18. INIZIO DEL TERZO ANNO DI ATTIVITA’ PUBBLICA
DI GESU’.
LE REALI MOTIVAZIONI DEL TRADIMENTO DI GIUDA
18.1 La storia del popolo ebraico dell’Antico Testamento: tradimenti, espiazioni, pentimenti, perdoni.
Avevo detto che - alla fine del suo secondo anno di attività - Gesù si era concesso una parentesi di riposo ed intimità a Nazareth con la Mamma.
Appena però si sono stemperati i rigori invernali - che in Palestina sono meno rigidi che da noi in Europa – Gesù riprende con gli apostoli la sua attività evangelica spostandosi nuovamente di città in città.1
Come ho già avuto occasione di accennare, sono innumerevoli gli episodi visti in visione dalla Valtorta ma le esigenze di questa mia (relativamente) ‘breve’ storia della vita di Gesù mi impediscono di soffermarmi sugli stessi e mi costringono semmai a rimandare il lettore - interessato agli approfondimenti - alla lettura dell’Opera integrale della mistica.
Vi domanderete - ed in parte ne abbiamo già accennato - come mai i capi religiosi di Israele si rifiutavano così ostinatamente di riconoscere in Gesù il Messia.
La storia del popolo ebraico, come emerge dal Vecchio Testamento, è la storia di un popolo che nei secoli tradisce sovente il patto di alleanza stipulato con il suo Dio e Questi, a sua volta, pedagogicamente lo punisce abbandonandolo alla mercé dei suoi nemici ma riaccogliendolo sotto la sua protezione dopo averlo fatto espiare e averlo visto pentito.
Fin dai secoli precedenti, durante la deportazione e l'esilio a Babilonia, il popolo ebraico si era allontanato dal ricordo e dallo spirito della Legge della quale ne seguivano ormai per lo più solo la forma esteriore ed i ritualismi.
In questa situazione di degrado spirituale e di influenza pagana, la bellezza della Legge mosaica era stata ricoperta dalle incrostazioni delle più svariate interpretazioni dei vari rabbini che - vivendo lo spirito dei tempi - avevano finito per darne una visione distorta e materialistica.
Lo Spirito Santo che illumina i cuori non era quindi più presente in loro ed essi interpretavano le Scritture umanamente anziché spiritualmente.
I profeti avevano profetizzato da vari secoli l’avvento di un Messia, di un inviato di Dio, un Liberatore che, forte della potenza di Dio, avrebbe ‘governato’ il mondo. Un Re di fronte al quale i potenti della terra avrebbero chinato la testa, insomma un ‘Re dei re’.
Bisogna sapere che le profezie, anche se si ammantano di una terminologia umana, hanno sempre e soprattutto un significato spirituale.
Gli ebrei di allora lo avevano dimenticato e così finirono per non comprendere le parole del grande profeta Isaia che, sette/otto secoli prima di Gesù, così si era espresso in merito al futuro Messia (Is 53), presentandolo non come un Re invincibile dominatore del mondo ma come ‘l’uomo dei dolori’:
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‘Chi crederà a ciò che abbiamo annunziato? E la potenza del Signore a chi sarà rivelata? Egli è cresciuto davanti a lui come un germoglio, come una radice da un suolo arido; senza grazia, senza beltà da attrarre lo sguardo, senza aspetto da doversene compiacere. Disprezzato, rifiutato dall’umanità, uomo dei dolori, assuefatto alla sofferenza, come uno davanti al quale ci si copre il volto, disprezzato, così che non l’abbiamo stimato. Veramente egli si è addossato i nostri mali, si è caricato dei nostri dolori. Noi lo credevamo trafitto, percosso da Dio e umiliato, mentre egli fu piagato per le nostre iniquità, fu calpestato per i nostri peccati. Il castigo, che è pace per noi, pesò su di lui e le sue piaghe ci hanno guariti. Tutti noi andavamo errando come pecore, ciascuno deviava per la sua strada, ma il Signore ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si è umiliato e non ha detto una parola; quale agnello che si porta ad uccidere, come pecora muta davanti a chi la tosa, egli non ha aperto bocca. Con iniqua sentenza fu condannato. Chi pensa alla sua sorte, come egli è tolto dalla terra dei vivi e messo a morte per l’iniquità del suo popolo? Gli fu preparata una tomba fra gli empi, lo si unì nella morte con i malfattori. Eppure egli non commise ingiustizia e non fu trovata menzogna nella sua bocca. Ma piacque al Signore consumarlo con la sofferenza. S’egli offre la sua vita in espiazione, avrà una discendenza, moltiplicherà i suoi giorni e ciò che vuole il Signore riuscirà per mezzo suo. Dopo le sofferenze dell’anima sua egli vedrà la luce e tale visione lo ricolmerà di gioia. Il giusto, mio servo, con le sue pene giustificherà delle moltitudini e prenderà sopra di sé le loro iniquità.
Perciò gli darò in eredità i popoli e riceverà come bottino genti infinite, perché consegnò la sua vita alla morte, e fu annoverato fra i malfattori, egli che tolse i peccati di molti e si fece intercessore per i peccatori’.
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I Capi – pieni di ambizione, di orgoglio, di spirito di potenza – avevano però preferito interpretare quelle parole poco 'decorose', che certo non si addicevano alla loro aspettativa di Messia, in senso allegorico.
Non poteva certo essere quella che sembrava apparire dal testo letterale della profezia di Isaia la vera figura del futuro e tanto vagheggiato Messia.
Essi non pensavano né aspiravano ad un ‘Liberatore dal Peccato’, cioè dalla schiavitù di Satana, ma ad un ‘Re dei re’ che fosse un dominatore politico e militare e soggiogasse tutti i loro antichi nemici, assiri, babilonesi, romani, etc.
Il messaggio d’amore di Gesù, quello del Verbo di Dio che si incarna in un uomo per diffondere fra gli uomini lo spirito di amore, combattere il peccato e quale vittima di espiazione riaprire ad essi le porte dei cieli, era deludente rispetto alle loro aspettative molto ‘terrene’.
Ribadisco dunque che, attendendo un re condottiero, scribi e dottori della legge si immaginavano dunque il Messia come un personaggio di alto lignaggio, non certo un modesto figlio di falegname.
Gesù venne quindi da essi considerato un impostore che – fatto fortemente aggravante - li metteva in grave imbarazzo di fronte al popolo con quelle sue continue accuse sulla loro scarsa spiritualità e sul loro cattivo esempio, come vedremo proseguendo la nostra lettura.
Un soggetto scomodo, dunque, anzi un falso profeta del quale liberarsi alla prima occasione utile.
18.2 Giuda Iscariote e le sue speranze tradite.
Questa errata concezione nella società ebraica della figura messianica è anche quella che sta alla base del tradimento di Giuda e anche della visione storico-politica del popolo di Israele nei duemila anni successivi.
Giuda – nei termini in cui la sua figura emerge dalle visioni dell'opera valtortiana - era un giovane brillante e ambizioso formatosi alla scuola dei rabbi che insegnavano al Tempio. Attratto però dai miracoli e dalla fama di Gesù e ritenendolo quindi il Messia, ma il Messia ‘politico’ di cui abbiamo sopra parlato, egli era riuscito ad introfularsi e aggregarsi al gruppo apostolico sperando di ricavarne un futuro di gloria… terrena.
Grande la sua delusione nel sentirsi in seguito spiegare da Gesù stesso il significato spirituale della propria missione in terra e della reale figura del Messia.
Giuda – che fin dall’inizio non era uno stinco di santo, rubava dalla cassa comune e si permetteva altre piccole ‘licenze’ - non accetterà la rivelazione di Gesù quale Salvatore e Liberatore dal Peccato.
Egli – apostolo umanamente ‘brillante’, anzi il più brillante del gruppo - finirà per sentirsi tradito nelle sue aspettative ed ambizioni, giudicherà l’uomo-Gesù un imbelle, un illuso visionario, finirà – come Lucifero nei confronti di Dio - per ritenersi perfino superiore a lui e, quando nell’ultimo anno sentirà stringersi intorno al gruppo apostolico la stretta dei Capi di Israele che cercavano solo l’occasione propizia per arrestare e uccidere Gesù, deciderà di tradirlo per riceverne onori e salvare la propria pelle.
Dopo la disillusione e la frustrazione, l’idea vera e propria del tradimento germoglia però in lui solo negli ultimi mesi prima dell'ultima Pasqua, cioé quella dell'inizio del quarto anno, ma già nel terzo anno Giuda – ispirato da Satana che asseconda e stimola le sue passioni – comincia a ‘fertilizzare’ il terreno del proprio cuore e a consolidare l’allontanamento dalla retta via.
Continuamente combattuto fra aspirazione al bene e spinta al male, Giuda sarà fonte di un continuo dolore per Gesù che non lesinerà sforzi sino alla fine per trattenerlo sulla via buona e per evitare che gli altri apostoli – che pur avevano cominciato ad intuire la natura di Giuda – sospettassero troppo e passassero sbrigativamente a vie di fatto.
La figura della personalità di Giuda che emerge dall’Opera della mistica è complessa e anche molto interessante nei suoi chiaroscuri.
Ci si potrebbe chiedere come mai Gesù - se era Dio e come tale onnisciente ed onnipotente – non abbia saputo prevedere e prevenire questo tradimento.
In Gesù – come giù ripetutamente detto - coesistevano due nature, quella umana e l’altra divina.
Il Verbo divino che era nell’Uomo-Gesù, Uomo nato dalla carne di Maria, sapeva bene – da fuori del tempo - quale sarebbe stato il trattamento che gli uomini – nel tempo – avrebbero riservato al Gesù-Uomo.
Il Verbo aveva però comunque accettato di incarnarsi perché sarebbe stato proprio grazie a questo suo Sacrificio di Vittima divina che Egli avrebbe potuto chiedere al Padre il perdono dei peccati dell’Umanità ed ottenerne l’ammissione nel Regno dei Cieli chiusi ad essa dopo il Peccato originale.
In questa logica di un Dio che si fa uomo per divenire Vittima di espiazione – perché è con la sofferenza che si espiano i peccati e solo l’espiazione di un Dio poteva far dimenticare al Padre l’immensa catena di peccati compiuti dall’Umanità - ci stava dunque anche la figura di un traditore. Tuttavia Gesù – che era anche Uomo con tutti i sentimenti di un uomo – non avrebbe voluto che il responsabile della sua morte fosse addirittura un amico, anzi un membro del suo stesso gruppo apostolico con il quale aveva condiviso viaggi, predicazione, fatiche, amore.
Dall’Opera valtortiana emerge che il Verbo-Dio, che era la seconda natura dell’Uomo-Gesù, si manifestava come Dio - nei miracoli o nei discorsi più potenti - in maniera funzionale alle finalità della missione.
Per il resto - ne abbiamo già accennato - Gesù appariva Uomo, sia pur ‘perfetto’ in quanto esente dalla Macchia e dalle tare del Peccato originale. Il Verbo-onnisciente che coesisteva con l’Uomo-Gesù centellinava in certo qual modo all’Uomo le informazioni sul futuro, perché doveva tenere conto della sua fragilità umana.
L’Uomo-Gesù aveva ‘intuito’ fin dalla iniziale richiesta di Giuda di aderire al gruppo apostolico che questi avrebbe assunto un qualche ruolo negativo, ed anzi Gesù era stato istintivamente riluttante ad accoglierlo, cedendo alle sue insistenze solo alla fine come per una sorta di accettazione rassegnata.
La piena conoscenza del nome del suo futuro Traditore - e di quello del traditore di Giovanni Battista accumunato a Gesù nella sorte - fu rivelata dal Padre all’Uomo-Gesù solo successivamente, come abbiamo visto in un capitolo precedente quando abbiamo parlato dell'ultimo discorso della montagna. 2
1 G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. IV – Cap. 1 – Ed. Segno, 2004 – vedi anche sito internet dell’autore
2 Vedi inoltre dell'autore: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. III, Cap. 6.2 – Ed. Segno.