CAP. 23

IL PECCATO  ORIGINALE

 

23.1 Ma il serpente disse alla donna...

Segretario: I versetti precedentemente esaminati si chiudevano con una fotografia dei nostri primi Progenitori:

'Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna...'.

E' una immagine che fa riflettere...

B. C.: ...Ma che è anche la gioia dei nudisti!

Segretario: F. Crombette, ad esempio, aveva dedotto che essi avessero soppresso temporaneamente in sé i desideri della carne grazie alla consumazione del frutto anafrodisiaco dell'Albero della conoscenza del Bene e del Male e che conseguentemente questo stato di 'eunichismo' volontario avrebbe fatto sì che i due non si vergognassero di essere nudi.
Francamente questa spiegazione di F. Crombette non mi convince.
La nudità dei primi due - di per se stessa - non aveva niente di sconveniente. Erano stati creati nudi, in un ambiente dal clima estremamente mite che rendeva inutili gli indumenti. E nudi essi si erano visti sin dal primo istante. Nudi come tutti gli altri animali che li circondavano coperti solo della loro pelle.
Oggi é la malizia e i pensieri che questa nasconde quella che ci fa respingere l'esibizione di nudità e ce la fa considerare  sconveniente, ed in effetti oggi lo é.
Ma i primi due non avevano ancora malizia, prima del Peccato originale,
La nudità doveva sembrare loro del tutto normale come per noi é oggi normale guardare il volto scoperto di un'altra persona senza che ciò sollevi alcuna 'concupiscenza'.
Essi vivevano in una situazione psicologica di innocenza come quella di quei bimbi che vediamo giocare gioiosamente sulla riva del mare.
I due non si vergognavano semplicemente perché non avevano alcuna idea di cosa fosse la sessualità e quindi non le collegavano la nudità.
A questo punto però la Genesi entra nella parte più intrigante del racconto:1
        
Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna:
« E' vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?».
Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare,
ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non ne dovete toccare, altrimenti morirete».
Ma il Serpente disse alla donna:«Non morirete affatto! Anzi Dio sa che, quando voi ne mangiaste,
si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio,
conoscendo il Bene e il Male».
Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile
 per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei,
e anch'egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi;
intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo
con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.
Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?»
Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto
paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».

Ora, cerchiamo di analizzare bene la sottigliezza psicologica di un testo che ha più di tremila anni e le implicazioni profonde di questo colloquio che é destinato ad avere - nella sua apparente semplicità - delle conseguenze tremende sui Primi Due e su tutta la loro discendenza.
I commentatori superficiali o volutamente denigratori - l'  ho notato molte volte - fermandosi alla lettera del testo senza cercare di coglierne le sfumature simboliche e allegoriche -  travisano e, andando a quel che ad essi parrebbe il 'nocciolo', concludono che il 'peccato' originale sia consistito nella prima normalissima avventura amorosa di Adamo ed Eva, il che non sarebbe stato poi un grande scandalo visto che i due non avrebbero avuto altro modo per popolare la Terra così come del resto Dio avrebbe loro comandato.
La domanda che potremmo intanto cominciare a porci é come mai Satana (poiché fuor di ogni dubbio la figura del  'serpente' lo simboleggia alla perfezione) si sia rivolto ad Eva e non invece ad Adamo.
Satana - non dimentichiamolo - anche se era un angelo decaduto (l'ex-Lucifero) non aveva affatto perso i 'doni' che Dio gli aveva dato.
Egli, di smisurata intelligenza, era anche estremamente perspicace.
Doveva aver studiato i due, i loro comportamenti, la loro psicologia...
Qualcosa doveva avergli forse fatto intuire che la donna avrebbe  potuto corrispondere meglio alle sue lusinghe...

B.C: Forse perché umanamente più furba e ambiziosa dell'uomo...
Egli doveva poi aver anche intuito che il punto debole dell'uomo doveva essere la donna, al cui fascino l'uomo è sempre sensibile, e che - se fosse riuscito a convincere lei - a catena sarebbe caduto come un birillo anche lui!

Segretario: Satana, da angelo dotato di extra-poteri, poteva certamente 'apparire' ad Eva sotto le sembianze di un serpente e parlarle un linguaggio 'umano'.
Eva tuttavia - per quanto ingenua - avrebbe potuto insospettirsi nel vedere un 'serpente' che parlava la sua lingua e forse, appena dopo la loro creazione, i Due non avevano ancora un linguaggio nel senso che intendiamo oggi anche se certamente dovevano sapere come intendersi, come d'altro canto si intendono tanti animali che nascono avendo dentro al loro 'Dna mentale' un loro specifico 'linguaggio' perfettamente funzionale alle loro necessità.
Propenderei personalmente per l'idea che quella del 'serpente' sia dunque una immagine simbolica ispirata da Dio all'autore sacro per rappresentare agli uomini futuri la pericolosità di Satana che in maniera mellifua  e viscida - oltre che micidiale per il suo 'veleno' - le avrebbe in realtà insinuato telepaticamente nella mente dei 'pensieri', secondo quella che è la normale dinamica delle tentazioni che anche a noi girano spesso nella testa anche se pensiamo che siano pensieri 'nostri'. Dio stesso ci parla talvolta nella mente attraverso delle 'ispirazioni', cioé pensieri che paiono anch'essi come se fossero nostri e che poi decidiamo liberamente di assecondare o meno.
Satana non invita direttamente Eva a cogliere il frutto proibito ma le insinua solo il dubbio del 'come mai' Dio avesse loro proibito di coglierlo.
Alla risposta di Eva che il frutto non era da cogliere perché Dio aveva loro detto che avrebbe procurato la morte, ecco il 'sorriso' interiore malizioso ed astuto di Satana che le dice che non la morte avrebbe provocato ma anzi la pienezza della Conoscenza che li avrebbe resi simili a Dio e potenti come Dio.
Un Dio che veniva dunque surretiziamente prospettato ad Eva come invidioso, egoista, timoroso di perdere il suo potere e deciso comunque a relegare i Primi Due in una posizione perpetua di subalternità.
Un attimo di incertezza e magari anche un bagliore  di malizia nei begli occhi di Eva che si accendono di interesse..., l'idea la tenta, é ancora incerta, ma poi allunga lentamente una mano e coglie il frutto.
Non sappiamo cosa esattamente possa lei aver detto ad Adamo, ma é certo che anche Adamo si lascia convincere e ne mangia.
Dio era stato il loro creatore, aveva dato loro una intelligenza elevatissima e un regno sulla Terra dove ogni vivente era loro sottomesso, essi avevano la prospettiva di una vita terrestre di grandissima durata prima di passare nel 'Regno dei cieli' dove avrebbero continuato a vivere per l'eternità: essi - istruiti da Dio - lo sapevano bene.
La prospettiva però di diventare come Dio dovette sembrare loro irresistibile: ecco la disubbidienza, ecco il tradimento, ecco il Peccato 'originante', ecco la vera Colpa che - privandoli dell'amicizia e dell'unione spirituale con Dio - 'uccise' la loro 'anima-spirituale' e li ridusse al rango di uomini-animali con i loro stimoli non più controllati dall'anima spirituale ormai indebolita, anzi sottomessa completamente dall'io-animale.
Da ciò - ma solo come conseguenza del Peccato originante - ecco lo scatenarsi non dell'amore ma della sessualità, fatto che nel testo garbato di Genesi ci viene solo lasciato intuire.
La sessualità - come atto d'amore volto ad avere una discendenza - non avrebbe avuto niente di colpevole, poiché i Due sapevano che un giorno avrebbero avuto una progenie.
Ma questa non era una sessualità che nasceva dall'amore ma dalla animalità che a sua volta era scaturita dal Peccato d'orgoglio per aver voluto essere come Dio, innalzando se stessi ed abbassando Dio!
Ecco dunque la vera ragione del successivo senso di vergogna rispetto alla mancanza di vergogna iniziale: nascondere la nudità che richiamava alla loro memoria il senso di colpa che ricordava il tradimento che li aveva portati indirettamente alla sessualità.
La storia dell'Umanità non avrebbe potuto avere un'alba più tragica.
Poi i Due - dopo il Peccato - 'odono' Dio che 'passeggia' nel giardino.
Altro termine antropomorfico!
Dio non ha struttura corporea, è spirito purissimo, e dunque non passeggia da nessuna parte ma il termine allegoricamente rende bene l'idea della presenza del Signore che i Due avvertono aleggiare.
In maniera infantile ma istintiva - quasi per sottrarsi allo sguardo penetrante e scrutatore di Dio che avvertivano nelle loro coscienze - essi si nascondono in mezzo alla vegetazione dove l'iconografia ce li presenta imbarazzati, spauriti e coperti di foglie di ... fico.
Il Signore non chiama Eva, la responsabile maggiore, ma il 'Capo-famiglia', Adamo, creato per primo.
Si potrebbe dire in realtà molto di più, ma per ora fermiamoci qui e sentiamo invece Crombette...

 

23.2 'Diventerete come dèi'...!

Fernand Crombette: Ecco dunque Adamo ed Eva stabiliti da Dio nel Paradiso terrestre per goderne da padroni con la sola riserva dell'albero del quale non dovevano mangiare se non dopo averne ricevuto l'ordine.
Questo stato edenico durò 100 anni; fu l'età d'oro dell'umanità di cui le tradizioni di tutti i popoli hanno conservato il ricordo.  In un mondo regolato come un orologio, circondati da una vegetazione ammirevole e da animali docili, ignorando le intemperie e il bisogno, ricevendo regolarmente la visita del Verbo che insegnava loro ogni cosa e vivendo nell'amicizia di Dio, i nostri progenitori erano sommamente felici. 
Troppo felici… e Satana li invidiava.
La Volgata ci dice (versetti 1, 2 e 3 del capitolo III): "Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio.  Disse dunque alla donna: "Perché Dio vi ha comandato di non mangiare di nessun albero del Paradiso?"  La donna gli rispose: "Noi mangiamo del frutto degli alberi che sono nel Paradiso; ma per il frutto dell'albero che è in mezzo al Paradiso, Dio ci ha comandato di non mangiarne affatto e di non toccarne perché altrimenti moriremo".

Questo serpente che parla…! che conosce i segreti di Dio…! e che infine Dio condanna a trascinarsi sul ventre, cosa che già faceva!  ha eccitato alquanto la sagacità degli esegeti.
Invece di cercare delle spiegazioni inverosimili a queste anomalie, noi andremo, come abbiamo fatto in precedenza, a ritradurre col copto il testo originale:

i

Ossia in testo coordinato: "Colui che è stato precipitato nelle dimore inferiori per essere stato ribelle (ne) era molto umiliato.  Egli pensò di far mangiare loro ciò che rovina, per trascinare altri con lui nel dolore delle fiamme che bruciano eternamente. 
Egli prese fraudolentemente la voce di Djehoouôh-Ehélohidjm, contraffece la sua parola di bestemmiatore per dire alla donna che, essendosi allontanata, era arrivata vicino all'albero e camminava intorno: "Perché Ehélohidjm ha avuto un pensiero di menzogna permettendovi di mangiare uno qualsiasi dei numerosissimi frutti ed ordinandovi, invece, che uno solo non doveva esserlo?". 
La donna rimase in grande stupore apprendendo ciò che le annunciava questa parola fra i numerosissimi alberi; si ripiegò d'un balzo: "Chi è colui che m'insegna ciò che annuncia questa parola contraria?".
"Colui che veglia sempre intorno al giardino", rispose l'empio, a partire dai numerosissimi alberi.  
La donna diede questa risposta: "Il comando di Ehélohidjm ci permette di mangiare di un albero qualsiasi tranne di quello che Lui stesso, in un giorno che è lontano, verrà a dirci (allora) conveniente. Il sovvertimento di questa legge sarebbe una colpa pagata con la morte".

Così, il tentatore di Eva non è un "serpente, il più scaltro degli animali che aveva fatto Jehovah!", bensì Satana, l'angelo ribelle, respinto nelle regioni inferiori e che soffre eternamente nelle fiamme, così come ce lo dipinge la Chiesa cattolica; e al contempo abbiamo la conferma nella Bibbia, base delle religioni protestanti, dell'esistenza dell'Inferno che molte di esse mettono in dubbio.
E Satana non ha dovuto mettersi nella pelle di un serpente per rivolgere la parola ad Eva, che avrebbe certamente trovato anormale che un rettile parlasse, ma cercò di imitare la voce di Dio senza mostrarsi.
Il seguito del racconto mosaico dà alla conversazione una viva realtà.  Adamo ed Eva, che osservavano la castità già da cento anni, avrebbero potuto continuare a lungo a conformarsi all'ordine divino.  Ma sembra che la curiosità di Eva sia stata eccitata giacché, contrariamente a ciò che le era stato proibito, si avvicinò all'albero misterioso e ne fece il giro.  Fu questo il momento che Satana scelse per intervenire.

Nascosto nella massa fitta degli alberi, egli sembrò rispondere alla preoccupazione della donna facendole osservare la contraddizione apparente (che egli qualifica menzognera) che conteneva l'ordine divino permettendo l'uso di tutti i frutti e vietandone uno solo. 
Eva, che non aveva mai udito altre voci oltre quelle di Dio e di Adamo, fu stranamente sorpresa di sentire queste parole da un terzo, giacché non poté essere ingannata dalla contraffazione imperfetta di Satana della voce di Elèhohidjm, poiché il nuovo intervenuto rivolgeva un rimprovero a Dio, parlava in un'ora che non Gli era abituale, e non le si mostrava come faceva Dio abitualmente; spaventata, indietreggiò dunque bruscamente e si inquietò della personalità del suo interlocutore. 
Questi si dichiarò essere quello che vegliava sempre attorno al giardino, il che poteva essere vero, ma ciò che non disse è che lo faceva nella speranza di trovare una circostanza favorevole alla tentazione dei nostri progenitori.  Eva replicò saggiamente, in sostanza, che poteva ben mangiare di tutti i frutti del giardino, ma che, per uno di essi, la consumazione era solo differita; non c'era dunque menzogna da parte di Dio.
Secondo la Volgata, i tre versetti seguenti (4, 5, 6 del capitolo III) sarebbero: "Ma il serpente disse alla donna: Non morirete affatto.  Anzi Dio sà che quando voi ne mangiaste, vi si aprirebbero gli occhi e diventereste come dèi, conoscendo il bene e il male.  La donna vide dunque che il frutto dell'albero era buono da mangiare, bello da vedere e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito che a sua volta ne mangiò".

Ricorriamo al testo ebraico:

i

Ossia in chiaro: "Colui che è stato precipitato nelle dimore inferiori, per sviare la mente della donna disse allora ridendo: "Morire? Assolutamente no! Ma piuttosto la legge che una colpa sarebbe pagata con la morte è stata decretata da Ehélohidjm per dominare intorno: curvate prima la testa, avrete solo la possibilità di mangiare nel tempo in cui Lui stesso lo consentirà". 
Il geloso spirito ribelle distruggeva così la fiducia e gettava lo scompiglio nel cuore con questa bestemmia che Ehélohidjm ci teneva a dominare tra gli spiriti. 
La donna, che fino ad allora aveva conservato l'innocenza, la sincerità e la fede, vide che questa specie di frutto era a portata di mano, puro e bello, ed essendo stata sedotta dal ribelle che aveva detto ciò che era male, fece ciò che era male: mangiò avidamente ciò che non era permesso e che finiva per dare la morte. 
Avendo visto che la pianta faceva certamente allungare la vita all'estremo, essa ne diede anche al suo simile e gli disse: "Ritengo che ci è stata raccontata una favola; sostengo che questo frutto non è cattivo".  E anche il suo compagno mangiò del frutto proibito.  L'ingannatore della donna caduta ruggì e scoppiò a ridere alla riuscita della sua seduzione".

Non aggiungeremo che poche parole a questa esposizione, ben più esplicita dei testi abituali.  Satana non dice: "Voi sarete come dèi", ma "Dio, col suo divieto, ha voluto dominare gli spiriti". 
Ne risulta che, infrangendo il divieto divino, ci si libera del giogo di Dio, ci si rende indipendenti da Lui. 
Il peccato di Eva non è tanto un peccato di golosità o voluttà, è fondamentalmente un peccato di orgoglio insensato e questo ne fa l'eccezionale gravità.
Ormai tentata dalla curiosità, Eva fa a Dio questa prima ingiuria di prestare attenzione all'accusa di menzogna portata contro Dio, suo Creatore e Benefattore, da Satana, che lei non conosce.
Invece di rispondere all'angelo ribelle: "Non ho nessuna ragione di credervi, io renderò conto questa sera a Dio delle vostre parole blasfeme", ella crede senza esitare all'accusa di tirannia portata da Satana contro Dio e, subito, passa nel campo della rivolta; discepola di Satana, meriterà il castigo di Satana: la morte eterna, dopo la morte fisica, se Dio, nella Sua misericordia, non la salvasse dalle fiamme dell'inferno.
Il primo effetto del frutto è di provocare nel corpo un ardore sconosciuto, un ritorno di forza, ed Eva ne conclude che, invece di morire, conoscerà una vita intensa, che Satana ha dunque avuto ragione e che Dio le aveva raccontato una favola. 
Ella comunica la sua esperienza ad Adamo, che le crede e divide la sua colpa allorché avrebbe potuto dire: "Disgraziata! hai disobbedito a Dio; allontanati da me; io vado a parlarGli". 
Ma già il riso sardonico di Satana ha confermato la loro caduta e la sua vittoria… temporanea.  Era, l'abbiamo detto, molto verosimilmente il 29 settembre -3904. 
L'età d'oro era finita.
La Volgata prosegue: "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono delle foglie di fico e se ne fecero cinture.  Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel Giardino alla brezza della sera e Adamo e sua moglie si nascosero dalla faccia del Signore Dio in mezzo agli alberi del giardino.  Ma il Signore Dio chiamò Adamo e gli disse: "Dove sei?"  Rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura perché sono nudo, e mi sono nascosto".
In ebraico, i versetti 7, 8, 9, 10 del capitolo III:

i

Ossia in testo coordinato: "Colui che era esente da concupiscenza scoprì che l'albero proibito alimentava l'ardore; passato un momentino, qualcosa cominciò a metterlo in fuoco; egli volle allora assaggiare ciò che era raccomandato per rendere la vita molto lunga, senza risultato. 
Saggiamente, avendo vergogna, con molte foglie trattenute da un legaccio fatto da un gambo sciolto, si sospese una cintura alle reni; quando sentì in un sentiero i passi di Djehoouôh-Ehélohidjm, che lo cercava sotto la folta copertura degli alberi per il regolare ufficio della sera: cerimonia del culto, inno, cena, oblazione, lode, adorazione; Adamo, pensando perciò di essere respinto dalla dimora a causa della sua colpa, fuggì lontano dalla faccia di Djehoouôh-Ehélohidjm e cercò un rifugio tra gli enormi alberi. 
Ma Djehoouôh-Ehélohidjm disse ad alta voce: "Adamo, perché ti sei allontanato dalla mia faccia ed hai sospeso per coprire la tua cintola una veste fatta di piante legate?". 
Egli allora rispose: "Ecco perché ho sospeso una cintura per coprirmi: essendo attento ai vostri passi nel giardino, ho scoperto la mia nudità che mi faceva essere in stato di disagio; per dominare questo stato di disagio, ho rapidamente coperto la mia regione inferiore con questa specie di veste".

Questo testo sembrerebbe, in sostanza, essere equivalente a quello della Volgata; vi aggiunge tuttavia dei dettagli non trascurabili.  Dapprima Adamo, sentendosi in effervescenza, ebbe l'idea di ricorrere al frutto dell'albero di vita che non poté però spegnere il suo ardore; allora pensò di coprirsi con una cintura di foglie che erano forse quelle dell'albero di vita, sedativo, piuttosto che quelle del fico, e, aspettandosi un castigo, si nascose tra gli alberi quando Dio venne, non per passeggiare alla brezza della sera nel giardino, ma per celebrarvi l'ufficio vesperale quotidiano. 
Questa cerimonia religiosa comportava in particolare degli inni, un pasto, un'oblazione, un'offerta non cruenta di soli frutti della terra, delle lodi e l'adorazione.  Il Verbo ne era il sacerdote, e noi abbiamo qui la menzione della prima messa, come abbiamo avuto in precedenza quella del cerimoniale del primo matrimonio.


1 Gn 3,1-10