Appendice   

 

IL GIGANTE DAI PIEDI DI ARGILLA.

Ubi Petrus ibi ecclesia    Ubi Petrus       Ubi Ecclesia ibi Christus
 Lettera agli Amici         196(13)                Marzo 2007

 

Il gigante dai piedi di argilla

E’ bastato un minuscolo frammento di papiro con poche lettere greche dei versetti 22-23 del cap. 6 del Vangelo di Marco, per buttare all’aria tutta la macchinosa costruzione della formengeschichte messa nell’orbita dal protestante Bultmann e accettata acriticamente da biblisti cattolici, e per ridare ragione alla concorde tradizione patristica e al Magistero della Chiesa sull’origine dei Vangeli.
Contro la tendenza imperante di portare la redazione dei Vangeli verso la fine del primo secolo e di attribuirla alla primitiva comunità cristiana, che secondo Bultmann avrebbe mitizzatoGesù Cristo, il frammento 7Q5 riporta la redazione ai primi anni dopo la risurrezione di Gesù e comunque prima della distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70, dato che la comunità degli Esseni dovette sloggiare da Qumran nel 68.
Come è noto, il frammento 7Q5 fu scoperto dal Padre O’Calleghan fin dal 1972 ed esaminato con le più avanzate tecniche di ricerca papirologia, ma tenuto in riserva per un ventennio dal cardinal Martini, allora rettore del Biblico, costretto poi ad ammettere che “nel piccolo frammento sarebbe contenuta un’eccezionale conferma documentaria di ciò che la Chiesa ha insegnato ininterrottamente per diciannove secoli” (“30 Giorni”, giugno 1991; “Sì”, agosto 1991).
Alla Provvidenza non mancano certo i mezzi per sventare le più colossali congiure razionaliste contro il Vangelo, e questa volta sembra proprio divertita nel far saltare all’aria la poderosa statua dai piedi d’argilla del razionalismo biblico con un fragilissimo frammento di pochi centimetri quadrati di papiro.
Ma la corrente esegetica modernista sembra non essersi ancora accorta della propria clamorosa sconfitta. Sembra anzi che le spericolatezze ermeneutiche siano in chiassoso crescendo con affermazioni assurde e addirittura invenzioni prive di qualsiasi fondamento.

Il pregiudizio razionalista

Il modernismo ha avuto origine proprio dal razionalismo ottocentesco (Loisy, ecc.) sul presupposto che il soprannaturale è impossibile.
Dice Harnack: “E’ per noi fuori discussione che tutto ciò che avviene nello spazio e nel tempo obbedisce alle leggi generali del movimento, e che conseguentemente i miracoli, intesi come infrazioni all’ordine naturale, non sono possibili… Che una procella sia stata sedata con una parola, è cosa che non crediamo e non crederemo mai” (in ‘Essenza del Cristianesimo’).
Questo pregiudizio filosofico non ha senso se si osserva il cosmo così profondo e complesso: perché Colui che lo ha fatto non potrebbe intervenire a modificare o anche a creare? Inoltre esistono miracoli verificati dalle scienze, esistono perfino miracoli sussistenti, come l’immagine di Guadalupe, risultante da diffrazioni molecolari che nessun pittore potrebbe imitare.

Il pregiudizio razionalistaha indotto i biblisti protestanti a cercare soluzioni all’enigma Vangelo, elaborando varie teorie:
- i seguaci di Gesù dopo il fallimento della croce avrebbero ingannato i credenti occultando il corpo di Gesù e proclamando che Gesù era risorto (teoria dell’inganno, di Reimarus);
- i presunti miracoli andrebbero interpretati come fatti puramente naturali enfatizzati dalla fede: la pesca miracolosa dovrebbe attribuirsi a un caso di fortuna, Gesù nella tomba sarebbe stato solo in letargo, ecc. (teoria naturalistica di Paulus);
- i miracoli e Gesù stesso sarebbero elaborazioni del sentimento religioso (teoria del sentimento religioso di Schleiermacher);
- il cristianesimo sarebbe nato dallo scontro tra la tendenza giudaizzante di Pietro e quella universalistica di Paolo (teoria delle tendenze di Baur);
- il cristianesimo sarebbe sorto dall’illusione messianica di Cristo ecc. (scuola liberale di Harnack);
- i Vangeli sarebbero racconti mitici (teoria del mito di Strauss), creazioni della comunità cristiana di fine primo secolo che avrebbero mitizzato Cristo; la realtà storica dei fatti e dei detti di Gesù dovrebbero ricercarsi tramite il vaglio critico dei racconti evangelici (formengeschichte di Bultmann e Dibelius). (V. più ampiamente in “Med.” 116,71s, 84s, Astrua, Storicità dei Vangeli).

Contro costoro e i loro attuali seguaci vale il giudizio espresso da Lagrange nei confronti di Loisy: “Giacchè ci si propone di rimpiazzare la fede tradizionale coi risultati della critica, abbiamo il diritto di chiedere agli innovatori se essi sono d’accordo su questi risultati (lo stesso disaccordo rivela l’insufficienza degli argomenti addotti). Ora non soltanto i risultati non sono identici, ma, come bisognava attendersi, essi si deducono da altre osservazioni di fatto non meno inconciliabili… Ci si immagina di sentire il verdetto della scienza, quando invece non si sente che un’opinione… L’addizione delle probabilità non equivale a una certezza, ancora meno quella delle possibilità”.

Gli interventi del Magistero

Già Leone XIII volle opporre un argine alle fantasie moderniste con l’enciclica Providentissimus Deus (1893), “magna charta degli studi biblici” (Pio XII) e istituendo la Commissione Biblica Pontificia (30 ottobre 1902), che lavorò egregiamente per un trentennio difendendo gli assunti fondamentali dell’esegesi cattolica:
- storicità dei Vangeli,
- ispirazione divina della Scrittura,
- inerranza assoluta,
- la Chiesa esclusiva depositaria e interprete autorevole della Sacra Scrittura.
Seguirono altri numerosi interventi del Magistero a difesa di tali principi (decreto Lamentabili 2, 9, 11 di Pio X, Spiritus Paraclitus di Benedetto XV nel 1920, vari pronunciamenti della Commissione Biblica, ecc.), fino all’enciclica Divino Afflante Spiritu (30 settembre 1943) di Pio XII, che confermava l’esegesi tradizionale del Magistero e condannava la nuova esegesi promossa dalla nouvelle theologie.
Questi documenti sono confermati dal Concilio Vaticano II che ricapitolando la storia delle origini dei Vangeli afferma in DV: “18. La Chiesa ha sempre ritenuto e ritiene che i quattro Vangeli sono di origine apostolica. Infatti ciò che gli Apostoli per mandato di Cristo predicarono, in seguito, per ispirazione dello Spirito divino, tramandarono essi stessi e persone della cerchia apostolica a noi in scritti che sono il fondamento della fede, cioè il Vangelo quadriforme secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni. 19. La santa Madre Chiesa ha ritenuto e ritiene fermamente e con ininterrotta costanza, che i quattro sopraindicati Vangeli, dei quali afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù, Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini realmente operò e insegnò per la loro salvezza eterna, fino al giorno in cui fu assunto in Cielo”.

Altra istituzione provvidenziale fu il Pontificio Istituto Biblico (7 maggio 1907) per la formazione dei docenti di Sacra Scrittura affidato ai Gesuiti, fedele interprete del Magistero finchè al p. Bea subentrò il p. Vogt.

Infiltrazione del razionalismo nella esegesi cattolica

Nell’area protestante avanzava con irruenza dirompente la critica razionalista affermandosi con due ultimi suoi sistemi: la Formengeschichstedi Bultmann e Dibelius (1920) e la Redaktionsgeschichtedi Marxsen e Bornkamm (1946), che esercitarono una seduzione enorme nell’ambito esegetico, con l’irresponsabile complicità di alcuni docenti del Pontificio Istituto Biblico.

Già nei primi anni del secolo si sviluppava in Francia la Nouvelle Theologiepropugnata dai Gesuiti De Lubac, Daneliou, Fessard. Brouillard, che manifestavano una certa insofferenza nei confronti della Commissione Biblica, e proponevano l’alternativa di una esegesi spirituale.
Il padre Coppens metteva in guardia il De Lubac dal pericolo che la lettura carismatica suscitasse una specie di illusionismo.
 Benedetto XV sottolineò la necessità di radicare l’esegesi nel senso letterale della Scrittura illuminato dal contesto, per evitare il rischio di ridurre il Vangelo di Dio a un vangelo dell’uomo in base a interpretazioni arbitrarie personali.
La Humani Generisdi Pio XII condannava la nuova esegesi e l’interpretazione simbolica e spiritualeperché non fossero presentati come genuini sensi biblici vaghe forme figurative.
Ma nel 1955 il card. Tisserant tentò di dichiarare sorpassati i decreti emessi contro il modernismo biblico dalla Pontificia Commissione Biblica, da lui stesso presieduta, e i suoi due collaboratori Miller e Kleinhans ne riducevano l’ambito.
Da tempo, però, nell’Istituto Biblico si avvertivano segnali di disagio nei confronti del Magistero (Dyson, Schokel, ecc.).
Nel 1956 p. Lyonnet nell’Introduction à la Bible attacca il dogma del peccato originale e l’inerranza biblica, suggerendo l’ipotesi di leggende e miti nella Scrittura.
Il p. Bea impedisce la condanna di Lyonnet già decisa dal Santo Uffizio.
Su questa linea della distinzione tra storicità ed elaborazioni di fede, nel 1956 intervenne p. Zerwicz dell’Istituto Biblico giudicando che la critica sui fatti e sui detti di Cristo rarissimamente eccede una mera probabilità.
L’esame dei testi del primato di Pietro (Mt 16, 18s – Mc 8, 27s), da lui giudicati discordanti, fonderebbero il Primato solo mediante molta buona volontà e un po’ di gentile violenza. Addio quindi al dogma del Primato, oltre che all’inerranza biblica e al Magistero.

Nel 1957, mentre esce la Rivista biblica, diretta da Francesco Spadafora, segretario dell’Associazione Biblica, con la collaborazione dei più rinomati esegeti italiani quali p. Vaccari e Vitti, la nuova generazione dell’Istituto Biblico con p. Vogt preme per una svolta di influsso bultmanniano: i Vangeli non sarebbero libri storici ma testimonianze di fede della comunità cristiana di fine primo secolo.
       Per p. Vitti l’Istituto Biblico tradiva la Chiesa.

La fanghiglia modernista alla soglia del Concilio.

Il dramma del Vaticano II fu che scarseggiavano i grandi teologi come Ottaviani, Siri, Tromp e non molti altri, i quali furono emarginati, mentre ebbero influsso teologi più spericolati.
Per questo Pio XII aveva deciso di non convocare un Concilio, e il cardinale Billot, richiesto già da Pio XI sull’opportunità di convocare un Concilio a compimento del Vaticano I rimasto sospeso, aveva risposto: “La ragione che mi sembrerebbe militare assolutamente per la negativa è che la ripresa del Concilio è desiderata dai peggiori nemici della Chiesa, cioè dai modernisti, che già s’apprestano, come fanno fede gli indizi più certi, a profittare degli stati generali della Chiesa per fare la rivoluzione, un nuovo ’89, oggetto dei loro sogni e delle loro speranze. Inutile dire che non ci riusciranno, ma noi rivedremmo i giorni tanto tristi della fine del pontificato di Leone XIII e dell’inizio di quello di Pio X; vedremmo ancora di peggio e sarebbe l’annientamento dei felici frutti dell’enciclica Pascendi, che li aveva ridotti al silenzio”.
 Oggi non possiamo che dargli ragione: Il modernismo del tempo di Pio X, in confronto della febbre neo-modernista attuale, non fu che un raffreddore di fieno (Maritain).

La corrente modernista è ormai alle soglie del Concilio, annunciato da Papa Giovanni il 17 maggio 1959, e il p. Vogt, rettore del Biblico, inoltra alla commissione preparatoria del Vaticano II un postulato collettivo dell’Istituto Biblico che attacca la storicità e l’inerranza assoluta dei Vangeli.
Contemporaneamente il p. Schokel invia ai vescovi italiani il manifesto del nuovo corso Dove va l’esegesi cattolica, facendo leva su una presunta discordanza tra la Divino Affilantee la Providentissimus e contestando l’attualità della Humani Generis.
A difesa del Magistero contro le affermazioni spericolate dello Schokel interviene il rettore del Lateranense mons. Romeo con 69 pagine di accurate precisazioni, e un articolo di mons. Spadafora. Il rettore del Biblico, p. Vogt, risponde accusando Romeo di essere nemico dell’esegesi scientifica, e la polemica invade le riviste assumendo dimensioni internazionali.
A sedare gli animi interviene il monitum del 20 giugno 1961 col quale il Santo Uffizio impone il silenzio alle parti avocando a sé la vertenza.
Lyonnet e Zerwick vengono allontanati da Roma. Il card. Tisserant reagisce allontanando da Roma Spadafora.
La situazione si divarica: Santo Uffizio e Compagnia di Gesù per l’esegesi tradizionale, Commissione Biblica e Istituto Biblico per la nuova esegesi.
Eletto Paolo VI, su richiesta del nuovo rettore del Biblico p. Mac Kenzie appoggiata da Tisserant e Bea, egli restituì alle loro cattedre romane Lyonnet e Zerwick.
Umiliato il Santo Uffizio, il modernismo biblico trionfava.
P. Zedda, presidente dell’Associazione Biblica Italiana, inviò ai vescovi italiani una denunzia in cui diceva: “Imploriamo dalla Santa Sede che si ponga fine a questa campagna denigratoria contro il Pontificio Istituto Biblico e contro l’Associazione biblica, che è approvata…, benedetta…, che ha per presidente onorario l’em. Card. Ruffini, e cerca di assolvere il suo compito nella docilità sincera alle norme ufficiali emanate dagli organi della Santa Sede in campo biblico e teologico: il Santo Ufficio e la Commissione Biblica”.
 Tale docilità di Zedda e dei nuovi esegeti si rivelò quale era di fronte al monitum con quale il Santo Ufficio riaffermò la storicità dei Vangeli. Dissero: ‘Non ci riguarda’.
In senso opposto al Monitum, Tisserant e Bea fecero pressione presso la Commissione Biblica, ormai di tendenze ibride, per far accettare il nuovo corso, ma incontrarono l’opposizione dei cardinali membri della stessa Commissione.
Solo col favore del nuovo pontefice Paolo VI, il card. Bea potè far accettare la sua istruzione Santa Mater Ecclesia (21 aprile 1964), che influenzerà i lavori del Concilio.
Mons. Piolanti, rettore del Lateranense, presentò le dimissioni, ma il Papa le respinse, Paolo VI nominò Bea membro del Santo Uffizio (sett. 1963), poi chiamò a far parte della Commissione Biblica i cardinali Alfrink e Konig e quattro studiosi di tendenza progressista.
Apparve chiaramente la simpatia del Papa per i nuovi esegeti, e i tentativi dei tradizionalisti di fermare l’avanzata dei nuovi biblisti andarono a vuoto.

Il Concilio riafferma la storicità

La costituzione Dei Verbum al n. 18 riafferma semza esitazione la storicità dei vangeli. Ma le mene dei modernisti riuscirono a far inserire nel n. 19 un testo ambiguo desunto dall’istruzione Sancta Mater Ecclesia del card. Bea che offre ai modernisti il grimaldello per proseguire nella nuova esegesi, in quanto il tenore delle spressioni (del testo di Bea) va interpretato secondo le intenzioni di chi le scrisse, ossia di Bea (Galbiati), anche se il card. Bea un anno prima della morte riaffermò l’indiscussa storicità dei Vangeli.
Per il card. Martini e i “nuovi esegeti” il Vaticano II avrebbe sancito che l’inerranza della Scrittura non sarebbe assoluta, ma limitata alla verità salvifica, e che l’origine storica dei Vangeli rimane una questione aperta. Come salva l’Eucarestia, la Confessione, i Sacramenti, il Sacerdozio, la sua stessa legittimità di pastore della Chiesa Ambrosiana rimane un enigma insoluto, ma non dobbiamo chiedere ai modernisti la coerenza logica delle loro affermazioni.
Su questa linea la corrente modernista non cessa di elaborare ipotesi dissolvitrici della rigorosa storicità dei Vangeli ecc.

La nuova Commissione Biblica

All’antica Commissione Biblica, benemerita di aver difeso per un trentennio la storicità dei Vangeli con piena fedeltà al Magistero, è subentrata la nuova Pontificia Commissione Biblica non più organo del Magistero equiparata alle altre congregazioni pontificie, ma commissione di esperti, di indirizzo modernista.
Suoi segretari sono stati il vescovo Descamp, che ripropone le tesi del modernista Loisy e la distinzione tra il Cristo storico e il Cristo della fede; Cazelles, fautore della ispirazione collettiva della comunità cristiana; Vanhoje che mette in discussione il sacerdozio di Cristo. Tra i membri della Commissione figurano in tempi successivi Ravasi, dichiaratamente bultmanniano, Byrne che nega la risurrezione di Lazzaro, Segalla secondo il quale Giovanni non avrebbe scritto un bel nulla, ecc. …

Con questi e altri biblisti (La Potterie, Fabris, Penna, Cipriani, Grelot, Sartori, ecc.) la teologia rimarebbe totalmente spiazzata da un solido radicamento biblico ed esposta allo sbando di tutte le più assurde affermazioni.
Il giudizio inevitabile sull’esegesi biblica modernista è bene espresso dalle obiezioni di un ipotetico predicatore, come annota fin dal 1962 il biblista Mc Cool in Rivista Biblica (10, 354s): “La vita del Figlio di Dio sulla terra è il cuore della rivelazione cristiana, e le principali fonti storiche di tale vita sono i Vangeli. Perciò, se i Vangeli non sono attendibili, come può ancora la mia fede essere ragionevole e prudente? Se poi i Vangeli non sono documenti puramente storici, se essi cioè riportano ciò che la Chiesa primitiva credeva fosse accaduto durante gli anni della vita di Cristo, piuttosto che fatti realmente accaduti, come posso prestar fede ad essi?”.
Specchiandosi in questo ragionamento ineccepibile, con quale onestà biblisti, sacerdoti e perfino vescovi modernisti possono proporsi a nostri pastori, predicatori, guide spirituali, e celebrare il Sacrificio Eucaristico e i sacramenti della Chiesa? Su quale fondamento?...
“Con la nuova esegesi – ammette il card. Ratzinger il legame tra Bibbia e Chiesa è stato spezzato. L’interpretazione storico-critica della Scrittura ne ha fatto una realtà indipendente dalla Chiesa: non a partire da questa e con questa si legge la Bibbia, ma a partire dall’ultimo metodo che pretende di essere “scientifico”, affermando che solo così è possibile leggerla correttamente”.
Di conseguenza il modernismo abbatte anche il muro di separazione tra cattolicesimo e riforma, la Chiesa Cattolica diventa protestante.
Sull’orizzonte degli studi biblici aleggia troppa scomposta creatività da parte di biblisti mediocri, chisciotti d’assalto, che non avrebbero nessuna notorietà se cessassero di dire stravaganze. Se cerchiamo un biblista serio, lo troviamo tra i militi ignoti.
Ma allora a chi tocca trarre le conseguenze e rimediare decisamente a questo stato di cose?
Per quanto tempo ancora si dovrà lasciare che biblisti superficiali, obiettivamente non più cattolici ma protestanti e in dialettica contraddizione tra loro stessi, continuino a minare le fondamenta stesse della nostra Fede?  Dina Mite

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Sull’intera vicenda dell’esegesi modernista rimandiamo al nitido e ben documentato volume di Fancesco Spadafora, La “Nuova Esegesi”, il trionfo del modernismo nell’esegesi cattolica, Amis de st. François de Sales, C.P. 2346, 1950 Sion, Svizzera, pp.340).