1. LA STORIA DI AZARIA: MITO O REALTA'? 

 

1.1 ‘Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore’... 

Nell'Introduzione - parlando di Azaria, Angelo custode di Maria Valtorta - vi ho parlato anche dell'altro Azaria, cioè l'Arcangelo Raffaele che era anch'Egli un 'ispiratore' della mistica, e non solo 'ispiratore ma anche 'compagno di viaggio', perché un giorno, appunto, le era apparso e per compensarla della sua buona volontà le aveva fatto fare a ritroso nel tempo il viaggio in cui l'Arcangelo - sotto il nome di Azaria - aveva accompagnato e protetto il figlio di Tobia lungo le rive del fiume Tigri di cui si parla nel 'Libro di Tobia'.
Non sarà male farvi almeno un accenno a questo secondo 'Azaria' - chè è pur sempre un Angelo, o meglio un Arcangelo che assiste anch'Egli la Valtorta - accennandovi almeno in rapida sintesi ciò che si narra di Lui ne 'Il libro di Tobia'.1
Tobia, uomo pio ma divenuto cieco e povero, ha un figlio – anch’egli di nome Tobia – che viene da lui inviato in terre lontane al fine di recuperare una somma di denaro che egli aveva anni prima imprestato ad un amico.
Il viaggio era pericoloso, la strada era lunga e a malapena conosciuta, briganti ed altre insidie non sarebbero mancati.
Il giovane Tobia trova comunque casualmente un altro giovane, che gli dice di chiamarsi Azaria e che si offre di fargli da guida.
Come sopra detto non vi racconterò qui tutta la storia di Tobia, se non per dirvi che egli ritornerà trionfalmente dal proprio padre con i denari recuperati e soprattutto con il ‘recupero’ – cammin facendo – di Sara, una ricchissima moglie, casta e piena di virtù.
A dire il vero era rimasta ‘casta’ non tanto per eccessiva virtù quanto per forza di cose.
Lei – figlia unica – era infatti anche bellissima ed aveva molti pretendenti alla sua mano, ma – ogni volta che ne sposava uno – un demone che la possedeva, e che era geloso di lei, uccideva il pretendente nella camera nuziale, prima della consumazione del matrimonio.
Tobia sarebbe stato dunque l’ottavo marito e non aveva alcuna intenzione di fare la stessa fine dei precedenti.
Azaria lo rassicura, gli dice che quella donna gli è stata destinata da Dio da sempre, che egli non dovrà temere nulla: sarà sufficiente fare una sorta di esorcismo e – prima dell’unione – pregare ardentemente il Signore consacrandogli quel matrimonio e ricordandogli che Egli, Dio, aveva creato Adamo, che gli aveva messo accanto la moglie Eva perché dessero inizio al genere umano, e che soprattutto lui – Tobia – non si sposava per lussuria ma per retta intenzione.
Sorvolo i particolari, bastando il fatto che tutto andò a gonfie vele e Tobia, Sara e Azaria – con grande seguito di servitù, buoi, pecore, asini, cammelli, denaro e masserizie – tornarono a Ninive presso la casa paterna.
Tobia, giunto a casa, grazie ad uno speciale unguento suggeritogli da Azaria guarisce suo padre dalla cecità.
I due, padre e figlio, decidono allora di donare la metà delle loro nuove ricchezze ad Azaria, guida e fedele compagno di viaggio, che tanto merito aveva avuto nel buon esito della missione di recupero dei soldi prestati, nel felice e fortunato matrimonio con la bella Sara e infine nella guarigione di Tobia-padre.
Azaria ringrazia per la generosa offerta, ma declina spiegando ai due che egli era in realtà un angelo in sembianze umane che era stato mandato in loro soccorso come premio per l’amore verso il prossimo e verso Dio che essi avevano manifestato durante la loro vita.
Azaria conclude: ‘Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore’. 2
I due si prostrano terrorizzati, faccia a terra, ma l’Arcangelo Raffaele li invita a non temere.
Egli riconferma di essere stato posto accanto a loro per iniziativa di Dio.
Essi credevano di vederlo mangiare ma egli non mangiava nulla, ciò che essi vedevano era solo apparenza.
Egli li invita a scrivere su di un libro la loro esperienza ed infine li lascia, salendo lentamente verso il cielo…, mentre essi benedicono il Signore e lo ringraziano per aver fatto loro apparire ed avergli dato l’aiuto del suo Angelo.

 


1.2 L'aspetto 'fisico'... dell'Arcangelo Raffaele

Ora immagino che a qualcuno di voi lettori sarebbe forse piaciuto vedere che aspetto avesse il giovane Azaria del Libro di Tobia.
A noi non è concesso, ma lo fu a Maria Valtorta in una delle sue visioni.
Era il 21 dicembre del 19453. Maria Valtorta, paralizzata nel suo letto sul quale pur riesce a scrivere appoggiata ai cuscini dello schienale, riporta su di un quaderno - rivolgendosi al sacerdote suo direttore spirituale - una visione datale dal Signore: quella dei tre Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. E li descrive fisicamente. La loro età le torna difficilmente quantificabile con precisione, ma le appaiono come giovani dai 18 ai 30 anni.
Il più anziano di aspetto, di una terribile bellezza austera, è Michele, l'Arcangelo che nella prima guerra nei Cieli aveva sconfitto Lucifero e le sue schiere che si erano ribellate a Dio.
Il secondo è Gabriele, il famoso Arcangelo dell'Annunciazione, dall'apparente età di 25-30 anni.
Il terzo, più giovane di aspetto, è Raffaele.
Voi certo sapete che gli angeli sono puri spiriti e che pertanto non hanno 'forma' nè sostanza corporea, tuttavia per rendersi visibili e percepibili ai nostri sensi essi hanno la possibilità di manifestarsi in una forma incorporea, con sembianze precise o anche vagamente delineate, talvolta in una luce splendente o soffusa, o addirittura materializzarsi in un solido corpo umano, così come aveva fatto appunto l'Azaria del Libro di Tobia il quale, accomiatandosi dai due padre e figlio prima di elevarsi per salire al Cielo, aveva loro detto che essi avevano creduto di vederlo mangiare ma egli non mangiava nulla, e che ciò che essi avevano visto era in realtà solo apparenza.
Dopo aver descritto nei minimi particolari Michele e Gabriele, è così che Maria Valtorta descrive negli abiti e nell'aspetto il terzo Angelo: Azaria/Raffaele:

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«... Il terzo, vestito di una veste cinta da una cintura gemmata, una veste di un delicato color smeraldo, pare vestito proprio del colore che si vede guardando uno smeraldo contro luce. È alto, morato nei capelli lunghi come quelli di Gabriele. Un prezioso colore di capelli che sono un castano pieno di spruzzettii d’oro cupo. Sembra il più giovane di tutti, e mi ricorda un poco S. Giovanni apostolo per il dolce giovanile sorriso. Però Raffaele ha gli occhi di un dolcissimo colore castano, uno sguardo placido, paziente, che è una carezza. Sorride più umanamente degli altri. Tutto in lui è più simile a come noi siamo. È proprio il “buon giovane” del libro di Tobia4. Viene voglia di mettergli la mano nella mano, con fiducia, e di dirgli: “Guidami! In tutto!”....
Mi guardano, sorridono, si sorridono. Poi mi salutano ...
... Raffaele, dalla voce d’oro, apre le braccia come per abbracciarmi e alza nel contempo il viso splendente di gioia nella contemplazione di Dio e dice: “La gioia sia sempre con te”.
Assomiglia un poco all’angelo che ho visto in due visioni. Ma è meno spiritualizzato di quello. Ha alla radice dei capelli una luce in forma di stella, una luce mite che conforta, come conforta la sua veste di splendente smeraldo chiaro.
Mi guardano ancora. Poi si allacciano più stretti alla vita e (noti che non avevo fino allora notato le ali dietro le loro schiene) e aprono le ali di perla, di fiamma, di luce verdolina, e ratti salgono all’Empireo, cantando una non ripetibile canzone, uguale a quella udita il 13 dicembre 44 a Compito, quando vedevo le coorti angeliche trasvolare su Betlemme, cantando…
... E io resto qui. Anzi scendo dalle sfere dove ero e rientro in me stessa, nei miei spasimi, nel mio letto. Però la gioia resta... e mi accorgo anche che, stupida stupida, non ho saputo dire una parola ai tre arcangeli... Però la mia anima ha parlato con loro. La sentivo che li venerava, anche se non potevo tradurre in parole materiali i palpiti suoi.

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Qualcuno di voi lettori si potrebbe meravigliare di sentire descrivere dalla mistica quegli Angeli, anzi Arcangeli, come muniti di ali. Ma anche questo fa parte del simbolismo: a significare l'Angelo inteso come creatura spirituale, eterea, l'Angelo che tesse voli fra cielo e terra, fra Dio lassù ed i suoi... assistiti quaggiù.
La bellezza fisica e l'età giovanile simboleggiano non solo la loro perfezione angelica ma anche l'età 'perfetta' che le nostre anime, al Giudizio universale, assumeranno in occasione della resurrezione dei morti, quando esse saranno rivestite da un nuovo corpo simile nei tratti a quello del loro tempo terrestre ma maestosamente bello e glorificato come quello del Gesù risorto. Un corpo libero dai bisogni, dalla schiavitù della 'carne' e dalle leggi della fisica come la gravità ed il peso. Corpi che potranno apparire e scomparire, materializzarsi o smaterializzarsi, apparendo qui o là anche in luoghi estremamente lontani con la velocità non della luce ma del pensiero. Infine con una intelligenza vivida, perfetta, alimentata dalla Luce di Dio, non più inquinata dalle conseguenze del Peccato originale. Che meraviglia!

 

1.3 Il viaggio di Azaria (Arcangelo Raffaele) e di Tobia: la cattura del pesce nelle acque del fiume Tigri e la sconfitta del demone Asmodeo che perseguitava la bellissima Sara. Azaria, 'aiuto di Dio', è Colui che guarisce ed insegna a guarire dalle insidie sataniche.

Vi ho accontentato facendovi conoscere - grazie a Maria Valtorta - l'aspetto dei tre Arcangeli  ma sono sicuro che non vi sarebbe dispiaciuto conoscere qualcosa di più della storia dell'Azaria/Raffaele, compagno di Tobia.
É ancora alla Valtorta che chiederemo allora aiuto, trascrivendo quanto lei narra (i grassetti sono i miei) in occasione di una ulteriore apparizione dell'Arcangelo che le si manifesta per premiarla in ordine ad una sua 'obbedienza': 5  

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L’arcangelo Raffaele, da solo, mi appare nella sua dolce bellezza nel momento della Comunione, e subito mi prende la gioia serena che comunica il “buon compagno”. Mi resta presente fino alle 14,30, senza fare altro cenno che un sorriso continuo e un approvare del capo, come mutamente volesse dirmi che qualche cosa che faccio va bene. Non saprei che, perché sto scrivendo ai Belfanti una comune lettera familiare.
Infine, alla mia ultima sollecitazione: “Ma dimmi che vuoi, che mi guardi, sorridi e taci”, inizia a parlare: “Hai ubbidito prontamente e bene hai fatto. Sempre così. Mi hai aiutato ed ho chiesto al mio Signore di portarti con me, per rifarti fare il viaggio di Tobia, almeno nei punti che più mi sono cari. Tanto ti piace vedere! E tanto ti piace ciò che è bello! Bellissime erano le sponde del Tigri6 tagliante le campagne assire. Vieni con me”.
E vado con lui. Oh! non fa paura. Metto la mia mano febbrile nella sua forte e fresca, e vado, guardando dentro per dentro il “buon compagno” che sorride con tanta dolcezza mostrandomi le bellezze della natura che ci circonda. Una pianura verde, fertilissima, si estende intorno a noi a perdita d’occhio. La stagione è buona e direi primaverile dallo stato delle biade, a meno che qui non facciano due semine. Ecco il fiume largo, oh! molto più largo del Giordano e molto più ricco d’acque che vanno solenni verso il mare lontano. Un bellissimo paese che riposa l’occhio e dà pace al cuore. Raffaele mi guarda e sorride dicendo: “Guarda, guarda bene. Non me, ma tutto. Qui sono Azaria, il compagno”.
Guardo, staccando a fatica gli occhi dal volto radioso dell’arcangelo, e divengo spettatrice...
Ecco l’arcangelo, con aspetto di semplice uomo, andare parlando con Tobia che lo ascolta deferente e ubbidiente ad ogni suo cenno. Azaria consiglia la sosta e Tobia ubbidisce senza replicare. Azaria consiglia il giovanotto di bagnarsi al fiume per avere ristoro. E Tobia ubbidisce sollecito. E mentre è nel fiume le acque calme si sommuovono e un pesce grosso come giovanetto ne emerge cercando raggiungere il corpo nudo di Tobia e addentarlo, forse portarlo con sé nel fondo e divorarlo. Sembra un enorme luccio, un grosso salmone o storione, con una grande bocca munita di tre file di denti a punta d’ago, il dorso scuro, il ventre bianco che splende sotto il velo delle acque nel guizzare che fa.
Tobia lo vede, così prossimo, messo fra lui e la sponda per chiudere la strada al giovanotto e urla, preso da terrore: “Oh! mio Signore, un mostro mi assale!”. Azaria, seduto sulla riva erbosa, si alza di scatto e grida: “Non temere! Prendilo per le branchie standogli alle spalle e tiralo a te. Ecco! Ora che si è voltato!”. Infatti la bestiaccia, udendo un’altra voce e il frascare dei salici agitati da Azaria che, scalzatosi, scende in riva al fiume pronto a soccorrere il compagno, si volge rotando gli occhi tondi e freddi, impenetrabili, crudeli, di pesce. E Tobia lo afferra per le branchie e lo tira, resistendo ai colpi di coda e agli scossoni con cui il pesce tenta liberarsi. Cammina a ritroso Tobia e tira, tira puntando i piedi nel greto del fiume che è sempre più basso, che già scopre le prime erbe acquatiche, che si muta in melma scivolosa. Che fatica l’ultimo pezzo di percorso!
Il pesce fa sforzi sovrumani per liberarsi, per salvarsi. Il giovane fa sforzi sovrumani per tenerlo. Sta per perdere le forze Tobia! La mano scivola stanca sulla branchia sinistra, il piede scivola nella melma. Il pesce intuisce la stanchezza del suo catturatore e dà un così disperato colpo di coda che Tobia perde l’equilibrio e cade cercando ancora di afferrare il pesce che, benché sia quasi in secco, cerca di fare prodigi per completare la sua vittoria. Ma Azaria lo afferra per la coda forcuta, trattenendolo finché Tobia si rialza e lo riprende e lo trascina, ormai sicuro di sé, sulla rena non più melmosa dove il piede può puntarsi e resistere. Il pesce boccheggia, palpita... muore.
“Prendi il coltello a sventralo. Leva il cuore, il fegato e il fiele e conservali entro quel piccolo otre. Acqua ne troveremo sempre per bere senza portarne con noi. Il cuore, il fegato e il fiele sono utili. Gran medicamenti. Ti dirò come usarli. E ora cuociamo il pesce. Ci sarà viatico nel nostro cammino”.
 Un fuoco di sterpi arrostisce la polpa del pesce tagliato a grosse fette, che i due consumano di buon appetito, riponendo poi nelle bisacce quanto avanza, separando le fette con larghe foglie cosparse di sale.
E riprendono poi l’andare, con buona amicizia, e Azaria insegna e spiega tante cose fra le quali, a domanda di Tobia a che avrebbero servito le interiora del pesce, quella spiegazione portata nella Bibbia.7
“Davvero?” chiede stupito Tobia. “Oh! fosse proprio così! Rendere al padre la vista perduta!”.
“Così è. Ma prima potresti avere altri doni di ricchezze e d’amori...” stuzzica Azaria per provare lo spirito del compagno.
“Oh no! Oh no! Del padre ho premura! Io... sempre bene sto. Facciamo in fretta ciò che dobbiamo, ché se prima mi pungeva voglia di ritorno or più forte mi punge. Perché non solo gioia di paterno abbraccio, ma gioia di ridare luce agli occhi spenti del padre mio mi attende”.
“Tu mi credi sulla parola. E se non fosse vero ciò che dico, o fanciullo?” lo tenta Azaria.
“Oh no! Il tuo volto è limpido e sereno. Tu parli con tanta pace di Dio. Solo un santo può essere come tu sei, e i santi non mentono. Ho fede in te”.
Azaria sorride luminosamente.
“Dove alberghiamo?” chiede Tobia.
E l’arcangelo gli parla di Sara di Raguele così come ne parla la Bibbia 8... con i consigli per sposarla e liberarla, senza timore, da ogni demonio. E vedo l’entrata in casa di Raguele e il riconoscimento e le nozze della vedova-vergine con il buon Tobia. E tanto, tanto dolce è la notte, anzi le notti nuziali, dopo che il demonio è vinto ed è relegato altrove, quando i vergini sposi pregando si uniscono a Dio prima di fare una carne sola.... E su questa dolcezza si annulla il vedere e mi trovo di nuovo con Raffaele che dice:
«Tobia ebbe più del desiderato perché fu ubbidiente e fedele. Ma io sono colui che guarisco e insegno a guarire delle insidie sataniche. Per questo io sono stato proposto a cura di quell’anima che è tormentata più che dir non si possa da un demone che l’odia, e che ha bisogno di tanto aiuto per essere liberata dal nemico che la perseguita. Ma molto duole non trovare in lei perfetta sommissione, simile a quella del giovane Tobia. Egli vinse perché fu docile e ubbidiente, grato a Dio di cui celebrò le bontà con spirito sincero e umile. Perché buona cosa è tenere nascosto il segreto del re e non pompeggiarsi di esso, ma pubblicare le opere di Dio non con le parole ma con la santità sempre più manifesta e non inquinata da umane miserie è cosa buonissima. La tentazione è prova, non dannazione, se ad essa si sa resistere. Dopo si è accetti al Signore. Ma occorre vegliare e perseverare sino all’ora estrema e con acuta avvedutezza, su tutto.
Riguardo a te non avere paura, perché se sono stato con te, se vi sono, è perché Dio mi manda a portarti la luce e la pace dei cieli. Ora torno dove il mio Signore mi manda, e la pace che ti auguro sia sempre con te.»

 

1.4 Approfondiamo alcuni aspetti della visione valtoriana sulla storia di Azaria/Raffaele del Libro di Tobia.

Ora vorrei valutare, con voi che leggete, tre aspetti che riguardano questa visione della Valtorta.
Il primo concerne proprio la frase conclusiva di Azaria: «Ora torno dove il mio Signore mi manda...». 
A questo proposito, mi sono spesso chiesto - per quanto concerne il nostro Angelo Custode - se Egli stia sempre accanto a noi e invisibile 'puro spirito' ci segua come un'ombra  oppure stia invece lassù in Cielo, al cospetto di Dio, con un 'occhio' rivolto alla Magnificenza e Beatitudine di Dio e l'altro occhio su di noi, sulla Terra, pronto ad intervenire in nostro soccorso con la rapidità del pensiero.
Il secondo aspetto riguarda proprio la verità storica raccontata ne 'Il libro di Tobia'. Oggi la critica teologica 'moderna' si sbizzarrisce in varie ipotesi, non di rado di carattere razionalistico, con teologi che non esitano talvolta a smontare la Parola di Dio come i pezzi di un motore salvo poi - come apprendisti meccanici - non sapere come 'rimontarli' e finire per considerare ad esempio la narrazione della Genesi sulla Creazione dell'Universo e della Terra come un racconto mitico al pari di quello che secondo loro sarebbe il racconto della creazione dell'uomo e del Peccato originale.
Viviamo infatti in un'epoca storica in cui assistiamo a quel processo di abbandono della fede millenaria della Chiesa che con termine tecnico-teologico viene chiamato 'Apostasia' e che è sotto gli occhi di tutti.
Non si può tuttavia negare che il racconto biblico del Libro di Tobia possa anche essere a prima vista considerato non come un fatto realmente avvenuto ma come un episodio narrato per fare comprendere ed insegnare l'importanza della preghiera del 'pio' Tobia-padre e delle sue opere di misericordia al fine di meritare così l'aiuto di Dio.
Infatti - nella Introduzione al Libro di Tobia riportato nel testo della Bibbia che ho ora dinanzi agli occhi - leggo fra l'altro: '...Deve essere stato scritto nel III secolo a.C., da un autore a noi rimasto ignoto. É un libro più folclorico che storico e può essere considerato uno scritto didattico a fondo storico...'.
Stando tuttavia alla visione, quanto narrato nel Libro di Tobia appare - sia pur con valore anche didattico - come un fatto realmente storico, perché non avrebbe senso che l’Arcangelo Raffaele abbia dato alla mistica una visione retroattiva di un episodio mai avvenuto.
Il terzo aspetto è duplice e al riguardo desidero attirare la vostra attenzione sulla frase di Raffaele nel precedente brano valtortiano:
«...Tobia ebbe più del desiderato perché fu ubbidiente e fedele. Ma io sono colui che guarisco e insegno a guarire delle insidie sataniche. Per questo io sono stato proposto a cura di quell’anima che è tormentata più che dir non si possa da un demone che l’odia, e che ha bisogno di tanto aiuto per essere liberata dal nemico che la perseguita. Ma molto duole non trovare in lei perfetta sommissione, simile a quella del giovane Tobia...».
Pare quindi di comprendere che il ruolo di Raffaele - indipendentemente da quello specifico di San Michele, il Comandante supremo dell’esercito celeste che combatte Satana - sia, oltre che quello di ‘medico’ attribuitogli dalla tradizione, anche quello di guaritore specifico e di ‘istruttore’ sul come guarire dalle insidie sataniche: insomma un Angelo da tenersi buono e da pregare, anche da parte degli esorcisti.
La bella Sara era tormentata dal demone Asmodeo che le aveva già ucciso uno dopo l'altro sette mariti in occasione della prima notte di matrimonio, prima della 'consumazione' dello stesso: una cosa tremenda, da film dell'horror.
É noto peraltro che anche fra i demoni vi sono delle gerarchie e che taluni hanno maggior potenza di altri. Ce lo aveva anche fatto capire il Gesù dei Vangeli quando aveva spiegato agli apostoli che per liberare le persone da certi demoni era necessario da parte dell'esorcista molto digiuno e preghiera, che sono evidentemente mezzi potenti per ottenere da Dio l'aiuto necessario.
Ma in certi casi vi è anche una ulteriore condizione necessaria, la cui mancanza può spiegare perché in taluni casi - come si legge nei trattati di demonologia - siano difficili e lunghe, se non ‘impossibili’, certe ‘liberazioni’: e cioè una perfetta sottomissione del posseduto alla volontà di Dio, perfezione di sottomissione che evidentemente, alla pur buona Sara, faceva difetto.
Ecco allora l'aiuto esorcistico potente di Azaria, l'Arcangelo Raffaele delle situazioni speciali, aiuto ordinato da Dio non tanto per i meriti di Sara quanto invece per quelli di Tobia-padre e di Tobia-figlio, quest'ultimo definito 'ubbidiente e fedele'.


1 G.Landolina: 'La Genesi biblica fra scienza e Fede' - Vol. I, II, III - Antefatto - Ed. Segno 2005/2006

2 La Bibbia: Il libro di Tobia 12,15  e Apocalisse (Gli angeli delle sette trombe) 8,2 

3 M.V.: 'I Quaderni dal 1945 al 1950' - 21 dicembre 1945 - Centro Editoriale Valtortiano

4 La Bibbia: Il libro di Tobia, 5, 4-23  

5 -  M.V. : 'I Quaderni dal 1945 al 1950' - 20 febbraio 1946 - Centro Ed. Valtortiano

6 - Gli studiosi discutono se - nonostante il fiume di cui si parla nel ‘Libro di Tobia’ venga chiamato Tigri - esso non sia invece l’Eufrate. Qui l’Arcangelo Raffaele lo chiama ‘Tigri’.
 - da Wikipedia: Tigri (dall'antico persiano Tigra-, poi divenuto Tigr, conservato nel curdo Tîj / Tûj / Tîr , nel siriaco Deqlath, nell'arabo دجلة ; Dijla, nel turco Dicle, nell'ebraico חדקל ; hiddeqel) è un importante fiume dell'Asia occidentale lungo 1.900 km. Nasce in Turchia presso il Tauro Armeno, scorre in Siria e Iraq, dove sviluppa gran parte del suo corso e dove riceve alcuni affluenti. Qui raggiunge poi la grande pianura alluvionale della Mesopotamia meridionale. Bagna importanti città irachene come Mossul, Baghdad e Bassora, con un regime sempre soggetto a forti variazioni stagionali, creando le condizioni per piene catastrofiche in   primavera, contrastate con la costruzione di diverse dighe lungo il suo corso. Prima di raggiungere la foce si unisce con l'altro grande fiume iracheno, l'Eufrate, cambiando nome in Shatt-Al Arab e sfociando così nel Golfo Persico. Pur essendo più corto e con un bacino meno esteso, ha una portata quasi doppia rispetto all'Eufrate.  

7 -  La Sacra Bibbia, Edizioni Paoline, 1968: Tobia 6, 7-9:"Il giovane rivolto all'Angelo gli domandò: «Fratello Azaria, qual medicamento c'é nel cuore, nel fegato e nel fiele del pesce?». Gli rispose: «Col cuore e col fegato del pesce si fanno dei suffimigi davanti a un uomo o a una donna tormentati dal demonio o da uno spirito maligno: ogni tormento sparisce e vengono liberati per sempre. Il fiele poi serve di unguento per gli occhi colpiti da macchie bianche; basta cospargelo sulle macchie bianche e vengono guarite».

8 -  La Bibbia: Tobia 6, 10-19

9 -  La Sacra Bibbia: Il libro di Tobia - Introduzione - Edizioni Paoline, Alba, 1° marzo 1968