7. INIZIO DEL PRIMO ANNO
DI ATTIVITA' PUBBLICA DI GESU':
Il BATTESIMO DI GESU’ AL GUADO DEL GIORDANO 

 

7.1 La morte di Giuseppe e l’addio di Gesù a Maria per l’inizio della predicazione sull’avvento del Regno di Dio.

Nell’Opera Valtortiana – come del resto nei Vangeli - c’è a questo punto un lungo misterioso ‘black out’ di diciotto anni nelle visioni che riguardano la vita della Sacra Famiglia, tranne due episodi riportati dalla Valtorta - a conclusione della vita nascosta di Gesù - che precedono infatti l’inizio della vita ‘pubblica’ con la predicazione dell’Avvento del Regno di Dio.
Il primo è la morte di Giuseppe.1
Gesù sta lavorando nel laboratorio e pialla delle tavole. E’ vestito di nocciola scuro, tunica corta da lavoro, maniche rimboccate, un grembiule da lavoro sul davanti.  Entra sua Mamma da una porta e corre verso di lui. Lo chiama affannosamente. Pare che lo supplichi..., quasi a voler chiedere un miracolo. Gesù la abbraccia come a confortarla e la segue.
Entrano nella stanza attigua, inondata dal sole, ma dove in una specie di letto basso o giaciglio è steso Giuseppe: morente!
Maria piange piano. Giuseppe stende una mano verso Gesù, Gesù gliela tiene e, curvo su di lui, gli recita un lungo Salmo…, bellissimo, per i morenti, salmo che termina con un ringraziamento di Gesù a Giuseppe:

«Grazie, padre mio, per Me e per la Madre. Tu mi sei stato padre giusto, e te ha posto l’Eterno a custodia del suo Cristo e della sua Arca. Tu fosti la fiaccola accesa per Lui, e per il Frutto del seno santo hai avuto viscere di carità.
Và in pace, padre. La Vedova non sarà senza aiuto. Il Signore ha predisposto perché sola non sia. Vai sereno al tuo riposo. Io te lo dico».

Gesù poi continua, dicendo al padre morente di precederlo per dire ai Patriarchi (N.d.r.: che attendevano nel Limbo) che ‘la Salvezza è nel mondo e il Regno dei Cieli presto sarà loro aperto’. 2
Giuseppe raccoglie - ma sempre più in lontananza - queste sue parole finché, mentre Gesù seduto sul giaciglio accanto a lui lo attira a sé, egli muore fra le sue braccia.
Gesù ha ormai trenta anni, Giuseppe non c’è più, è arrivato il momento dell’inizio della sua Missione.
Vi è qui il secondo dei due episodi ai quali avevo sopra accennato.
La nostra mistica rivede Gesù durante l’addio a sua Mamma prima della partenza da Nazareth. Una scena struggente.
Anche qui lei piange in silenzio, per questo secondo distacco.
Gesù la abbraccia e la conduce fuori, dove si siedono su una panchina appoggiata al muro della casa.
Vede e scrive fra l’altro la Valtorta:3

 

^^^^
… L'orto è silenzioso e ormai oscuro. Vi è solo un bel chiaro di luna e la luce che esce dal tinello. La notte è serena. Gesù parla a Maria. Non intendo in principio le parole appena mormorate, alle quali Maria assente col capo. Poi odo: «E fàtti venire le parenti. Non rimanere sola. Sarò più tranquillo, Madre, e tu sai se ho bisogno d'esser tranquillo per compiere la mia missione. Il mio amore non ti mancherà. Io verrò sovente e ti farò avvertire quando sarò in Galilea e non potrò venire a casa. Tu verrai da Me, allora. Mamma, quest'ora doveva venire. Si è iniziata qui, quando l'Angelo ti apparve; ora scocca e noi dobbiamo viverla, non è vero, Mamma? Dopo verrà la pace della prova superata e la gioia. Prima bisogna valicare questo deserto come gli antichi Padri per entrare nella Terra Promessa. Ma il Signore Iddio ci aiuterà come aiutò loro. E ci darà il suo aiuto come manna spirituale per nutrire il nostro spirito nello sforzo della prova. Diciamo insieme il Padre nostro... ».

 

Madre e Figlio tornano quindi in casa, si siedono al tavolo, Gesù intinge un pezzo di pane nel vino e lo porge alla Madre, che non lo vorrebbe, ma Lui insiste e poi beve il vino rimanente.
Gesù si alza, si avvolge in un mantello, prende la bisaccia a tracolla, benedice Maria e si avvia nella strada silenziosa del paese di Nazareth appena illuminata dal chiarore della luna.

 

7.2 I rapporti fra Gesù e Giovanni Battista: la critica razionalista, positivista e modernista per demolire la divinità di Gesù.

Due brani di vangelo ci presentano la figura di Giovanni che predica e quella di Gesù che viene a farsi ‘battezzare’.4
Renan5, nella sua ‘Vita di Gesù’, pur non avendo informazioni migliori delle nostre né tanto meno l’aiuto delle visioni di Maria Valtorta, racconta che Gesù, pur avendo all’inizio un suo piccolo cerchio di uditori, non aveva ancora ‘autorità’ e cosiderava Giovanni un maestro. Ma, spinto dal desiderio di conoscerlo e poiché i loro rispettivi insegnamenti avevano parecchi punti di contatto, aveva lasciato la Galilea per recarsi da lui in Giudea con la sua piccola scuola al seguito e farsi tutti battezzare.
Nella sua Opera, Renan immagina (ma racconta come fosse stato presente di persona) che Giovanni Battista fece liete accoglienze a questo drappello di discepoli galilei né si offese constatando che restavano distinti dai suoi. Da queste buone relazioni gli evangelisti presero poi le mosse – conclude Renan con una perfida stoccata – per ideare tutto un sistema consistente nel dare come prima base alla missione divina di Gesù proprio la testimonianza di Giovanni.
Come dire insommaed è di questo che ci vuol convincere Renan - che Gesù non era in realtà Dio, ma che i suoi astuti discepoli pensarono di ‘mettere in bocca’ questa affermazione a Giovanni la cui autorità morale e spirituale era a quei tempi indiscussa.
In effetti uno come Renan che avesse voluto cominciare a ‘demolire’ quel che secondo lui era il ‘mito’ della divinità di Gesù, non poteva non iniziare mettendo in dubbio la realtà storica di questo episodio, anche perché fu proprio ad esso che i vangeli fanno risalire la manifestazione del Padre  la cui voce (mentre lo Spirito Santo sotto le apparenze di una colomba appariva a Giovanni sopra Gesù) rimbombava dal Cielo dicendo: ‘Questo è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto’.
Ma Loisy (‘Le origini del Cristianesimo’) non è da meno. Anch’egli, ammiratore ed emulo di Renan, ritiene invenzione la presentazione di Gesù al Giordano come Messia da parte di Giovanni Battista, invenzione che sarebbe stata secondo lui concepita dall’apologetica cristiana per attenuare o dissimulare la dipendenza originaria del Cristianesimmo dalla setta di Giovanni Battista.
Le loro argomentazioni sono ovviamente pure illazioni di due personaggi che hanno perso la fede o non l’hanno magari mai avuta.
Ciò non di meno – poiché esse sono inserite nei loro scritti in un contesto di apparente logica – queste hanno fatto breccia, insieme a tante altre, in molte persone che non avevano la preparazione per controbattere o che – come molti teologi - si sentivano inclini a pensarla come loro.
Il meccanismo del ‘credere’ umano è complesso.
Molti di coloro che rimprovano a chi ha fede la colpa di aver appunto ‘fede’, non si rendono conto che essi sono spesso i primi a credere in una ‘fede’, solo che questa è di tipo diverso.
Noi uomini ‘crediamo’ a chi propugna idee ideologiche o filosofiche  con le quali, magari confusamente, ci identifichiamo perché le sentiamo coerenti ai nostri interessi o al nostro modo di pensare. Si tratta infatti di una questione di ‘feeling’.
La razionalità sovente non c’entra, e il più delle volte non siamo nemmeno in condizione di sottoporre a verifica razionale le teorie di questi  ‘profeti’.
Talvolta invece ‘crediamo’ perché, affascinati dall’intelligenza di chi ci parla, pensiamo che tutto quel che costui dice, poiché sembra ‘intelligente’, debba anche esser ‘vero’.
Ma intelligenza e verità non sempre coincidono.
Satana è intelligentissimo, ma è anche il Principe della Menzogna.
Su di un piano umano – e qui basta scorrere solo gli ultimi duecento anni di storia – quante sono quelle persone ‘intelligentissime’ le cui affascinanti teorie ed ideologie sono state seguite da centinaia di milioni di uomini?
Teorie ed ideologie che nel solo ventesimo secolo hanno però prodotto guerre e distruzioni a non finire: oltre cento milioni di morti, e - cosa ancora più grave - il disfacimento morale dell’intera società moderna.
Disfacimento al quale hanno dato robusti contributi anche personaggi come l’ateo Sigmund Freud, elogiato ‘padre’ della Psicanalisi e della teoria della libido che uomini e donne dovrebbero secondo lui assolutamente soddisfare per non cadere nelle ‘nevrosi’!
Colpa dunque di tutti costoro?
No, colpa del Nemico che in quest’ultima fase della nostra storia sembra essersi scatenato come mai prima.
Allora, alle affermazioni ideologiche e ‘non scientifiche’ dei tre personaggi Renan, Loisy e Bultmann - supportate dalla autorevolezza della loro erudizione e, appunto, della loro ‘intelligenza’ e ‘scienza’, ma il più delle volte buttate lì nei loro libri sarcasticamente e presuntuosamente come se le loro, sì, fossero ‘verità rivelate’ - ci sforzeremo di contrapporre in tutta modestia i nostri ragionamenti di semplice buon senso chiedendo in qualche caso aiuto alle visioni - anch’esse ‘non scientifiche’ - di Maria Valtorta quale regalo finale al lettore che si sarà sforzato di seguirci fino a quel punto.

 

7.3 La figura del Battista ed i suoi rapporti con Gesù. Il Battista conosceva Gesù prima dell’incontro al Giordano?

Ma ritorniamo a Giovanni Battista. E’ stato detto tanto per cominciare che egli era un esseno.
Non è scritto da nessuna parte, ed esseno non lo era nemmeno Gesù, come altri hanno sostenuto vedendo dei punti in comune con la dottrina predicata da questa setta.
E non perché essere un esseno sia un disonore, ma semplicemente perché nessuno dei due lo era.
Degli esseni parlano Giuseppe Flavio, Filone e Plinio.
La loro era una setta di asceti, che risale al II secolo a.C..
Vivevano in comunità di tipo monastico, prima dalle parti di Gerusalemme, poi in villaggi della Giudea meridionale e lungo il Mar Morto, infine nei deserti.
Essi accentuavano il puritanesimo dei farisei, professavano la povertà e la castità. Vestiti di bianco, osservavano il silenzio, conducevano vita sobria, attendevano al lavoro nei campi, credevano nel futuro Messia e nella sopravvivenza dell’anima, disprezzavano la sapienza profana, aborrivano i sacrifici cruenti.
Tutte cose che potremmo condividere anche noi, solo che loro erano un pochino troppo ‘fondamentalisti’, cioè portavano all’eccesso quelle che – in misura equilibrata – avrebbero potuto essere delle virtù.
All’epoca di Gesù sembra che ce ne fossero circa 4000 e che molti fossero divenuti successivamente cristiani.
Di Gesù essi avevano apprezzato l’equilibrio e la sapienza di predicazione e avevano finito per considerarlo anche il vero Messia.
Giovanni Battista non fu dunque esseno, ma solo pre-cristiano, soprattutto un profeta che  proclamava la purezza del cuore ed invitava alla purificazione ed alla penitenza poiché era ormai vicina la venuta del Messia.
Da alcuni passi dell’opera valtoriana si intuisce che, dopo la strage degli innocenti, il Re Erode fece compiere indagini più approfondite sul Messia e scoprì la casa dove la Sacra Famiglia – lasciata la stalla della notte fortunosa della nascita di Gesù - era vissuta i primi tempi a Betlemme.
Gli emissari del re individuarono anche i legami di parentela con la famiglia di Zaccaria ed il sacerdote ebbe i suoi guai.
Giovanni Battista coltivò la sua ‘vocazione’ andandosene a vivere asceticamente nel deserto finchè, giunto all’età adulta, cominciò a predicare soggiogando le folle con la potenza della sua oratoria ed il magnetismo intenso che sprigionava dalle sue parole oltre che dal suo volto spirituale ma anche dai suoi occhi in certo qual modo ‘spiritati’, perché pieni del fuoco della sua passione per Dio.
E’ dunque questo il Giovanni che - vedendo Gesù al Giordano e cogliendo il segno dello Spirito sotto forma di colomba sul suo capo – lo addita alle turbe mentre la Voce del Padre dal cielo tuona ‘Questo è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto’…
Ricordo che qualche anno fa – ero in vacanza in Sardegna - mi ero ritrovato a discuterne con un sacerdote e con un’altra persona.
Il sacerdote, umanamente parlando, era una brava persona, solo un pochino tanto razionalista, come del resto lo ero una volta anch’io.
Era un ‘postero’ di Renan, Loisy e di Bultmann, un loro ‘nipotino’, insomma.
Ogni volta che i Vangeli parlavano di miracoli non li chiamava miracoli ma 'segni' da intendere però nel senso di ‘simboli’, come a dire che non erano stati miracoli per davvero ma nelle intenzioni degli evangelisti volevano solo simboleggiare un determinato concetto.
E commentando questo brano del Giordano - che è fondamentale perché è la prima ‘testimonianza’ pubblica della divinità di Gesù, oltre che la prima manifestazione ‘pubblica’ del Padre – egli ebbe a dire che questa era appunto un ‘simbolo’ come d’altro canto le parole che l’evangelista aveva messo in bocca al Battista.
Ecco, quando gli pareva che secondo lui il Gesù dei vangeli dicesse qualcosa che sembrava contrastare la ‘razionalità’, allora lui aveva l’abitudine di dire che quelle erano parole che gli evangelisti gli ‘avevano fatto dire’ per un loro scopo didattico.
Solo che - a forza di attribuire alla ‘immaginazione’ degli evangelisti le parole che essi ‘mettevano in bocca’ a Gesù per ragioni ‘didattiche’  - finiva che del Gesù dei vangeli non rimaneva più niente, a parte la morte in croce, forse.
E finiva anche che la gente perdeva la fede. E glielo dissi.
Ci si può domandare come mai sia stato possibile che, in questo stesso episodio raccontato però nel vangelo dell’apostolo Giovanni (Gv 1, 19-34), il Battista esclamasse che egli non aveva mai conosciuto Gesù
Non erano forse cugini?
I nostri tre teologi razionalisti avranno certo pensato da parte loro a questo proposito che i due – Gesù e il Battista - si dovessero essere messi d’accordo in anticipo facendo finta di non conoscersi: insomma, una specie di gioco delle ‘tre tavolette’!
La strada di Giovanni e quella di Gesù si erano divaricate sin dalla nascita. D’altra parte Gesù non era più tornato a Betlemme o ad Ebron, prima di quel battesimo al Giordano.
Lo stesso Spirito Santo, che dopo il battesimo avrebbe portato Gesù nel deserto, lo aveva pure condotto – prima ancora dell’inizio della sua missione – a quel guado del Giordano, affinchè l’uomo-Gesù si incontrasse con colui che, da fuori del Tempo, Dio-Padre aveva eletto come  Precursore del Messia, liberandolo a questo scopo persino dalla Macchia d’origine fin dal grembo di Elisabetta.
Giovanni – umanamente parlando - non conosceva dunque Gesù ma  al Giordano riconosce spiritualmente in quell’uomo il ‘Messia’ solo perché illuminato interiormente dallo Spirito Santo che glie lo fa capire apparendo sopra il capo di Gesù sotto forma di colomba, affinchè tutti vedessero e Giovanni glie ne potesse dare testimonianza.
L’episodio è ‘storico’, cioè realmente accaduto e non una invenzione ‘simbolica’.
Di ‘simbolico’ semmai c’è solo il fatto che il battesimo fatto da Giovanni era figura del futuro battesimo che sarebbe stato introdotto da Gesù.
Se Giovanni aveva battezzato sino a quel momento in acqua, ben altro sarebbe stato il successivo Battesimo in Spirito Santo, battesimo che lava e salva perché rende ‘cristiani’ e dà la Grazia, anche se è poi la fedeltà alla Grazia che ci mantiene cristiani.
Ciò chiarito, dagli stessi vangeli si capisce poi che  il Battista aveva fra i suoi discepoli i futuri apostoli: Giovanni, suo fratello Giacomo e Andrea (fratello minore di Pietro) che – avendo il Battista indicato in Gesù il Messia – si diedero a seguirlo.
I discepoli del Battista - e qui entriamo nel campo della ‘umanità’ propria anche delle persone migliori - erano ‘gelosi’ della fama sempre maggiore di quel Messia-Gesù che, oltre a saper predicare con eccezionale sapienza, faceva miracoli di ogni genere che lo accreditavano oltre ogni dubbio come ‘uomo di Dio’.
Essi – e come loro tanti sacerdoti, scribi e farisei di Gerusalemme - credevano invece che il Messia fosse Giovanni. Fu solo dopo l’arresto definitivo del Battista - e cioè il secondo arresto che lo portò poi alla morte - che i suoi seguaci si sarebbero convinti, come andava da tempo ripetendo il loro stesso maestro, che il vero Messia era proprio Gesù. E molti divennero allora suoi discepoli, confluendo poi nel Cristianesimo.
L’episodio del battesimo al Giordano non fu dunque – contrariamente a quanto asseriscono senza alcun fondamento Renan e Loisy - una invenzione successiva dei cristiani per legittimare fraudolentemente con l’autorità del Battista la Messianicità di Gesù o un cercare di accreditare una superiorità della nascente setta cristiana sulla già relativamente affermata setta battista, ma fu il punto di avvio di una predicazione travolgente dove il ‘testimone’ doveva passare dalle mani del Precursore a quello del Redentore.
Nel primo anno di vita pubblica Gesù sarà il Maestro, il Sapiente.
Nel secondo anno Egli si mostrerà il Salvatore, l’Amico, il Misericordioso.
Nel terzo, Egli sarà il Redentore, il Giusto e il Forte verso quegli uomini che ricambiano il suo amore con odio.

7.4 L’incontro fra Gesù e Giovanni nella visione di Maria Valtorta.

Per ritornare però a quell’incontro del Giordano, la Valtorta6 vede una pianura deserta priva di vegetazione, un fiume che scorre lentamente da nord a sud, con poca profondità, mentre lungo le sponde umide cresce della vegetazione. E’ la valle del Giordano, intesa quale letto del fiume, ma non si tratta di una vera valle perché nei dintorni non vi sono colline né monti.
Lungo la riva destra del Giordano si vede molta gente dai cui indumenti si comprende l’appartenza a classi sociali diverse.
In mezzo ad essi, su di un masso, vi è il Battista che predica.
Un’oratoria vibrante e dura.
Egli predica il prossimo avvento del Messia ed invita a predisporre i cuori alla sua venuta con il pentimento e la purificazione, di cui l’acqua del Giordano, versata sulle teste, è simbolo.
Lungo una stradina erbosa che fiancheggia il fiume, si vede arrivare Gesù. Arriva alle spalle di Giovanni senza far rumore, come uno qualunque di quelli che venivano lì a farsi ‘battezzare’. E’ vestito da popolano come tanti e appare come uno della folla, anche se i tratti tradiscono bellezza e signorilità.
Giovanni è come se sentisse il suo sguardo sulle spalle, si volta, lo fissa. Scende subito dal masso e va verso Gesù come guidato da una ‘luce’ interiore. Si guardano negli occhi. Gesù, dagli occhi azzurri e dolci. Giovanni dall’occhio severo, nero, lampeggiante. Alti entrambi ma molto diversi.
Gesù biondo, volto chiaro, capelli lunghi ordinati, un abito semplice ma maestoso. Giovanni, irsuto, nero di lunghi capelli e di barba rada, occhi febbrili, guancie scavate dal digiuno, pelle abbronzata cotta dal sole e dalle intemperie.
Si guardano intensamente e, più o meno, si scambiano le parole del Vangelo di Matteo.7
Scrive la Valtorta:

«…Sembrano un selvaggio e un angelo visti vicini.
Giovanni, dopo averlo scrutato col suo occhio penetrante, esclama: «Ecco l'Agnello di Dio. Come è che a me viene il mio Signore? ».
Gesù risponde placido: «Per compiere il rito di penitenza».
« Mai, mio Signore.  Io sono che devo venire a Te per essere santificato, e Tu vieni a me? ».
E Gesù, mettendogli una mano sul capo, perché Giovanni s'era curvato davanti a Gesù, risponde: « Lascia che si faccia come voglio, perché si compia ogni giustizia e il tuo rito divenga inizio ad un più alto mistero e sia annunciato agli uomíní che la Vittima è nel mondo ».
Giovanni lo guarda con occhio che una lacrima fa dolce e lo precede verso la riva, dove Gesù si leva il manto e la tunica, rimanendo con una specie di corti calzoncini, per poi scendere nell'acqua dove è già Giovanni, che lo battezza versandogli sul capo l'acqua del fiume, presa con una specie di tazza, che il Battista tiene sospesa alla cintola e che mi pare una conchiglia o una mezza zucca essiccata e svuotata.
Gesù è proprio l'Agnello. Agnello nel candore della carne, nella modestia del tratto, nella mitezza dello sguardo.
Mentre Gesù risale la riva e, dopo essersi vestito, si raccoglie in preghiera, Giovanni lo addita alle turbe, testimoniando d'averlo conosciuto per il segno che lo Spirito di Dio gli aveva indicato quale indicazione infallibile del Redentore.

E’ infatti questo il momento, mentre Gesù risale la riva, in cui il Padre dal Cielo tuona: «Questo è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto».
Giovanni non aveva bisogno di alcun segno visibile o materiamente percepibile all’udito perchè a lui parlavano le voci del Cielo, ma il ‘segno’ era necessario per gli altri, affinché attraverso un segno ‘materiale’ quelli potessero veramente capire che Gesù era il Messia, Figlio di Dio.


1 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. I, Cap. 42 – C.E.V.

2 Nota dell’autore: secondo l’Opera valtortiana, dopo il Peccato originale e la cacciata dal Paradiso terrestre, il Regno dei cieli era stato precluso all’Umanità peccatrice . I malvagi andavano all’inferno mentre i giusti di tutti i popoli sostavano nel Limbo, da dove sarebbero stati liberati insieme ai patriarchi di Israele, per accedere finalmente al Paradiso grazie alla Redenzione operata da Gesù sulla Croce.

3 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. I, Cap. 44.3 – C.E.V.

4 Lc 3, 1-6 e Mt 3, 1-17

5 Nel Settecento, Ottocento e poi anche nel Novecento si è sviluppata una critica teologica tutta rivolta allo smantellamento dei vangeli. Una critica nata in ambiente protestante dai primi illuministi e deisti inglesi, seguiti poi da francesi e tedeschi.
Clima che trovava in uomini come Rousseau e Voltaire, che del movimento illuminista erano autorevoli esponenti, i padri spirituali che proponevano la liberazione dell’Umanità dall’oscurantismo del Cristianesimo.
Un Voltaire che – come osserva Vittorio Messori nel suo ‘Pensare la storia’ – nel 1773 prevedeva solennemente ‘Nella cultura nuova, non ci sarà futuro per la superstizione cristiana. Io vi dico che fra vent’anni il Galileo sarà spacciato’.
Che Voltaire non si riferisse a Galileo Galilei ma a Gesù Cristo mi sembra intuitivo…
‘Ed i vent’anni – continua Messori – caddero nel 1793, anno del Grande Terrore proprio in nome della Ragione annunciata come benefica salvatrice al posto della fede, sanguinaria ed oscurantista’.
Gli illuministi propugnavano l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità in cui le religioni, in primo luogo quella cattolica, secondo loro lo avevano tenuto.
La religione cattolica veniva presentata come medievale, ostile al progresso, schierata per di più a difesa dell’immobilismo politico.
In questo clima culturale nascevano correnti di pensiero che – in chiave politica - avrebbero portato prima alla rivoluzione francese, quindi alla caduta delle varie monarchie europee, all’abbattimento dello Stato vaticano in Italia, al marxismo ateo, al socialismo, al nazional-socialismo e fascismo e infine al materialismo capitalista.
Era un clima in cui diventava ideologicamente importante demolire la Chiesa, vista come influente fonte di potere politico in Europa, cominciando a distruggerne la sua cultura che aveva fino ad allora informato la vita della società.
Bisognava dunque mettere prima di tutto in discussione i princìpi alla base di tale cultura, cioè il Vangelo e la Bibbia.
Demolito innanzitutto il Vangelo sarebbe crollata anche la Chiesa cattolica romana, considerata pietra angolare dell’intero cristianesimo, e con essa il suo ‘potere’ politico.
E’ proprio in questo periodo storico che si è venuta consolidando la teologia di cui sopra che – impregnata di razionalismo – si concentrò nello studio dei vangeli allo scopo di eliminare sistematicamente tutto quanto in essi sembrasse non rispondere ai criteri di una ‘sana’ Ragione.
L’aldilà – sono le parole d’ordine di questo attacco concentrico da parte di una certa teologia, di una certa filosofia e di una certa politica  - è una chimera, perché esiste solo l’aldiqua che possiamo toccare con mano e controllare ‘scientificamente’. Il ‘Dio’ degli ebrei, dei musulmani e dei cristianisarebbe una invenzione dei rispettivi ‘preti’. I vangeli con i loro miracoli, resurrezioni ed ascensioni sarebbero un insieme di racconti mitici che vanno depurati delle leggende, come ad esempio quelle del peccato originale, della immacolata concezione e della verginità di Maria, degli esorcismi e via dicendo. I vangeli si ridurrebbero ad un insieme di norme e regole morali, sia pur di alto profilo, dove però l’ispirazione di Dio non c’entra proprio niente, come non c’entra nei profeti, poveri illusi convinti che sia Dio a dare origine a quelle che sarebbero solo le fantasie della loro mente malata
Fra i tanti esponenti di questa corrente di pensiero, diventata predominante e che ha avuto enorme influenza prima sulla cultura europea e poi su quella dell’intero mondo occidentale, si sono distinti - nel campo degli studi ‘teologici’ e di critica cosiddetta ‘storico-scientifica’ - alcuni nomi ‘significativi’, quelli di Ernest Renan, Alfred Loisy e Rudolf Bultmann, in quanto la loro influenza è stata forte e si fa sentire ancora oggi, anche fra i cattolici.
I tre erano campioni del Positivismo e Modernismo.

Enest Renan (1823-1892), francese, ex seminarista, fu storico, filosofo e scrittore. Esponente del positivismo scrisse la Vita di Gesù che ebbe enorme risonanza. L’influsso del suo pensiero e della sua personalità nella cultura e nella letteratura francese, e non solo, fu vasto e profondo.

Alfred Loisy (1857-1940), francese, sacerdote, fu l’iniziatore del modernismo. Le sue pubblicazioni di esegesi biblica furono condannate dal Santo Uffizio e nel 1908 fu scomunicato. Negò il concetto di ispirazione e quello del soprannaturale in genere, e applicò alla Sacra Scrittura le teorie più spinte del razionalismo tedesco, fino a presentare la Chiesa come un travisamento cosciente del Regno di Dio.

Rudolf Bultmann (1884-1976), tedesco, teologo protestante, diede grande contributo scientifico allo sviluppo della scuola della ‘Formgeschichte’, ma il suo nome è legato soprattutto alla ‘demitizzazione’, concetto che presume ricondurre a livello naturale e a dimensioni umane fatti e persone del testo biblico a cui l’ignoranza ed il fanatismo religioso avrebbero attribuito caratteri soprannaturali in un contesto ‘mitico’.
Per maggiorti ragguagli vedere le varie Introduzioni ai miei quattro volumi di commenti evangelici “I Vangeli di Matteo, Marco Luca e del ‘piccolo Giovanni’ ”, Ed. Segno, reperibili anche sul mio sito internet  digitando www.ilcatecumeno.net

6 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. I, Cap. 45 – Centro Editoriale Valtortiano

7 Mt 3, 14-17