2. QUALE E' IL GRADO DI ATTENDIBILITA' DI MARIA VALTORTA?

 

2.1 La mentalità razionalista di molti teologi e uomini di Chiesa.

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Nel capitolo precedente avevamo concluso con la considerazione che il viaggio di Azaria e di Tobia raccontato nel Libro di Tobia non avesse rappresentato un fatto meramente didattico ma fosse da considerare come un episodio storicamente avvenuto, perché altrimenti l'Arcangelo Raffaele/Azaria non avrebbe ricondotto indietro in un viaggio nel tempo la mistica, offrendole quella visione.
Questa considerazione, che presuppone da parte mia il ‘credere’ alla verità delle sue visioni, ci pone tuttavia nella necessità - in particolare prima di procedere nei prossimi capitoli all'analisi degli insegnamenti/rivelazioni impartiti da Azaria a Maria Valtorta - di valutare quale sia il grado di attendibilità ... mistica di quest’ultima.
Vorrei allora rispondere ribadendo quanto ebbi già a scrivere in un'altra occasione in un mio libro. 1
Ormai da vari decenni, sotto l’incalzare imponente dell'eresia modernista, molti teologi hanno smesso di credere alla Resurrezione2 di Gesù giudicata impossibile persino ad un Dio.
E ciò non solo perché appare contraria alle leggi fisiche della natura ma anche perché Gesù da molti di costoro non viene nemmeno più considerato l’incarnazione di un Dio che si fa uomo ma semplicemente un uomo, un grande uomo che ha creduto di essere un ‘Dio’.
Potete ora dunque capire - nonostante il famoso miracolo del sole rotante dato dalla Madonna a Fatima di fronte a circa settantamila persone come prova della veridicità dei fatti - come mai possano esserci stati tanti dubbi da parte di taluni importanti uomini di Chiesa su quelle apparizioni ed in particolare sulle sue rivelazioni ai tre pastorelli (di cui due peraltro già recentemente beatificati), e come in ultima analisi ci possano essere dubbi da parte degli stessi anche sulle rivelazioni ad una mistica come Maria Valtorta che non ha assistito solo ad 'alcune' apparizioni e rivelazioni ma ad una loro serie lunghissima.
La prima reazione dei ‘razionalisti’ di fronte ai fenomeni mistici è che si tratti di fenomeni… psichiatrici.
La Psicanalisi - ed i teologi modernisti sono seguaci di Freud al punto che parlano dei fenomeni mistici in termini psicanalitici, anzi psichiatrici - considera come psicopatologiche le visioni dei più grandi santi, a cominciare dall’ultimo, Padre Pio da Pietralcina, che aveva le visioni e per di più le stigmate.
Agostino Gemelli, padre agostiniano, medico, psicologo e consulente del Sant’Uffizio - fu invitato negli anni venti a visitare Padre Pio per un esame clinico delle sue stigmate.
Egli era però privo della prevista autorizzazione scritta del Sant’Uffizio, e Padre Pio rifiutò sdegnosamente la visita, di cui egli aveva intuito pregiudizi e finalità.
Padre Gemelli anche senza la visita, cioè 'ad occhio', espresse comunque al Sant’Uffizio la sua diagnosi: ‘psicopatico, autolesionista ed imbroglione’!
L’inchiesta si concluse con l’invito della Chiesa ai fedeli a non considerare come sovrannaturali le manifestazioni ‘psichiatriche’ certificate dal Gemelli. A Padre Pio venne vietata la celebrazione della Messa in pubblico e l’esercizio della Confessione. Le restrizioni vennero poi revocate anni dopo ma Padre Pio fu poi sottoposto ad ulteriori indagini da parte di Giovanni XXIII, senza però che si trovasse nulla.
Padre Pio morì nel 1968 e sotto Papa Giovanni Paolo II venne proclamato prima Beato e poi Santo nel 2002.
Questo è il triste destino dei mistici, considerati dalla Psicanalisi atea come soggetti ‘isterici’, vittime di disturbi ‘istrionici’ della personalità associati a disturbi di trance ‘dissociative’.
Cosa si poteva allora dire di una piccola sconosciuta Valtorta che aveva scritto nel silenzio e nell’anonimato più assoluto oltre quindici opere di altissimo livello letterario e teologico e soprattutto aveva descritto minuziosamente le visioni con relativi dialoghi dei tre anni di vita pubblica di Gesù e degli apostoli?
Fu più fortunata di Padre Pio, perché nel mettere all’Indice con decreto la sua Opera, che evidentemente le gerarchie - come già fatto con Padre Pio - non volevano ammettere come un fenomeno soprannaturale, il giudizio (peraltro non contenuto nel decreto) fu riportato in una nota a parte, anonima, apparsa su ‘L’Osservatore Romano’ dal titolo: UNA VITA DI GESÚ MALAMENTE ROMANZATA!

Ora, anche di Maria Valtorta - i ‘personaggi’ alla Gemelli - potrebbero dire, e lo hanno detto, che i suoi non sono fenomeni di ispirazione soprannaturale ma semmai ‘paranormale’, anzi problemi ‘isterici’ e ‘fenomeni dissociativi della personalità’. É del resto la stessa cosa che costoro, non credendo alla Resurrezione e al resto che ne consegue, se potessero direbbero anche di Gesù, visto che Egli aveva la ‘pretesa’ di vedere Dio, parlare con Dio, anzi credersi addirittura figlio di Dio...».

 

2.2 Le spiegazioni date dal Gesù 'valtortiano' in merito alle motivazioni dell'Opera della mistica, la presa di posizione contraria del Santo Uffizio in merito alla pubblicazione della stessa ed il giudizio invece favorevole di Papa Pio XII e di altri illustri personaggi della Chiesa.

Il Gesù valtortiano, alla fine della sua Opera3, dettò alla mistica con precisione la ragione e gli scopi di quelle eccezionali rivelazioni che in estrema sintesi possono qui riassumersi come un aiuto straordinario e misericordioso - in un momento di grande difficoltà per la Chiesa - atto a fornire argomenti per combattere il modernismo che avrebbe sempre più corrotto la Chiesa, per difendere la sovrannaturalità dei dogmi, la divinità di Cristo vero Dio e vero Uomo, la dottrina di Paolo e Giovanni, la sua scienza illimitata perché perfetta, la natura perfetta della sua Dottrina che non si è formata quale è attraverso successive trasformazioni ma tale è stata data fin dall’inizio. Un aiuto, ancora, per risvegliare sacerdoti e laici, per dare ai maestri di spirito e direttori di anime i sostegni necessari, per restituire alla verità le figure di Gesu, di Maria e tante altre cose ancora.
L’Organo del Sant’Uffizio, per ragioni che non è mai stato possibile capire con chiarezza, pareva essere contrario alla richiesta di autorizzazione alla pubblicazione dell’Opera avanzata dai Padri Serviti che all’epoca avevano assistito l’inferma.
Lei si era offerta a Gesù quale anima vittima d’amore, piccola ‘corredentrice’. Paralizzata da anni, i Padri Serviti le portavano giornalmente l’Eucarestia e trascrivevano nel contempo a macchina i manoscritti con la descrizione di visioni e dialoghi di vita evangelica di Gesù.
I suoi due direttori spirituali provarono allora ad aggirare l’ostacolo cercando di arrivare direttamente al Santo Padre, Pio XII. Ci riuscirono grazie ai buoni uffizi di Mons. Francesco Norese, archivista della Segreteria di Stato, che procurò anche un’udienza concessa il 26 febbraio 1948 a P. Romualdo M. Migliorini e P. Corrado M. Berti, accompagnati dal loro Priore, il P. Andrea M. Cecchin.
Nell’Opera ‘Pro e contro Maria Valtorta’ (di Emilio Pisani, pagg.11 e 12, Centro Editoriale Valtortiano, 2002) in merito a tale udienza si legge fra l’altro:
«Il Papa mostra di aver preso conoscenza dell’Opera e dà un consiglio lapidario: ‘Pubblicatela così come è’. Gli viene sottoposto il testo di una Prefazione, dove si parla esplicitamente di fenomeno soprannaturale, ma egli lo disapprova e aggiunge: ‘Chi legge quest’Opera capirà ».
Vi si legge inoltre che il Sant’Uffizio, subito dopo questa udienza, nel 1949, frenò ogni iniziativa di Padre Berti volta alla pubblicazione dell’Opera, e quando - ciò nonostante - anni dopo l’opera venne stampata, la reazione del Sant’Uffizio - nel 1959 - fu conseguente: la messa all’Indice!
Il Card. Ottaviani, che presiedeva il Sant’Uffizio, era del resto conosciuto per carattere e fermezza tanto da meritarsi l’appellativo di ‘carabiniere della Chiesa’.
Ma colui che era pur suo amico, Gabriele Roschini, mariologo famoso, Professore alla Pontificia Facoltà Teologica ‘Marianum’, dopo aver letto nel 1972 l’Opera, pubblicò un volume dal titolo ‘La Madonna negli scritti di Maria Valtorta’, nella cui Presentazione egli stesso ebbe a scrivere (i grassetti sono i miei) :
«É da mezzo secolo che mi occupo di Mariologia: studiando, insegnando, predicando e scrivendo. Ho dovuto leggere perciò innumerevoli scritti mariani, d’ogni genere: una vera ‘Biblioteca mariana’.
Mi sento però in dovere di confessare candidamente che la Mariologia quale risulta dagli scritti, editi ed inediti, di Maria Valtorta, è stata per me una vera rivelazione. Nessun altro scritto mariano, e neppure la somma degli scritti mariani da me letti e studiati, era stato in grado di darmi, del Capolavoro di Dio, un’idea così chiara, così viva, così completa, così luminosa e così affascinante: semplice e insieme sublime’. Tra la Madonna presentata da me e dai miei colleghi (i Mariologi) e la Madonna presentata da Maria Valtorta, a me sembra di trovare la stessa differenza che corre fra una Madonna di cartapesta e una Madonna viva, tra una Madonna più o meno approssimativa e una Madonna completa in ogni sua parte, sotto tutti i suoi aspetti…».
Roschini prosegue poco dopo dicendo:
«É bene, inoltre, che si sappia che io non sono stato un facile ammiratore della Valtorta. Anch’io infatti sono stato, un tempo, tra coloro che, senza una adeguata conoscenza dei suoi scritti, hanno avuto un sorrisino di diffidenza nei riguardi dei medesimi. Ma dopo averli letti e ponderati, ho dovuto - come tanti altri - concludere: ‘Chi vuol conoscere la Madonna (Una Madonna in perfetta sintonia col Magistero ecclesiastico, particolarmente col Concilio Vaticano II, con la Sacra Scrittura e la Tradizione ecclesiastica) legga la Mariologia della Valtorta!’
A chi poi volesse vedere, in questa mia asserzione, uno dei soliti iperbolici «slogan » pubblicitari, non ho da dare che una sola risposta: «Legga, e poi giudichi!...».

Del resto il 6 maggio 1992, con una sua lettera Prot. N. 324/92, l’allora Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Dionigi Tettamanzi, motivando in premessa la sua lettera a seguito delle frequenti richieste di parere che giungevano anche alla sua Segreteria circa l’atteggiamento dell’Autorità ecclesiastica sugli scritti di Maria Valtorta, scrive con fare gentile e direi anche cordiale all’Editore (i grassetti sono i miei):

Stimatissimo Editore,
in seguito a frequenti richieste, che giungono anche a questa Segreteria, di un parere circa l’atteggiamento dell’Autorità ecclesiastica sugli scritti di Maria Valtorta, attualmente pubblicati dal ‘Centro Editoriale Valtortiano’, rispondo rimandando al chiarimento offerto dalle ‘Note’ pubblicate da ‘L’Osservatore Romano’ il 6 gennaio 1960 e il 15 giugno 1966.
Proprio per il vero bene dei lettori e nello spirito di un autentico servizio alla fede della Chiesa, sono a chiederLe che, in un’eventuale ristampa dei volumi, si dica con chiarezza fin dalle prime pagine che le ‘visioni’ e i ‘dettati’ in essi riferiti non possono essere ritenuti di origine soprannaturale, ma devono essere considerati semplicemente forme letterarie di cui si è servita l’Autrice per narrare, a modo suo, la vita di Gesù.
Grato per questa collaborazione, Le esprimo la mia stima e Le porgo i miei rispettosi e cordiali saluti.
+Dionigi Tettamanzi
Segretario Generale

Anche senza essere raffinati esegeti sembra di capire che sarebbe bastato che l’Editore accettasse di scrivere chiaro con poche parole in premessa che l’Opera non potesse essere ritenuta di ispirazione soprannaturale per risolvere ‘amichevolmente’ la ‘controversia’ e considerarne la lettura come ‘autorizzata’, lettura che mai avrebbe dovuto essere autorizzata se invece l’Opera avesse avuto contenuti contro la morale e la Fede, casi nei quali mai la Chiesa approva scritti del genere, anche se questi non rivendicano una origine soprannaturale, perché la Chiesa ne valuta la sostanza.
L’Editore non se la sentì di accettare anche se - penso io - l’accettazione di quella proposta avrebbe potuto rappresentare una fortuna editoriale di vendite in tutto il mondo.
L’Opera ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ (in dieci volumi, prima conosciuta come ‘Il Poema dell’Uomo Dio’) nonostante quella antica messa all’Indice si è però comunque diffusa silenziosamente in tutto il mondo - insieme ad altre opere dell’Autrice - tradotta nelle più svariate lingue, incluso il cinese e il giapponese.
Gabriele Maria Allegra, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, missionario in Cina e biblista, ha tradotto l’intera Bibbia in lingua cinese ed ha fondato lo Studio Biblico di Pechino, poi trasferito a Hong Kong. Morto nel 1976 ad Hong Kong, dove dopo appena otto anni venne aperto il processo per la sua beatificazione, ebbe a scrivere la seguente lettera al sinologo P. Fortunato Margotti, suo confratello, che gli aveva fatto conoscere l’Opera di Maria Valtorta (i grassetti sono i miei):

Ave Maria. Hong Kong, lì 30 luglio 1965
Carissimo Fortunato,
vorrei per un istante solo trovarmi a Roma per prendere le sue orecchie e tirargliele proprio forte forte come quando una volta si scioglievano le campane la mattina del Sabato Santo! Ma sa che il Poema di Gesù mi ha distaccato dagli studi della Sacra Scrittura? E mi fa piangere e ridere di gioia e di amore. Ma non continuo! Non credo che un genio possa completare così la narrazione evangelica: digitus Dei est hic! Altro che Formgeschichtemethode! Io sento in questo libro il Vangelo, o meglio il profumo inebriante del Vangelo. E sono superbo che tante - non tutte - tante ipotesi corrispondono a quelle che nella mia testa mi ero fatto per coordinare la vita del Salvatore. Ma solo a voce potrei parlare di ciò. Questo libro è per me un atto di divina misericordia per la Chiesa, per le anime semplici, per i cuori che sono evangelicamente fanciulli. Spero che il solerte editore nell’ultimo volume vi aggiunga un bell’Indice, almeno per i nomi propri.
E ora, caro P. Margotti, giacché mi sta facendo fare questo peccato di negligenza per il mio dovere, e giacchè, quel ch’è peggio, io ho tutta la voglia di commetterlo per intero, stia all’erta e mi mandi gli altri volumi tutti, e se trovasse qualche schizzo biografico di Maria Valtorta me lo mandi pure, ché conoscere la testimone vuol dire tanto. E Norberto pagherà, paga per tanti altri miei capricci, dovrà per prepotenza pagare per il Poema dell’Uomo-Dio!
Ora termino perché voglio tornare al quarto volume di esso… è irresistibile: Maestro benedetto, e che sarà quando lo vedremo?
Se non mi converto questa volta ho bell’e visto: sono peggiore di Giuda!
Mi ossequi il caro P. Alessio e gli altri confratelli di ‘Sinica Franciscana’. L’abbraccio fraternamente, suo dev.mo 
Fr. Gabriele M. Allegra

Volendo dunque dare una risposta ragionevole al quesito sulla attendibilità delle visioni di Maria Valtorta dovremmo - oltre che in prima istanza leggere direttamente l’Opera per rendercene personalmente conto - concederle una adeguata credibilità a meno che non vogliamo mettere in dubbio quantomeno l'autorità intellettuale e morale di personaggi come Papa Pio XII, Padre Gabriele Roschini, Padre Gabriele Maria Allegra e molti altri illustri personaggi qui non citati per brevità, che si sono espressi in maniera lusinghiera sulla soprannaturalità dell'Opera di Maria Valtorta.
É dunque in questo spirito di apertura che potremo in seguito addentrarci nel cuore degli insegnamenti impartiti dall'Arcangelo Raffaele alla mistica ne 'Il libro di Azaria'.

 

2.3 L'enigma Maria Valtorta. 

Ritengo tuttavia interessante - per avere una migliore idea dell'Opera valtortiana con particolare riferimento alle visioni sulla vita di Gesù in 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - riportare qui sotto (i 'grassetti' sono miei) quanto scritto da Jean-Françoise Lavère4:

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L'enigma Maria Valtorta 

Più di sessant'anni fa, immobilizzata nel suo letto da un'infermità cronica, Maria Valtorta scrisse di proprio pugno, in appena quattro anni, migliaia di pagine manoscritte che sono già diffuse in più di venti lingue.
Trattandosi di una “Vita di Gesù”, quest'opera non lascia indifferenti e suscita sempre appassionate reazioni.
L'opera è così eccezionale che merita di essere annoverata tra i capolavori della letteratura universale. Offre la materia per un’inesauribile enciclopedia della vita di Gesù.
Infatti quest'opera non solo integra la totalità dei quattro evangeli, ma ne ricostruisce tutto il contesto socioculturale.
Quelli che conoscono l’opera classica di Gesù nel suo tempo sono sorpresi, leggendo Maria Valtorta, nel constatare che la realizzazione del disegno di Henri Daniel-Rops vi è di gran lunga superata.
Maria Valtorta mostra una tale capacità nel far rivivere i personaggi e gli avvenimenti che alcuni dotti l'hanno paragonata al genio di uno Shakespeare. Questo si nota soprattutto nel realismo psicologico riguardante innumerevoli personaggi: agendo ognuno, per tutta l'opera, secondo l'età, il sesso, la professione, la sua situazione familiare e sociale, la sua formazione, le sue attitudini.
I più grandi autori si sforzano di raggiungere questo scopo, ma tutt'al più non vi pervengono che per il personaggio che rappresenta se stessi e per qualcuno vicino. È così che l'eroe del romanzo David Copperfield rappresenta di fatto l'autore Charles Dickens, così come Tom Sawyer ci restituisce interamente l'infanzia di Mark Twain.
Inoltre, la successione degli avvenimenti riportati da Maria Valtorta trova molto naturalmente il suo posto nel quadro storico del primo secolo.
Lo storico Elian Cuvillier, rendendosi conto che venti secoli di ricerche incessanti sulla cronologia della vita di Gesù sono apparsi poco fruttuosi, scrisse: "Lo storico ormai sa che è impossibile ricostruire con precisione la Vita di Gesù nel dettaglio ... Quanto a collocare questa o quella parola nel quadro della sua esistenza terrena, ciò è definitivamente impossibile".
Chi legge la vita di Gesù nell'opera valtortiana ha invece la folgorante impressione di una cronologia coerente, completa e senza eguali: il puzzle è completato [È un miraggio?]
Per quanto concerne i testi sacri, Maria Valtorta ne manifesta una conoscenza così approfondita che l'eminente biblista Gabriele Allegra (autore della prima traduzione integrale della Bibbia in cinese) si disse stupefatto per "la sorprendente cultura scritturistica" di lei che "si serviva di una semplice versione popolare della Bibbia" (relazione scritta a Macao nel giugno 1970).
Quanto alla geografia, per fissare le carte della Palestina ai tempi di Gesù gli eruditi (e specialmente i ricercatori ebrei) hanno dovuto consultare un cumulo di documenti tra i quali il Talmud, Giuseppe Flavio, le iscrizioni. le tradizioni, fonti archeologiche, ecc.
Maria Valtorta nomina centinaia di luoghi e descrive con esattezza e forza dettagli di panorami, strade, corsi d'acqua, rilievi, monumenti, pur non disponendo praticamente di alcuna documentazione specializzata.
Il più sorprendente è che Maria Valtorta, pur avendo una viva intelligenza ed una eccellente memoria, non aveva neppure terminato i suoi studi secondari.
Alcuni dettagli.
L’opera trabocca di dati esatti dal punto di vista storico, tipografico, architettonico, geografico, etnologico, cronologico, ecc. Inoltre Maria Valtorta fornisce spesso precisazioni conosciute solo da qualche erudito, in certi casi perfino totalmente sconosciute al momento della loro redazione, e che l'archeologia, la storia o la scienza hanno poi confermato.
Lo studio di migliaia di dati, disseminati come per caso in quest'opera, ha permesso di costituire lungo gli anni la imponente base documentaria.
Questa ricerca sistematica mette in luce la straordinaria precisione e l’insospettabile livello di coerenza e di credibilità di questa Vita di Gesù di Maria Valtorta.
Prendiamo, per esempio, il caso di Caecilius Maximus, graduato dell'armata romana semplicemente nominato da M. Valtorta in un breve dialogo tra due soldati romani all'inizio dell'anno 29. Nell'opera egli non riveste alcun ruolo. Il suo nome, sconosciuto dagli storici quando l’opera fu pubblicata, sembra pura invenzione. Eppure l’esistenza storica del personaggio è oggi convalidata dalla scoperta di una tavoletta d'argilla presso Pompei nel 1959, menzionante la presenza di Caecilius Maximus a Pozzuoli (Puteoli) nel luglio dell'anno 29. Coincidenza?
Sorprendente è anche ciò che M. Valtorta chiama “le rovine ciclopiche dell'antica Hatzor". Certo, la scoperta del luogo risale al 1870, ma è stato necessario attendere la campagna di scavi iniziata nel 1955 (prosegue ancora nel 2008) per avere un'idea della sua estensione. Nessuno (prima di M. Valtorta nel 1945) ne aveva evocata la grandezza.
Gli scavi coprono oggi una superficie di 80 ettari e costituiscono il più vasto cantiere archeologico di Israele!
Altrove M. Valtorta descrive a lungo il luogo in cui avviene l'elezione apostolica: " ... una gola fra le colline … Fra l'una e l'altra collina rocciosa, scabra, che si apre a picco come un fiordo ... "; e nel capitolo successivo scrive che Gesù “... scende, perché la sua caverna è la più alta, entrando di volta in volta nelle grotte ...".
La descrizione è così dettagliata che il ricercatore può localizzare queste grotte molto prima di sapere, circa mille pagine dopo, che si tratta delle grotte di Arbela.
Lo stesso per il monte del sermone sulla Montagna: “Poi il monte ha un altro balzo in altezza e sale con una salita piuttosto accentuata fino ad un picco, che poi si abbassa per rialzarsi di nuovo con un picco simile, in una bizzarra forma di sella". "La collina ha la vetta in forma di giogo, anzi, è più chiaro, in forma di gobba di cammello ...".
La descrizione designa senza equivoco il luogo chiamato le Corna di Hattin.
Quando più oltre M. Valtorta menziona un monte che "alle spalle di Efraim è proprio un gigante verde che domina sugli altri", non può essere che l'attuale Tel Asour, che con i suoi 1011 metri è il punto culminante della Giudea-Samaria.
Sono centinaia gli esempi che si raccolgono lungo tutta l'opera, sebbene questa scienza passi inosservata alla prima lettura.
Tuttavia l'estrema esattezza geografica non è affatto il solo "enigma Valtorta".
La fuga in Egitto.
Quando Maria Valtorta descrive il soggiorno della Santa Famiglia in Egitto sembra dapprima che ne ignori l'esatta localizzazione. Scrive: "Il luogo è in Egitto. Non ho dubbi, perché vedo il deserto e una piramide", e un po' oltre: " ... il sole cala verso le sabbie nude, e un vero incendio invade tutto il cielo dietro la piramide lontana". "La piramide sembra più scura".
Bisogna arrivare al volume seguente per apprendere che la fuga era terminata a Matarea: " ... non Lui che era fuggito oltre Matarea"; "E sarà più triste del tuo primo genetliaco in Matarea"; e poi al volume 4°: "Per quanto la bontà del Signore ci avesse fatto men duro l'esilio a Matarea, in mille modi".
Matarea (oggi EI Matariya) è un quartiere dell'antica città di Heliopolis, posta a 20 Km a nord/nord-est delle tre piramidi di Gizeh. Era una terra ospitale per gli ebrei perseguitati, e ai tempi di Gesù vi dimorava una importante colonia giudaica.
La menzione più antica di Matarea come rifugio della Santa Famiglia proviene dal vangelo gnostico detto "di Tommaso" del 2° secolo. Dopo quest'epoca, e fino ad oggi, si venera in questo luogo la "fontana della Vergine" e "l'albero di Maria", ricordati peraltro nel testo di M. Valtorta.
Henri de Beauvau, nel Voyage au Levant (1615), nomina questo luogo: "La Matarea, luogo dove la Vergine si salvò con il suo caro figlio sfuggendo alla persecuzione di Erode ...".
Cornelis de Bruyn passa per Matarea nel 1685 e spiega: "È qui che si crede che Giuseppe e Maria scelsero la loro dimora quando si ritirarono in Egitto ... ".
Perché M. Valtorta vede in questo luogo una sola delle tre piramidi? Bisogna rilevare che le piramidi di Gizeh erano orientate a sud-ovest/nord-est. Matarea si trova esattamente sul loro asse e dunque, solo in questo stretto settore, la piramide di Cheope nasconde effettivamente quelle di Chefren e di Micerino, situate proprio dietro di essa!
L'utilizzo di un semplice articolo al singolare - "la" piramide - apporta un forte indice di autenticità alla visione di questa scena da parte di M. Valtorta.
La foresta pietrificata.
Nel volume 4°, Gesù rievoca la sua prima infanzia in Egitto: " ... foreste pietrificate che si vedono sparse per la valle del Nilo e nel deserto egiziano. Erano boschi e boschi di piante vive ... Poi, per una ignota causa, come cose maledette, esse si sono non solo disseccate, come fanno le piante ... , ma pietra sono divenute. Pietra. La silice del suolo sembra essere salita per un sortilegio dalle radici al tronco, ai rami, alle fronde ... ".
Queste foreste fossili sussistono ancora ai nostri giorni e specialmente quella situata a 17 km a sud-est di Matarea. Si tratta di Al-Ghaba Al-Motahagguéra (la foresta pietrificata) presso El Maadi. Questa foresta fu riscoperta verso il 1840 ma è rimasta poco conosciuta in Europa fino ai nostri giorni. Essa è ora molto minacciata dall'urbanizzazione e la zona restante (7 kmq) è stata classificata luogo protetto nel 1989 e fu iscritta nel patrimonio dell'Unesco nel 2003. E la teoria detta "sostituzione dalla silice" è una delle due sole teorie ritenute oggi per spiegare la formazione di questa foresta!
Nuovi elementi del dossier dell' "enigma Valtorta"!
Indagine in Fenicia.
Maria Valtorta nella sua opera, a più riprese, menziona Alessandroscene, antica città molto poco conosciuta ai nostri giorni. Ella dà descrizioni precise e dettagliate della sua posizione.
"E la marcia continua per la pianura, che si restringe sempre più per l'avanzarsi delle colline verso il litorale, tanto che dopo un altro torrente, con l'indispensabile ponte romano, la strada in pianura diviene strada nel monte, biforcandosi al ponte con una meno ripida che si dilunga verso nord-est per una valle, mentre questa, scelta da Gesù, secondo l'indicazione del cippo romano: Alessandroscene - m. V°, è una vera e propria scala nel monte roccioso ed erto che tuffa il muso aguzzo nel Mediterraneo, che sempre più si spiega alla vista man mano che si sale. Solo pedoni e somarelli percorrono quella via, quella gradinata, sarebbe meglio detto ... ".
Tutte queste descrizioni sono perfettamente esatte e verificabili oggi.
Situato all'estremo nord di Israele, Roch Hanikra (o Ras el-Nakoura) spinge le sue falesie di gesso bianco nel Mediterraneo. I pellegrini cristiani avevano denominato questo luogo Scala Tyriorum, scale di Tiro.
Alessandro il Grande avrebbe fatto scavare verso il 333 a.C. queste scale (o questi gradini) per i suoi soldati e le loro cavalcature. Poi esse furono usate dalle legioni romane e dai crociati. Luogo praticamente dimenticato ai nostri giorni, non ne rimane che qualche incisione del 19° secolo ...
Proprio come M. Valtorta l'ha letto sul cippo romano, la città era effettivamente posta a 5 miglia romane (m. V°) (esattamente 7,5 km) dal luogo dove iniziano le scale di Tiro, come l'hanno confermato scavi recenti (a 4 km al nord della base militare dell'ONU di Naqurah).
Ecco come era descritta questa regione nel 2007 da una guida turistica di Tiro: "Tra due promontori della costa fenicia - Ras el Bayada e Ras en Naqurah - si trovano le rovine di una considerevole città senza storia, se non che Alessandro il Grande vi dimorò dopo la cattura di Tiro. In suo onore fu costruita una città e fu chiamata Alessandroscene".
Perfetta coincidenza con Maria Valtorta!.
Questa città esisteva ai tempi di Gesù, dato che il 'pellegrino di Bordeaux', nel 333, menziona di avervi fatto tappa. Ma nel 19° secolo non ne restava che qualche pietra.
Una semplice foto di Roch Hanikra giustifica quest'altra descrizione: "Il paese è raggiunto. Un mucchietto di case di pescatori messo a ridosso di uno sperone di monte che viene verso mare"; e: "Gesù, guardando come fa da più lati, vede perciò una catena ondulata di monti che all'estremo nord-ovest e sud-ovest tuffa l'ultima propaggine in mare: a sud-ovest col Carmelo ... ; a nord-ovest con un capo tagliente come uno sperone di nave, molto simile alle nostre Apuane per vene rocciose biancheggianti al sole".
Maria Valtorta ha descritto perfettamente nel 1945 la costa israelo-libanese, cosÌ come un'antica città dimenticata, figurante solo su qualche raro documento antico e conosciuta attualmente da pochi specialisti!
"L'enigma Valtorta" continua ...
Coccodrilli in Giudea?
Nella sua opera Maria Valtorta nomina in più occasioni, con molta giustezza e coerenza, la fauna e la flora della Palestina. Ma il lettore può essere sorpreso quando, venendo da Sicaminon e avvicinandosi a Cesarea, il gruppo apostolico vede dei piccoli sauri. Lo spazio qui non consente di riportare brani del gustoso dialogo suscitato dalla presenza di quei piccoli ma voraci coccodrilli, paragonati a "grossi lucertoloni". Rimandiamo il lettore al capitolo 254 dell'opera.
La presenza di coccodrilli nella pianura di Saron certamente meraviglia e può sembrare anacronistico. Ma Plinio, nella sua Storia naturale, ricorda in questo luogo il Crocodilum flumen, e il geografo Stradone parla delle rovine di una città chiamata Krokodeilon polis (che l'archeologo R. Stieglitz ha portato alla luce nel 1999).
L'esistenza di questi piccoli coccodrilli fu confermata da molti pellegrini nel corso dei secoli. Segnaliamo Jacques de Vitry (1230), R. Pockocke (1760), o Joseph Fr. Michaud che conferma nel 1831: "questi coccodrilli sono della specie più piccola".
Poi Victor Guérin nel 1883 precisa: "ci sono dei piccoli coccodrilli in questo modesto fiume, e non bisogna bagnarcisi senza precauzione .... essi erano piccoli dai cinque ai sei piedi circa di lunghezza ... dei coccodrilli sarebbero stati trasportati un tempo dall'Egitto in Palestina".
La riva e il ponte descritti da M. Valtorta  esistono anch'essi.
La riva si chiama il Nahr ez Zerqa, e - in Lands of the Bible,1881 - McGarvey rileva i resti di un ponte antico, a 1,5 km dalla foce di questo fiume. Si può dunque dare credito o attenzione al dialogo che segue a questo incontro inatteso e che evidenzia il terrore provato da Marta di Betania, alla quale Gesù sembra preconizzare un futuro di donna coraggiosa.
È un dettaglio che può passare inosservato o sembrare enigmatico a lettori non francesi, ma ha senso per chi in Francia conosce l'antica tradizione provenzale delle Saintes- Maries-de-Ia - Mel'.
La Legenda aurea (Giacomo da Varazze, 1255) vi racconta che Marta, superando la sua paura, liberò i rivieraschi del Rodano, nella valle d'Avignone, dalla Tarrasque, quel dragone dalla lunga coda che divorava uomini e bestiame.
Molti storici pensano che si trattasse probabilmente di un coccodrillo. Questo animale avrebbe raggiunto il Rodano dopo il naufragio di un battello che lo trasportava verso qualche vicino anfiteatro. La Tarrasque divenne così il simbolo di Tarascona.
Con i suoi scritti M. Valtorta, nello svelarci una curiosità storica poco conosciuta, rafforza la credibilità di una leggenda provenzale. Semplice e geniale ispirazione d'autore?
Tanti altri luoghi "dimenticati".
La citazione o la descrizione di numerosi luoghi della Palestina, conosciuti nel 1944 solo da qualche raro erudito, furono una delle sorprese dell'eminente specialista Padre François Paul Dreyfus.
Eccone alcuni dati:
Jotapata, attuale Tel Yodefat, è perfettamente localizzata e descritta dalla Valtorta, mentre il luogo è stato riscoperto dagli archeologi solo negli anni 1992-1994.
Magdalgad, piccolo paese sulla collina, è menzionato una sola volta nella Bibbia (Giosuè 15, 37).
All'epoca della Valtorta l'ubicazione era ancora controversa. Identificata ora con la moderna AI-Majdal, a circa km. 4,8 a nord-est di Ascalona (in perfetta conformità con la descrizione valtortiana), il luogo è oggi inserito nel sobborgo di Ascalona.
Lesendam, Laishem Dan, la città di La'ish, appare sotto questo nome una sola volta nella Bibbia (Giosuè 19,47).
La Valtorta rievoca il passaggio di Gesù nelle vicinanze. Tuttavia la riscoperta dell'antica città di Tel Dan (Tell el-Qadi), attuale nome dell'antica La'ish, non ebbe luogo che nel 1966 grazie agli scavi israeliani.
Rohob. Antica capitale del regno aramaico, la città fu ostile a David. La Bibbia (Giudici 18,28) la situa nella regione di Laïsh, ma la posizione esatta resta ancora oggi sconosciuta.
Alcuni congetturano che essa sarebbe l'attuale Hunin, ad una decina di chilometri a ovest di Banias, il che ben corrisponde alla menzione valtortiana per bocca di un pastore: "lo pascolo tra Rohob e Lesemdan, proprio sulla strada che è di confine fra qui e Neftali".
Doco. Ecco una città oggi totalmente scomparsa e dimenticata. Eppure la Valtorta la menziona una quindicina di volte nella sua opera come luogo di passaggio o di incontro per chi costeggia il Giordano da nord a sud, attraversa la Giudea da Betel a Gerico, o va verso la Decapoli venendo da Gerusalemme. Si tratta senza alcun dubbio di A'im Duk, situata ai piedi nord-est del Jebel Karantal. C'era lì, ai tempi di Gesù, una fortezza chiamata Docus dai romani. Fu lì che Simone Maccabeo fu invitato ad un banchetto dal genero Tolomeo e fu trucidato nel 135 a.C. (1 Maccabei 16, 11-17).
Ramot. Ramoth en Galaad o Ramoth Gileat era, con Betser e Golan, una delle tre città di rifugio della Transgiordania date ai Leviti.
Numerose volte menzionata nella Bibbia, l'ubicazione esatta di questa città è sempre stata discussa. Sono stati proposti tre siti principali: Tell er-Rumeith che fu scavata nel 1960 e comprende delle vestigia dell'Età del Ferro.
Tuttavia alcuni pensano che il sito era troppo piccolo per corrispondere alla de­scrizione biblica.
Tell el-Husn è un'altra possibilità, ma un cimitero mussulmano postovi sopra impedisce ogni scavo.
La terza candidata è Ar-Ramtha, ma anche là, la città moderna sortavi sopra rende impossibili gli scavi.
Nell'opera valtortiana Gesù con i suoi, venendo da Gerico e recandosi a Gerasa, fa tappa a Ramoth. Un mercante che li accompagna dice a Maria: "Vedi, o Donna, quel paese? È Ramot. Là ci fermeremo ... ".
Con la descrizione e uno schizzo manoscritto  la Valtorta situa Ramot nel luogo dell'attuale Es Salt, esattamente a metà percorso tra Gerico e Gerasa, tagliando questo percorso in due lunghe tappe di 33 km ciascuna.
Ed è ancora più notevole quando si scopre che Es Salt è riconosciuta oggi dagli archeologi come il luogo più probabile per Ramot! 
Sarebbe sicuramente possibile moltiplicare tali esempi, ma gli argomenti "sorprendenti" in quest'opera sono ancora così tanti che è necessario fermarsi.
Segnaliamo solo che Maria Valtorta menziona con il loro nome più di 300 località, monti, fiumi, regioni e altri dati geografici, e li localizza con esattezza, il che è già notevole.
Un'analisi completa richiederà un'opera voluminosa.
Vorrei solo richiamare l'attenzione su un fatto ancora più inaspettato.
Uno studio più approfondito sul testo dell'opera valtortiana permette di identificare numerosi altri luoghi senza storia e dei quali la Valtorta non conosce nemmeno il nome.
Questi luoghi, sconosciuti dalle enciclopedie bibliche per il semplice fatto del loro anonimato, non possono dunque apparire nelle ricerche basate su una semplice indicizzazione del testo.
Ora le descrizioni di questi luoghi anonimi si rivelano assolutamente esatte ogni volta che le nostre conoscenze attuali permettono di identificarli, sia che si tratti di corsi d'acqua, o di strade romane, o di monti, o delle più umili colline, o dei più modesti villaggi.
Spesso la Valtorta, quando prova qualche difficoltà nel trovare le parole per descrivere ciò che "vede", aggiunge uno schizzo sul suo manoscritto. Tali disegni, benché tecnicamente molto maldestri, sono tuttavia preziosi per perfezionare certe descrizioni.
Maria Valtorta raggiunge anche un grado tale di precisione e di esattezza che io personalmente non ho mai riscontrato nei numerosi autori di racconti di viaggi in Terra Santa, da me consultati durante questo studio. Potrei fornirne molti esempi, ma per esigenze di spazio posso darne uno solo.
Nella primavera del secondo anno, Gesù con i suoi va in pellegrinaggio al Tempio per l'esame della maggiore età di Margziam e per la festa di Pasqua. Si avvicinano a Betel, venendo da Sichem: " ... una nuova salita molto ripida ... Giunti alla cima, ecco in lontananza splendere, già distintamente, un mare lucente, sospeso sopra un agglomerato bianco ... ".
Gesù dice allora a Margziam: "Vedi quel punto d'oro? È la Casa del Signore. Là tu giurerai di ubbidire alla Legge".
Sapendo che sono a 25 km da Gerusalemme, questa osservazione di Gesù potrebbe sorprenderci.
Ora, secondo i racconti dei pellegrini dei secoli passati, Gerusalemme (e dunque il Tempio) era visibile da molto lontano per chi veniva dal nord. Ma la testimonianza di Léonie de Bazelaire (Chevauchée en Palestine, 1899, p. 93) non lascia spazio al dubbio.
Infatti, venendo da Nablus, dice di scorgere Gerusalemme come "massa biancastra in lontananza" da una collina che precede Betel, in esatta conformità con l'indicazione dataci dalla Valtorta.
Gli esempi, che si possono moltiplicare, permettono di comprendere ciò che disse Gesù a Maria Valtorta: "Giorni or sono dicesti che muori col desiderio inappagato di vedere i Luoghi Santi. Tu li vedi, e come erano quando lo li santificavo con la mia presenza. Ora, dopo venti secoli di profanazioni venute da odio o da amore, non sono più come erano. Perciò pensa che tu li vedi e chi va in Palestina non li vede" ('I quaderni del 1944', 3 marzo).
Il lettore attento avrà notato che le descrizioni sono molto minuziose nei primi volumi e più contenute negli ultimi volumi, in conformità con le parole di Gesù alla scrittrice: "Ti autorizzo ad omettere le descrizioni dei luoghi. Tanto abbiamo dato per i ricercatori curiosi. E saranno sempre 'ricercatori curiosi'. Nulla più. Ora basta. La forza fugge. Serbala per la parola. Con lo stesso animo col quale constatavo l'inutilità di tante mie fatiche, constato l'inutilità di tante tue fatiche. Perciò ti dico: serbati solo per la parola".
Non c'è dubbio che l'opera di Maria Valtorta possa perfino essere l'origine di nuove scoperte archeologiche, quando gli specialisti in questo ambito avranno più pienamente preso coscienza della pertinenza e della ricchezza delle sue descrizioni.

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2.4 La stesura incredibilmente casuale delle visioni dell'Opera valtortiana ('L'Evangelo come mi è stato rivelato') sulla vita di Gesù.

Ove non bastasse la lettura dell'Opera di Maria Valtorta - che con i suoi contenuti di umanamente inconcepibile sapienza (basta leggere per rendersene conto)  ci fa davvero esclamare 'Digitus Dei est hic!' insieme a Fr. Gabriele M. Allegra, il famoso sacerdote dell'Ordine dei Frati minori, il missionario in Cina e biblista che ho in precedenza citato - vi è un altro aspetto che dovrebbe indurre anche uno 'scettico' ad una profonda riflessione in merito a quello che abbiamo chiamato 'l'enigma Maria Valtorta'.
Si tratta di quello che un altro sacerdote, Fr. Jorge Fuentes, ha definito in un suo scritto 'La stesura incredibilmente casuale' dell'Opera di vita evangelica di Gesù.
L'Opera 'principale' della mistica è costituita da 652 capitoli in dieci volumi5 di varie migliaia di pagine.
Si tratta di singole visioni su episodi della vita di Gesù che la mistica trascriveva senza correzioni ed in tempo reale, cioé mentre le venivano donate, su dei 'quaderni' numerati, seguendo l'ordine di data in cui essa le riceveva.
Questi scritti - fissati sui quaderni che sono ancor oggi gelosamente e 'religiosamente' conservati 'agli atti' - venivano giornalmente copiati e battuti a macchina, dai sacerdoti che seguivano ed assistevano la mistica, su dei fogli che poi venivano raggruppati e tenuti separati in ordine della loro data di 'ricezione'.
Quasi ogni capitolo è una visione, e la visione - con episodi giornalieri e discorsi di Gesù e degli apostoli - ha un suo senso compiuto ma non ha in linea di massima alcuna correlazione temporale o logica con la visione del capitolo precedente o con quella del capitolo successivo.
Insomma, è come se i seicentocinquantadue capitoli dell'Opera - che riflettono in maniera amplificata i singoli episodi dei quattro Vangeli canonici più altri ancora - anziché essere esposti in maniera cronologicamente ordinata fossero stati preventivamente 'frullati' per vedere poi la luce in una successione del tutto casuale.
E' quanto del resto appare anche dalla stesura degli episodi del quattro Vangeli canonici, episodi che vengono indicati non seguendo un ordine 'storico' ma sulla base degli argomenti funzionali alla 'catechesi' che gli evangelisti intendevano offrire ai credenti, fatto questo che da duemila anni rende di fatto praticamente impossibile agli studiosi la ricostruzione - con una certa precisione cronologica 'storica' - della vita di Gesù basandosi sui singoli brani così come essi si succedono nei Vangeli.
Ebbene, sarà il Gesù valtortiano stesso ad indicare alla mistica in quale ordine collocare gli oltre seicento episodi scritti a mano sui quaderni, poi trascritti a macchina dai sacerdoti, ed a fornire quindi la esatta successione degli stessi che andranno quindi a costituire la successiva opera editoriale de 'L'Evangelo come mi è stato rivelato'.
Il sopra citato Fr. Jorge Fuentes - nel suo scritto - sfida qualunque autore non di un'opera di 652 capitoli ma di una modesta opera di una trentina di capitoli a scrivere in un suo ipotetico romanzo '...prima il capitolo 7, poi il capitolo 25, poi i capitoli 19, 5, 4, 12 e 15, e in seguito tutti gli altri nel seguente ordine : 6, 26, 18, 12, 2, 30, 17, 23, 4, 21; e 24, 16, 1, 13, 9; e 11, 20, 3, 8, 10, 29, 28, 22, 27, di modo che, una volta finito, il romanzo risulti ben costruito, avvincente e convincente'.
Ci potremmo a questo punto chiedere se il Gesù valtortiano fosse un inguaribile burlone desideroso di stupirci con un gioco di prestigio.
Niente di tutto questo: Gesù voleva solo far capire ai futuri studiosi e... critici - quelli che Egli era solito chiamare 'i dottori sottili' o 'dottori del cavillo' che amano, come noi siamo soliti dire, 'spaccare il capello in quattro' - che solo Egli in persona, e cioé il personaggio principale di quella storia di vita vissuta, poteva sapere in quale ordine 'evangelico' gli episodi dovessero poi essere collocati, così da far intendere a chiunque non fosse animato da scetticismo o pregiudizio che si trattava di un'Opera veramente ispirata da Dio. Ecco dunque che oggi - grazie all'Opera della mistica - la lettura dei vangeli canonici assume per gli studiosi ben altra rilevanza una volta che i singoli brani vengano letti nella successione cronologica dell'Opera valtortiana.


1 -  Vedi dell'autore: 'Viaggio nell'Apocalisse verso l'Anticristo prossimo venturo' - Cap. 13.2 - Ed. Segno 2007, opera disponibile per libero scarico anche dal suo sito internet www.ilcatecumeno.net

2 -  Vedi dell'autore l'opera di cui alla nota precedente, Cap. 12

3 -  Maria Valtorta: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Vol. X, Cap. 652: Commiato all'Opera - 28 aprile 1947 - Centro Ed. Valtortiano, 2001

4 (dal Bollettino valtortiano - I° semestre 2009 -Traduzione dal francese di Claudia Vecchiarelli)

5 'M.V.: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Vol. dal I° al X° - Centro Editoriale Valtortiano - Isola del Liri (FR)