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59.  L'indemoniato guarito nella sinagoga di Cafarnao.

2 novembre 1944.
Vedo la sinagoga di Cafarnao. E' già piena di folla in attesa.  Gente sulla porta occhieggia sulla piazza ancora assolata, benché sia verso sera.
Finalmente un grido: « Ecco il Rabbi che viene ».  La gente si volta tutta verso l'uscio, i più bassi si alzano sulle punte dei piedi o cercano di spingersi avanti.  Qualche disputa, qualche spintone, nonostante i rimproveri degli addetti alla sinagoga e dei maggiorenti della città.
« La pace sia su tutti coloro che cercano la Verità ».
Gesù è sulla soglia e saluta benedicendo a braccia tese in avanti.  La luce vivissima che è nella piazza assolata ne staglia l'alta figura, innimbandola di luce.  Egli ha deposto il candido abito ed è nel suo solito azzurro cupo.  Si avanza fra la folla, che si apre e si rinserra intorno a Lui come onda intorno ad una nave.
« Sono malato, guariscimi! » geme un giovane, che mi pare tisico all'aspetto, e prende Gesù per la veste.
Gesù gli pone la mano sul capo e dice: « Confida.  Dio ti ascolterà.  Lascia ora che lo parli al popolo, poi verrò a te ».
Il giovane lo lascia andare e si mette quieto.
« Che ti ha detto? » gli chiede una donna con un bambino in braccio.
« Mi ha detto che dopo aver parlato al popolo verrà a me». « Ti guarisce, allora? ».
« Non so.  Mi ha detto: " Confida ". Io spero ».
« Che ha detto?  Che ha detto? ». La folla vuol sapere.  La risposta di Gesù è ripetuta fra il popolo.
« Allora io vado a prendere il mio bambino ».
Ed io porto qui il mio vecchio padre ,.
« Oh! se Aggeo volesse venire! lo provo... ma non verrà ».
« Gesù ha raggiunto il suo posto.  Saluta il capo della sinagoga ed è salutato da questi.  E' un ometto basso, grasso e vecchiotto.  Per parlare a lui Gesù si china.  Pare una palma che si curvi su un arbusto più largo che alto.
« Che vuoi che ti dia? » chiede l'archisinagogo.
« Quello che credi, oppure a caso.  Lo Spirito guiderà ».
« Ma... e sarai preparato? ».
« Lo sono.  Dài a caso.  Ripeto: lo Spirito del Signore guiderà la scelta per il bene di questo popolo ».
L'archisinagogo stende una mano sul mucchio dei rotoli, ne prende uno, apre e si ferma a un dato punto. « Questo » dice.
Gesù prende il rotolo e legge il punto segnato: « Giosuè: “Alzati e santifica il popolo e di' loro: ' Santificatevi per domani perché, dice il Signore Dio d'Israele, l'anatema è in mezzo a voi, o Israele; tu non potrai stare a fronte dei tuoi nemici fino a tanto che non sia tolto di mezzo a te chi s'è contaminato con tal delitto’ “ Si ferma, arrotola il rotolo e lo riconsegna.
La folla è attentissima. 
Solo bisbiglia alcuno: « Ne udremo di belle contro i nemici! ». 
« E' il Re di Israele, il Promesso, che raccoglie il suo popolo! ».
« Gesù tende le braccia nella solita posa oratoria.  Il silenzio si fa completo.
« Chi è venuto per santificarvi si è alzato.  E' uscito dal segreto della casa dove si è preparato a questa missione.  Si è purificato per darvi esempio di purificazione.  Ha preso la sua posizione di fronte ai potenti del Tempio e al popolo di Dio, e ora è fra voi. lo sono.  Non come, con mente annebbiata e
fermento nel cuore, alcuni di voi pensano e sperano. Più alto e più grande è il Regno di cui Io sono il Re futuro e a cui vi chiamo.
Vi chiamo, o voi di Israele, prima d'ogni altro popolo, perché voi siete quelli che nei padri ebbero promessa di quest'ora e alleanza col Signore altissimo.  Ma non con turbe di armati, non con ferocie di sangue sarà formato questo Regno, e ad esso non i violenti, non i prepotenti, non i superbi, gli iracondi, gli invidiosi, i lussuriosi, gli avari, ma i buoni, i miti, i continenti, i misericordiosi, gli umili, gli amorosi del prossimo e di Dio, i pazienti, avranno entrata.
Israele!  Non contro i nemici di fuori sei chiamato a combattere.  Ma contro i nemici di dentro.  Contro quelli che sono in ogni tuo cuore.  Nel cuore dei dieci e dieci e diecimila tuoi figli.  Levate l'anatema del peccato da tutti i vostri singoli cuori, se volete che domani Dio vi raduni e vi dica: " Mio popolo, a te il Regno che non sarà più sconfitto, né invaso, né insidiato da nemici ".
Domani.  Quale, questo domani?  Fra un anno o fra un mese? Oh! non cercate!  Non cercate, con sete malsana, di sapere ciò che è futuro con mezzo che ha sapore di colpevole stregoneria.  Lasciate ai pagani lo spirito pitone.  Lasciate a Dio eterno il segreto del suo tempo.  Voi da domani, il domani che sorgerà dopo quest'ora di sera, e quella che verrà di notte, che sorgerà col canto del gallo, venite a purificarvi nella vera penitenza.
Pentitevi dei vostri peccati per esser perdonati e pronti al Regno.  Levate da voi l'anatema del peccato.  Ognuno ha il suo.  Ognuno ha quello che è contrario ai dieci comandi di salute eterna.  Esaminatevi ognuno con sincerità, e troverete il punto in cui avete sbagliato.  Umilmente abbiatene pentimento sincero.  Vogliate pentirvi.  Non a parole.  Dio non si irride e non si inganna.  Ma pentitevi colla volontà ferma, che vi porti a mutare vita, a rientrare nella Legge del Signore.  Il Regno dei Cieli vi aspetta.  Domani.
Domani? vi chiedete.  Oh! è sempre un domani sollecito l'ora di Dio, anche se viene al termine di una vita longeva come quella dei Patriarchi.  L'eternità non ha per misura di tempo lo scorrere lento della clessidra.  E quelle misure di tempo che voi chiamate giorni, mesi, anni, secoli, sono palpiti dello Spirito eterno che vi mantiene in vita.  Ma voi eterni siete nello spirito vostro, e dovete, per lo spirito, tenere lo stesso metodo di misurazione del tempo che ha il Creatore vostro.  Dire, dunque: " Domani sarà il giorno della mia morte ". Anzi, non morte per il fedele.  Ma riposo di attesa, in attesa del Messia che apra le porte dei Cieli.
E in verità vi dico che fra i presenti solo ventisette morranno dovendo attendere.  Gli altri saranno già giudicati prima della morte, e la morte sarà il passaggio a Dio o a Mammona senza indugio, perché il Messia è venuto, è fra voi e vi chiama' per darvi la Buona Novella, per istruirvi alla Verità, per salvarvi al Cielo.
Fate penitenza!  Il " domani " del Regno dei Cieli è imminente.  Vi trovi mondi per divenire possessori dell'eterno giorno.
La pace sia con voi ».
Si alza a contraddirlo un barbuto e impaludato israelita. 
Dice: « Maestro, quanto Tu dici mi pare in contrasto con quanto è detto nel libro secondo dei Maccabei, gloria d'Israele.  Là è detto: " E' infatti segno di grande benevolenza il non permettere ai peccatori di andare dietro per lungo tempo ai loro capricci, ma di dare subito mano al castigo.  Il Signore non fa come con le altre nazioni, che le aspetta con pazienza per punirle, venuto il giorno del giudizio, quando è colma la misura dei peccati ". Tu invece parli come se l'Altissimo potesse esser molto lento nel punirci, attendendoci, come gli altri popoli, al tempo del Giudizio, quando sarà colma la misura dei peccati.  Veramente i fatti ti smentiscono.  Israele è punito come dice lo storico dei Maccabei.  Ma, se fosse come Tu dici, non vi è dissapore fra la tua dottrina e quella chiusa nella frase che ti ho detto? ».
« Chi sei, Io non so.  Ma, chiunque tu sia, ti rispondo.  Non c'è dissapore nella dottrina, ma nel modo di interpretare le parole.  Tu le interpreti secondo il modo umano. lo secondo quello dello spirito.  Tu, rappresentante della  maggioranza, vedi tutto con riferimenti al presente e al caduco. lo, rappresentante di Dio, tutto spiego e applico all'eterno e al soprannaturale.Vi ha colpiti, sì, Geavè nel presente, nella superbia e nella giustizia d'esser un " popolo", secondo la terra.  Ma come vi ha amati e come vi usa pazienza, più che con ogni altro, concedendo a voi il Salvatore, il suo Messia, perché lo ascoltiate e vi salviate prima dell'ora dell'ira divina!  Non vuole più che voi siate peccatori.  Ma se nel caduco vi ha colpiti, vedendo che la ferita non sana, ma anzi ottunde sempre più il vostro spirito, ecco che vi manda non punizione ma salvezza.  Vi manda Colui che vi sana e vi salva. lo che vi parlo ».
« Non trovi di essere audace nel professarti rappresentante di Dio?  Nessuno dei Profeti osò tanto, e Tu... Chi sei, Tu che parli?  E per ordine di chi parli? ».
« Non potevano i Profeti dire di loro stessi ciò che lo di Me stesso dico. 
Chi sono?  L'Atteso, il Promesso, il Redentore. 
Già avete udito colui che lo precorre dire: " Preparate la via del Signore... Ecco il Signore Iddio che viene... Come un pastore pascerà il suo gregge, pure essendo l'Agnello della Pasqua vera ".
Fra voi sono quelli che hanno udito dal Precursore queste parole e hanno visto balenare il cielo per una luce che scendeva in forma di colomba, e udito una voce che parlava dicendo chi ero.  Per ordine di chi parlo?  Di Colui che è e che mi manda ».
« Tu lo puoi dire, ma puoi esser anche un mentitore o un illuso.  Le tue parole sono sante, ma talora Satana ha parole di inganno tinte di santità per trarre in errore.  Noi non ti conosciamo ».
« lo sono Gesù di Giuseppe della stirpe di Davide, nato a Betlem Efrata, secondo le promesse, detto nazareno perché a Nazaret ho casa.  Questo secondo il mondo.  Secondo Dio sono il suo Messo.  I miei discepoli lo sanno ».
« Oh! loro!  Possono dire ciò che vogliono e ciò che Tu fai loro dire ».
« Un altro parlerà, che non mi ama, e dirà chi sono.  Attendi che Io chiami un di questi presenti ».
Gesù guarda la folla che è stupita dalla disputa, urtata e divisa fra opposte correnti.  La guarda, cercando qualcuno coi suoi occhi di zaffiro, poi chiama forte: « Aggeo!  Vieni avanti.  Te lo comando ».
Grande brusio fra la folla, che si apre per lasciar passare un uomo, tutto scosso da un tremito e sorretto da una donna.
« Conosci tu quest'uomo? ».
« Sì.  E' Aggeo di Malachia, qui di Cafarnao.  Posseduto è da uno spirito malvagio che lo dissenna in furie repentine ».
« Tutti lo conoscono? ».
La folla grida: « Sì, sì ».
« Può alcuno dire che fu meco in parole, anche per pochi minuti? ».
La folla grida: « No, no, quasi ebete è, e non esce mai dalla sua casa, e nessuno ti ha visto in essa ».
« Donna, portalo a Me davanti ».
La donna lo spinge e trascina, mentre il poveretto trema più forte.
L'archisinagogo avverte Gesù: « Sta' attento!  Il demonio sta per tormentarlo... e allora si avventa, graffia e morde ».
La folla fa largo, pigiandosi contro le pareti.
I due sono ormai di fronte.  Un attimo di lotta.  Pare che l'uomo, uso al mutismo, stenti a parlare e mugola, poi la voce si forma in parola: « Che c'è fra noi e Te, Gesù di Nazaret?  Perché sei venuto a tormentarci?  Perché a sterminarci, Tu, Padrone del Cielo e della terra?  So chi sei: il Santo di Dio.  Nessuno, nella carne, fu più grande di Te perché nella tua carne d'uomo è chiuso lo Spirito del Vincitore eterno. Già mi hai vinto in... ».
« Taci!  Esci da costui.  Lo comando ».
L'uomo è preso come da un parossismo strano.  Si dimena a strattoni come se ci fosse chi lo maltratta con urti e strapponate, urla con voce disumana, spuma e poi viene gettato al suolo da cui poi si rialza stupito e guarito.
« Hai udito?  Che rispondi ora? » chiede Gesù al suo oppositore.
L'uomo barbuto e impaludato fa una alzata di spalle e, vinto, se ne va senza rispondere.  La folla lo sbeffeggia e applaude Gesù.
« Silenzio.  Il luogo è sacro! » dice Gesù, e poi ordina: « A Me il giovane al quale ho promesso aiuto da Dio ».
Viene il malato.  Gesù lo carezza: « Hai avuto fede!  Sii sanato.  Va' in pace e sii giusto ».
Il giovane ha un grido.  Chissà che sente?  Si prostra ai piedi di Gesù e li bacia ringraziando: « Grazie per me e per la madre mia! ».
Vengono altri malati: un bimbo dalle gambine paralizzate. Gesù lo prende fra le braccia, lo carezza e lo pone in terra... e lo lascia.  E il bambino non cade, ma corre dalla mamma, che lo riceve sul cuore piangendo e che benedice a gran voce  « il Santo d'Israele ». Viene un vecchietto cieco, guidato dalla figlia.  Anche lui viene sanato con una carezza sulle orbite malate.
La folla è in un tumulto di benedizioni.
Gesù si fa largo sorridendo e, per quanto sia alto, non arriverebbe a fendere la folla se Pietro, Giacomo, Andrea e Giovanni non lavorassero di gomito generosamente e si aprissero un varco dal loro angolo sino a Gesù e, poi, lo proteggessero sino all'uscita nella piazza, dove ora non è più sole.
La visione termina così.

 

60.  Guarigione della suocera di Simon Pietro.


3 novembre 1944.
Pietro parla a Gesù.  Dice: « Maestro, io ti vorrei pregare di venire nella mia casa.  Non ho osato dirlo lo scorso sabato.  Ma... vorrei che Tu venissi ».
« A Betsaida? ».
« No, qui... in casa di mia moglie, la casa natìa, voglio dire ».
Perché questo desiderio, Pietro? ».
« Eh!... per molte ragioni... e poi, oggi mi è stato detto che mia suocera è malata.  Se Tu volessi guarirla, forse ti... ».
« Finisci, Simone ».
« Volevo dire... se Tu la avvicinassi, lei finirebbe... sì, insomma, sai, altro è sentir parlare di uno e altro è vederlo e udirlo, e se quest'uno, poi, guarisce, allora... ».
« Allora anche l'astio cade, vuoi dire ».
« No, astio no.  Ma sai... il paese è diviso in molti pareri, e lei... non sa a chi dare retta.  Vieni, Gesù ».
« Vengo.  Andiamo.  Avvertirete quelli che attendono che parlerò loro dalla tua casa ».
Vanno sino ad una casa bassa, più bassa ancora di quella di Pietro a Betsaida, e ancor più prossima al lago.  E' separata da questo da una striscia del greto e credo che nelle burrasche le onde vengano a morire contro le mura della casa, che, se è bassa, è in compenso molto larga, come fosse abitata da più persone.
Nell'orto, che si apre sul davanti della casa, verso il lago, non vi è che una vite vecchia e nodosa, stesa su una rustica pergola, e un vecchio fico che i venti del lago hanno tutto piegato verso la casa.  La chioma spettinata della pianta sfiora i muri di essa e bussa contro le impannate delle finestrelle, chiuse a riparo del vivo sole che batte sulla casetta.  Non c'è che questo fico e questa vite, e un pozzo basso e dal muretto verdastro.
« Entra, Maestro ».
Delle donne sono nella cucina, intente chi a rattoppare le reti e chi a preparare il cibo.  Salutano Pietro e poi si inchinano confuse davanti a Gesù e lo sbirciano, intanto, con curiosità.
« La pace sia a questa casa.  Come sta la malata? ».
« Parla, tu che sei la nuora più vecchia » dicono tre donne ad una che si sta asciugando le mani nel lembo della veste.
« La febbre è forte, molto forte.  L'abbiamo mostrata al medico, ma dice che è vecchia per guarire e che, quando quel male dalle ossa va al cuore e dà febbre, specie a quell'età, si muore. Non mangia più... Io cerco di farle cibi buoni, anche ora, vedi, Simone?  Le preparavo quella zuppa che le piaceva tanto. Ho scelto il pesce migliore, preso dai cognati.  Ma non credo possa mangiarla.  E poi... è così inquieta!  Si lamenta, urla, piange, impreca… ».
« Abbiate pazienza come vi fosse madre e ne avrete merito da Dio.  Conducetemi da lei ».
« Rabbi... Rabbi... io non so se ti vorrà vedere.  Non vuole vedere nessuno. lo non oso dirle: " Ora ti conduco il Rabbi " ».
Gesù sorride senza perdere la calma.  Si volge a Pietro: « Tocca a te, Simone.  Sei uomo e il più vecchio dei generi, mi hai detto.  Va' ».
Pietro fa una smorfia significativa e ubbidisce.  Traversa la cucina, entra in una stanza e, attraverso la porta, chiusa dietro lui, lo sento confabulare con una donna.  Mette fuori il capo e una mano, e dice: « Vieni, Maestro.  Fa' presto».  E aggiunge più piano, appena intelligibilmente:« Prima che cambi idea ».
Gesù traversa lesto la cucina e spalanca la porta.  Ritto sulla soglia, dice il suo dolce e solenne saluto: « La pace sia con te ». Entra, nonostante non gli si sia risposto.  Va presso ad un giaciglio basso su cui è stesa una donnetta tutta grigia, scarna, affannante per la forte febbre che le fa rosso il viso consumato.
Gesù si china sul lettuccio, sorride alla vecchietta: « Hai male? ».
« Muoio! ».
« No. Non muori.  Puoi credere che Io ti posso guarire? ».
« E perché lo faresti?  Non mi conosci ».
« Per Simone, che me ne ha pregato » ... e anche per te, per dare tempo alla tua anima di vedere e amare la Luce ».
« Simone?  Farebbe meglio a... Come mai Simone ha pensato a me? ».
« Perché è migliore di quanto tu credi.  Io lo conosco e so.  Lo conosco e sono lieto di esaudirlo ».
« Mi guariresti, allora?  Non morirò più?
« No, donna.  Per ora non morrai.  Puoi credere in Me? ».
« Credo, credo.  Mi basta non morire! ».
Gesù sorride ancora.  La prende per mano.  La mano rugosa e dalle vene gonfie sparisce nella mano giovanile di Gesù, che si raddrizza e prende il suo aspetto di quando fa miracolo e grida: « Sii guarita!  Lo voglio!  Alzati! » e le lascia andare la mano.  Che ricade senza che la vecchia si lamenti, mentre prima, nonostante Gesù gliel'avesse presa con molta delicatezza, l'averla mossa era costato un lamento all'inferma.
Un breve tempo di silenzio.  Poi la vecchia esclama forte: « Oh! Dio dei padri!  Ma io non ho più nulla!  Ma sono guarita!  Venite!  Venite! ».
Accorrono le nuore.
« Ma guardate! » dice la vecchia.
« Mi muovo e non sento più dolore!  E non ho più febbre!  Sentite come sono fresca.  E il cuore non sembra più il martello del fabbro.  Ah! non muoio più! ».
Non una parola per il Signore!
Ma Gesù non se la prende.  Dice alla più anziana delle nuore:«Vestitela, che si alzi.  Lo può fare ».  E si avvia per uscire. 
Simone, mortificato, si volge alla suocera: « Il Maestro ti ha guarita.  Non gli dici nulla? ».
« Certo!  Non ci pensavo.  Grazie.  Che posso fare per dirti grazie? ».
« Esser buona, molto buona.  Perché l'Eterno fu buono con te. E, se troppo non ti rincresce, lasciami riposare oggi nella tua casa.  Ho percorso nella settimana tutti i paesi vicini e sono giunto all'alba di questa mattina.  Sono stanco».
« Certo!  Certo!  Resta pure, se ti piace così ». 
Ma non c'è molto entusiasmo nel dirlo.
Gesù, con Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, va a sedersi nell'orto.
« Maestro!... ».
« Pietro mio? ».
« Io sono mortificato ».
Gesù fa un gesto come dicesse: « Lascia perdere ».  Poi dice: « Non è la prima e non sarà l'ultima che non sente riconoscenza immediata.  Ma non chiedo riconoscenza.  Mi basta dar modo alle anime di salvarsi. lo faccio il mio dovere.  A loro fare il loro ».
« Ah! ve ne sono stati altri così?  Dove? ».
« Simone curioso!  Ma ti voglio accontentare, nonostante non ami le inutili curiosità.  A Nazaret.  Ricordi la mamma di Sara? Era molto malata quando giungemmo a Nazaret e ci dissero che la bambina piangeva.  Per non fare di essa, che è buona e mite, un'orfana e domani una figliastra, sono andato a trovare la donna... volevo guarirla... Ma non avevo ancora posto piede nella casa che il marito di lei e un fratello mi cacciarono dicendo: " Via, via!  Non vogliamo noie con la sinagoga ". Per loro, per troppi sono già un ribelle... L'ho guarita lo stesso... per i suoi bambini.  E a Sara, che era nell'orto, ho detto accarezzandola: " Guarisco tua madre.  Va' a casa.  Non piangere più ". E la donna è guarita nello stesso momento e la bambina glielo ha detto, e anche al padre e allo zio... E fu castigata per aver parlato con Me.  Lo so, perché la bambina m'è corsa dietro mentre lasciavo il paese... Ma non importa ».
« lo la facevo tornare malata ».
« Pietro! ». Gesù è severo.
« E' questo che Io insegno a te e agli altri?  Cosa hai sentito sulle mie labbra dalla prima volta che mi hai udito?  Di che ho sempre parlato come condizione prima per esser veri miei discepoli? ».
« E' vero, Maestro.  Sono una vera bestia.  Perdonami.  Ma... non posso sopportare che non ti amino! ».
« Oh!  Pietro!  Vedrai ben altro disamore!  Tante sorprese avrai, Pietro!  Persone che il mondo cosiddetto " santo " sprezza come pubblicano e che invece saranno al mondo di esempio, e esempio non seguito da coloro che li disprezzano.  Pagani che saranno fra i miei più grandi fedeli.  Meretrici che tornano pure, per volontà e penitenza.  Peccatori che si emendano... ».
« Senti, che si emendi un peccatore... può essere ancora.  Ma una meretrice e un pubblicano!... ».
« Tu non lo credi? ».
« Io no ».
« Sei in errore, Simone.  Ma ecco tua suocera che viene a noi ».
« Maestro... io ti prego di sedere alla mia tavola ».
« Grazie, donna.  Dio te ne compensi ».
Entrano nella cucina e si siedono a tavola, e la vecchia serve gli uomini, con larga distribuzione di pesce in zuppa e arrostito.
« Non ho altro che questo » si scusa.
E, per non perderci l'abitudine, dice a Pietro: « Fin troppo fanno i tuoi cognati, soli come sono rimasti da quando tu sei andato a Betsaida!  E almeno fosse servito a far più ricca mia figlia... Ma sento che ben sovente tu sei assente e non peschi ».
« Seguo il Maestro.  Sono stato con Lui a Gerusalemme e il sabato sto con Lui.  Non perdo il tempo in gozzoviglie ».
« Ma non guadagni, però.  Faresti meglio, già che vuoi fare il servo del Profeta, di trasferirti qui di nuovo.  Almeno, quella povera creatura di mia figlia, mentre tu fai il santo, avrà i parenti che la sfamano ».
« Ma non ti vergogni di parlare così davanti a Lui che ti ha guarita? ».
« Io non critico Lui.  Lui fa il suo mestiere.  Critico te, che fai il fannullone.  Tanto, tu non sarai mai un profeta né un sacerdote.  Sei un ignorante e un peccatore, un buono a nulla ».
« Hai ragione che c'è Lui, se no....».
« Simone, tua suocera ti ha dato un ottimo consiglio.  Puoi pescare anche da qua.  Pescavi anche prima a Cafarnao, a quel che sento.  Puoi tornarci anche ora ».
« E abitare qui di nuovo?  Ma Maestro, Tu non... ».
« Buono, Pietro mio.  Se tu sarai qui, sarai sul lago o con Me. Perciò, che ti è essere o non essere in questa casa?». 
Gesù ha messo la mano sulla spalla di Pietro e pare che la calma di Gesù passi nel bollente apostolo.
« Hai ragione.  Hai sempre ragione.  Lo farò.  Ma... e questi? » e accenna Giovanni e Giacomo, suoi soci.
« Non possono venire loro pure? ».
« Oh! il padre nostro, e la madre soprattutto, saranno sempre più felici di saperci con Te che con loro.  Non faranno ostacolo ».
« Forse anche Zebedeo verrà » dice Pietro.
« E' più che probabile.  E con lui altri.  Verremo, Maestro, senza fallo verremo».
« E' qui Gesù di Nazaret? » chiede un bambinello che si affaccia all'uscio.
« E' qui.  Entra ».
Viene avanti un bambino, che riconosco per uno di quelli delle prime visioni di Cafarnao, e precisamente per quello che, ruzzolato fra i piedi di Gesù, ha promesso d'esser buono... per mangiare il miele del Paradiso.
« Piccolo amico, vieni avanti » dice Gesù.
Il bambino, un poco intimorito da tanta gente che lo guarda, si rinfranca e corre da Gesù, che lo abbraccia e se lo pone sulle ginocchia e gli dà un pezzetto del suo pesce su una fettina di pane.
« Ecco, Gesù.  Questo è per Te.  Anche oggi quella persona mi ha detto: " E' sabato.  Porta questo al Rabbi di Nazaret e di' al tuo amico che preghi per me ". Lo sa che sei il mio amico!...». Il bambino ride felice e mangia il suo pane e pesce.
« Bravo, piccolo Giacomo!  Dirai a quella persona che le mie preghiere salgono al Padre per lui ».
« E' per i poveri? » chiede Pietro.
« Sì ».
« E' sempre la solita offerta?  Guardiamo ».
Gesù consegna la borsa.  Pietro rovescia le monete e conta. « Sempre la stessa forte somma!  Ma chi è questa persona?  Di', bambino!  Chi è? ».
« lo non lo devo dire e non lo dirò ».
« Che prepotente!  Su, sii buono e ti darò delle frutta ».
« Io non lo dirò né se mi insulti, né se mi carezzi ».
« Ma sentite che lingua! ».
« Giacomo ha ragione, Pietro.  Mantiene la parola data; lascialo in pace ».
« Tu, Maestro, sai chi è questa persona? >,.
Gesù non risponde.  Si occupa del bambino, a cui dà un altro pezzetto di pesce arrostito, ben mondato dalle spine.  Ma Pietro insiste e Gesù deve rispondere.
« Io so tutto, Simone ».
« E noi non lo possiamo sapere? ,.
« E tu non guarirai mai dal tuo difetto? ».
Gesù rimprovera ma sorride.  E aggiunge: « Presto lo saprai.  Perché, se il male occulto vorrebbe essere, e non sempre può rimanere tale, il bene, anche se occulto vuol essere per esser meritorio, viene un giorno scoperto per gloria di Dio, la cui natura risplende in un suo figlio.  La natura di Dio: l'amore.  E costui l'ha compreso, perché ama il suo prossimo.  Va', Giacomo.  Porta a quella persona la mia benedizione ».
La visione cessa così.


3.3 Ritornando sulle due nature di Gesù e sulla ‘natura’ della suocera di Pietro

Rimango assorto a meditare su questi due episodi.
Non so che impressione abbiano fatto a voi.
Ma io li ho letti, riletti ancora, soppesando ogni parola, scrutando i particolari apparentemente meno significativi.
Mi sembrava di esserci anch’io, insieme alla Valtorta e a voi, a guardare quelle scene dall’alto.
Maria Valtorta non può essersi inventata delle scene così, con quelle descrizioni.
Gli episodi narrati dai vangeli appaiono credibili ma – con rispetto parlando - molto ‘rozzi’ nella loro semplicità narrativa, rispetto a queste visioni.
Si capisce che essi ne rappresentano una sintesi, ma che il vero fatto deve essere stato quello descritto in visione.
Troppo vero per non essere  vero.
Maria Valtorta quelle scene le vedeva e quei dialoghi li sentiva davvero, oltre ad essere illuminata per poterli descrivere in quel modo.
Ma sono i particolari, quelli più rivelatori.
L’ambientazione, il comportamento della folla, i mormorii, i commenti, i dialoghi, le battute.
E quel personaggio barbuto, spocchioso e paludato che si alza in mezzo all’assemblea e cerca di prendere Gesù in castagna?
‘Chi sei, Io non so. Ma chiunque tu sia, ti rispondo…’ così gli replica Gesù.
Ma che vuol dire che Lui non lo sa? Non era forse Dio, Gesù? E se era Dio non era forse onnisciente così da dover sapere chi fosse quel tizio?
Ecco, questo è proprio uno dei casi che vi avevo spiegato all’inizio del precedente capitolo sulle due nature di Gesù, divina ed umana, dove la divina emergeva a sprazzi quando il Verbo che era in  Lui, che è anche Parola, decideva che bisognava manifestarsi per le esigenze della predicazione o della missione.
Il Gesù che, nel silenzio muto della Sinagoga, tende le braccia ed inizia il suo discorso sul Regno dei Cieli, è il Verbo che parla con linguaggio umano per rendersi intelleggibile agli uomini.
Il Gesù che, finito il discorso, risponde al tipo paludato è invece di nuovo il Gesù-uomo, che infatti replica con quel ‘Chi sei, Io non so…’, perché in quanto ‘uomo’ non ha l’onniscienza.
L’onniscienza la dimostra invece il Gesù-Dio pochi attimi dopo quando trae fuori dalla folla l’indemoniato Aggeo, che il Gesù-uomo non aveva mai conosciuto, per esorcizzarlo, facendo testimoniare proprio dal demone che lo possedeva chi fosse realmente Gesù, e cioè il Santo di Dio.
L’opera valtortiana è straordinaria e non sono pochi i brani nei quali Gesù inizia a parlare come uomo, continua come Verbo, assume la personalità del Padre per concludere magari con quella dello Spirito Santo, o viceversa.
Un unico discorso senza soluzione di continuità durante il quale Dio, Uno e Trino, si mostra con piccoli ma significativi particolari nelle sue tre diverse persone, ben identificabili una volta che si sia acquistata dimestichezza nello studio dell’opera e del suo linguaggio.
E la suocera di Pietro? Poche pennellate, ma… che quadro, quello che emerge da quelle battute!
Quale egoismo, e come sono reali quelle sferzate che lei gli flagella di fronte a tutti, di fronte anche a Gesù.
Che umiliazione quell’accusa rovente di non aver saputo far ricca ‘quella povera creatura di sua figlia’, mentre lui – Pietro – se ne andava in giro a perder tempo dandosela da ‘santo’.
Per inciso, nell’Opera, ‘quella povera creatura di sua figlia’ si chiama Porfirea, è una gran brava donna - proprio l’opposto della madre - e diventerà anch’ella una premurosa discepola di Gesù, con le altre donne del gruppo apostolico come Maria Maddalena, sorella di Marta e di Lazzaro, Giovanna, moglie di Cusa, Maria Salomè, mamma di Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, e Maria di Cleofe, detta anche Maria d’Alfeo, madre dei due fratelli Giuda e Giacomo d’Alfeo, i due futuri apostoli cugini di Gesù.
E come è comprensibile quel panico di Pietro, di fronte al suggerimento di Gesù al quale egli per amore non osa opporsi, all’idea di trasferirsi nuovamente da Betsaida a Cafarnao, per dormire sotto lo stesso tetto e mangiare alla stessa tavola della suocera.
Tetto e tavola che Pietro conosceva bene perché dall’opera si capisce che lui, pur essendo di Betsaida, sposandosi si era trasferito con la moglie in quella casa della suocera a Cafarnao, salvo poi rientrarsene alla prima occasione a Betsaida, e ora forse ne capiamo il perché.
Infine c’è l’episodio del bambinello Giacomo.
Insignificante di per sé, ma acquisterà una sua grande luce nell’opera valtortiana una quarantina di capitoli dopo.
Al momento della conversione di Matteo e della sua chiamata nel gruppo apostolico, Gesù dirà finalmente agli altri apostoli - esterrefatti che vi venisse ammesso quel pubblico peccatore di un pubblicano - che quel misterioso sconosciuto personaggio che attraverso l’interposta persona del bambino faceva loro regolarmente pervenire ricchi oboli per i poveri e per il sostentamento del gruppo apostolico altri non era che Matteo, desideroso di espiazione e di redenzione.
Convinto di rimanere ignoto al Gesù-uomo, Matteo non poteva sapere di non poterlo essere di fronte all’occhio spirituale del Gesù-Messia, che infatti - conoscendo il suo cuore - lo avrebbe poi chiamato a sé.5
Di Matteo e della sua conversione avevo parlato a lungo nel primo capitolo del precedente volume quando avevo spiegato perché – nell’accingermi a scrivere un commento ai tre vangeli dei ‘sinottici’ – avessi voluto far perno più sul vangelo di Matteo che su quelli di Luca e Marco, indicando le sette ragioni che mi avevano spinto a procedere così.
Penultima, la ragione che lui mi rassomigliava non tanto perché fosse ‘ladro’ ma perché era un gran peccatore, l’ultima perchè – nell’episodio commovente della chiamata e del successivo pranzo in casa sua narrato dalla nostra mistica – aveva finito per farmi proprio una gran tenerezza.
Ma ritornando a Pietro, egli – in questi episodi – era ancora un discepolo ai primi passi che ‘seguiva’ Gesù  saltuariamente, per via del proprio lavoro.
Solo successivamente, in occasione dell’episodio della pesca miracolosa, Pietro deciderà di mollar tutto e di seguirlo in pianta stabile.
Ma ora, ripensandoci…, mi viene un dubbio finale.
Non sarà invece che – dopo il futuro episodio della ‘pesca’- Pietro  deciderà di mollar tutto e farsi ‘apostolo’ per timore di quella nuova coabitazione forzata con la suocera che Gesù gli aveva prospettato?


5 G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. I - Cap. 1 – Ed. Segno