazione.
Tutto ciò non era voluto ma era permesso da Gesù e – per altro verso – la sua sofferenza di anima-vittima sarebbe servita a salvare molte altre anime, così come le umiliazioni, le incomprensioni, le ostilità di cui fu oggetto lo stesso Gesù fino alla sua morte in Croce servirono – in scala infinitamente più grande – a salvare l’Umanità attraverso la Redenzione.
Una volta Maria SS., parlando alla mistica, le aveva detto (vedi ‘Libro di Azaria’, Cap. 14, pag. 123/128) che il voler sapere perché Gesù avesse permesso per lei questo stato di cose sarebbe come voler scrutare gli imperscrutabili permessi di Dio, come ad esempio quello di avere accettato un ‘Giuda’ all’interno del Collegio apostolico.
3 N.d.A.: Il ‘segno di contraddizione’ da parte del ‘mondo’ è uno dei segni pù chari – anche se non il solo – che certe cose vengono da Dio e che pertanto sono contrastate dal ‘mondo’ che non le sa capire, da chi in particolare le detesta in quanto invece capisce che vengono da Dio e infine dal Nemico che si scaglia contro di esse o suscita animi avversi anche se spesso non consapevoli di essere ‘strumentalizzati’.
4 G.L.: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 122 – Ed. Segno, 1997 – vedi anche sito internet dell’autore.
Inoltre – di Maria Valtorta – i ‘Quaderni del 1943’ – 20 febbraio 1944, pagg. 176/178 – Centro Ed. Valtortiano
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