(M.V. :’L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. I - Capp. 1, 4 e 5 – Centro Ed. Valtortiano)
3. La purezza ha un valore tale che un seno di creatura poté contenere l’Incontenibile,
perché possedeva la massima purezza che potesse avere una creatura di Dio…
3.1 Ma all’uomo e alla donna depravati da Satana – ecco la rivincita di Dio - Dio volle contrappore l’Uomo per eccellenza: Gesù, nato da una Donna sovrasublimata da Dio.
Il mariologo Roschini – che sa bene quello che dice – definisce Maria ‘Capolavoro di Dio’.
La mia ‘Luce’ precisa il concetto e la chiama ‘Capolavoro della Creazione’.
Quale è infatti l’immagine di Maria che esce dall’opera della nostra mistica?
Ve lo spiego a modo mio.
Gesù è Sapienza, e nel libro della Sapienza parla della Madre della Sapienza, cioè di Dio-Gesù.
Dio ‘pensò’ l’anima di Maria fin dal principio, prima ancora di porre mano alla creazione, perché il capolavoro della Creazione sarebbe stato Maria.
La sua futura nascita, la creazione perfetta, avrebbe da sola giustificato la creazione dell’uomo, creato perfetto ma poi invece volontariamente decaduto.
L’amore di Maria verso Dio, la sua Purezza, l’aver creato Dio l’anima di Maria, un’anima che lo avrebbe amato come solo Lei avrebbe saputo fare, avrebbe poi giustificato da parte di Dio la decisione di non distruggere la razza umana, traditrice e ribelle, dopo il peccato originale.
Tutte le bellezze della natura e dell’universo sono state fatte per l’uomo, perché alla ‘felicità’ di Dio non era certo necessario l’universo, poiché Dio bastava a se stesso.
Nonostante il fatto che – dopo il peccato originale – la corruzione sia entrata nella natura e nell’uomo, che cominciò a conoscere la sofferenza e la morte, la vita merita sempre d’esser vissuta, e quindi l’aver concesso alla razza corrotta di perpetuarsi e di poter vedere le bellezze straordinarie della Natura è stato ancora un dono di Dio.
La Mente suprema ‘sapeva’, fin da prima della creazione, che l’uomo sarebbe stato ‘omicida’ della propria anima e ‘ladro’ dei doni spirituali ricevuti da Dio e allora – Buona all’estremo – pensò, da prima che la Colpa fosse, al mezzoper annullare la Colpa: il Verbo-Gesù e allo strumento per rendere il mezzo operante: Maria, la cui anima venne quindi vagheggiata in anticipo nel pensiero sublime del Padre.
L’uomo – corrotto nello spirito – sarebbe diventato ‘carne’, e per salvare la ‘carne’ il Verbo avrebbe dovuto farsi Carne. Il Verbo incarnato avrebbe dovuto sublimare la ‘carne’ umana per portarla in Cielo.
Ma, per essere Carne, Dio-Figlio aveva bisogno di una Madre che lo generasse secondo le leggi della carne. E per essere Dio aveva bisogno che il Padre fosse Dio.
Ecco dunque Dio – ab aeterno – concepirsi la Sposa che secondo la carne sarebbe stata Madre del Figlio.
La creazione dell’uomo, per come era stata concepita nella mente di Dio, avrebbe dovuto rappresentare la quintessenza della spiritualità e dell’amore.
La nostra mente si smarrirebbe se potesse pensare come sarebbe divenuta la specie dell’uomo se l’uomo non avesse cominciato invece a riprodursi secondo gli insegnamenti di Satana.
L’uomo perfetto si sarebbe riprodotto carnalmente, ma di un amore dal quale la sessualità come la intendiamo noi - e a maggior ragione la libidine - sarebbero state assenti.
Satana – per spregio a Dio che è Purezza assoluta – ha voluto degradare il concetto d’amore, portandolo ad un livello che – spiritualmente parlando – è sub-animale, perché l’animale copula ma lo fa ai soli fini del mantenimento della specie, per comando divino che così ha prescritto per la sua sopravvivenza.
Ma all’uomo e alla donna depravati da Satana – ecco la rivincita di Dio – Dio volle contrapporre l’Uomo per eccellenza: Gesù, nato da una Donna sovrasublimata da Dio, al punto che – grazie alla potenza di Dio – Ella avrebbe generato un Figlio senza alcuna cooperazione umana ma per un atto di volontà divina che l’avrebbe decretato con un ‘Fiat’.
Prima che Satana diventasse il Ribelle e il Corruttore della razza umana, egli era già il Vinto, da Maria che avrebbe dato alla luce l’Uomo: il vertice della Perfezione.
Satana tolse però a Dio la gioia di esser Padre di tutti gli uomini, perché una parte di essi – nel proprio libero arbitrio – avrebbe preferito Satana come padre.
Senza la sessualità e la libidine destate da Satana, ma con un amore ordinato, sulla terra vi sarebbe stato equilibrio fra i sessi e le razze, atto ad evitare sovrappopolazione, guerre ed altre sventure famigliari.
Nell’amore coniugale anche la carne, proprio perché ‘carne’, avrebbe svolto la sua parte, ma nell’ordine.
Sulla base del progetto di Satana i ‘figli di Dio’ avrebbero dovuto diventare tutti figli suoi, venendone preclusa - a causa del Peccato originale e dei peccati individuali successivi - la possibilità di un ritorno al Cielo che è Perfezione.
3.2 Dio volle un seno senza macchia.
Grazie a Maria che seppe mantenersi Pura in un mondo depravato dando vita di carne al Figlio di Dio, l’Umanità sarebbe stata invece riscattata e avrebbe conosciuto in quale modo – con un poco di buona volontà – avrebbe potuto ritrovare la strada del Cielo.
Se Satana aveva voluto vendicarsi di Dio - che l’aveva fatto cacciare dal Cielo - corrompendo la spiritualità dell’uomo perfetto, Dio si era però già preso in anticipo la sua rivincita su Satana pensando – ancor prima che Satana fosse Ribelle – di portare la perfezione della creazione di Maria ad una superperfezione, creando l’Uomo per eccellenza, neanche originato da un casto abbraccio ma da divino amplesso di pensiero.
Il Battesimo leva la Colpa, ma della Ferita rimane la cicatrice che lascia il segno: la debolezza dell’uomo, i fomiti, che lo spingerebbero continuamente verso l’errore, se Gesù non gli avesse messo a disposizione degli aiuti soprannaturali per aiutarlo nella sua battaglia.
Maria – nella quale invece la Colpa non è mai stata e nella quale soprattutto la Purezza si è sempre mantenuta - rappresenta dunque la Creazione Perfetta, il vero ‘Uomo’, razza della quale i primi due sono risultati in definitiva esser stati solo dei ‘prototipi’.
Maria fu dunque il ‘modello’, l’archetipo di tutte le creature, la creatura perfetta, degna di ospitare un Dio.
La Creazione fu fatta per Lei perché tutti gli uomini decaduti potessero trovare in Lei la Perfezione, perché da quella Perfezione sarebbe nato il Redentore, che avrebbe riscattato l’Umanità e dato vita – grazie al suo Sacrificio - al popolo dei ‘figli di Dio’.
Eva era ‘perfetta’ ma Dio – che vive fuori del Tempo e quindi conosce in anticipo il nostro ‘futuro’ che ci scegliamo liberamente - sapeva che nella sua libertà Eva avrebbe deciso di sbagliare.
Dio – conoscendo dunque il ‘veleno’ che Satana avrebbe iniettato ad Eva e ad Adamo e, attraverso di essi, alla loro discendenza che avrebbe contratto per ‘contagio’ la stessa ‘malattia’ - preparò in anticipo l’antidoto, cioè Maria, pensandola fin dall’inizio ma inviandola sulla terra, anima nel seno di sua mamma Anna, quando fossero stati maturi i tempi per la Redenzione, affinché da questo Capolavoro potesse nascere il Dio-Redentore che insegnasse all’uomo che aveva dimenticato la sua origine spirituale quale fosse il percorso da compiere per tornare alla Salvezza.
Il primo volume de ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ dedica la prima quarantina di capitoli alla nascita di Maria, alla sua crescita, al suo matrimonio con Giuseppe, alla nascita di Gesù, alla fuga in Egitto dopo la strage degli innocenti ad opera di Erode il Grande a Betlemme, al ritorno della famiglia a Nazareth, fino al ritrovamento di Gesù dodicenne fra i dottori del Tempio.
Si tratta del periodo e dei fatti commentati nel mio primo volume della serie de “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni”.
Il primo volume dell’Opera della mistica si apre con la descrizione di una sua visione in cui lei vede Gioacchino ed Anna.
Ma prima della visione – a proposito di Maria SS. – il Gesù Valtortiano le parla e le dice di trascrivere un ‘Pensiero di Introduzione’ all’intera opera dei dieci volumi successivi:1
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Nascita e vita nascosta di Maria e di Gesù.
l. Pensiero d'introduzione.
Dio volle un seno senza macchia.
Dio mi possedette all'inizio delle sue opere
Salomone, Proverbi cap. 8 v. 22.
22 agosto 1944.
Gesù mi ordina: « Prendi un quaderno tutto nuovo. Copia sul primo foglio il dettato del giorno 16 agosto. In questo libro si parlerà di Lei ».
Ubbidisco e copio.
16 agosto 1944.
Dice Gesù:
« Oggi scrivi questo solo. La purezza ha un valore tale che un seno di creatura poté contenere l'Incontenibile, perché possedeva la massima purezza che potesse avere una creatura di Dio.
La Ss. Trinità scese con le sue perfezioni, abitò con le sue Tre Persone, chiuse il suo Infinito in piccolo spazio - né si diminuì per questo, perché l'amore della Vergine e il volere di Dio dilatarono questo spazio sino a renderlo un Cielo - si manifestò con le sue caratteristiche:
il Padre, essendo Creatore nuovamente della Creatura come al sesto giorno ed avendo una " figlia " vera, degna, a sua perfetta somiglianza. L'impronta di Dio era stampata in Maria così netta che solo nel Primogenito del Padre le era superiore. Maria può essere chiamata la " secondogenita " del Padre perché, per perfezione data e saputa conservare, e per dignità di Sposa e Madre di Dio e di Regina del Cielo, viene seconda dopo il Figlio del Padre e seconda nel suo eterno Pensiero, che ab aeterno in Lei si compiacque;
il Figlio, essendo anche per Lei " il Figlio " e insegnandole, per mistero di grazia, la sua verità e sapienza quando ancora non era che un Germe che le cresceva in seno;
lo Spirito Santo, apparendo fra gli uomini per una anticipata Pentecoste, per una prolungata Pentecoste, Amore in " Colei che amò ", Consolazione agli uomini per il frutto del suo seno, Santificazione per la maternità del Santo.
Dio, per manifestarsi agli uomini nella forma nuova e completa che inizia l’era della Redenzione, non scelse a suo trono un astro del cielo, non la reggia di un potente. Non volle neppure le ali degli angeli per base al suo piede. Volle un seno senza macchia.
Anche Eva era stata creata senza macchia. Ma spontaneamente volle corrompersi.
Maria, vissuta in un mondo corrotto - Eva era invece in un mondo puro - non volle ledere il suo candore neppure con un pensiero volto al peccato. Conobbe che il peccato esiste. Ne vide i volti diversi e orribili. Tutti li vide. Anche il più orrendo: il deicidio. Ma li conobbe per espiarli e per essere, in eterno, Colei che ha pietà dei peccatori e prega per la loro redenzione.
Questo pensiero sarà introduzione ad altre sante cose che darò per conforto tuo e di molti ».
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4.3 Una famiglia di santi.
Anna, la futura mamma di Maria, era della stirpe di Aronne, mostrava una età fra i cinquanta e i cinquantacinque anni, non vecchia dunque ma comunque in una età dove solitamente non si hanno più figli.
Capelli un poco grigi, bella, occhi neri profondi, sguardo dolce, un poco mesto, colorito del volto leggermente bruno, bocca ben disegnata, espressione austera, naso leggermente aquilino ma che si intonava bene al resto del viso, ben proporzionata ed alta.
Insomma una ‘bella donna’, nonostante l’età.
Ma era anche una ‘santa donna’, perché lei ed il marito erano quelli che una volta si chiamavano ‘giusti’, persone che fanno cioè della loro vita una missione di lode al Signore.
Era moglie di Gioacchino, della stirpe di Davide.
Questi era più anziano, leggermente più basso di Anna, capelli bianchi e folti, colorito chiaro del viso, barba squadrata, occhi azzurri, ciglia castane, quasi bionde.
L’essere rimasti senza prole era sempre stato il loro cruccio ed un giorno decisero di andare a Gerusalemme per la Festa dei Tabernacoli e – al Tempio - fare voto al Signore che se Egli avesse fatto loro la grazia di concedergli un figlio essi glielo avrebbero offerto e consacrato.
E l’anno dopo arrivò il figlio, anzi la figlia.
I due mantennero la parola e fin da quando Maria ebbe pochi anni, cioè in tenerissima infanzia, se ne privarono e la portarono a Gerusalemme e – forse attraverso i buoni uffizi di Zaccaria, sacerdote – la fecero accogliere al Tempio dove venne allevata fra le ‘vergini’.
Maria crebbe nel Tempio, che potremmo immaginare avesse come propaggine una sorta di convento odierno, venendo istruita nella conoscenza della Sacre Scritture che dunque lei imparò a menadito.
Era seguita in particolare da una specie di suora – Anna, figlia di Fanuel – quella che Luca nel suo Vangelo indica come la profetessa che nel momento della Presentazione di Gesù al Tempio arrivò insieme a Simeone, mettendosi poi entrambi a profetare sul futuro messianico del piccolo infante.
Per ritornare però a Maria, Gioacchino ed Anna morirono quando lei era ancora in giovanissima età.
Lei rimase dunque al Tempio fino ai quindici anni circa, seguita dalle cure e dalle visite soventi di Zaccaria e di sua moglie Elisabetta, cugina di Maria SS. per parte materna.
Elisabetta e Zaccaria – anch’essi in tarda età – daranno alla luce Giovanni Battista che, concepito col Peccato d’origine, ne fu liberato prima della nascita da Dio al momento della visita di Maria ad Elisabetta, come racconta il Vangelo.
Egli riceverà la ‘missione’ di ‘Precursore’, il Banditore del futuro Messia, preannunciandone la imminente venuta ed invitando i cuori alla conversione ed alla penitenza.
Dio aveva quindi scelto due famiglie di ‘giusti’, per di più parenti, legandoli insieme nello stesso progetto di Redenzione.
Quando parliamo di Dio e delle cose di Dio, non dobbiamo mai dimenticare che Egli può parlare alle nostre menti, farsi presente nel nostri pensieri, anche senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
3.4 Le ‘missioni’ che Dio affida alle anime…
Nel creare le anime che infonde negli embrioni umani quando vengono concepiti dai genitori, Dio le crea individualmente una per una affidando ad ognuna una sua missione.
Uno può nascere con la vocazione al sacerdozio o ad un qualsiasi altro ruolo all’interno della società, che – tutt’altro che santa – può diventare mezzo della nostra santificazione e della santificazione degli altri.
Dio non ci ‘obbliga’ ad una missione specifica di attività umana, ad esempio una professione, ma quella che noi scegliamo – anche se non è quella che magari lui avrebbe ritenuto la più adatta – Egli vorrebbe che la svolgessimo al meglio.
Missione di madre e padre, cioè ‘vocazione al matrimonio’ e missione della famiglia? Sì, ma essere ‘buoni’ padri e madri, cioè genitori che non solo si occupano della salute fisica e del benessere dei loro figli, ma impartiscano a loro quegli insegnamenti morali e spirituali che permettano loro di ‘crescere’ come ‘figli di Dio’, destinati al Paradiso, e creare a loro volta una famiglia analoga alla loro quando sarà il momento.
Medico? Certo, ma ‘buon medico’, coscienzioso, preparato, perché dovrà tutelare la salute e la vita degli altri.
Insegnante? Sì, ma ‘buon insegnante’, perché non tanto o solo dalle ‘nozioni’ ma dai principi educativi ed etici che egli avrà saputo istillare dipenderà il futuro dello scolaro, dello studente.
Imprenditore? Sì, ma ‘buon imprenditore’ consapevole che dal suo impegno ed avvedutezza dipenderà l’avvenire di tante famiglie che saranno legate alla sua azienda.
Lavoratore? Sì, ma ‘buon lavoratore’, perché dal suo lavoro dipenderà il buon andamento dell’azienda del suo ‘padrone’ ma anche la sicurezza economica della sua famiglia.
Dio ci lascia liberi, ma vuole che quello che facciamo lo facciamo bene, soprattutto dal punto di vista spirituale.
Le anime sono tutte eguali, ma le missioni sono diverse, ed insieme alla missione Dio infonde all’anima anche i ‘doni’, cioè le caratteristiche, che aiuteranno l’anima a compierla.
L’anima – che ha intravisto, fuori dal nostro Tempo, la Verità nell’Eternità di Dio nell’attimo folgorante della propria creazione – una volta ‘incarnata’, ne rimarrà subito dopo ‘smemorata’, pur continuando a mantenere nel proprio ‘subconscio’ una sorta di ‘istinto’ o ricordo confuso su ciò che dovrebbe poi fare nella vita.
Perché confuso? Perché la ‘carne’ è viziata dal Peccato d’origine e fa velo alla Verità precedentemente intravista dall’anima spirituale e perché Dio vuole che l’uomo sia assolutamente libero di seguire o non seguire il percorso che Egli gli ha pur ‘suggerito’.
Dio non ci predestina ad una missione, ce la propone solamente, ma se noi poi decideremo di seguirne un’altra a Dio andrà bene comunque, purché la strada prescelta sia sempre una via di giustizia.
Maria SS. però – per le ragioni già spiegate – era stata preservata dalla Macchia d’origine e aveva dunque la pienezza dei doni dello Spirito Santo.
I testi di teologia insegnano che bisogna distinguere fra peccato originante e peccato originale.
Il primo fu quello personale commesso dai due Progenitori, primi responsabili di tutti i mali della famiglia umana, il secondo consiste nella sua conseguenza, cioè nella privazione della giustizia originale (e conseguente perdita dei doni di integrità) trasmessa per generazione a tutti i membri della famiglia umana.
La ‘macchia’ del ‘Peccato originale’ – con le sue conseguenze che derivano dalla perdita dei doni di integrità - si trasmette quindi dai genitori ai figli attraverso la procreazione carnale.
L’anima – nell’istante creativo e prima dell’infusione nell’embrione – è tuttavia creata da Dio ‘pura’ per tutti gli uomini.
Cerco ora di rendervi l’idea meglio che posso con un esempio, per farvi capire un concetto difficile.
L’uomo – come dice San Paolo in una delle sue lettere - è un animale composto da spirito, anima e corpo.
L’anima è una sorta di principio vitale intelligente che caratterizza – sia pur con differenze sostanziali diverse – gli animali in genere.
L’anima-animale muore con il corpo dell’uomo.
Lo spirito, o anima-spirituale, è invece quello infuso da Dio nell’embrione umano al momento del concepimento ed è eterno, nel senso che – dal momento in cui viene creato – diviene immortale.
Con il concepimento, l’embrione che si forma ‘eredita’ dai propri genitori un’anima animale marchiata dal Peccato originale commesso dai primi Progenitori, o meglio dalle sue conseguenze.
E’ come se l’embrione – per il solo fatto di essere concepito – rimanesse in qualche modo ‘contagiato’ attraverso la procreazione carnale e l’anima- spirituale, pur creata pura in origine, dovesse poi contrarre anch’essa la ‘malattia’ una volta infusa da Dio nell’embrione.
L’anima-spirituale di Maria – creata dunque immacolata, come tutte le anime - venne invece preservata tale anche dopo l’incarnazione nell’embrione e ‘ricordava’ quindi la sua ‘missione’ in maniera straordinaria.
3.5 Un voto di castità da rispettare, anzi due.
Maria aveva dunque Dio in sé nella sua pienezza e, anche da bambina, guidata dallo Spirito, poteva esprimere pensieri sublimi, inimmaginabili per una bimba di quell’età tanto da sembrare geniale o…ispirata.
Abbiamo un esempio di questa capacità di Maria in un episodio che succederà qualche anno dopo.
Ne avevo già parlato, in un mio libro precedente di cui vi trascrivo un brano:2
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5.1 Un ‘Giudizio di Dio’…, senza arrostirsi i piedi sui carboni ardenti
Nelle ultime righe del capitolo precedente avevo accennato al fatto che Giuseppe era un ‘nazareo’, non solo un nazareno, cioè nativo di Nazareth, ma proprio un ‘nazareo’, cioè – per spiegarmi meglio – un ‘laico’ che aveva fatto una scelta di vita in qualche modo ‘religiosa’ e che aveva fatto per conto suo – già prima di conoscere Maria – un voto di castità.
Il Signore che tutto vede e prevede e - quindi tutto sa - aveva avuto buon fiuto ad affidare a lui la giovane Maria la quale – consacrata a Dio fin dalla nascita dai genitori anziani, per riconoscenza del dono avuto in così tarda età – viveva nel Tempio, in una specie di collegio femminile. Mi seguite?
Maria fin da piccolissima aveva consacrato la propria verginità a Dio, rinunciando – come fanno tante suore anche oggi – al diritto sacrosanto ad una famiglia e a tanti bei pargoli da allevare.
Giuseppe, da parte sua, da buon nazareo e Israelita praticante, partiva da Nazareth ogni anno per una visitina al Tempio, specie nell’epoca della Pasqua, finché un giorno – ad uno come lui che si era votato alla castità – non capita l’imprevisto più imprevedibile. Ora ve lo racconto.
Giuseppe - come lo descrive in visione la Valtorta - era un bell’uomo sui trent’anni, mentre Maria ne mostrava una quindicina.
Egli aveva capelli corti, piuttosto ricci, di un castano morato come la barba e i baffi che ombreggiavano un bel mento e salivano verso le gote brune rosse, non olivastre come in certi bruni. Aveva occhi scuri, buoni e profondi, molto seri, quasi un poco tristi. Ma quando egli sorrideva diventavano lieti e giovanili.
Un giorno - al Tempio, appunto - il Sommo Sacerdote convoca Maria che – come abbiamo già detto – vi era entrata, nelle visioni della Valtorta, all’età di tre anni, consacrata al Signore come Vergine del Tempio dai genitori Gioacchino e Anna.
Qualche anno dopo – già piuttosto vecchi – i genitori erano morti lasciandola sola, anche se seguita dalle cure di Zaccaria, sacerdote al Tempio e marito di Elisabetta.
Maria giovinetta - crescendo piena di Grazia anche se non ancora pienamente cosciente del destino che le era riservato – concepiva la sua offerta di verginità come un sacrificio, anzi un’offerta, che lei faceva volentieri al suo Dio.
Quale non è per lei lo ‘shock’ nel sentirsi dire dal Sommo Sacerdote, alla presenza di Zaccaria, che ormai non è più una fanciulla, anzi è una donna, anche di stirpe regale perché discendeva da Davide e Aronne, e le ricorda come – in base alla legge di Israele - ogni donna avrebbe dovuto farsi sposa per portare il suo maschio al Signore.
Maria arrossisce, e il Sacerdote – forse fraintendendo – la invita a non temere perché egli aveva ben presente la Legge che prescriveva che a ogni uomo fosse data una donna della sua stirpe, per cui lei non avrebbe ‘disperso’ la sua ‘regalità’ corrompendo il suo ‘sangue’.
Il Sommo Sacerdote chiede a Maria – nei cui occhi brillano e sgorgano lacrime che scendono sulla bocca tremante – se lei conosce qualcuno, intendendo dire ‘qualcuno’ che fosse evidentemente già di suo gradimento.
Risponde per lei Zaccaria, ricordando al Sacerdote che la giovinetta era entrata al Tempio nella puerizia e che la stirpe di Davide era stata troppo percossa e dispersa per permettere di riunirne ora i diversi rami.
Il Sacerdote decide allora di affidare a Dio la scelta dello sposo.
Anna di Fanuel, la famosa Anna profetessa che avrebbe profetato un annetto dopo insieme a Simeone al momento della Presentazione di Gesù Bambino al Tempio, si intenerisce vedendo le lacrime di Maria e ricorda al Sacerdote che la piccola era stata offerta al Tempio ed era cresciuta promettendosi al Signore per la sua gloria e per la grandezza di Israele (che per inciso si sarebbe realizzata quando Dio finalmente avesse mandato il suo Messia che tutta Israele attendeva), e quindi ella si sentiva legata ad un voto.
Il Sommo sacerdote guarda allora la giovane con maggiore attenzione, si sovviene di quando era entrata al Tempio una dozzina d’anni prima e – meravigliato – le chiede come poteva, così piccina allora, essersi già consacrata e votata a Dio.
E Maria – con lo Spirito che soffiava dolcemente in Lei - così risponde:
« Se guardo indietro io mi ritrovo vergine... Non mi ricordo dell'ora in cui nacqui, né come cominciai ad amare la madre mia e a dire al padre: " O padre, io son la tua figlia "... Ma ricordo, né so quando ebbe inizio, d'aver dato a Dio il mio cuore.
Forse lo fu col primo bacio che seppi dare, con la prima parola che seppi pronunciare, col primo passo che seppi fare...
Sì, ecco. lo credo che il primo ricordo d'amore io lo trovo col mio primo passo sicuro...
La mia casa... la mia casa aveva un giardino pieno di fiori... aveva un frutteto e dei campi... e una sorgente era là, in fondo, sottomonte, e sgorgava da una roccia incavata che faceva grotta... era piena di erbe lunghe e sottili, che piovevano come cascatelle verdi da ogni dove e pareva piangessero, perché le fogliettine leggere, le fronde che parevano un ricamo, avevano tutte una gocciolina d'acqua che cadendo suonava come un campanellino piccino piccino. E anche la sorgente cantava. E vi erano uccelli sugli ulivi e i meli che erano sulla costa sopra la sorgente, e colombe bianche venivano a lavarsi nello specchio limpido della fontana...
Non mi ricordavo più tutto questo, perché avevo messo tutto il mio cuore in Dio e, fuorché il padre e la madre, amati in vita e in morte, ogni altra cosa della terra si era dileguata dal mio cuore...
Ma tu mi vi fai pensare, Sacerdote... Devo cercare quando mi detti a Dio... e le cose dei primi anni tornano...
lo amavo quella grotta, perché più dolce del canto dell'acqua e degli uccelli vi udivo una Voce che mi diceva: " Vieni, mia diletta ". Io amavo quelle erbe diamantate di gocce sonore, perché in esse vedevo il segno del mio Signore e mi perdevo a dirmi: " Vedi come è grande il tuo Dio, anima mia? Colui che ha fatto i cedri del Libano per l'aquilone, ha fatto queste fogliette che piegano sotto il peso di un moscerino per la gioia del tuo occhio e per riparo al tuo piccolo piede ". Io amavo quel silenzio di cose pure: il vento lieve, l'acqua d'argento, la mondezza delle colombe... amavo quella pace che vegliava sulla grotticella, piovendo dai meli e dagli ulivi, ora tutti in fiore, ed ora tutti preziosi di frutti...
E non so... mi pareva che la Voce dicesse, a me, proprio a me: " Vieni, tu, uliva speciosa; vieni, tu, dolce pomo; vieni, tu, fonte sigillata; vieni, tu, colomba mia "...
Dolce l'amore del padre e della madre... dolce la loro voce che mi chiamava... ma questa! questa! Oh! nel terrestre Paradiso penso che così l'udisse colei che fu colpevole, né so come poté preferire un sibilo a questa Voce d'amore, come poté appetire ad altra conoscenza che non fosse Iddio...
Con le labbra che ancora sapevan di materno latte, ma col cuore ebbro del celeste miele, io ho detto allora: " Ecco, io vengo. Tua. Né altro signore avrà la mia carne fuor di Te, Signore, come altro amore non ha il mio spirito "...
E nel dirlo mi pareva di ridire cose già dette e compire un rito già compiuto, né estraneo m'era lo Sposo prescelto, perché io ne conoscevo già l'ardore, e la mia vista si era formata alla sua luce e la mia capacità d'amare s'era compiuta fra le sue braccia.
Quando?... Non so. Oltre la vita, direi, perché sento di averlo sempre avuto, e che Egli mi ha sempre avuta, e che io sono poiché Egli mi ha voluta per la gioia del suo Spirito e del mio...
Ora ubbidisco, Sacerdote. Ma dimmi tu come io devo agire... Non ho padre e madre. Sii tu la mia guida ».
E il Sommo Sacerdote:
« Dio ti darà lo sposo, e santo sarà poiché a Dio ti affidi. Tu gli dirai il tuo voto».
E Maria:
« E accetterà? ».
E il Sacerdote:
« Lo spero. Prega, o figlia, che egli possa capire il tuo cuore. Vai, ora. Dio ti accompagni sempre ».
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E Dio l’accompagnò, perché il successivo incontro con Giuseppe fu ‘segnato’ da un evento poco comune.
La Valtorta – in una ulteriore visione del 4 settembre 1944 - vedeva infatti una bellissima sala del Tempio, e in essa vari sacerdoti, fra i quali Zaccaria, e molti uomini di ogni età dai venti ai cinquant’anni: povera Maria!
Sono tutti vestiti a festa e un poco in ansia. In un angolo c’è il Giuseppe che vi ho già descritto fisicamente prima, in un abito marrone chiaro, molto semplice ma molto ordinato.
Si capisce che è una cerimonia importante: la scelta di uno sposo.
Da una porta entra un levita con fra le braccia un fascio di rami tutti secchi, sui quali ve ne è però uno fiorito. Il fascio viene delicatamente posato su un tavolo per non rovinare quell’unico rametto di fiori delicati.
Brusìo, colli allungati per vedere e capire quel che si sente dire dai sacerdoti.
Anche Giuseppe guarda e - quando il suo vicino gli spiega qualcosa - Giuseppe con la testa fa un cenno come per dire: ‘impossibile!’
Squillo di tromba, silenzio assoluto, entra il Sommo Sacerdote, discorso:
« Uomini della stirpe di Davide, qui convenuti per mio bando, udite. Il Signore ha parlato, sia lode a Lui! Dalla sua Gloria un raggio è sceso e, come sole di primavera, ha dato vita ad un ramo secco, e questo ha fiorito miracolosamente mentre nessun ramo della terra è in fiore oggi, ultimo giorno dell'Encenie, mentre ancor non è sciolta la neve caduta sulle alture di Giuda ed è l'unico candore che sia fra Sion e Betania. Dio ha parlato facendosi padre e tutore della Vergine di Davide, che non ha altro che Lui a sua tutela. Santa fanciulla, gloria del Tempio e della stirpe, ha meritato la parola di Dio per conoscere il nome dello sposo gradito all'Eterno.
Ben giusto deve essere costui per esser l'eletto del Signore a tutela della Vergine a Lui cara!
Per questo il nostro dolore di perderla si placa, e cessa ogni preoccupazione sul suo destino di sposa. E all'indicato da Dio affidiamo con ogni sicurezza la Vergine, sulla quale è la benedizione di Dio e la nostra.
Il nome dello sposo è Giuseppe di Giacobbe betlemita, della tribù di Davide, legnaiolo a Nazareth di Galilea. Giuseppe, vieni avanti. Il Sommo Sacerdote te lo ordina ».
Si è trattato insomma di qualcosa di analogo, concettualmente, a quello che – presso alcune tribù primitive di certi paesi – è chiamato come ‘il Giudizio di Dio’: se uno riesce a superare una certa prova, ad esempio camminare scalzo senza arrostirsi i piedi su dei carboni ardenti, vuol dire che è nel vero e Dio è con lui. Se non ci riesce…peggio per lui, non tanto per i piedi abbrustoliti quanto perché potrà magari essere condannato a morte.
In questo caso la ‘prova’ era meno truculenta, anzi direi proprio ‘poetica’, con quel ramoscello fiorito, come si conviene alle prove di Dio.
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Volete voi sapere come è finito quell’incontro fra Giuseppe e Maria?
I due vengono lasciati soli in una stanza.
Giuseppe era annichilito perché da buon ‘nazareo’ aveva fatto voto di castità e tutto si sarebbe immaginato fuorché doversi sposare.
Non si poteva però – in Israele – disubbidire al Gran Sacerdote, come non avrebbe potuto disubbidire Maria quando questi le aveva detto che ‘doveva’ sposarsi.
Ecco dunque cosa le dice Giuseppe, e quanto gli risponde Maria, così come la nostra mistica vede sempre in visione:
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« Ti saluto, Maria. Ti ho vista bambina di pochi giorni... Ero amico del padre tuo ed ho un nipote di mio fratello Alfeo che era tanto amico di tua madre. Il suo piccolo amico, perché ora non ha che diciott'anni, e quando tu non eri ancor nata egli era un affatto piccolo uomo, e pure rallegrava le tristezze della madre tua che l'amava tanto. Tu non ci conosci, perché sei venuta qui piccina. Ma a Nazareth tutti ti vogliono bene, e pensano e parlano della piccola Maria di Gioacchino, la cui nascita fu un miracolo del Signore che fece rifiorire la sterile... Ed io ricordo la sera in cui sei nata... Tutti la ricordiamo per il prodigio di una grande pioggia che salvò la campagna, e di un violento temporale nel quale i fulmini non schiantarono neppure uno stelo d'erica selvaggia, finito con un arcobaleno che più grande e vago mai più si vide. E poi... chi non ricorda la gioia di Gioacchino? Ti palleggiava mostrandoti ai vicini... Come tu fossi un fiore venuto dal Cielo, ti ammirava e voleva tutti ti ammirassero, felice e vecchio padre che morì parlando della sua Maria così bella e buona e dalle parole piene di grazia e sapere... Aveva ragione di ammirarti e di dire che non vi è una di te più bella! E tua madre? Empiva del suo canto l'angolo in cui era la tua casa, e pareva un'allodola a primavera mentre ti portava e dopo, quando ti aveva al seno. lo ti ho fatto la culla. Una cullina tutta a intagli di rose, perché così la volle tua madre. Forse vi è ancora nella chiusa dimora... Sono vecchio io, Maria. Quando sei nata facevo i primi lavori. Lavoravo già... Chi me lo avesse detto che io ti avrei avuta a sposa! Forse sarebbero morti più lieti i tuoi, perché mi erano amici. Ho seppellito il padre tuo piangendolo con cuor sincero, perché mi era maestro buono nella vita ».
Maria alza piano piano il viso, rinfrancandosi sempre più, sentendo che Giuseppe le parla così, e quando accenna alla culla sorride lievemente, e quando Giuseppe dice del padre gli tende una mano e dice: «Grazie, Giuseppe». Un grazie timido e soave.
Giuseppe prende fra le sue corte e forti mani di legnaiolo la manina di gelsomino, e la carezza con un affetto che vuole sempre più rassicurare. Forse attende altre parole. Ma Maria tace di nuovo. Allora riprende lui: « La casa, tu lo sai, è intatta, meno che nella parte che fu abbattuta per ordine consolare, per fare del viottolo via ai carriaggi di Roma. Ma la campagna, quella che t'è rimasta, perché tu sai... la malattia del padre ha consumato molto tuo avere, è un poco trascurata. Sono oltre tre primavere che gli alberi e le viti non conoscono cesoia di ortolano, e la terra è incolta e dura. Ma gli alberi che ti hanno visto piccina vi sono ancora e, se me lo permetti, io subito mi occuperò di loro ,.
« Grazie, Giuseppe. Ma tu già lavori...».
« Lavorerò al tuo orto nelle prime e nelle ultime ore del giorno. Ora il tempo di luce si allunga sempre più. Per la primavera voglio sia tutto in ordine per la tua gioia. Guarda, questo è un ramo del mandorlo che sta contro casa. Ho voluto cogliere questo... - si entra per ogni dove dalla siepe rovinata, ma ora la rifarò solida e forte - ho voluto cogliere questo pensando che, se io fossi stato il prescelto - non lo speravo perché sono nazareo e ho ubbidito perché ordine di Sacerdote, non per desiderio di nozze - pensando, dicevo, che tu avresti avuto gioia ad avere un fiore del tuo giardino. Eccotelo, Maria. Con esso ti dono il mio cuore, che come esso è fiorito sino ad ora solo per il Signore, ed ora fiorisce per te, sposa mia ».
Maria prende il ramo. E' commossa e guarda Giuseppe con un viso sempre più sicuro e radioso. Si sente sicura di lui. Quando poi egli dice: « Sono nazareo », il suo volto si fa tutto luminoso, ed Ella si fa coraggio. « Io pure sono tutta di Dio, Giuseppe. Non so se il Sommo Sacerdote te l'ha detto...»
« Mi ha detto solo che tu sei buona e pura, e che hai da dirmi un tuo voto, e d'esser buono con te. Parla, Maria. Il tuo Giuseppe vuole farti felice in ogni tuo desiderio. Non t'amo con la carne. Ti amo con lo spirito mio, santa fanciulla che Dio mi dona! Vedi in me un padre e un fratello, oltre che uno sposo. E come a padre confidati, come a fratello affidati ».
« Fin dall'infanzia mi son consacrata al Signore. So che questo non si fa in Israele. Ma io sentivo una Voce chiedermi la mia verginità in sacrificio d'amore per l'avvento del Messia. Da tanto l'attende Israele!... Non è troppo rinunciare per questo alla gioia d'esser madre! ».
Giuseppe la guarda fissamente come volesse leggerle nel cuore, e poi prende le due manine, che ancora hanno fra le dita il ramoscello fiorito, e dice: « Ed io unirò il mio sacrificio al tuo, e ameremo tanto con la nostra castità l'Eterno che Egli darà più presto alla terra il Salvatore, permettendoci di vedere la sua Luce splendere nel mondo. Vieni, Maria. Andiamo davanti alla sua Casa e giuriamo di amarci come gli angeli fra loro. Poi io andrò a Nazareth a preparare tutto per te, nella tua casa se ami andare in quella, altrove se vuoi altrove».
« Nella mia casa... Vi era una grotta là in fondo... Vi è ancora? ».
« Vi è, ma non è più tua... Ma te ne farò una ove starai fresca e quieta nelle ore più calde. La farò quanto possibile uguale. E, dimmi, chi vuoi con te? ».
« Nessuno. Non ho paura. La madre d'Alfeo, che sempre viene a trovarmi, mi farà compagnia un poco nel giorno, e la notte preferisco esser sola. Nulla mi può accadere di male ».
« E poi ora ci sono io... Quando devo venire a prenderti? ».
« Quando tu vuoi, Giuseppe ».
« Allora verrò non appena la casa è ordinata. Non toccherò nulla. Voglio tu trovi come tua madre ha lasciato. Ma voglio sia piena di sole e ben monda, per accoglierti senza tristezza. Vieni, Maria. Andiamo a dire all'Altissimo che lo benediciamo ».
‘Non vedo altro…’ – conclude la sua visione Maria Valtorta – ‘ma mi resta in cuore il senso di sicurezza che prova Maria...’.
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Bene, avevo pensato fin dall’inizio di questo libro che prima di parlare di Maria ‘corredentrice’, avremmo dovuto imparare a conoscere meglio ‘Maria’, ed è quello che infatti abbiamo cominciato a fare.
Abbiamo parlato del concepimento e della nascita di Maria, del Peccato originale e del perché Maria ne era stata preservata nel concepimento, abbiamo parlato della sua infanzia e siamo già arrivati al suo matrimonio, o meglio alla sua ‘promessa di matrimonio’, poco più che quindicenne, età in cui le donne di Israele venivano allora considerate ‘da marito’.
Maria - senza Macchia – era dunque in Grazia ed amava pienamente con quella intelligenza superiore che solo la Grazia di Dio dà, quando è piena.
Cosa sarebbero stati gli uomini successivi se i Primi Due si fossero riprodotti nella Grazia?
Sarebbero stati una continua evoluzione – non discendente verso l’imperfetto, come succede ora – ma ascendente verso il perfetto.
‘Quelli sarebbero stati ‘superuomini – aveva spiegato una volta il Gesù valtortiano – non quelli a cui ‘pensate voi, che superdémoni sono. Satana – aveva aggiunto – sarebbe stato ‘atterrato’ tante migliaia di secoli avanti l’ora in cui lui e il suo male lo saranno…’.3
Cosa può aver voluto dire Gesù con questa sua frase misteriosa? Lo si capirà meglio da altre spiegazioni che verranno date nell’Opera della mistica.
Comunque, sviluppando il concetto, significa che così come nella riproduzione della razza umana ed in quella detta animale i caratteri dei due genitori – nel bene come nel male – si sommano nei figli, così avviene nel ‘corpo’ spirituale.
Se Adamo ed Eva si fossero dunque mantenuti in Grazia e perfetti, la loro Grazia e perfezione (essendo escluso ogni loro difetto morale e fisico) si sarebbe trovata moltiplicata nei figli, e nei figli dei figli, dando il via ad un processo ascensionale di ‘assimilazione’ a Dio.
Questo concetto sembrerebbe tuttavia apparentemente contraddire un altro concetto espresso – nella Presentazione di questo mio libro – dalla ‘Luce’ del mio Subconscio creativo.
In effetti, quando si parla di concetti che emergono dal Subconscio, bisogna stare attenti a che essi non riflettano piuttosto dei vissuti interiori di cui l’io-conscio non è spesso nemmeno cosciente.
Le ‘voci’ che sorgono dal profondo del cuore possono essere talvolta male interpretate o mal tradotte ‘in chiaro’ dall’Io.
Ma in realtà la ‘Luce’ – correttamente ‘tradotta’ ed intesa come abbiamo già fatto con quelle parole del Gesù valtortiano – non contraddice il concetto di Gesù, ma piuttosto lo integra e lo completa per rendere più comprensibile una cosa altrimenti assurda, e cioè come mai Dio che tutto prevede abbia permesso la tentazione di Satana ed il Peccato originale.
Mi spiego meglio.
La perfezione degli spiriti angelici – che sono ‘puri spiriti’, rispetto a Dio che è ‘purissimo Spirito’ – è superiore a quella dell’uomo, che è un semplice ‘spirito’ in carne umana.
E’ enorme il divario che separa noi dal più piccolo degli angeli.
Ciò non di meno una parte degli angeli peccò seguendo Lucifero, un angelo che forte della sua eccelsa perfezione nella scala angelica fu preso da un vapore di Superbia, finì per credersi pari a Dio e – nella sua libertà – finì per ribellarsi meritandosi così l’espulsione dai Cieli ed una condanna eterna.
Gli uomini – meno ‘perfetti’ degli Angeli e quindi di intelligenza inferiore – nel loro percorso evolutivo avrebbero finito anch’essi per credersi perfetti, anzi del tutto perfetti, simili a Dio, di più, loro stessi Déi.
Il Peccato d’origine e la perdita conseguente dei doni originari – situazione non voluta ma permessa da Dio che aveva dato alle sue creature sia angeliche che umane il prezioso dono della libertà che dava loro dignità – fu in questo senso provvidenziale.
Infatti la sopravvenuta limitatezza e miseria avrebbe impedito all’Umanità di cadere nel Peccato di Superbia di Lucifero e nella conseguente dannazione immediata.
La consapevolezza delle proprie miserie e limiti avrebbe favorito in molti l’umiltà, virtù che Dio considera essenziale, consentendo così a Dio di esercitare la sua Misericordia, promettendo agli uomini – nello stesso momento in cui li cacciava dall’Eden – che avrebbe mandato loro una Donna che con il suo ‘calcagno’ avrebbe schiacciato la testa al Serpente nemico: Maria con il suo Gesù, Verbo incarnato.
Dio – nella sua Onniscienza - aveva dunque previsto le future mosse di Satana nei confronti dei Primi Due e, come un perfetto giocatore di scacchi, aveva lasciato sia a Satana che all’uomo la loro libertà di azione – ma aveva anche predisposto in anticipo le proprie ‘contromosse’, dando alla fine ‘scaccomatto’ al Nemico suo e degli uomini, ai quali Dio aveva in animo di offrire la salvezza con la Redenzione.
Diceva infatti la ‘Luce’ della Presentazione: ‘Ecco spiegato in breve il 'Progetto creativo' di Dio. Non progetto sull'universo, fatto di materia, ma progetto sull’uomo, fatto di spirito, che in spirito Io voglio ritorni a Me.
In spirito dopo il primo giudizio, quello particolare, con la carne glorificata dopo quello ultimo: perché anche la carne gioisca e venga ricompensata nella sua nuova gloria, gloria di carne martirizzata (e perciò superiore alla gloria della carne di Adamo, che gloria non era perché 'donata' e quindi avuta senza merito) dalle sofferenze patite e superate nella vita terrena.
Perché la carne, corrotta dal Peccato d'origine, corrotta da Satana per farvi perdere la figliolanza di Dio, è stata da Me utilizzata per ridarvi - attraverso la sofferenza, e quindi con più merito - la figliolanza rubatavi, consentendovi di godere, nel Paradiso celeste, di una Gloria ancora maggiore: quella che spetta a quelli che sanno essere Martiri, martiri della vita, le cui sofferenze, le normali sofferenze, accettano e offrono, sull'Altare dell'Amore di Dio’.
Dio – che è Dio di amore - elargisce alle sue creature doni immensi, ma – essendo anche Dio di Giustizia – esige che questi doni vengano meritati.
Dall’Opera valtortiana emerge che Egli sottopone dunque le sue creature alla Prova.
Fu così per gli angeli – ai quali nella notte dei tempi Dio fece balenare di fronte alla loro vista spirituale il suo Progetto creativo con il Verbo di Dio che si sarebbe incarnato in un uomo e che essi avrebbero dovuto adorare. Una parte di essi considerò però l’uomo un essere inferiore e si ribellò.
Ai primi due progenitori – esseri umani, sia pur perfetti in quanto tali e nella pienezza dei doni – Dio propose la più semplice delle prove, quella della obbedienza, perché l’obbedienza è amore: limitarsi a non mangiare il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male.
Essi vi appetirono per poter essere come Dio, in potenza. Sbagliarono anche loro, ma – tentati da Lucifero, enormemente superiore in intelligenza e malizia – meritarono proprio per ciò le ‘attenuanti’ con la prospettiva di Redenzione.
Subì la Prova perfino Gesù Cristo, Verbo incarnato Figlio di Dio, perché Egli avrebbe dovuto ottenere e ‘meritarsi’ per gli uomini decaduti il grande dono inestimabile della Redenzione.
E la Prova fu superata dal novello Adamo.
Subì la Prova – come vedremo – la stessa Maria SS., che la superò divenendo appunto Corredentrice.
Il Dio di Libertà lasciò dunque Satana libero di tentare e l’uomo libero di sbagliare, perché in tal modo l’uomo redento – se avesse solo dimostrato un poco di buona volontà - avrebbe meritato la salvezza conquistandosi, grazie al ‘martirio’ delle sue passioni contrastate, anche una maggior ‘gloria’ in paradiso.
Satana aveva usato la libertà dell’uomo e le debolezze dovute alla sua caduta per perderlo, e Dio – che scrive dritto sulle righe storte – avrebbe utilizzato le stesse cose per salvarlo.
1 M.V.’L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. I, Cap. 1 – Centro Ed. Valtortiano
2 G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. I, Cap. 5.1 – Ed. Segno, 2001
3 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. I, Cap. 4 – Centro Ed. Valtortiano