23. DISCORSI DI GESU’:
IO SONO ‘L’ACQUA VIVA’… E LA ‘LUCE DEL MONDO'
23.1 La visione del profeta Ezechiele.
Non mi ricordo quanto durasse la Festa dei Tabernacoli, ma il periodo di durata complessivo della festività era certo di parecchi giorni.
In ognuno di questi Gesù aveva tenuto specifici importanti discorsi, di cui abbiamo potuto apprezzare - sia pur nelle brevi trascrizioni che abbiamo fatto di taluni brani delle visioni valtortiane - l'elevatezza intellettuale e Sapienza spirituale.
Discorsi sulla natura del Regno di Dio, sulla natura del Cristo e infine, nell’ultimo giorno della Festa, quello sull’Acqua viva, di cui parliamo adesso. 1
L’ultimo giorno della Festa era quello conclusivo e dunque il più importante. Vi doveva anche essere il massimo afflusso di pellegrini, prima del loro definitivo rientro ai luoghi di provenienza.
Il Tempio, con i suoi magnifici atrii, cortili e porticati, deve essere tutto un brulichìo di gente, con gruppi più o meno folti che, qui e là, conversano fra loro o, meglio, ascoltano i vari rabbi che tengono le ultime ‘lezioni’, spiegando le Scritture.
L’arrivo di Gesù, nel cortile del Tempio, non può sfuggire, perché lo segue una folla di discepoli, ammiratori, curiosi e anche malati che sperano in una loro guarigione.
Era infatti abituale per Gesù, finito un discorso, ascoltare quelli che gli si accalcavano intorno ed esaudire quelli che – con fede – gli chiedevano consigli o grazia.
Giovanni narra che ad un certo punto Gesù si accinge a parlare, in piedi. Doveva quindi aver scelto una posizione sopraelevata, magari su dei gradini, mentre – tonante – proclama: ‘Chi ha sete, venga a me e beva. Dall’intimo di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d’Acqua viva!’.
Questo dell'Acqua Viva era il ‘tema’ enunciato da Gesù, cioè la sostanza del suo ‘messaggio’, messaggio già anticipato in forma velata alla samaritana di quel pozzo a Sichar e che ora Gesù intende ora approfondire.
Infatti l’Evangelista Giovanni spiega il significato delle parole di Gesù: ‘Diceva questo dello Spirito che dovevano ricevere coloro che avevano creduto in lui, perché non era ancora stato dato lo Spirito, non essendo ancora glorificato Gesù’.
Dobbiamo ammettere che, come spiegazione, è ancora poco, ma questa sembra quasi una costante del Cristianesimo sempre costretto ad attendere nel tempo le successive spiegazioni dello Spirito Santo, il Consolatore che Gesù aveva detto che Egli avrebbe lasciato dopo la sua ‘dipartita’ per illuminare le menti.
Gesù spiegando infatti la sua Dottrina agli apostoli, quando questi non riuscivano a capirla bene aveva infatti loro detto una volta, più o meno: ‘Non vi preoccupate, dopo di Me verrà il Consolatore, che vi illuminerà e vi farà comprendere tutto’.
In verità tutto il Progetto di Dio sembra nascere e svilupparsi all’insegna di una misteriosa ‘collaborazione’ reciproca all’interno della Trinità: il Padre pensa e ’vuole’, il Figlio ‘accetta’ e si incarna, mentre lo Spirito Santo - che parla poco, a parte quando si serve dei ‘profeti’ - è poi quello che fa tutto…
Allora, fatta la volontà del Padre, realizzata attraverso il Figlio e finita la missione terrena di Gesù, subentra nella storia della ‘Chiesa’ l’opera dello Spirito Santo che la guiderà incessantemente fino alla conclusione finale, alla fine della Storia.
Lo Spirito Santo – così come Gesù ci ha chiamato ad un’opera di corredenzione per aiutare i ‘fratelli’, corredenzione che si realizza nella preghiera e anche nella ‘espiazione’ in terra delle nostre colpe – ci vuole anch’Egli come ‘collaboratori’, e ci ‘illumina’, anzi illumina gli esegeti affinchè essi sappiano interpretare le parole di Giovanni perchè diventino un pochino più comprensibili per noi tutti.
L’Acqua Viva…, dunque.
Era l’acqua ‘famosa’di cui aveva parlato il Profeta Ezechiele.
Scribi e farisei, e anche il ‘popolo’ in genere, erano ben documentati sulle Scritture che a quei tempi costituivano per tutti materia di insegnamento scolastico - come per noi la matematica, la letteratura, il latino o il greco - fin dalle scuole che noi diremmo ‘elementari’.
Farisei e folla, non parliamo dei sacerdoti, non hanno avuto bisogno di consultare la Bibbia, ed hanno certo capito al volo il riferimento fatto da Gesù: Ezechiele!
Se gli ebrei conoscevano bene le Scritture, il problema era semmai quello di interpretarne i simboli e le allegorie in maniera corretta, senza scambiare inoltre la realtà per allegoria, o viceversa.
Ma è un problema che abbiamo anche noi oggi.
Cosa aveva dunque detto Ezechiele, sei secoli prima?
Ezechiele (Ez 47,1-12) aveva raccontato una visione nella quale aveva visto sgorgare, da sotto l’altare di un tempio, dalla destra, un rivolo d’acqua che scendeva verso la bassa valle del Giordano, ingrossandosi sempre più fino a divenire prima ruscello e poi fiume.
Ogni essere vivente che vi avesse brulicato dentro sarebbe vissuto.
L’acqua del fiume – sboccando nel Mare (io intendo si riferisca fisicamente non tanto al ‘mare’ quanto al ‘lago salato’ del ‘Mar’ Morto) - avrebbe ‘addolcito’, risanandole, le acque salate di quest’ultimo, e dove le acque del fiume non fossero giunte, là sarebbero rimaste ‘saline inospitali’ dove non vi sarebbe stata ‘vita’.
Lungo le rive del fiume sarebbero cresciuti tanti ‘alberi’ che avrebbero prodotto ‘frutti’ che avrebbero dato ‘vita’, e anche ‘foglie’ che avrebbero potuto essere utilizzate come ‘medicina’ per curare i ‘malati’.
Questa famosa visione di Ezechiele doveva essersi certo prestata, anche a quei tempi, a chissà quante interpretazioni, forse una meno convincente dell’altra.
Io non ci provo neanche ma (anche se Giovanni – più sintetico del solito - si è qui limitato alla sola ‘enunciazione’ dell’argomento senza raccontarci il discorso che dovette tenere Gesù, dando forse per scontato che lo Spirito Santo prima o poi ci avrebbe ‘illuminato’) Gesù doveva invece aver spiegato tutto per bene.
Dovette trattarsi di un bel discorso estremamente ‘convincente’ se alla fine rimangono tutti a bocca aperta e le stesse guardie mandate ad arrestarlo – cioè a ‘mettergli le ‘mani addosso’, come annota Giovanni – non hanno più il coraggio di farlo.
Commenti: ‘Egli è davvero il Profeta…’, ‘Egli è il Cristo…’, ‘No, non lo è, non viene mica da Betlemme, quello è un galileo, di Nazareth…’.
Quando le guardie se ne tornano dai sacerdoti a mani…vuote, Giovanni – con un certo senso dell’umorismo – descrive una scenetta gustosa.
Da un lato le guardie che si giustificano dicendo che ‘nessun uomo’ (sott’intendendo con ciò che Gesù doveva essere veramente Figlio di Dio: vera bestemmia per i sacerdoti) aveva mai parlato in quella maniera, dall’altro lato i Capi che - al sentir queste ‘ragioni’ - si imbestialiscono e insultano le guardie accusandole di essersi fatte plagiare, visto che nessuno dei capi dei sacerdoti e dei farisei, che in fatto di Legge e di Scritture loro sì che son sapienti, se la sarebbe fatta ‘raccontare’ da lui.
"Ma – commentano inviperiti - si sa che quegli imbecilli ignoranti del popolo, oltre a non conoscer la legge, sono dei ‘maledetti’ "…
I Capi stanno per esplodere dalla rabbia, pronti magari ad andare ad arrestarlo di persona, quando Nicodemo (quello che per paura era andato di nascosto nottetempo da Gesù chiedendo come ci si potesse guadagnare il Regno dei Cieli) li blocca, questa volta con molto coraggio, affermando che essi – che avrebbero dovuto essere i garanti della legalità – avrebbero commesso un atto altamente illegale se avessero arrestato e condannato a morte un uomo senza che questi fosse stato prima ascoltato e senza che le accuse fossero state provate.
Quelli, presi in contropiede e rabbiosi perché l’obbiezione di Nicodemo - che era un ‘Capo’ - era ‘forte’ e sacrosanta, non possono far altro che irriderlo con astio: ‘Cos’è? Ti senti galileo anche tu, ora? Vatti un po’ a studiare le Scritture, visto che non le sai abbastanza, e dicci se c’è mai un ‘profeta’ che può venire dalla Galilea…!’.
Decisamente, perché non è la prima volta che saltano fuori queste battute sui galilei, questi – come del resto più in particolare i nazareni - non godevano davvero di buona fama, presso i giudei.
23.2 Gesù, l'Acqua Viva e la resurrezione finale dei corpi.
Ma se Giovanni accenna al tema dell'Acqua Viva, ma non lo sviluppa, cosa avrà mai detto il Gesù dell’Opera valtortiana che parla invece in maniera così esauriente e sapiente?
Lo potrete leggere direttamente nell’Opera2, ma un concetto mi ha colpito.
«Un giorno – dice più o meno il Gesù dell’Opera – allo squillo delle trombe del Giudizio, il mondo perirà e gli uomini morti resusciteranno dal primo all’ultimo per essere avviati – con i loro corpi – alla destinazione finale: Paradiso o Inferno.
Ma già ora il mondo è popolato di morti che respirano ancora, quelli che – vivi come animali – sono morti nello spirito.
Il Padre ne soffre ma Egli ha già pronto il miracolo che li farà tornare vivi, e molti di essi risorgeranno perché Egli ha preso il suo Spirito, Se stesso, e ha formato una Carne a rivestire la sua Parola, e l’ha mandata a questi morti perché, parlando ad essi, si infondesse di nuovo ad essi la Vita…
Io sono la Risurrezione e la Vita…
Io sono la Fonte che zampilla vita eterna…
Chi ha sete di vita venga e beva. Chi vuole possedere la Vita, ossia Dio, creda in Me, e dal suo seno sgorgheranno non stille, ma fiumi d’Acqua viva. Perché chi crede in Me formerà con Me il nuovo Tempio dal quale scaturiscono le acque salutari delle quali parla Ezechiele…’».
Ecco dunque cosa é l'Acqua Viva...
Questo è un discorso fondamentale per tutti noi, non solo perché mette a fuoco il ruolo del Verbo che si incarna nell'Uomo-Gesù, ma anche perché - nella spiegaziione del Gesù valtortiano - riguarda quello che nella Dottrina Cristiana sarebbe diventato il ‘dogma’ della Resurrezione finale dei corpi delle anime dei riviventi nel momento della fine della Storia e del Giudizio Universale.
Quella della Resurrezione dei corpi era una credenza diffusa in Israele se già i sette fratelli Maccabei3, imprigionati insieme alla loro madre, avevano preferito morire piuttosto che rinnegare la propria fede e avevano affermato che, pur privati della loro vita fisica, un giorno essi grazie a Dio sarebbero tornati a rivivere con un corpo nuovo.
Quale corpo? Ne abbiamo già parlato quando abbiamo commentato l'espisodio della Trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor: un corpo ‘glorificato’, non più soggetto alle leggi della nostra fisica ed alle necessità dei corpi attuali, un corpo cioè come quello del Gesù risorto il quale entra a porte chiuse nel Cenacolo e che con la sua Resurrezione ci ha voluto dimostrare come per Dio sia possibile tutto: non solo il ridare la vita ad un cadavere ma farlo rivivere in una sua nuova natura, identica nella forma a quella originaria ma sublimata nella sostanza al massimo grado.
Sarà questo – quello cioè di un corpo che nell'Aldilà non obbedisce più alle leggi e bisogni carnali dell’uomo attuale – il concetto che Gesù pochi giorni prima della sua Passione spiegherà ai sadducei che, non credendo nella resurrezione dei corpi, gli avevano posto maliziosamente un quesito ‘limite’.
Di chi sarebbe stata sposa – nell’Aldilà - quella donna che, morto il primo marito senza darle figli, sarebbe stata (secondo l’uso ebraico di dare una discendenza al fratello morto anzitempo senza aver avuto figli) sposata a turno a ciascuno degli altri sei fratelli, tutti però morti successivamente anch’essi senza averle potuto dare figli? A chi ‘carnalmente’ sarebbe spettata - quella moglie - nell’aldilà, visto che essa era stata ‘sposa’ di tutti e sette i fratelli?4
Nell’Aldilà – risponderà e farà intendere il Gesù del Vangelo – i corpi non risponderanno più alle esigenze dell’Aldiqua, non si prenderà più né moglie né marito, perché non ci sarà più bisogno di generare carnalmente figli sulla terra per farli poi divenire ‘figli di Dio’ in Cielo.
Finita con il Giudizio universale la Storia dell’Umanità, i corpi dei risorti non avranno più lo stimolo della sessualità perché in un mondo che scompare non ci sarà più l'esigenza della riproduzione della specie.
Gli uomini che risorgeranno con il loro corpo glorificato, in quanto privi di fomiti o impulsi sessuali, a quel momento saranno in certo qual modo né 'maschi' né 'femmine', saranno cioè simili agli Angeli, anche se questi ultimi sono spiriti senza corpo.
23.3 Io sono la Luce del mondo: chi segue Me non camminerà nelle Tenebre, ma avrà parole di Vita…
Dopo questo discorso, Gesù lascerà Gerusalemme per ulteriori evangelizzazioni ma vi ritornerà qualche tempo dopo.
Al Tempio spiegherà l’importanza della preghiera incessante ed al riguardo racconterà la parabola di quel Giudice disonesto che non voleva rendere giustizia ad una vedova ma che poi finisce per accontentarla non resistendo più alle sue insistenze.
Così a maggior ragione Dio - che non è ingiusto come quel giudice ma è buono - esaudirà le preghiere di chi insiste.
Sarà in occasione di questa ulteriore frequentazione al tempio che Gesù terrà un altro discorso fondamentale riportato dai Vangeli sul suo essere ‘Luce del mondo’.5
La prosa degli evangelisti è scarna, è uno 'scheletro' di discorso, si limita al concetto sintetico di fondo, ma neanche un principe del foro, neanche il più famoso degli antichi retori, saprebbe parlare ed argomentare come il Gesù delle visioni di Maria Valtorta6, senza contare la Sapienza che ne traspare.
Giovanni – più di quanto non facciano gli altri evangelisti – insiste molto sulla predicazione di questi ultimi mesi di Gesù a Gerusalemme.
L'evangelista continua a ripetere come un ritornello che i suoi nemici non riescono a trovare l’occasione buona per catturarlo perchè non era ancora la sua ora.
Ma è un’ora che si avvicina a grandi passi.
Bisognava sfruttare ora il poco tempo disponibile per dire il massimo possibile, non solo e non tanto per gli ebrei – che Dio sapeva che, per la maggior parte, avrebbero rifiutato il messaggio di Cristo – quanto per tutto il resto dell’Umanità che avrebbe dovuto essere poi convertita, analizzando e studianto la Parola di Dio trasmessa attraverso i Vangeli.
Per la credibilità stessa di quel che insegnava, e dunque anche per le generazioni future, era fondamentale far capire anche il senso di quello che sarebbe stato il suo Sacrificio: non un sacrificio d’uomo crocifisso, ma di Dio, di un Dio incarnatosi in un uomo per insegnargli quanto necessario alla sua salvezza e che – sia come Uomo che come Dio – avrebbe offerto volontariamente la sua vita al Padre per il riscatto dell’Umanità la quale avrebbe così potuto – grazie al perdono – essere ammessa nel Cielo.
Così al Tempio, punto di incrocio degli israeliti che venivano un pò da tutte le regioni del mondo allora conosciuto e che poi sarebbero tornati nei loro paesi d’origine raccontando ai loro correligionari quanto avevano visto e sentito in Gerusalemme, Gesù continua la sua predicazione dando autorità alla sua Dottrina riaffermando la sua origine divina: ‘Io sono la Luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la Luce della Vita’.
Ecco, in poche parole, tutta la sostanza della natura di Gesù e della sua missione sulla Terra.
Il mondo – dopo il Peccato originale – era rapidamente precipitato nella corruzione spirituale ed intellettuale.
L’uomo era diventato sempre più peccatore e Satana aveva esteso ancora di più il suo dominio sopra di lui.
Ad un certo punto era stato necessario persino un Diluvio universale – come abbiamo già avuto occasione di accennare – per eliminare una Umanità ‘animalizzata’ che di umano non aveva più niente.
Solo un ‘giusto’ – Noè e con lui sua moglie, i suoi tre figli e nuore – viveva nello spirito del Signore, mentre gli altri uomini non ancora del tutto animalizzati si sarebbero pervertiti ben presto a causa del ‘contagio’ morale e spirituale a contatto con i peggiori.
I non del tutto ancora pervertiti sarebbero umanamente morti nel Diluvio ma, spiritualmente, si sarebbero salvati nel Limbo in attesa della Redenzione e nell’aspettativa felice di una vita eterna.
La razza andava però rinnovata completamente e, come fa il Potatore quando i rami di un albero vanno in cancrena e non danno più frutto, essa doveva essere recisa fino al ceppo perchè dalla nuova base potessero spuntare getti sani e vitali.
La razza rinnovata aveva cominciato a riprodursi ma, come succede agli alberi che hanno ormai contratto delle gravi malattie crittogamiche o parassitarie presenti nelle stesse radici, anche nei discendenti di Noé avevano iniziato a riprodursi gli effetti patologici conseguenti al Peccato originale.
Tali effetti si trasmettevano ai discendenti per via naturale con la riproduzione fisica, ed erano assimilabile ad una sorta di virus che marchiava ormai indelebilmente il complesso 'psichico' dell’uomo con effetti anche somatici.
La nuova Umanità – tranne pochi ‘figli’ migliori, i Patriarchi, i grandi Profeti – era tornata nuovamente a dimenticare la propria origine ‘divina’, aveva dimenticato di essere stata creata ‘spirito’ prima ancora che carne, aveva dimenticato di essere stata creata da Dio.
Essa si era con il tempo nuovamente imbarbarita e impegolata in una vita di peccato, era di nuovo precipitata nelle tenebre.
Ecco dunque il proclama di Gesù al Tempio: l'Umanità è precipitata nelle Tenebre del Peccato, ma sono venuto io che sono la 'Luce del mondo'.
Abbiamo detto che i Vangeli furono scritti nei termini sintetici che conosciamo come 'promemoria' di catechesi ed evangelizzazione.
Certamente però gli apostoli avevano tutti gli elementi - appresi nei tre anni di vita con Gesù - che consentivano loro di sviluppare quelle tematiche con ampiezza di argomentazioni.
I Farisei presenti – cercate di immaginarvi la scena... – ascoltano Gesù che si proclama 'Luce del mondo', lo guardano scettici, e lo contestano ironicamente e acidamente.
Mettiamoci nei loro panni: 'Quello che si proclama ‘Luce del mondo’ è un folle, e la sua – per di più – è una testimonianza fasulla perchè, come gli fan rilevare, per la legge mosaica servono due testimoni perchè una testimonianza sia valida, e uno non può da solo testimoniare validamente a proprio favore'.
Gesù sta al gioco e – con un ragionamento per passi successivi – li prende dialetticamente in contropiede, ritorcendogli contro l’argomento.
Sapeva il fatto suo Gesù, in fatto di dialettica e retorica, e la Valtorta nella trascrizione delle sue visioni ce ne ha dato un’idea.
Gesù risponde – lo si capisce bene da quel che dice Giovanni – che, se anche egli testimonia per sè, la sua è comunque una testimonianza valida, perchè egli – Figlio di Dio e Egli stesso Sapienza – sa da dove è venuto e dove andrà mentre l’uomo, l’Umanità, ha perso la memoria delle proprie origini e – nelle tenebre di uno spirito dalla vista atrofizzata dal Peccato originale e dagli altri peccati individuali – obbedisce ormai alle leggi dettate da Satana come uno schiavo nato in cattività che con conosce più neanche il sapore della libertà e non sa quindi come condursi e a cosa mirare.
Gesù rimprovera ai Farisei di emettere su di lui giudizi ‘secondo la carne’, dove ‘carne’ non significa ‘carne materiale’ ma ‘intelletto materializzato’: cioè spirito ‘morto’ che giudica con i poveri mezzi che gli sono rimasti e quindi con estrema limitatezza, fermandosi alla superficie delle cose, incapace di leggere spiritualmente in profondità, come un miope.
Gesù dice anche che egli – per parte sua – non vuole ‘giudicare’ nessuno, perchè egli – per ora - è venuto per salvare e non per giudicare (cosa che invece farà alla fine della nostra vita terrena con il Giudizio particolare ed alla fine del mondo con quello universale) ma se proprio dovesse essere costretto a giudicare, ebbene il suo giudizio varrebbe, e come!, perchè Egli – uomo, ma Uomo-Dio – ha dentro di sè il Padre che ha inviato Lui, Spirito purissimo, anzi Verbo, sulla Terra.
La sua testimonianza - e questo è un ‘affondo’ di Gesù contro il ragionamento iniziale dei Farisei – è invece ben valida perchè il Gesù-Uomo, al battesimo del guado del Giordano, ebbe anche dal Cielo la testimonianza del Padre per cui essi – come appunto prescrive il Deuteronomio – sono in realtà in due ad addurre una testimonianza concorde e valida.
I Farisei devono essere rimasti interdetti e non può – a loro che erano così attenti in queste cose anche se poi non ne coglievano il significato profondo – non esser venuto in mente quella famosa testimonianza di quella Voce al Giordano che tuonando dall’alto rimbombava un ‘Tu sei il Figlio mio diletto, in te mi sono compiaciuto...’.
Non era forse Giovanni Battista un grande profeta? Non l’avevano forse sempre detto essi stessi tanto che avevano pensato che il Messia potesse esser lui, Giovanni?
Ma Giovanni aveva invece precisato: ‘Gesù era quello che veniva dopo di lui ma era prima di lui’, e ciò perchè Egli era Dio, esistente ab-eterno.
Questo era l’episodio che Gesù ricordava ora ai Farisei.
Ma loro, sempre sarcastici e di rimbalzo: ‘Dov’è allora tuo padre?’.
Essi sapevano bene che Gesù era figlio di un falegname, anzi di un povero falegname.
Ma Gesù, compatendoli per la loro cecità spirituale che non gli permetteva di avvertire con l’anima la sua divinità: ‘Non potete riconoscere nè Me nè mio Padre, se conosceste Me conoscereste anche il Padre mio...’.
Ecco, a futura memoria, cioè a memoria dei ‘futuri’, un altro messaggio lasciato nel ‘Testamento’ di Gesù: Egli e il Padre erano una cosa sola.
Questo è il grande mistero della Trinità, di Dio Uno e Trino, di Tre Persone distinte che formano una Unità: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il Figlio sta al Padre come la Parola sta al Pensiero che la esprime. Parola e pensiero sono – anche per noi uomini – una cosa sola anche se caratterizzate in maniera diversa.
Dio Padre è Pensiero volitivo, Dio Figlio è Parola che si realizza, che rende cioè manifesto il Pensiero e lo traduce in atto esteriore, operativo.
Come? Grazie allo Spirito Santo che tutto crea e tutto illumina.
A ben meditare, Gesù aveva fatto una affermazione molto grave dal punto di vista religioso giudaico. Non solo egli, Uomo in carne ed ossa, aveva affermato di essere Dio ma anche di essere un Dio Figlio del Padre.
Gli ebrei erano rigidamente monoteisti, e per di più credevano in un unico Dio del tutto spirituale.
La 'carnalità' di Gesù contrastava con la spiritualità del 'loro' Dio, e così pure il concetto di un Dio duplice, cioé Padre e Figlio.
L'affermazione poi di un Dio addirittura trinitario con lo Spirito Santo - come affermato da Gesù - cioé di un unico Dio ma formato da tre distinte Persone, era ancor più estraneo alla loro tradizione religiosa ed era pertanto una grave bestemmia.
Ancora oggi, quanti 'ecumenicamente' dicono che in fin dei conti cristiani ed ebrei credono nello stesso Dio, dicono una cosa che non ha senso in quanto il Dio in cui credono gli ebrei non ha nulla a che vedere con quello trinitario che ci ha rivelato Gesù.
Lo stesso dicasi per i maomettani i quali si limitano ad attribuire a Gesù un semplice ruolo di 'profeta', il più importante..., dopo Maometto, naturalmente.
1 Gv 7, 37-53: Nell’ultimo giorno, il più solenne della festa, Gesù, in piedi, esclamò ad alta voce: « Chi ha sete, venga a me e beva. Dall’intimo di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d’acqua viva ».
Diceva questo dello Spirito che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto in lui; perché non era ancora stato dato lo Spirito, non essendo ancora glorificato Gesù.
Or, alcuni della folla, udite queste parole, cominciarono a dire: « Egli è davvero il Profeta! ». Altri: «Egli è il Cristo! ».
Ma altri dicevano: « Viene forse dalla Galilea il Cristo? Non dice forse la Scrittura che il Cristo ha da venire dalla stirpe di Davide e dal villaggio di Betleem, di dove era Davide? ».
E a causa sua vi era dissenso fra la folla.
Alcuni di essi volevano prenderlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie, dunque, tornarono dai gran sacerdoti e dai Farisei, i quali domandarono loro: « Perché non l’avete condotto? ».
Le guardie risposero: « Nessun uomo ha mai parlato come lui ».
I Farisei replicarono: «Anche voi siete stati sedotti? C’è forse uno solo dei Capi o dei Farisei che abbia creduto in lui? Ma questa folla che non capisce la legge, son dei maledetti ».
Allora Nicodemo, quello che era andato di notte da Gesù e che era uno di loro, disse: « La nostra legge condanna forse un uomo prima di averlo sentito e di sapere ciò che fa? ».
Gli risposero: « Vieni anche tu dalla Galilea? Studia e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta ».
Poi ciascuno se ne tornò a casa sua.
2 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. VII, Cap. 491 – C.E.V.
G.L.: ‘I Vangeli di Matteo…’ – Vol. IV – Cap. 8 – Ed. Segno, 2004
Vedi sito internet dell’autore già citato.
3 Secondo libro dei Maccabei (Cap. 7)
5 Gv 8, 12-20: Di nuovo Gesù parlò loro dicendo: « Io sono la Luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della Vita ».
Gli dissero i Farisei: « Tu rendi testimonianza a te stesso: la tua testimonianza non vale ».
Gesù replicò loro: « Sebbene io renda testimonianza a me stesso, vale sempre la mia testimonianza, perchè so donde sono venuto e dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. Ma, se giudico io, il mio giudizio vale, perchè non sono solo, ma ho con me il Padre che mi ha inviato. E proprio nella vostra legge sta scritto che è valida la testimonianza di due persone. Io rendo testimonianza a me stesso, e mi rende pure testimonianza colui che mi ha mandato, il Padre ».
Gli domandarono: « Dov’è tuo padre? ».
Rispose Gesù: « Non conoscete nè me nè mio Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio ».
Gesù disse queste cose nel gazofilacio, insegnando nel Tempio; e nessuno lo prese, perchè non era ancora venuta la sua ora.
6 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. VIII, Cap. 506 – C.E.V.
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