(La Sacra Bibbia – I Vangeli di Matteo, Marco e Luca – Edizioni Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 269 – Centro Editoriale Valtortiano)
12. A questa generazione adultera e malvagia, che cerca un segno, sarà dato un segno soltanto:
quello del profeta Giona.
Mt 12, 22-50:
Allora gli fu presentato un indemoniato cieco e muto, ed egli lo guarì, di modo che il muto parlava e vedeva.
E tutta la folla, meravigliata, diceva: « Che sia costui il Figlio di Davide? ».
Ma i farisei, udendo ciò, dissero: « Costui non caccia i demoni se non per virtù di Beelzebub, principe dei demoni ».
Gesù, conosciuti i loro pensieri, disse: « Ogni regno diviso contro se stesso sarà devastato; ed ogni città o casa divisa contro se stessa non potrà reggere. Se, dunque, Satana caccia Satana, egli è in discordia con se stesso; come, dunque, potrà durare il suo regno? E se io caccio i demoni per virtù di Beelzebub, per opera di chi li cacciano i vostri figli? Per questo essi saranno i vostri giudici.
Ma se caccio i demoni in virtù dello Spirito di Dio, è dunque giunto a voi il Regno di Dio.
In qual modo può uno entrare in casa del forte e rubare i suoi beni, se prima non lo lega? Allora soltanto gli potrà spogliare la casa.
Chi non è con Me è contro di Me, e chi non raccoglie con me, disperde. Perciò io vi dico: ogni peccato e ogni bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata. Chiunque parlerà contro il Figlio dell’Uomo sarà perdonato; ma chi avrà parlato contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questa vita né in quella futura. ».
O voi ammettete che l’albero è buono e allora sarà buono anche il frutto, o ammettete che l’albero è cattivo e allora sarà cattivo anche il frutto, perché dal frutto si conosce l’albero.
Razza di vipere, come potete parlare bene voi, cattivi come siete? Poiché la bocca parla per la soprabbondanza del cuore.
L’uomo dabbene, dal suo tesoro buono, cava cose buone; il malvagio, da un tesoro cattivo cava fuori il male.
Or vi dico che nel giorno del giudizio gli uomini renderanno conto di ogni parola vana che avranno profferita. Poiché sarai giustificato dalle tue parole e dalle tue parole sarai condannato ».
Allora alcuni scribi e alcuni Farisei presero la parola e gli dissero: « Maestro, noi desideriamo vedere da te un segno ».
Ma egli rispose loro: « Questa generazione malvagia e infedele chiede un segno, ma non le sarà dato altro segno che quello del profeta Giona. Infatti, come Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’Uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Gli abitanti di Ninive sorgeranno nel giudizio, insieme con questa generazione e la condanneranno, perché essi fecero penitenza alla predicazione di Giona: ed ecco, vi è qui ben più di Giona.
La regina del Mezzogiorno risorgerà, nel giudizio, insieme con questa generazione e la condannerà, perché ella venne dall’estremità della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, vi è qui ben più di Salomone.
Quando lo spirito immondo è uscito da un uomo, va per luoghi aridi in cerca di riposo, e non lo trova. Allora dice: ‘Tornerò nella mia casa, da dove sono uscito’. E quando vi arriva la trova vuota, spazzata, adorna. Allora egli se ne va e prende con sé sette spiriti peggiori di lui, poi entrano e vi prendono stabile dimora, e la condizione finale di quell’uomo sarà peggiore della prima. Così sarà anche di questa generazione malvagia ».
Mentre si rivolgeva ancora alla folla, la madre e i suoi fratelli erano fuori e cercavano di parlargli. E uno gli disse: « Ecco, tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e desiderano parlarti ».
Ma egli, rispondendo a chi gli aveva parlato, disse: « Ecco mia madre e i miei fratelli. Perché chi fa la volontà del Padre mio che è nei Cieli, egli è mio fratello e mia sorella e mia madre ».
12.1 E’ un Belzebù, perché i demoni lo ubbidiscono
Vi avevo accennato nel capitolo precedente che il clima nei confronti di Gesù si stava ‘riscaldando’, alimentato da scribi e farisei.
Il nostro Loisy non credeva alla presenza di Gesù a Cafarnao, come detto nei vangeli, né alla sua nascita a Betlemme e neppure alla sua discendenza da Davide che egli – negatore – credeva un mito, pensando che Gesù se la fosse inventata per nobilitare la sua origine affinché si potessero considerare adempiute in lui alcune profezie.
Ma qui - come risulta dall’Opera di Maria Valtorta - questo episodio narrato da Matteo avviene invece proprio a Cafarnao dove Gesù, come avevo una volta spiegato, si era trasferito fin dall’inizio della sua vita pubblica in casa di un parente del padre putativo Giuseppe.
Il sabato, giorno di festa, è ormai prossimo e gli apostoli – che Gesù aveva precedentemente mandato in giro in missione – rientrano a gruppetti…in sede.
Gesù non è in quel momento in casa ma Scribi e farisei lo attendono al varco gironzolando attorno nella speranza di vederlo all’opera, sempre al fine di poterne trarre spunti di critica e di accusa.
Pietro e gli altri apostoli se ne avvedono, ma vorrebbero essere lasciati in santa pace, almeno nel giorno di festa.
Essi pensano allora di svignarsela alla chetichella, uscendo dal retro, dividendosi e prendendo due barche per recarsi a Betsaida – dove Pietro potrà ospitare tutti in casa sua - lasciando farisei e scribi con un pugno di mosche in mano.
C’è però la complicazione di portarsi dietro un indemoniato, cieco e muto, che attendeva in casa da ore con dei parenti che lo guardavano a vista.
Il confabulare degli apostoli è interrotto dall’arrivo di Gesù, proveniente da Corozim dove - dopo una sua predicazione - si era trattenuto a lavorare di falegnameria per aiutare una vedova in miseria ed il suo figlioletto, terminando i lavori lasciati incompiuti dal marito della donna che era morto all’improvviso.
Gli apostoli, dopo averlo informato dell’indemoniato e della sgradita presenza esterna di scribi e farisei, vorrebbero che Gesù si riposasse, ma Egli decide di vedere subito il poveretto.
La voce si sparge e la folla – sempre pronta ad accorrere per vedere – si accalca curiosa, e gli scribi e farisei anche.
Ad un comando di Gesù, l’essere immondo che possedeva l’uomo lo abbandona con un urlo di rabbia che si confonde con quello di gioia del liberato che – sentendosi dentro veramente libero nella mente e nel cuore, oltre che nella vista e nella parola - inneggia a Gesù: ‘Figlio di Davide! Figlio di Davide! Santo e Re!’.
‘Come fa costui – si chiede uno scriba – a sapere chi è colui che lo ha guarito?
‘Ma è tutta una commedia’ – replica un altro – ‘Questa gente è pagata per fare ciò’.
Scoppia un tumulto fra i paesani da un lato e i farisei e scribi dall’altro, i quali ultimi accusano quelli di Cafarnao di voler solo fare pubblicità alla loro cittadina e rendere celebri loro e Gesù.
E alla domanda che la gente rivolge a scribi e farisei per sapere allora chi sia Gesù secondo loro, questi rispondono: ‘E’ un Belzebù!’.
Gli insulti della gente ed il baccano si sprecano ed è a questo punto che – per la vostra gioia – vi faccio vedere il resto della visione del nostro ‘piccolo Giovanni’1:
269. La disputa con scribi e farisei a Cafarnao.
L’arrivo della Madre e dei fratelli.
2 settembre 1945
…
Gesù, che si era ritirato in cucina per bere un poco d'acqua, si affaccia sulla soglia in tempo per sentire una volta ancora la trita e stolta accusa farisaica: «Costui non è che un Belzebù, perché i demoni lo ubbidiscono. Il grande Belzebù suo padre lo aiuta, ed Egli caccia i demoni non con altro che con l'opera di Belzebù principe dei demoni ».
Gesù scende i due piccoli scalini della soglia e viene avanti, diritto, severo e calmo, fermandosi proprio di fronte al gruppo scribo-farisaico, e fissatili acutamente dice loro: « Anche sulla terra noi vediamo che un regno diviso in partiti contrari fra di loro diviene debole all'interno e facile ad essere aggredito e devastato dagli stati vicini che lo rendono suo schiavo. Anche sulla terra vediamo che una città divisa in parti contrarie non ha più benessere, e così lo è di una famiglia i cui componenti siano divisi dall'astio fra di loro. Essa si sgretola, diviene un inutile sbocconcellamento che non serve a nessuno e che fa ridere i concittadini. La concordia, oltre che dovere, è furbizia. Perché mantiene indipendenti, forti e amorosi. Questo dovrebbero riflettere i patrioti, i cittadini, i famigliari, quando per l'uzzolo di un utile singolo vengono tentati a separazioni e a sopraffazioni che sono sempre pericolose, essendo alterne nei partiti, essendo distruttrici negli affetti. E questa furbizia infatti esercitano coloro che sono i padroni del mondo. Osservate Roma nella sua innegabile potenza, a noi tanto penosa. Domina il mondo. Ma è unita in un unico parere, in una sola volontà: "dominare". Anche fra di loro ci saranno certo contrasti, antipatie, ribellioni. Ma questo sta nel fondo. Alla superficie è un blocco solo, senza incrinature, senza turbamenti. Vogliono tutti la stessa cosa e riescono perché vogliono. E riusciranno finché vorranno la stessa cosa. Guardate questo esempio umano di furbizia coesiva e pensate: se questi figli del secolo sono così, cosa non sarà Satana? Essi sono per noi dei satana. Ma la loro satanicità pagana è nulla rispetto alla satanicità perfetta di Satana e dei suoi demoni. Là, in quel regno eterno, senza secolo, senza fine, senza limite di astuzia e di cattiveria, là dove si gode di nuocere a Dio e agli uomini - ed è loro respiro il nuocere, loro doloroso godimento, unico, atroce - con perfezione maledetta si è raggiunta la fusione degli spiriti, uniti in un solo volere: "nuocere".
Ora se, come voi volete sostenere per insinuare dubbi sul mio potere, Satana è colui che mi aiuta perché lo sono un Belzebù minore, non avviene che Satana è in discordia con se stesso e coi suoi demoni, se caccia questi dai suoi possessi?
E se in discordia è, potrà mai durare il suo regno? No, che ciò non è. Satana è furbissimo e non si nuoce. Egli mira ad estendere non a ridurre il suo regno nei cuori.
La sua vita è "rubare - nuocere - mentire - offendere - turbare". Rubare anime a Dio e pace agli uomini. Nuocere alle creature del Padre dando dolore allo stesso. Mentire per traviare. Offendere per godere. Turbare perché egli è il Disordine. E non può mutare. E’ eterno nel suo essere e nei suoi metodi.
Ma rispondete a questa domanda: se lo caccio i demoni in nome di Belzebù, in nome di chi li cacciano i vostri figli? Vorrete confessare allora che essi pure sono Belzebù? Ora, se voi lo dite, essi vi giudicheranno calunniatori. E se la loro santità sarà tale da non reagire all'accusa, vi giudicherete da voi stessi confessando che credete di avere molti demoni in Israele, e vi giudicherà Iddio in nome dei figli d'Israele accusati d'essere demoni. Perciò, da qual che venga il giudizio, essi in fondo saranno i vostri giudici, là dove il giudizio non è subornato da pressioni umane.
Se poi, come è verità, Io caccio i demoni per lo Spirito di Dio, è dunque prova che è giunto a voi il Regno di Dio e il Re di questo Regno. Il quale Re ha un potere tale che nessuna forza contraria al suo Regno gli può resistere. Onde lo lego e costringo gli usurpatori dei figli del mio Regno ad uscire dai luoghi occupati ed a restituirmi la preda perché lo ne prenda possesso. Non fa forse così uno che voglia entrare in una casa abitata da un forte per levargli i beni, bene o male acquistati? Così fa. Entra e lo lega. E dopo averlo fatto può spogliare la casa.
lo lego l'angelo tenebroso che si è preso ciò che è mio, e gli levo il bene che mi ha rubato. E Io solo posso farlo, perché Io solo sono il Forte, il Padre del secolo futuro, il Principe della pace ».
« Spiegaci cosa vuoi dire dicendo: "Padre del secolo futuro". Credi Tu di vivere fino al nuovo secolo e, più stoltamente ancora, pensi di creare il tempo, Tu, povero uomo? Il tempo è di Dio » chiede uno scriba.
« E tu, scriba, me lo chiedi? Non sai dunque che vi sarà un secolo che avrà inizio ma fine non avrà, e che sarà il mio? In esso Io trionferò radunando intorno a Me coloro che sono i figli di esso, ed essi vivranno eterni come quel secolo che Io avrò creato, e già lo sto creando mettendo lo spirito in valore, sulla carne e sul mondo e sugli inferi che Io scaccio perché tutto lo posso. Per questo vi dico che chi non è con Me è contro di Me, e chi con Me non raccoglie disperde. Perché Io sono Colui che sono. E chi non crede questo, già profetizzato, pecca contro lo Spirito Santo, la cui parola fu detta dai Profeti e non è menzogna né errore, e va creduta senza resistenza.
Perché Io ve lo dico: tutto sarà perdonato agli uomini, ogni loro peccato e bestemmia. Perché Dio sa che l'uomo non è solo spirito ma è carne, e carne tentata che soggiace ad improvvise debolezze. Ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. Chi avrà parlato contro il Figlio dell'uomo sarà ancora perdonato, perché la pesantezza della carne, che avvolge la mia Persona e avvolge l'uomo che contro Me parla, può ancora trarre in errore. Ma chi avrà parlato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato né in questa né nella vita futura, perché la Verità è quella che è: netta, santa, innegabile, ed espressa allo Spirito e in maniera che non induce ad errore. Altro che in coloro che volutamente vogliono l’errore. Negare la Verità detta dallo Spirito Santo è negare la Parola di Dio e l'Amore che quella Parola ha dato per amore degli uomini. E il peccato contro l'Amore non è perdonato.
Ma ognuno dà i frutti della sua pianta. Voi date i vostri, e frutti buoni non sono. Se voi date un albero buono perché sia messo nel verziere, esso darà buoni frutti; ma se date un albero cattivo, cattivo sarà il frutto che da esso sarà colto, e tutti diranno: "Questo albero non è buono". Perché è dal frutto che si conosce l'albero. E voi come credete di poter parlare bene, voi che siete cattivi? Perché la bocca parla di ciò che gli riempie il cuore. E’ dalla sovrabbondanza di ciò che abbiamo in noi che noi traiamo i nostri atti e discorsi. L'uomo buono trae dal suo buon tesoro cose buone; il malvagio dal suo cattivo tesoro leva le male cose. E parla e agisce secondo il suo intimo. E in verità vi dico che l'ozio è colpa. Ma meglio è oziare che fare opere malvagie. E anche vi dico che è meglio tacere che parlare oziosamente e malvagiamente. Anche se il tacere è ozio, fatelo piuttosto che peccare con la lingua. lo vi assicuro che di ogni parola detta oziosamente agli uomini sarà chiesta la giustificazione nel giorno del Giudizio, e che per le parole dette saranno gli uomini giustificati, e dalle parole stesse saranno condannati. Attenti, perciò, voi che tante ne dite di più che oziose, perché sono non solo oziose ma operanti nel male e allo scopo di allontanare i cuori dalla Verità che vi parla ».
I farisei si consultano con gli scribi e poi tutti insieme, fingendo cortesia, chiedono: « Maestro, si crede meglio a queIlo che si vede. Dàcci dunque un segno perché noi si possa credere che Tu sei ciò che dici d'essere ».
« Vedete che in voi è il peccato contro lo Spirito Santo, che per Verbo incarnato mi ha indicato più volte? Verbo e Salvatore, venuto nel tempo segnato, preceduto e seguito dai segni profetizzati, operante ciò che lo Spirito dice ».
Essi rispondono: « Allo Spirito crediamo, ma come possiamo credere a Te se non vediamo un segno coi nostri occhi? ».
« Come potete allora credere allo Spirito le cui azioni sono spirituali, se non credete alle mie che sono sensibili ai vostri occhi? La mia vita ne è piena. Non basta ancora? No. lo stesso rispondo che no. Non basta ancora. A questa generazione adultera e malvagia, che cerca un segno, sarà dato un segno soltanto: quello del profeta Giona. Infatti, come Giona stette per tre giorni nel ventre della balena, così il Figlio dell'uomo starà tre giorni nelle viscere della terra.
In verità vi dico che i Niniviti risorgeranno nel giorno del Giudizio come tutti gli uomini e insorgeranno contro questa generazione e la condanneranno. Perché essi fecero penitenza alla predicazione di Giona e voi no. E qui vi è Uno che è da più di Giona.
E così risorgerà e insorgerà contro di voi la Regina del Mezzogiorno e vi condannerà, perché essa venne dagli ultimi confini della terra per udire la sapienza di Salomone. E qui vi è Uno da più di Salomone ».
« Perché dici che questa generazione è adultera e malvagia? Non lo sarà da più delle altre. In essa vi sono gli stessi santi che vi erano nelle altre. La compagine di Israele non è mutata. Tu ci offendi ».
«Voi vi offendete da voi stessi nuocendovi nelle vostre anime, perché le allontanate dalla Verità, e dalla Salvezza perciò. Ma Io vi rispondo lo stesso. Questa generazione non è santa che nelle vesti e nell'esterno. Dentro, santa non è. Vi sono in Israele gli stessi nomi per significare le stesse cose. Ma non c'è la realtà delle cose. Vi sono gli stessi usi, vesti e riti. Ma manca lo spirito di essi. Siete adulteri perché avete respinto il soprannaturale maritaggio con la Legge divina e avete sposato, in seconda adultera unione, la legge di Satana.
Non siete circoncisi che in un membro caduco. Il cuore non è più circonciso. E malvagi siete, perché vi siete venduti al Maligno. Ho detto ».
« Tu troppo ci offendi. Ma perché, se così è, Tu non liberi Israele dal demonio acciò santo diventi? ».
« Ha Israele questa volontà? No. L'hanno quei poveri che vengono per essere liberati dal demonio perché lo sentono in loro come un peso e una vergogna. Voi questo non lo sentite.
E inutilmente voi ne sareste liberati, perché, non avendo volontà di esserlo, subito sareste ripresi ed in maniera ancor più forte. Perché, quando uno spirito immondo è uscito da un uomo, vagola per luoghi aridi in cerca di riposo e non lo trova. Luoghi aridi non materialmente, notate. Aridi perché gli sono ostili non accogliendolo, così come la terra arida è ostile al seme. Allora dice: "Tornerò alla casa mia da dove sono stato cacciato a forza e contro la sua volontà. E certo sono che mi accoglierà e mi dar riposo". Infatti torna a colui che era suo, e molte volte lo trova disposto ad accoglierlo, perché in verità ve lo dico che l'uomo ha più nostalgia di Satana che di Dio, e se Satana non gli opprime le membra per nessun'altra possessione si lamenta. Va dunque e trova la casa vuota, spazzata, adorna, odorosa di purezza. Allora va a prendere altri sette demoni perché non vuole più perderla, e con questi sette spiriti peggiori di lui entra in essa e vi si stabiliscono tutti.
E questo secondo stato, di uno convertito una volta e che si pervertisce una seconda, è peggiore del primo. Perché il demonio ha la misura di quanto quell'uomo sia amante di Satana e ingrato a Dio, ed anche perché Dio non ritorna là dove si calpestano le sue grazie e, già esperti di una possessione, si riaprono le braccia ad una maggiore. La ricaduta nel satanismo è peggio di una ricaduta in etisia morale già sanata una volta. Non è più passibile di miglioramento e guarigione.
Così accadrà anche di questa generazione che, convertita dal Battista, ha rivoluto essere peccatrice perché è amante del Malvagio e non di Me ».
Un brusio, che non è né di approvazione né di protesta, scorre per la folla, che si pigia ormai tanto numerosa che anche la via ne è stipata, oltre l'orto e la terrazza. Vi è gente a cavalcioni del muretto, arrampicata sul fico dell'orto e sulle piante degli orti vicini, perché tutti vogliono sentire la disputa fra Gesù e i suoi nemici. Il brusio, come un'onda che dal largo giunge al lido, arriva di bocca in bocca fino agli apostoli che più sono vicino a Gesù, ossia Pietro, Giovanni, lo Zelote e i figli di Alfeo. Perché gli altri sono parte sulla terrazza e parte nella cucina. Meno Giuda Iscariota che è sulla via, fra la folla.
E Pietro, Giovanni, lo Zelote, i figli d'Alfeo lo raccolgono questo brusio e dicono a Gesù: « Maestro, c'è tua Madre e i tuoi fratelli. Sono là fuori, sulla via, e ti cercano perché ti vogliono parlare. Da' ordine che la folla si allontani perché essi possano venire a Te, perché certo un gran motivo li ha portati fin qui a cercarti ».
Gesù alza il capo e vede in fondo alla gente il viso angosciato di sua Madre che lotta per non piangere, mentre Giuseppe di Alfeo le parla concitatamente, e vede i segni di diniego di Lei, ripetuti, energici, nonostante l'insistenza di Giuseppe. Vede anche il viso imbarazzato di Simone, palesemente addolorato, disgustato... Ma non sorride e non ordina nulla. Lascia l'Afflitta nel suo dolore e i cugini là dove sono.
Abbassa gli occhi sulla folla e, rispondendo agli apostoli vicini, risponde anche a quelli lontani che tentano di far valere il sangue più del dovere.
« Chi è mia Madre? Chi sono i miei fratelli? ».
Gira l'occhio, severo nel volto che impallidisce per questa violenza che si deve fare, per mettere il dovere al di sopra dell'affetto e del sangue e per fare questa sconfessione del suo legame alla Madre per servire il Padre, e dice , accennando con un largo gesto la folla che si pigia intorno a Lui al lume rosso delle torce e alla luce argentea della luna quasi piena: « Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli. Coloro che fanno la volontà di Dio sono i miei fratelli e sorelle, sono mia madre. Non ne ho altri. E i miei saranno tali se, per primi e con maggior perfezione di ogni altro, faranno la volontà di Dio fino al sacrificio totale di ogni altra volontà o voce di sangue e di affetto ».
La folla ha un mormorio più forte, come se fosse un mare sconvolto da un subito vento.
Gli scribi iniziano la fuga dicendo: « E’ un demonio! Rinnega persino il suo sangue! ».
I parenti avanzano dicendo: « E’ un folle! Tortura persino sua Madre! ».
Gli apostoli dicono: « In verità che in questa parola c'è tutto l'eroismo! ».
La folla dice: « Come ci ama! ».
A fatica, Maria con Giuseppe e Simone fendono la folla. Lei tutta dolcezza, Giuseppe tutto furia, Simone tutto imbarazzo. Giungono presso a Gesù.
E Giuseppe lo investe subito: « Sei folle! Offendi tutti. Non rispetti neppure tua Madre. Ma ora sono qui io e te lo impedirò. E vero che vai come lavorante qua e là? E allora, se vero è, perché non lavori nella tua bottega, sfamando tua Madre? Perché menti dicendo che il tuo lavoro è la predicazione, ozioso e ingrato che sei, se poi vai al lavoro prezzolato in casa estranea? Veramente mi sembri preso da un demonio che ti travia. Rispondi! ».
Gesù si volta e prende per mano il bambino Giuseppe, se lo tira vicino e poi lo alza tenendolo per le ascelle e dice: « Il mio lavoro fu sfamare questo innocente e i suoi parenti e persuaderli che Dio è buono. E’ stato predicare a Corozim l'umiltà e la carità. E non a Corozim soltanto. Ma anche a te, Giuseppe, fratello ingiusto. Ma lo ti perdono perché ti so morso da denti di serpe. E perdono anche a te, Simone incostante. Non ho nulla da perdonare né da farmi perdonare da mia Madre, perché Ella giudica con giustizia. Il mondo faccia ciò che vuole. Io faccio ciò che Dio vuole. E con la benedizione del Padre e della Madre mia sono felice più che se tutto il mondo mi acclamasse re secondo il mondo. Vieni, Madre. Non piangere. Essi non sanno ciò che fanno. Perdonali ».
« Oh! Figlio mio! Io so. Tu sai. Non c'è altro da dire ... ».
« Non c'è altro da dire fuorché alla gente questo: "Andate in pace"».
E Gesù benedice la folla e poi, tenendo con la destra Maria, con la sinistra il bambino, si avvia alla scaletta e la sale per il primo.
12.2 L’eloquenza dell’Uomo-Dio
Ho già scritto in passato che l’Uomo-Dio valtortiano è un uomo che parla da ‘Dio, ma sarebbe meglio dire che è un Dio che parla da uomo, in maniera eccelsa, adeguandosi tuttavia al nostro livello mentale per rendersi comunque a noi comprensibile.
Nei tre libri che ho scritto di commento al vangelo di Giovanni (dove predominano i discorsi maestosi di Gesù a sfondo dottrinario, tratti dall’Opera di Maria Valtorta) questo aspetto di eloquenza divina si coglie in maniera più evidente che non negli episodi raccontati dai tre sinottici, dove prevale invece il Gesù-umano.
Ma da questo brano che avete letto potrete comunque cogliere un piccolo esempio della sua capacità dialettica e della sua sapienza.
Mi ricordo che Gesù – in qualche passo dell’opera della nostra mistica – aveva commentato che lo stile letterario dei vangeli era molto sintetico e semplice perché questi riportavano l’essenza dei concetti, per di più scritti da apostoli che non erano letterati. Nella realtà Egli, Uomo-Dio, sapeva però adattare il suo linguaggio a seconda delle circostanze e degli ascoltatori, e comunque lo sapeva rendere perfettamente comprensibile anche quando esprimeva concetti difficili.
Ora, già che ci siamo, vi spiego il perché.
Quando Dio parla, quando il Padre parla attraverso il suo Verbo che è la sua Parola, è lo Spirito Santo che ne illumina il significato nella mente anche semplice di chi - con spirito di buona volontà – lo ascolta.
Se non vogliamo poi limitarci a considerare l’abilità oratoria o la dialettica di Gesù, pensate qui alla sua logica.
Interessanti quelle sue spiegazioni sul modo di ragionare del Diavolo che si guarda bene dal liberare di propria iniziativa gli indemoniati perché non vuol certo indebolire il suo regno.
Lo stesso dicasi dell’esempio di Roma che riusciva a portare avanti la sua politica di potenza imperiale proprio perché era unita al proprio interno, esempio che i giudei conoscevano per esperienza diretta sulla propria pelle,
Interessante, ancora, la spiegazione sul peccato contro lo Spirito Santo, l’unico peccato che non viene perdonato da Dio.
Lo Spirito Santo sa infatti rivelare certe sue verità con una tale limpidezza ed evidenza che ogni posizione dell’uomo contro queste verità non può dipendere che dalla volontà proterva di compiere l’errore.
In questo brano valtortiano i farisei e gli scribi cominciano ad ‘assaggiare’ la veemenza di certe invettive di Gesù – che ritroveremo successivamente in altri brani di vangelo – motivate proprio dal fatto che essi volontariamente ed in malafede volevano ignorare la potenza dello Spirito Santo che si rivelava attraverso le sue parole.
Fra i due Gesù che parlano, quello di Matteo e quello della visione di Maria Valtorta, quale vi pare più ‘reale’?
E che ne dite di quelle spiegazioni sulle possessioni e sulla liberazione quando l’ex posseduto – magari liberato per volontà dei parenti che lo trascinano da un esorcista ma tutt’altro che convinto a difendersi poi con un cammino di conversione e preghiera da nuovi attacchi del Demonio – apre nuovamente la porta al Nemico che vi ritorna in forze per non esserne più scacciato?
Sono esperienze note a molti esorcisti.
Nei miei libri – commentando i vangeli alla luce dell’opera della nostra mistica – ho sempre dedicato molto spazio e studio alle possessioni e alle liberazioni, sicuro come sono che se non ci convinciamo della realtà del demonio la nostra guerra contro il Nemico è già perduta in partenza.
Sono convinto che se si mettessero insieme tutti gli episodi valtortiani a questo riguardo se ne potrebbe ricavare il più prezioso saggio di demonologia.
12.3 I ‘mariti’ della Madonna e i ‘fratelli’ di Gesù
Da questo episodio, ancora, si comprende poi il difficile rapporto personale – in quel momento - fra Gesù e i suoi cugini, detti anche ‘fratelli’.
Nei vangeli si citano più volte i parenti di Gesù.
Qui incontriamo Giuseppe e Simone d’Alfeo, dei quali ho già parlato in precedenza 2.
Dall’opera valtortiana si evince che San Giuseppe aveva avuto un fratello di nome Alfeo, il quale a sua volta aveva avuto quattro figli.
Giuseppe e Simone erano i più grandi, mentre i ‘minori’ erano Giacomo e Giuda, coetanei e compagni di giochi di Gesù, che poi lo avrebbero seguito come apostoli.
Secondo l’uso ebraico di allora il termine ‘fratello’ indicava non solo una fratellanza stretta di sangue ma anche una parentela stretta come quella di cugini primi.
Ma per taluni ogni pretesto è buono per attaccare Gesù e metterne in dubbio la divinità.
Il voler interpretare la parola ‘fratelli’ solo nel senso linguistico che diamo noi oggi a questo termine – come una volta avevano cercato di fare con me alcuni ‘testimoni di Geova’ che speravano di ‘convertirmi’ senza neanche lontanamente immaginare in che mani fossero capitati, visto che ero poi io che cercavo di convertire loro - serviva a rafforzare la tesi che Gesù non fosse Dio e che avesse avuto ‘origini’ del tutto ‘umane’.
Ed è così che l’ineffabile Renan, ne ‘La vita di Gesù’ – dopo aver premesso che Maria e Giuseppe erano di ‘mediocri’ condizioni – a proposito di Gesù aggiunge: ‘…la sua famiglia era molto numerosa: forse c’erano stati più matrimoni invece di uno e Gesù aveva fratelli e sorelle dei quali pare fosse il maggiore’.
Qui Renan – in un colpo solo - oltre che il concepimento divino di Gesù ‘sistema’ anche l’onorabilità di Maria e la sua ‘verginità’, presentando per di più la Madonna come una… ‘vedova allegra’.
Del resto Renan – facendo lavorare la sua fantasia - si spingeva anche più in là scrivendo testualmente che ‘…la bellezza di Maria, ritenuta un dono, era in realtà comune alle donne di Nazareth piene di grazia e di languore, del tipo siriano’.
Un po’ come suggerire surretiziamente: ‘Era bella e…languida, ecco perché si è sposata più volte…!’.
Ovviamente uno come Renan non credeva al Peccato originale che considerava un ‘mito’ ma, come ho già avuto occasione di spiegare a fondo3, il Peccato originale – un peccato intellettuale e pertanto spirituale – turbò l’equilibrio originario dei primi due progenitori, producendo – per via dell’unità psicosomatica dell’uomo – conseguenze molto negative sul metabolismo e sulle originarie caratteristiche genetiche che ne risultarono alterate.
Il Peccato originale, peccato dello spirito che si ripercosse dunque anche sul corpo, cominciò ad operare progressivamente come un virus che sempre più produce effetti devastanti.
Gli uomini divennero progressivamente sempre meno sani, meno longevi e…meno belli.
Certi individui bellissimi – almeno fisicamente – che ogni tanto oggi incontriamo, non sono altro che frutto di una combinazione casuale di cromosomi, pur tuttavia pallide copie della bellezza originaria che una volta apparteneva ai due Progenitori prima del Peccato.
Maria, e come lei Gesù, erano la Nuova Eva ed il Nuovo Adamo.
Essi - come si comprende dall’Opera - erano spiritualmente perfetti e fisicamente belli perché erano stati concepiti indenni dal Peccato originale: Lei dovendo ospitare nel suo seno il Verbo purissimo, Lui – essendo Dio incarnato, nemico del Peccato – non potendo coabitare, una volta incarnato, con una natura d’uomo che fosse stata contaminata dal Peccato.
Ma ritornando al tema dei parenti di Nazareth, Maria e Giuseppe avevano loro nascosto fin dall’inizio la natura divina del concepimento di Gesù. Ciò non soltanto perché sarebbe stato per essi difficile credere ad un fatto del genere ma perché Maria e Giuseppe – ispirati – avevano intuito che dovevano mantenere la cosa segreta fino al momento in cui Dio avesse deciso diversamente.
Il bimbo doveva essere ‘umanamente’ protetto dai genitori che avvertivano al riguardo una tremenda responsabilità.
L’angelo che in sogno aveva ordinato a San Giuseppe di prendere il bambino e sua madre e di fuggire in Egitto aveva fatto bene intendere quale sorte potesse essere riservata umanamente al Messia, e la strage degli innocenti ordinata successivamente da Erode ne fu una conferma.
Il segreto sulla vera natura di Gesù – nei progetti di Dio – avrebbe dovuto rimanere tale fino al momento dell’inizio della missione di evangelizzazione, quando in effetti il segreto smise di essere tale in occasione della manifestazione di Dio-Padre durante il Battesimo del Giordano.
Quando dunque Gesù, giunto il momento, decise di lasciare la propria mamma ormai vedova a Nazareth, i parenti – in particolare Giuseppe e Simone con il loro padre Alfeo - ne rimasero contrariati.
Quale meraviglia poi – sentendo le notizie che venivano loro riportate anche dai luoghi più lontani – nell’apprendere che quel loro giovane cugino si era messo a far miracoli, resuscitare morti e nel sentire che – lui che era figlio del loro zio Giuseppe, il fratello del loro padre – si dichiarava invece ‘Messia e Figlio di Dio’.
E infatti – da altri passi dell’opera valtortiana – si capisce che essi non credevano alla sua ‘messianicità’ ma pensavano che egli nei suoi ‘slanci’ profetici si fosse un poco troppo ‘esaltato’.
Essi non avrebbero dunque fatto fatica a pensarla in quel momento come Renan che – sempre nella sua ‘Vita di Gesù’ – scrive: “L’attesa messianica era insomma una attesa frutto di frustrazioni e di sogni. Il termine di ‘figlio di Dio’ è stato attribuito a Gesù Cristo in quanto egli venne considerato l’interprete di questi sogni: termine giusto, naturalmente, perché Gesù Cristo seppe far fare un enorme balzo in avanti alla storia, ma che non stava certo a significare che Gesù fosse veramente ‘figlio di Dio’ ”.
In ogni caso i ‘fratelli’, cioè i cugini-parenti di Gesù, gli volevano bene e in seguito, proprio quando negli ultimi mesi il clima si farà incandescente, essi crederanno finalmente in lui, convertendosi e sostenendolo sino alla fine.
12.4 Giona: anche la Bibbia, qualche volta, si può leggere sorridendo
Rileggendo il testo del Vangelo di Matteo riportato all’inizio del capitolo, attiro infine la vostra attenzione su quella frase in cui Gesù – ai farisei e scribi che gli chiedono un ‘segno’ che comprovi la sua natura messianica - risponde ‘Questa generazione malvagia e infedele chiede un segno, ma non le sarà dato altro segno che quello del profeta Giona…’.
Questa accusa di malvagità e infedeltà rimane senza seguito nel testo sintetico di Matteo, ma in quello valtortiano appena letto emerge invece in tutta la sua limpidezza.
Scribi e farisei non chiedono peraltro a Gesù cosa significhi il ‘segno’ di Giona che lui darà loro – segno che noi sappiamo essere ‘figura’ dei tre giorni in cui Gesù sarebbe rimasto dopo la morte nella tomba per poi risorgere come Uomo-Dio con il suo corpo glorificato – ma protestano e gli chiedono come mai egli li apostrofi in quel modo definendo la loro generazione come adultera e malvagia…
Lapidaria e imprevedibile la risposta del Gesù valtortiano: « Siete adulteri perché avete respinto il soprannaturale maritaggio con la Legge divina e avete sposato, in seconda adultera unione, la legge di Satana. Non siete circoncisi che in un membro caduco. Il cuore non è più circonciso. E malvagi siete, perché vi siete venduti al Maligno. Ho detto ».
A questo punto potrei anche chiudere questo mio commento al Vangelo di Matteo, se non fossi sicuro che a voi – non essendo come gli scribi e i farisei - rimarrebbe ancora una curiosità insoddisfatta, quella di saperne qualcosa di più su Giona e sul suo ‘segno’.
Allora vi trascriverò quanto in maniera semiseria, anzi del tutto poco seria, io ebbi già occasione di raccontare una volta che - dopo aver letto il testo, serio, della storia di Giona raccontata nella Bibbia - mi trovai a parlare di Resurrezione:4
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Giona era un profeta – a dire il vero un po’ renitente all’adempiere alla sua missione di annunziare la Parola di Dio - che avrebbe dovuto andare nella nemica città di Ninive, la cui malvagità era giunta al colmo - a profetizzarne la distruzione da parte di Dio se gli abitanti non si fossero convertiti.
Una persona normale si sarebbe preoccupata di andare a predicare la distruzione proprio in casa dei nemici storici di Israele.
Ma i profeti – si sa – non sono persone normali e così Giona – a parte la paura di andare a predicare la distruzione in casa degli altri – aveva anche paura che il Signore, vedendoli convertiti, si commuovesse e cambiasse idea.
E così Giona fa quello che avrebbe fatto uno di noi: prende un biglietto su una nave da crociera di quei tempi e – illudendosi di poter scappare da Dio - se la fila nella direzione opposta, cioè destinazione Tarsis che era in Spagna, che a quell’epoca era un po’ come dire ai confini del mondo allora conosciuto, perché dopo c’era l’Atlantico e l’America non l’avevano ancora scoperta.
Ma scoppia una terribile tempesta che mette in pericolo la nave su cui egli viaggia e tutto l’equipaggio.
L’equipaggio, molto pagano, subodora che a bordo ci deve essere un ‘menagramo’, getta i dadi a sorte per sapere chi è che porta jella e – jella estrema! – i dadi ‘ ‘marcano’ Giona il quale – pentito nel frattempo per quella sua fuga, che oltretutto stava finendo male - confessa che quella tempesta è stata voluta dal suo Dio per le sue colpe ma che se essi avessero voluto placare il suo Dio e salvarsi avrebbero sempre potuto immolare lui, Giona, gettandolo in mare.
Non so se la sua fosse stata una battuta allo stile inglese.
Quelli gli credono, lo ringraziano e …lo buttano in mare.
Ma il Signore – che certo doveva aver apprezzato il suo pentimento e ancor di più l’offerta della sua vita, ma che doveva aver anche bisogno di lui per la missione - gli aveva preparato lì un gran pesce, che lo inghiotte tutto intero e nel cui ventre Giona sarebbe rimasto fin quando Dio – dopo aver tenuto Giona in ammollo per tre giorni e tre notti mentre lui pregava e ripregava promettendo che se Dio lo avesse salvato egli avrebbe adempito alla sua missione di predicazione – ordina al pesce di rigettarlo sulla spiaggia (sano e salvo!).
E infatti Giona va a Ninive, che allora era una città veramente grande che si stima avesse almeno seicentomila abitanti.
Nelle note di commento al Libro di Giona si dice che la stima degli abitanti è stata così fatta su base proporzionale tenendo conto del rapporto fra giovani e vecchi. Infatti – continua la nota - nel Libro è detto che Dio voleva salvare i niniviti ‘perché vi erano centoventimila persone che non sapevano distinguere la destra dalla sinistra’, e ciò sarebbe stata una espressione che - a quei tempi - significava che quelli erano fanciulli.
A me – ripensandoci un poco – viene invece in mente che il Signore potesse riferirsi agli adulti che non volevano saperne di convertirsi, come ai nostri tempi.
Comunque, fanciulli od adulti, Giona si mette a predicare e – sorpresa – i niviviti gli credono e cominciano a convertirsi sul serio, vestendosi di sacco, facendo digiuni, insomma cambiando vita.
Avrebbe dovuto essere soddisfatto Giona, no? E invece ci rimane male perché capisce che Dio – come lui aveva temuto fin dal primo momento – ne avrebbe avuto compassione e avrebbe finito per non distruggerli più.
Vi sembra strano? Ma guardate che per i profeti come Giona è una cosa normale. Se Ninive non fosse stata distrutta, i niniviti – una volta salvi - avrebbero potuto mettere in discussione, a posteriori, le sue qualità di profeta. Può succedere, anche a tanti ‘profeti’ odierni di certe sette che continuano a predire la fine del mondo. E’ umano: uno profetizza la fine del mondo, quella non avviene, e a lui gli dispiace, anche se lui è il primo a ‘salvarsi’ insieme agli altri. L’orgoglio e la vanità sono più forti della vita.
Comunque Giona, dopo aver predicato, addolorato della testardaggine del Signore nel voler salvare i nemici di Israele che secondo lui non avrebbero dovuto essere salvati anche perché di un’altra religione, si ritira a vivere in campagna, ma in una capanna, aspettando che passino i quaranta giorni di tempo che lui aveva dato ai niniviti e vedere cosa avrebbe fatto veramente il Signore, la cui compassione egli proprio non riusciva a capire, e al quale chiedeva implorandolo che Egli si prendesse l’anima sua perché – piuttosto che veder salvi i niniviti – preferiva morire lui prima.
Accipicchia…! Sarà stato profeta, ma era davvero tosto, quel Giona. Sfido che fosse risultato indigesto anche al pescecane.
Ma dentro alla capanna – si era in Assiria – c’era un caldo impossibile, e fuori…non c’era un filo d’ombra mentre Giona se ne stava seduto a vedere quel che sarebbe capitato alla città.
E allora il Signore fa spuntare d’incanto una pianta, un ricino che – se non lo sapete – ha delle belle foglie molto larghe e ombrose ma nasconde una sorpresa perché i suoi semi sono velenosi.
Giona è molto, molto soddisfatto e quella bell’ombra fresca lenisce il suo dispiacere.
Ma il Signore, all’alba del giorno dopo – sorpresa - fa seccare, servendosi di un baco velenoso che lo punge, quel ricino.
Sorge il sole, e viene anche un vento infocato. Clima desertico, rischio di insolazione. Giona – con la testa in fiamme – giace accasciato e – pensando addolorato al suo bel ricino distrutto - chiede al Signore la morte anche per sé piuttosto che sopravvivere in quel modo. Giona era depresso, lo dovete capire. E allora il Signore – che con Giona aveva confidenza - gli dice: ‘Ah! Tu te la prendi tanto perché ti è mancato il ricino che ti avevo dato e che non ti è costato nessuna fatica e che in una notte è nato e in una notte è morto? E, secondo te, non dovrei avere allora io dispiacere e compassione a distruggere una città grande come Ninive, dove ci sono più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra?’….
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Ecco perché – Giona – io lo capisco.
Lui predicava che Ninive sarebbe stata distrutta se i suoi abitanti non si fossero convertiti.
Io nei miei libri ‘predico’ spesso la ‘grande tribolazione’ di cui parla anche S. Giovanni nella sua Apocalisse con i tempi dell’Anticristo.
Ora si sa che le minacce del Signore sono spesso condizionate al comportamento degli uomini che - se si ravvedono almeno in parte - possono, almeno in parte, evitarle o attenuarle.
Ma se poi la ‘tribolazione’ non viene – grazie magari anche alle preghiere dei ‘santi’ - chi glie lo va a dire a quelli che mi leggono che è stato perché Dio aveva alla fin fine avuto dispiacere e compassione di loro come Egli dice a Giona di aver avuto per i niniviti?
L’unica, per non perdere la faccia, è ragionare come Giona verso i niniviti: meglio una bella tribolazione e non ci si pensa più….
O no?
1 M.V. ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 269.7/13 – Centro Editoriale Valtoriano
2 G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. II – Cap. 5.2 – Edizioni Segno
3 G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. II – Cap. 5: ‘L’evoluzione discendente e…l’uomo delinquente di Cesare Lombroso’ – Ed. Segno, 2002
4 G.L.: “Il Vangelo del ‘grande’ e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. III, Cap. 4 – Ed. Segno, 2000