(La Sacra Bibbia – Il Vangelo di Matteo e di Giovanni – Ed. Paoline, 1968)
(G.L.: “Il Vangelo del grande e del ‘piccolo’ Giovanni” Vol. III, Cap. 5 – Ed. Segno, 2000)


13. E’ venuta l’ora nella quale deve essere glorificato il Figlio dell’Uomo.

 

Lc 22, 7-13:
Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la Pasqua; Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a preparare per mangiare la Pasqua». Essi gli domandarono: «Dove vuoi che la prepariamo?».
Rispose loro: «Ecco, quando sarete sul punto di entrare in città, vi si farà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo fino alla casa dove entrerà e dite al padrone di casa: ‘Il Maestro ci manda a domandarti: ov’è la sala dove posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?’.
Egli vi mostrerà un cenacolo al piano superiore, grande, con divani e cuscini: lì apparecchiate».
Essi andarono e trovarono le cose come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

Gv 12, 20-50:
Fra quelli che erano saliti ad adorare per la festa, v’erano alcuni Gentili.
Questi s’accostarono a Filippo, che era di Betsaida in Galilea, e lo pregarono dicendo: «Signore, desideriamo vedere Gesù».
Filippo va a dirlo ad Andrea, poi Andrea e Filippo lo dicono a Gesù.
Gesù rispose loro: «E’ venuta l’ora nella quale deve essere glorificato il Figlio dell’Uomo. In verità vi dico: se il granello di frumento, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde; e chi odia la sua vita in questo mondo, la salverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire, mi segua: e dove sono Io, ivi sarà pure il mio servo; se uno mi serve, il Padre mio l’onorerà.
Adesso l’anima mia è conturbata! E  che dirò? Padre, salvami da quest’ora! Ma è appunto per questo che io sono venuto in quest’ora. Padre glorifica il tuo nome!».
Allora dal cielo venne una voce: «L’ho glorificato e ancora lo glorificherò».
La folla che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono.
Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato».
Allora Gesù prese a dire: «Non per me, ma per voi è venuta questa voce. Ora si fa giustizia di questo mondo, ora il Principe di questo mondo sarà cacciato fuori. Ed io, quando sarò innalzato da terra, trarrò a me tutti gli uomini».
Ciò diceva per significare di qual morte doveva morire.
Gli rispose la folla: «Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno: come puoi tu dire che il figlio dell’uomo deve essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?».
Gesù rispose loro: «Ancora per poco tempo la Luce è con voi. Camminate mentre avete la Luce, affinché non vi sorprendano le tenebre; perché chi cammina nel buio, non sa dove va. Finché avete la luce, credete nella luce, così diventerete figli della luce».
Queste cose disse Gesù, poi se ne andò e si nascose da essi.
Ma sibbene avesse fatto così grandi miracoli davanti a loro, non credevano in lui, affinché s’adempisse la parola del Profeta Isaia: «Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?».
Non potevano credere perché Isaia aveva pure detto: «Egli ha accecato i loro occhi e indurito i loro cuori, affinché con gli occhi non vedano e con il cuore non intendano, e si convertano e li risani».
Tali cose disse Isaia, allorché vide la sua gloria e di lui parlò.
Tuttavia molti dei capi credettero in lui; però, per paura dei Farisei, non lo confessavano, per non essere cacciati dalla sinagoga.
Preferivano la gloria degli uomini alla gloria di Dio.
Gesù esclamò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato. Chi vede me, vede Colui che mi ha mandato. Io, la Luce, sono venuto nel mondo affinché chiunque crede in me non resti nelle tenebre.
Se uno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno, poiché non sono venuto a condannare il mondo, ma a salvarlo. Chi disprezza me e non riceve le mie  parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato, quella lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato di mio; ma il Padre stesso che mi ha mandato mi ha prescritto quello che devo dire e insegnare. E io so che il suo comando è vita eterna. Ciò che dico, dunque, lo dico come lo ha detto a me il Padre».

 

13.1 Il giorno degli Azzimi.

Nei due capitoli precedenti abbiamo parlato e commentato quel discorso tenuto dal Gesù valtortiano nel pomeriggio del mercoledì all’ombra degli alberi del Monte degli Ulivi.
E’ il famoso discorso riportato da Matteo nel suo Vangelo sulla distruzione del Tempio, su quella  di Gerusalemme  e sulla sua venuta per la fine del mondo, discorso nel quale il Gesù valtortiano ha però confermato essere anche adombrate la grande tribolazione e la connessa venuta intermedia.
Il gruppo apostolico si ritirerà in preghiera al Getsemani anche quella notte, come già aveva fatto nelle precedenti del Lunedì e del Martedì.
L’ora della sua Crocifissione si avvicinava e la notte di quei giorni era occasione per Gesù per fare ‘istruzione’ agli apostoli, godere degli ultimi momenti di intimità e  vicinanza con loro e con gli altri discepoli amici e prepararsi infine con una più intensa preghiera alla notte finale del giorno successivo, cioè quella del Giovedì santo in cui Egli sarebbe stato catturato.
Narrano i tre sinottici che quel Giovedì era il giorno degli Azzimi.
Il giorno ebraico iniziava con il tramonto della sera prima e terminava con il tramonto del sole nella giornata appena trascorsa.
La sera del nostro ‘giovedì’ era dunque quella della consumazione dell’agnello pasquale, simbolo dell’agnello mosaico mangiato dagli ebrei al momento della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, e figura del Sacrificio dell’Agnello divino che – con la Redenzione – avrebbe liberato l’Umanità dalla schiavitù di Satana e del Peccato, solo che essa lo avesse voluto sforzandosi con un poco di buona volontà.
I sinottici, che come ho già detto non penetrano talvolta in profondità negli avvenimenti come fa invece Giovanni nel suo vangelo, della giornata di giovedì descrivono gli aspetti connessi ai preparativi per il pranzo che si sarebbe tenuto la sera, mentre Giovanni mette invece l’accento su un altro importante discorso di Gesù al Tempio, importante per i contenuti ma anche perché sarebbe stato l’ultimo discorso pubblico pronunciato da Gesù prima della sua morte.
Ho già detto che ai giorni della Passione, crocifissione, resurrezione di Gesù ho già dedicato, commentando il Vangelo di Giovanni, un libro intero e pertanto non mi ripeterò su quest’ultimo discorso se non per qualche breve cenno di raccordo rispetto a quanto succederà nella notte di quello stesso giorno dopo l’Ultima Cena. 1
Fra tutte le moltitudini presenti a Gerusalemme e al Tempio, vi erano quelle che provenivano dal resto del territorio di Israele e dai territori della Diaspora. Quelli della Diaspora erano gli Israeliti di religione ebraica che abitavano all’estero, nei paesi pagani.
Ma vi erano anche gli stessi pagani, cioè i Gentili, spesso assai colti, che venivano lì per ascoltare, incuriositi, le lezioni dei grandi rabbi ma soprattutto quelle di Gesù che non disprezzava i pagani, anzi, e che appariva uomo di grandissima sapienza, anche filosofica: il che, per essi che erano di cultura ellenista, cioè cultori del pensiero di uomini eccezionali come Socrate e Platone, non era cosa di poco conto.
I Gentili adoravano divinità pagane ma – in un mondo ellenizzante, culturalmente evoluto grazie alle lettere, al teatro, alla medicina, alle arti in genere e alla filosofia – essi avevano cominciato a rendersi conto dei ‘limiti’ delle loro religioni idolatriche e delle loro divinità antropomorfe che – più che i pregi – sembravano avere i difetti degli uomini.
L’idea – già intuita embrionalmente da Platone, ma sostenuta e approfondita con forza da Gesù - che l’uomo potesse avere veramente dentro di sé un’anima immortale infusa direttamente da Dio e destinata ad una vita eterna li affascinava.
In un mondo pagano tutto sommato barbaro, dove la donna era considerata un essere inferiore e dove anche la schiavitù era un fatto sociale ed economico universalmente accettato, quella sua dottrina non di eguaglianza sociale ma di amore - perché gli uomini di tutti i popoli sono uguali poiché siamo tutti ‘figli di Dio’ e ‘fratelli’ nello spirito, creato uguale per tutti da Dio che ci è ‘Padre’ – colpiva l’immaginazione e toccava le corde più profonde del cuore.
La predicazione di Gesù apriva orizzonti vastissimi in quelle menti, vissute nel paganesimo fino ad allora ma che ora cominciavano ad aver sete di spiritualità, mentre gli israeliti che erano nati nella spiritualità già da secoli stavano ormai vivendo nel paganesimo spirituale: la superbia dei cuori, soprattutto dei loro Capi.

 

13.2 L’ultimo discorso pubblico di Gesù prima della Crocifissione.

Ora – nel racconto di Giovanni - quei Gentili, venuti da lontano, quel Gesù vorrebbero vederlo e sentirlo da vicino, fargli delle domande, ottenere delle risposte da portarsi dietro nel loro paese d’origine.
Per la calca non riescono ad avvicinarsi e allora, capito che Filippo doveva essere un ‘apostolo’, lo interpellano chiedendogli il favore di fargli ‘vedere’ Gesù.
Filippo dà di voce ad Andrea, e poi entrambi lo dicono a Gesù che – alzata la testa verso i Gentili - li guarda ad occhi socchiusi ed annuisce.
In qualche modo quelli riescono ad avvicinarsi e si svolge un dialogo con domande e risposte.
Che quelle di Gesù, le uniche che Giovanni riporta, siano ‘risposte’ lo si arguisce dal ‘senso’ oltre che dal fatto – di per sé evidente – che è lo stesso Giovanni che scrive nel suo Vangelo ‘Gesù rispose loro…’
Come pure, dalle risposte di Gesù, possiamo intuire il tenore delle domande che gli devono aver rivolto.
E visto che Giovanni le domande – nel suo Vangelo - non le ha riportate, ci proveremo noi a metterle qui nel ‘nostro’.
Quante volte, in questi ultimi tempi, i Gentili gli avevano sentito fare quei discorsi sulla propria morte e sulla propria divinità, Egli Figlio di Dio?
‘Ma se era Figlio di Dio poteva mai, un Figlio di Dio, morire?’
‘Sì - risponde Gesù - perché ormai è venuta l’ora della gloria del Figlio dell’Uomo’.
Gloria perché egli era Verbo e, nonostante fosse Dio, aveva accettato di incarnarsi in una carne umana, insomma in una carne ‘animale’, patendo le miserie dell’umanità, ed accettando di soffrire fino ad una morte di croce pur di ottenere – grazie al suo Sacrificio – il perdono del Padre per l’Umanità che avrebbe potuto così – attraverso il suo insegnamento – riscoprire le sue origini spirituali e percorrere la strada che avrebbe portato alla salvezza.
Era dunque venuta l’ora della Gloria perché Gesù sapeva che quella notte stessa Egli sarebbe stato arrestato  per essere poi l’indomani condannato e crocifisso.
Egli sapeva di essere ormai giunto alla fine del suo cammino, prossimo alla vetta del  Golgota, che era la vetta del suo Sacrificio di Uomo-Dio, che era quindi anche la vetta della sua ‘Gloria’ in quanto manifestazione eccelsa di Sofferenza d’Amore e compimento della Redenzione per la salvezza dell’Umanità.
‘Ma comegliavranno detto i Gentiliè proprio necessario che un Dio debba morire per questo?’.
E Gesù:‘Vi insegno una grande verità, che potrete verificare guardando la natura che avete intorno: è la morte che dà la vita, nel campo spirituale come in quello materiale. Il granello di frumento deve ‘morire’, marcendo nella terra, per produrre la spiga, così come – per acquistare la vita spirituale – l’uomo-animale deve morire a se stesso, deve far morire l’uomo vecchio per far nascere l’uomo nuovo. Morire a se stessi significa combattere il proprio io, frutto del ribaltamento di valori spirituali dovuto al Peccato originale, e combattere l’io significa distaccarsi dai valori del mondo. Chi ama i valori del mondo, cioè la materialità in senso lato, perderà la vita spirituale. Chi accetta di distaccarsi dai valori del mondo, spiritualizzandosi, guadagnerà la vita eterna. Chi vuol servirmi, mi imiti e sarà mio ‘servo’, mio ‘collaboratore’, e se uno diventa mio servo, il Padre lo ricompenserà. Oggi però la mia anima di uomo è turbata. La mia fine si avvicina. Che dovrei dire, allora: ‘Padre, salvami da quest’ora!’? Ma è appunto per questa che io sono venuto in terra, per morire come il grano e portare frutto. Padre, dirò invece, dai gloria al tuo nome!.
Credo che Gesù dovesse aver alzato le braccia e gli occhi al Cielo mentre diceva queste ultime parole ispirate.
E il Padre non si fa attendere e, come già era successo prima al Giordano e poi sul Tabor: ‘L’ho glorificato e ancora lo glorificherò’, risponde dal cielo una Voce di tuono.
Non so se il Padre avesse parlato in ebraico, o se si fosse semplicemente fatto sentire telepaticamente come una voce di rombo nella testa delle persone, fatto sta che la folla scambia questa voce che pareva venire dal cielo come una sorta di tuono, ma altri – che dovevano intendersene un po’ di più di queste cose e che soprattutto avevano colto il senso di quelle parole – esclamano: ‘Un Angelo gli ha parlato!’.
E Gesù – dopo quella pausa di disorientamento della follaprecisa: ‘Non per me, ma per voi è venuta questa voce’.
Intendendo con ciò dire che il Padre aveva parlato per confermare le parole che Gesù aveva prima detto loro, soprattutto in ordine alla sua divinità.
E Gesù continua: ‘Ora si fa giustizia di questo mondo, ora il principe di questo mondo sarà cacciato fuori. Ed io, quando sarò innalzato da terra, trarrò a me tutti gli uomini’, il che significa: ‘Con la mia venuta in terra è tornata a farsi sentire la Giustizia di Dio. L’Angelo ribelle che aveva provocato la caduta dell’Uomo facendosi Principe del mondo ne verrà cacciato fuori, perché l’uomo, grazie ai miei insegnamenti e soprattutto al mio Sacrificio in Croce, potrà di nuovo salvarsi e tornare in Cielo’.
Giovanni precisa per inciso che Gesù parlava di ‘innalzamento da terra’ per alludere alla sua prossima morte in croce.
Ma alcuni - e non dovevan essere Gentili ma, dalle domande che fanno,  giudei – non conoscevano il futuro ma soprattutto il valore del Sacrificio di un Dio, e nemmeno che il Cristo di Dio potesse morire.
Essi pensavano dunque che ‘l’innalzarsi da terra’ significasse essere in qualche modo umanamente ‘esaltati’ per onori terreni, ed allora obbiettano: ‘Se la Legge e i Profeti dicono che il Cristo sarà eterno, come puoi tu – se sei il Cristo -  parlare di morte? E come puoi dire tu che il Figlio dell’Uomo sarà ‘innalzato’. E cosa è poi mai questo ‘Figlio dell’Uomo’ di cui tu parli sempre? Chi sei tu, il Cristo o il Figlio dell’Uomo?’.

Insomma, nonostante fosse l’ultimo giorno di tre anni di predicazione, non si può dire che i giudei avessero le idee chiare.

E Gesù deve aver risposto: ‘Io sono il Cristo e son anche l’Uomo, perché sono il Verbo di Dio che si è incarnato in un Uomo. E state attenti. Approfittatene finché potete, cioè finché Io - che son Luce - sono con voi. Fate attenzione che non vi sorprendano le tenebre, perché chi cammina nel buio spirituale può perdersi. Se crederete nella Luce, e praticherete la Dottrina che vi ho insegnato, diventerete  ‘figli della Luce’, e vi salverete’.
Il discorso è finito, Gesù se ne va e quelli sfollano, probabilmente con ancora molte incredulità in testa, come vedremo il giorno dopo quando – sobillati da Satana e dai Capi dei Sacerdoti – molti dei giudei inneggeranno alla sua crocifissione, visto che non avevano capito che quel suo ‘innalzamento da terra’ sul quale Egli contava tanto fosse proprio quello.
Giovanni osserva che a nulla erano serviti – per indurli a credere - tutti i miracoli che Gesù aveva fatto e ne dà spiegazione citando una famosa profezia di Isaia: ‘Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?’.
Non potevano credere - continua Giovanni - perché Isaia aveva anche detto: ‘Egli ha accecato i loro occhi e indurito i loro cuori, affinché con i loro occhi non vedano e con il cuore non intendano, e si convertano e li risani’.
Può sembrare un assurdo l’apparente significato di queste parole di Isaia.
E’ mai possibile che Dio deliberatamente accechi e indurisca nel cuore quelli che non credono in Gesù perché non si salvino? Come fanno a salvarsi se Dio li acceca? E’ colpa di Dio allora, se questi non capiscono e non si convertono?
Il significato è però un altro.
Dio è Dio di tutti, Dio dei ‘buoni’ e anche dei ‘cattivi’, un Dio che cerca in ogni modo di redimere.
Quando però vede che i cattivi non sono ‘cattivi’ per ignoranza, ma per mala volontà e che non vogliono ascoltare la sua Parola perché la disprezzano, ebbene Dio – respinto – li priva della sua Luce, lascia che il loro occhio spirituale non capisca, che il loro ‘cuore’ non senta la illuminazione dello Spirito Santo che parla e quindi lascia che essi – volontariamente – si perdano, come a questo punto però meritano.
Ed è quel che Gesù – perché leggendo il Vangelo di Giovanni si intuisce che, dopo essersene andato, deve aver ripreso da qualche altra parte il discorso con qualcun altro – ribadisce poco dopo: ‘Io sono venuto per insegnare agli uomini la Verità e per salvarli, non per condannarli. Ma ricordatevi che chi disprezza le mie parole avrà – nel momento del giudizio particolare - chi lo condanna, cioè il Padre, perché quel che Io son venuto a dire non sono parole mie ma parole del Padre, che è quello che mi ha mandato’.


1 G.L.: “Il Vangelo del grande e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. III, Cap. 5 - Ed. Segno, 2000