CAP. 14
UN DIBATTITO TEOLOGICO.
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LA TEORIA EVOLUZIONISTICA SEMBRA AVER SUPERATO LA DOTTRINA DELLA CREAZIONE...
COSI' E' FACILE RIDURRE I CONTENUTI CRISTIANI A SIMBOLI...
14.1 Miti, evoluzionismo... e 'generi letterari'.
Segretario: Dobbiamo forse perdere ogni speranza che il racconto della Genesi ed in particolare del Diluvio universale fatto da Mosè possa mai ricevere una attestazione di verità da parte della scienza ufficiale.
In questa fase storica - da circa duecento anni, siamo di fronte ad una scienza sostanzialmente materialista, che crede in un universo autogenerato, non crede in un Dio spirituale che ci ha creati, non crede nell'anima, considera il racconto biblico della Creazione un mito e con esso il Diluvio universale di cui si scoprono geologicamente le tracce ma che vengono imputate ad una serie di diluvi 'locali', e tutto ciò per non ammettere che la 'mitica' Bibbia avesse ragione.
Pochi si rendono conto di quanto l'ateismo materialista dell'ottocento e del novecento - per non parlare poi di quello odierno - abbia influito sulla cultura portando l'Umanità alla perdita della fede nella verità della Bibbia.
Persino una parte della teologia cattolica ne è stata in qualche misura condizionata.
Alcuni teologi hanno finito negli ultimi decenni per credere più alla 'scienza' che alla Bibbia, abusando inoltre in maniera poco giudiziosa della formula dei 'generi letterari', anche quando 'generi letterari' non lo sono affatto.
Molti racconti biblici - e dei più importanti, che sono verità di fede - vengono assimilati a discorsi allegorici, simbolici od a credenze prese da altri popoli. Lo abbiamo già detto.
La memoria del Diluvio è però presente nelle tradizioni antiche di quasi tutti i popoli dei vari continenti.
Ciò non perché si tratti di leggende trasferite da un popolo all'altro, né perché detti popoli si ricordino di averlo vissuto (per cui in tal caso ci troveremmo effettivamente di fronte alla memoria di diluvi locali tramandati da ciascun popolo sopravvissuto e non al cospetto di un unico Diluvio universale che ha distrutto invece l'Umanità), ma perché questi popoli discendono dall'unico ceppo ricostituito da Noè.
La scienza non vuole credere a Noé, che ritiene evidentemente un personaggio mitico.
La scienza ufficiale - nonostante le recenti e sempre più frequenti smentite di genetisti di fama mondiale - preferisce continuare a farci derivare da scimmie, o da ominidi.
Non potendo accettare la discendenza da due primi esemplari unici, Adamo ed Eva, perché sarebbe come dar ragione alla Genesi, la 'scienza' - contraria per definizione ai miracoli - sostiene perfino quello di una apparizione contemporanea sulla faccia della Terra in luoghi distanti fra loro di uomini di diverse razze salvo poi ripiegare ultimamente, di fronte alle scoperte della genetica sui 'mitocondri' dell'ovulo femminile, sulla ammissione della origine da un'unica coppia ma ovviamente molto primitiva, cioè di qualche centinaio di migliaia di anni fa, in qualche valle... dell'Etiopia, e non certo della Mesopotamia.
Così..., sempre per smentire la Bibbia!
Ritorneremo a fondo nella sessione di domani su questo argomento ma è da Noé e dai suoi figli Sem, Cam e Japhet che la memoria del Diluvio è stata tramandata alle generazioni e poi ai popoli successivi derivati da questi tre capostipiti.
Costoro hanno poi dato origine ai ceppi semiti, camiti e japetiti che si sono sparsi in seguito sulla terra dopo la confusione delle lingue e la dispersione conseguita ai fatti attinenti la Torre di Babele. E anche di questo riparleremo.
Bisogna però sapere che per molti scienziati materialisti il rifiuto del Diluvio - che fu sostanzialmente un Giudizio divino sull'Umanità di allora - non dipende solo dal fatto che del Diluvio si sappia 'storicamente' troppo poco al punto di ritenerlo 'mitologico' quanto invece - a monte - anche dal 'rifiuto' del Dio cristiano del quale non si vuole ammettere né la potenza creativa nè tantomeno la possibilità di un suo ulteriore 'giudizio' finale sulle nostre azioni.
Per questi materialisti, il rifiutare il Diluvio così come motivato in Genesi, significa talvolta - che essi ne siano coscienti o meno - rifiutare il principio di doversi sottoporre un giorno ad un giudizio di Dio, sia quello immediato dopo la morte del corpo che quello conclusivo del Giudizio universale quando Dio decreterà la fine della storia dell'Umanità.
14.2 Bisogna ritornare alla dottrina della Creazione...
Fondamentalmente - come si evinceva chiaramente da quanto scritto in quel documento dell'Unione sovietica di cui aveva parlato Domenico Ravalico - siamo di fronte ad una ribellione dell'uomo che si erge 'lui stesso' a Dio e non ammette che un altro 'dio' all'infuori di Sé possa un giorno 'giudicarlo' come già fatto con l'intera Umanità in occasione del Diluvio.
Bastian Contrario: a proposito però di quei generi letterari nella Bibbia di cui si parlava prima, beh..., oltre ai teologi Loisy, Renan e Bultmann - i quali invece la considerano proprio tutta un mito - ne ho trovato un altro che forse la considera un genere letterario. Guardi non mi posso sbagliare perché l'ho letto su un giornale di cui, per pura combinazione..., mi ritrovo un ritaglio in tasca.
Non faccio nomi pur tenendo l'articolo a completa disposizione di chi fosse interessato, ma riguarda un importante docente di teologia in una università pontificia, insomma quella che dovrebbe formare i sacerdoti del domani.
Non bisogna mai badare al titolo, nei giornali, ma da quello sembrerebbe che lui creda alla Bibbia..., no..., cioè sì..., insomma mi sembra di aver capito però che anche lui creda al dogma evoluzionista della scimmia, nel senso che non crede alla creazione dell'uomo espressamente creato in quanto tale da parte di Dio. Insomma non vorrei aver frainteso, e allora vi leggo testualmente parte dell'articolo sottolineando solo con la voce le parole che mi sembrano interessanti: 1
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IL TEOLOGO ...
«Sì all'evoluzione, ma all'inizio c'è il progetto di Dio»
«Come cristiano, mi trovo a mio agio di fronte all'evoluzione e non sono affatto tenuto a negarla, purché non smarrisca il filo rosso dell'intenzionalità divina che la informa»....
Ma se accetta l'evoluzione, che ne sarà della creazione?
«La dovrò reinterpretare, non abbandonare», è la risposta del teologo. Dovrò leggere la Bibbia - spiega il teologo - tenendo conto dei generi letterari con cui narra la creazione ma non escludere Dio dal mistero e dall'avventura della vita.
Lo porrò al suo inizio e lo penserò presente alla sua evoluzione. Guarderò all'umiltà di Dio, oltre che alla sua potenza: egli ha immesso un disegno nella creazione e la rispetta, come fa con la libertà dell'uomo».
Secondo il teologo di fronte al «mistero della vita» si danno tre possibilità: «Il creazionismo fondamentalista, che è molto forte in America e si attiene alla lettera del racconto della creazione della Genesi; il neo-darwinismo che rappresenta la sponda opposta e rimette tutto alla casualità e alla selezione secondo la legge del più forte; il teismo evoluzionista, che accetta l'evoluzione, ma vi riconosce presente il progetto del Dio creatore».
Il teologo arriva ad affermare che «l'evoluzione intesa in maniera critica e non scientifica lascia la porta aperta all'intervento di Dio e in qualche modo lo implica, lo invoca»...
Egli afferma che «l'evoluzione della specie è un fatto» e negarla sarebbe come affermare che 'la terra è piatta'. Ma aggiunge che «non é per nulla un fatto che l'evoluzione della vita sia un processo puramente casuale e non c'è nulla che ripugni alla ragione nel «riferirlo ad un mistero più alto, quale è quello dell'amore di Dio»...
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Etienne Broens2: Bisogna ritornare alla dottrina della Creazione. Deplorare la crisi della Chiesa é divenuto un luogo comune. Ciascuna delle parti accusa la disunione delle altre, mettendo in causa le loro divergenze in materia morale o teologica, e non volendovi vedere che un comportamento colpevole e peccatore.
E' pacifico che una perversione della coscienza morale influisca attualmente nel mondo cristiano.
Si possono però condannare senza appello dei viaggiatori confortevolmente installati su di un treno che li porta alla loro perdita, quando un 'addetto agli scambi' disonesto li ha fatti deviare a loro insaputa su un falso binario?
Non si può che rimanere sbalorditi dal numero di cristiani - chierici e laici confusi - che arrivano a conservare la fede in un sistema dove tutto concorre invece alla sua distruzione.
Ed è allora lecito chiedersi di quale 'fede' si tratti. Perché, dopo la sacralizzazione del «dogma» evoluzionista, il cristiano è costretto ad una scelta 'corneliana': il rinnegamento delle 'verità' scientifiche, o quello delle Verità rivelate.
Il Magistero, traumatizzato dopo l'affare Galileo, si è prudentemente ritirato nel suo terreno specifico. D'altra parte eminenti ecclesiastici, teologi o biblisti, sono venuti in suo soccorso compromettendosi in esegesi acrobatiche.
Il declino della dottrina della Creazione, che trascina quello della metafisica, ferma l'uomo sulla sua dimensione empirica, indebolisce la cristologia, fa svanire il Verbo. Gesù Cristo diviene un personaggio 'storico', dunque empirico...
Joseph Raztinger:3: ... La disputa fra religioni sembra agli uomini di oggi come una disputa fra 'ciechi nati'. Perché di fronte al mistero di Dio siamo nati ciechi, sembra. Per il pensiero contemporaneo il cristianesimo non si trova assolutamente in una situazione più favorevole rispetto alle altre, anzi: con la sua pretesa alla verità, sembra essere particolarmente cieco di fronte al limite di ogni nostra conoscenza del divino, caratterizzata da un fanatismo particolarmente insensato, che incorreggibilmente scambia per il tutto la porzione toccata nella sua propria esperienza.
Questo scetticismo generalizzato nei confronti della pretesa alla verità in materia religiosa è ulteriormente sorretto dalle questioni che la scienza moderna ha sollevato riguardo alle origini ed ai contenuti del cristianesimo.
La teoria evoluzionistica sembra aver superato la dottrina della creazione, le conoscenze che concernono l'origine dell'uomo sembrano aver superato la dottrina del Peccato originale: la critica esegetica relativizza la figura di Gesù e mette punti interrogativi sulla sua coscienza filiale; l'origine della Chiesa in Gesù appare dubbia, e così via.
La 'fine della metafisica' ha reso problematico il fondamento filosofico del cristianesimo, i metodi storici moderni hanno posto le sue basi storiche in una luce ambigua.
Così è facile ridurre i contenuti cristiani a simboli, non attribuire loro nessuna verità maggiore di quella dei miti della storia delle religioni, considerarli come una modalità di esperienza religiosa che dovrebbe collocarsi umilmente a fianco di altre.
In questo senso si può ancora - a quanto pare - continuare a rimanere cristiani; ci si serve sempre delle forme espressive del cristianesimo, la cui pretesa è però radicalmente trasformata: quella verità che era stata per l'uomo una forza obbligante e una promessa affidabile diventa ormai una espressione culturale della sensibilità religiosa generale, espressione che sarebbe ovvia per noi a causa della nostra origine europea...».
...La profezia4 di Auguste Comte, che disse che un giorno ci sarebbe stata una fisica dell'uomo e che le grandi domande della metafisica in futuro sarebbero state trattate «positivamente» come tutto ciò che oggi è scienza positiva, ha lasciato un'eco impressionante nel nostro secolo, nelle scienze umane.5
La separazione fra la fisica e la metafisica operata dal pensiero cristiano é sempre più abbandonata. Tutto deve ridiventare «fisica».
La teoria evoluzionistica si è andata cristallizzando come la strada per far sparire definitivamente la metafisica, per rendere superflua l'«ipotesi di Dio» (Laplace) e formulare una spiegazione del mondo strettamente «scientifica».
Una teoria evoluzionistica che spieghi in modo inglobante l'insieme di tutto il reale é diventata una specie di «filosofia» che rappresenta per così dire l'autentico fondamento della comprensione razionale del mondo.
Ogni tentativo di fare entrare in gioco cause diverse da quelle che una teoria «positiva» elabora, ogni tentativo di «metafisica», appare necessariamente come una ricaduta al di qua della ragione, come un decadere dalla pretesa universale della scienza.
Anche l'idea cristiana di Dio é considerata come non scientifica. A quest'idea non corrisponde più nessuna theologia phisica : l'unica theologia naturalis é, in questa visione, la dottrina evoluzionistica, ed essa non conosce proprio alcun Dio, nè alcun Creatore nel senso del cristianesimo (del giudaismo e dell'islam), né alcuna anima del mondo o dinamismo interiore nel senso della Stoà. Eventualmente si potrebbe, in senso buddista, considerare il mondo intero come un'apparenza, e il nulla come l'autentica realtà, e giustificare in questo senso le forme mistiche di religione che almeno non sono in diretta concorrenza con la ragione...
Nessuno potrebbe mettere seriamente in dubbio le prove scientifiche dei processi microevolutivi... ma nella stessa dottrina evoluzionista il problema si presenta quando si passa dalla micro alla macroevoluzione, passaggio a proposito del quale Szamarthy e Maynard Smith, entrambi sostenitori di una teoria evoluzionistica ricomprensiva, ammettono anche loro: «Non ci sono motivi teorici che lascino pensare che delle linee evolutive aumentino in complessità col tempo; non ci sono neanche prove empiriche che ciò avvenga»...
Segretario: ... Il che ancora una volta dimostra che l'evoluzionismo, inteso come trasformazione di una specie animale nell'altra è del tutto una teoria.
Non ci troviamo di fronte a ragioni teoriche che possano essere addotte per pensare che dalla cellula alla scimmia, all'uomo l'evoluzione supposta aumenti in complessità con il passare del tempo, e non ci sono nemmeno prove empiriche, cioé concrete, che una cosa del genere avvenga.
Questo dimostra dunque che ci troviamo di fronte ad una ideologia non solo di tipo filosofico ma anche, a suo modo 'religioso', fideistico, proprio cio' che il Positivismo per la propria intrinseca natura antifideistica dovrebbe rifiutare.
1 'Corriere della sera', 11 luglio 2005, pag. 14
2 Etienne Broens: 'Revenir à la doctrine de la Création' - Science et Fois - n° 16, pag. 13/14 - 1990 Ceshe - France.
3 Joseph Ratzinger, cardinale, Prefetto della Congregazione della Dottrina e della Fede - 21.9.2000 in 'Dio esiste?' - Dibattito fra Joseph Ratzinger e Paolo Flores d'Arcais, pagg. 49/50 in 'Il fondaco di MicroMega', 2005
4 Joseph Ratzinger, cardinale, Prefetto della Congregazione della Dottrina e della Fede - 21.9.2000 in 'Dio esiste?' - Dibattito fra Joseph Ratzinger e Paolo Flores d'Arcais, pagg. 61/63 in 'Il fondaco di MicroMega', 2005
5 Auguste Comte: (1798-1857), filosofo e sociologo francese, considerato il fondatore del Positivismo, indirizzo filosofico fondato sulla posizione privilegiata della conoscenza scientifica e sperimentale. Tale conoscenza é concepita come l'unica forma legittima di conoscenza della realtà in contrapposizione alle 'vuote' astrazioni della metafisica, cioé delle religioni, e pertanto valida in quanto verificabile sperimentalmente. Comte immaginò una società governata da una élite di scienziati che avrebbe applicato metodi scientifici per risolvere i problemi dell'umanità e migliorarne le condizioni sociali.