(Il Vangelo secondo Luca – La Sacra Bibbia – Edizioni Paoline, 1968)
(V.Messori: ‘Patì sotto Ponzio Pilato?’ -  S.E.I.)
(V.Messori: ‘Ipotesi su Gesù’ – S.E.I.)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 41 – Centro Editoriale Valtortiano)
(G.L.: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 92 - Edizioni Segno)

10. Israele per la sua mala volontà perderà la pace e soffrirà in sé, per dei secoli,
ciò che farà soffrire al suo Re, che sarà da esso ridotto il Re di dolore di cui parla Isaia

 
Lc 2, 41-52:

I suoi genitori erano soliti andare a Gerusalemme ogni anno, per la Festa di Pasqua.
Or, quando egli ebbe dodici anni, si recarono alla festa, secondo il solito.
Passati quei giorni, al loro ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme; senza che i suoi genitori lo sapessero.
Credendo ch’egli fosse fra la comitiva, fecero una giornata di cammino, poi lo cercarono fra i parenti e i conoscenti.
Ma, non avendolo trovato, ritornarono a Gerusalemme in cerca di lui.
E avvenne che, dopo tre giorni, lo ritrovarono nel Tempio, seduto in mezzo ai dottori, ad ascoltarli e interrogarli.
Or, tutti quelli che l’ascoltavano si stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte.
Vedendolo ne furono meravigliati e sua madre gli disse: « Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco tuo padre ed io, addolorati, andavamo in cerca di te ».
Egli rispose loro: « Perché mi cercavate? Non sapevate che io mi devo occupare di quanto riguarda mio Padre? ».
Ma essi non compresero quello che aveva loro detto.
Poi scese con essi, tornò a Nazareth e stava loro sottomesso.
E sua Madre custodiva tutti questi ricordi in cuor suo.
Intanto Gesù cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini.

 

10.1.  Non è che non avessero compreso, ma è che i genitori dovevano aver ‘fatto finta’ di non capire…

Dopo il rientro dall’Egitto – rientro che Maria Valtorta, in un’altra delle sue visioni, inquadra ad occhio intorno ad una età apparente di Gesù di cinque anni – la Famiglia si stabilisce dunque a Nazareth.
Giuseppe riprende la sua attività di falegname mentre la vita assume per la famigliola un ritmo tranquillo, scandito dalle ‘lezioni’ giornaliere che Maria impartisce al figlioletto Gesù ed ai cuginetti Giacomo e Giuda, figli di Alfeo, che sarebbero – circa venticinque anni dopo - divenuti apostoli.
Alfeo – come già detto - era un fratello di Giuseppe ed aveva per moglie Maria d’Alfeo, detta anche Maria di Cleofa, che vedremo ben presente al Sepolcro con le altre donne il mattino della resurrezione.
Ogni anno gli israeliti praticanti erano soliti andare a Gerusalemme per le feste di Pasqua, che duravano vari giorni.
E’ chiaro che questi ricordi sull’infanzia di Gesù, riportati da Luca e non da Matteo, non possono essere stati forniti che dalla Madonna alla quale non sarà dispiaciuto – con suo Figlio ormai ritornato al Cielo da vari anni – rincorrere quei dolci episodi, fra i quali questa ‘chicca’ – un poco movimentata – della perdita e ritrovamento del Figlio di Dio al Tempio.
E’ un episodio, questo, di cui avevo già parlato – ma con tutt’altro ‘taglio’ – quando ne ‘Alla scoperta del Paradiso perduto ovvero Il Dio interiore’, (Vol. I) – cercavo di spiegare come si può fare a meditare e visualizzare in profonda concentrazione mentale i ‘misteri’ di un rosario ricorrendo alla tecnica ‘psicologica’ del training autogeno.
Ora ritorneremo su questo episodio con altre considerazioni.
I genitori di Gesù – racconta Luca – erano soliti, ogni anno, andare al Tempio di Gerusalemme per le feste di Pasqua, il che significava farsi oltre cento chilometri  a dorso d’asino all’andata e altrettanti fino al ritorno a Nazareth.
Questo per Giuseppe significava  - poiché fra feste pasquali e viaggio sarebbero stati necessari almeno una decina di giorni – lasciare la propria attività di falegname non per prendersi delle ‘ferie’, come faremmo noi oggi, ma per un pellegrinaggio che – anche per Maria e per Gesù bambino giovanetto – sarebbe stato molto disagevole e faticoso.

Dunque, tornando al racconto di Luca, i due genitori ogni anno erano soliti andare a Gerusalemme, e si portavano ovviamente dietro il bimbo.
In questo episodio evangelico, però, il ‘bimbo’ era cresciuto. Era già un ragazzo, anzi un adulto, anche se solo dodicenne, perché quella era l’età in cui in Israele un giovane veniva dichiarato – con una apposita cerimonia nell’immancabile Tempio - maggiorenne per la legge, dopo aver superato un esame di…religione, fatto questo che per Gesù non avrebbe comunque dovuto costituire una preoccupazione.
Il Dio che era in Lui non si rivelava che a sprazzi, in attesa della rivelazione ‘pubblica’ a trent’anni, all’inizio cioè della ‘missione’ al Giordano quando lo Spirito del Signore sarebbe apparso a Giovanni Battista sul capo di Gesù sotto forma di colomba ed una Voce avrebbe tonato dal cielo indicando che quello era il suo figlio prediletto.
Ma quando il Dio ‘nascosto’ in lui si ‘rivelava’, quasi la carne umana stentasse a contenere la divinità compressa, agli occhi della gente Gesù poteva assomigliare a uno di quei bambini ‘prodigio’, quelli di cui ogni tanto si sente ad esempio dire che a sette anni risolvono complessi problemi di alta matematica o compongono brani di musica eccelsa: un genio infantile, insomma, che però – al di fuori del suo ambito ‘geniale’ – si comporta, gioca e scherza come tutti gli altri ragazzi della sua età.
E Gesù – da giovanetto  – credo dovesse essere tenuto prudentemente d’occhio dai suoi ‘genitori’ perché questi umanamente temevano che il Dio che era in lui avrebbe potuto far balenare magari troppo quei lampi di luce che avrebbero dato adito a interrogativi ed attirato l’attenzione di Satana prima che il tempo della maturità di Gesù, come uomo pronto alla missione, giungesse.
Attenzione di Satana che, come vedremo nei prossimi capitoli, scatterà infatti subito dopo la manifestazione della Voce di Dio al guado del Giordano (dove Giovanni Battista avrebbe ‘battezzato’ Gesù), concretizzandosi nelle famose ‘tentazioni’ nel deserto.
Durante quel viaggio a Gerusalemme dovevano essere tutti in comitiva, perché – essendo quei viaggi, dei pellegrinaggi  -  gli israeliti erano soliti partire in gruppi numerosi dai paesi d’origine.
Probabilmente facevano parte della comitiva, oltre che gli amici paesani, anche i parenti, come quell’Alfeo, fratello di Giuseppe, sua moglie Maria, detta anche Maria d’Alfeo, con i figlioli Giacomo e Giuda, cioè quei ‘cugini’ più o meno coetanei di Gesù.
Essi nel Vangelo vengono chiamati alla moda ebraica ‘fratelli’.
Quel Testimone di Geova di cui vi parlai mi aveva detto che essi in realtà lo erano, fratelli, volendo così ‘provare’, come Voltaire,  che la verginità di Maria era proprio un mito, e che pertanto lei era una donna qualunque, madre di un uomo qualunque, anche se profeta.
Il pellegrinaggio per gruppi, che poi si univano sulla strada a quelli di altri paesi, ingrossandosi e componendo una vera e propria ‘carovaniera’, era anche dettato da ragioni di sicurezza.
Si viaggiava insieme per difendersi meglio dai briganti che - nonostante a quell’epoca Roma tenesse ben sgombre almeno le strade consolari non badando tanto al sottile e ai garantismi nel comminare la pena di morte - rappresentavano sempre un pericolo sulle strade meno battute e con viandanti isolati.
Al ritorno, finite le feste pasquali, i ‘gruppi’ si ricomponevano e file lunghissime di gente si snodavano per le strade, assottigliandosi e frammentandosi sempre più man mano che ogni gruppo, deviava dalla via principale prendendo la strada secondaria che avrebbe condotto al proprio villaggio.
Era un caravanserraglio di cammelli, cavalli, asini e asinelli, carri e carretti, in mezzo ad un vociare confuso di richiami ed inviti a sbrigarsi, in mezzo a parenti e compaesani che si danno di voce ed a ragazzi per i quali quel viaggio avventuroso si ammantava di mistero e di interesse e che tutto facevano fuorchè starsene con i loro genitori, magari…in fondo alla carovana.
Ecco perché Maria e Giuseppe  si accorgono solo alla fine della giornata che Gesù manca all’appello.
E’ l’ora dell’imbrunire, la carovana si ferma, si sistemano i bivacchi, si accendono i fuochi, è l’ora di mangiare e…dov’è Gesù?
Dov’è Gesù?!
Nessuno lo sa e, a ben pensarci, nessuno l’ha visto, neanche gli amici.
Erano ormai ad una giornata di cammino da Gerusalemme, verso nord, diciamo una venti/trenta chilometri, ed era notte. Che fare?
Se voi foste stati là e aveste perso vostro figlio, anzi il Figlio di Dio, che avreste fatto? Ci avreste dormito sopra?
Neanche Maria e Giuseppe che – torce alla mano - decidono di rientrare a Gerusalemme a spron battuto, cioè a passo veloce,  fatto che gli avrà consentito di arrivare all’alba.
Di che si preoccupavano? In fin dei conti non erano i nostri tempi, ed un bambino poteva forse ancora circolare indenne per le strade.
Ma essi sapevano bene che nel caso di Gesù potevano entrare in ballo forze spirituali negative come era successo nel caso dell’eccidio ordinato da Erode il quale – convinto ‘umanamente’ di difendere così il suo trono da quell’ipotetico Messia dei Magi -  aveva assecondato una suggestione satanica e aveva ordinato la soppressione, ancorchè sapesse che il Messia doveva essere nato da pochi mesi,  di tutti i bambini di Betlemme e dintorni dai due anni di età in giù, tanto per non sbagliare.
Questi sistemi drastici non devono meravigliare e indignare gli uomini di oggi, che usano anzi mezzi di distruzione collettiva molto più raffinati.
A quei tempi si usavano metodi abbastanza spicci e poco ‘democratici’, come ad esempio quello già accennato dei romani dopo la conquista di Gerusalemme.
 Per finirla infatti una volta per tutte con quelle continue ribellioni e pretesi bellicosi ‘messia’, i romani fecero cercare e passare per le armi tutti i discendenti della stirpe di Davide, così da eliminare fisicamente ogni possibile rivendicazione da parte di un ‘messia’ futuro.

Gesù godeva certamente di una protezione ‘angelica’ che creava intorno a lui una ‘barriera’ che confondeva le idee a Satana.
Come già accennato sopra, Satana arriverà ad individuare il famoso ‘Messia’ – che anch’Egli attendeva come gli israeliti, ma non per acclamarlo – solo dopo il Battesimo del Giordano e soprattutto nel deserto dopo avere inutilmente sperato di farlo ‘cadere’ in tentazione, come aveva già fatto con i Primi Due.
Giuseppe e Maria, fuggiti in Egitto nottetempo in un’epoca in cui non vi erano giornali né notiziari televisivi, erano venuti a sapere della strage degli innocenti solo al loro rientro dall’Egitto, e da allora vivevano nella preoccupazione che si venisse a sapere che il Messia di cui avevano parlato i Magi scatenando la violenza di Erode era in realtà sopravvissuto alla strage.
Se il sanguinario Erode il Grande era ormai morto da parecchi anni, vi era pur sempre Erode Antipa, cioè il figlio, che quando si trattava di ‘tagliar teste’ non scherzava nemmeno lui, come farà poi con Giovanni Battista. E gli erodiani erano un vero e proprio partito politico al potere, rappresentato nel Sinedrio e alleato dei romani, i quali ultimi neppure loro volevano sentir parlare di un Messia o di un Re dei re, visto che di ‘Imperatore’ e di ‘dio’ a Roma ve ne era già uno, più che sufficiente.
Ecco il perché dell’affanno di Maria e Giuseppe: non solo responsabilità di genitori verso se stessi  o verso un proprio figlio di ‘carne’ ma responsabilità di tutori umani rispetto al figlio di Dio che essi avevano avuto in consegna.
Ecco anche perché quel senso di liberazione e di ‘aggressività amorosa’ di Maria, quando – avendo trovato l’enfant prodige – prorompe affannata in quel grido-rimprovero: ‘Figlio, perché ci hai fatto così?!’
Gesù, in uno di quei suoi sprazzi di Luce che si rivelavano appunto quando il Dio che era in Lui riteneva opportuno in qualche modo rivelarsi,  dialogava fra i sapienti del Tempio.
E dialogava  veramente da ‘dio’ se, come racconta Luca, questi grandi dottori si stupivano per la sua intelligenza e per i suoi discorsi e le sue risposte che certamente dovevano riguardare le cose di Dio.
E quel ‘Figlio’ risponde allora ai due genitori: ‘Non sapevate che io mi devo occupare di quanto riguarda mio Padre?’.
Cosa avreste detto voi, se foste stati Giuseppe e Maria, cioè ‘padre’ e madre, di fronte ad una ‘ragione’ di questo genere, detta lì davanti a tutti quei sapienti ed al resto della folla che ‘beveva’ tutto quel che si diceva?
Suo ‘padre’ quale? Giuseppe? Il falegname? Quelle cose sapienti che Gesù doveva aver detto erano roba da figlio di ‘falegname’? E se non erano roba da falegname cosa era quella storia per cui lui si doveva occupare di quanto riguardava il ‘padre suo’? La madre era ‘certa’, perché è sempre ‘certa’ una madre, e anche perché Maria l’aveva proprio chiamato ‘figlio’. Ma il ‘padre’ allora?
Avreste detto – voi – a tutta quella gente che quel bambino parlava così perché il vero ‘Padre’ non era Giuseppe, il che sarebbe stato già di per sé imbarazzante, ma era Dio, il che li avrebbe fatti scambiare per matti? Avreste detto voi che quello era il Messia, svelando così anzitempo la natura e la missione di quel fanciullo?
Ecco perché – credo - Luca scrive: ‘Ma essi non compresero quello che aveva loro detto’.
Non è che non l’avessero ‘compreso’, ma è che i genitori dovevano ‘aver fatto finta’ di non capire, insomma avevano fatto finta di niente, come può succedere a noi quando i nostri figli piccoli dicono di fronte ad altre persone qualcosa di imbarazzante, per cui se cerchi di scusarti e di spiegarti meglio è ancora peggio.
 Questo – mi dico io con un pizzichino di ironia - deve dunque essere stato un altro piccolo ‘lapsus’ di Luca, dopo quello precedente dove aveva parlato di un ritorno a Nazareth anziché di una fuga in Egitto.
La Madonna gli doveva aver detto appunto che loro avevano dovuto far finta, solo che lui –  forse - non aveva il senso dell’umorismo…


10.2 Quelle famose e misteriose settanta settimane del profeta Daniele…

L’Evangelista Giovanni, l’apostolo prediletto, aveva scritto alla fine del suo vangelo che gli episodi della vita di Gesù non riferiti avrebbero potuto riempire di libri tutta la terra. E’ una iperbole, ma serve a farci capire come i vangeli ufficiali dicano veramente solo l’essenza dell’essenziale.

Per sapere qualcosa di più bisogna ricorrere ai grandi mistici, soprattutto alle anime-vittima che hanno potuto beneficiare – quali piccoli ‘corredentori’ – di grandi doni carismatici conferitigli per loro utilità o perché essi a loro volta potessero farcene edotti.
E questo brano del Vangelo, se può sembrare anedottico, in realtà nelle visioni della Valtorta assume un grandissimo rilievo, perché quel Gesù dodicenne profetizza per la prima volta ai sapienti del Tempio – anche se in forma velata che li lascia incerti – qualcosa della propria reale natura, e della propria futura crocifissione, il che anche spiega quel grido-rimprovero allarmato di Maria, arrivata in tempo per sentire le ultime parole profetiche.
Il destinatario principale di questa rivelazione è Gamaliele, il grandissimo Rabbi fariseo di cui parlano gli Atti degli apostoli, rabbi che sarebbe stato negli anni a venire nientemeno che il ‘maestro’ di San Paolo, per il quale la rivelazione di Gesù costituirà l’inizio del suo cammino di salvezza.
Gamaliele attendeva con ansia il Messia  ma, come tutti in Israele, se ne era fatta una idea diversa, quella di un Capo politico.
Egli era però anche un grande ‘giusto’, cioè un uomo di Dio che rispettava la Legge nello spirito e non solo nella forma esteriore, ma era  ‘ingabbiato’ dalla ristretta mentalità religiosa della classe sacerdotale e farisaica.
E il Gesù dodicenne della mistica Valtorta inizia a salvarlo in quella occasione. Prima con una interpretazione su una profezia di Daniele che lascia di stucco tutti, e poi con un’altra predizione su se stesso e sul Tempio che Gamaliele (come ho scritto nell’altro mio lavoro:‘Il vangelo del ‘grande’ e del ‘piccolo’ Giovanni’ – Ed. Segno 2001,dove la figura del Gamaliele valtortiano giganteggia con i suoi chiaroscuri) non dimenticherà per tutta la vita portandolo – dopo la crocifissione di Gesù ed aver assistito all’avveramento della profezia di quel fanciullo dodicenne che aveva visto ventuno anni prima al Tempio ma aveva poi perso di vista - alla sua finale conversione al cristianesimo.

Se allora l’episodio del ritrovamento di Gesù al Tempio ce lo andassimo a rivedere direttamente nella visione della Valtorta?

 Lo apprezzerete, perché è una visione capolavoro che parla al cuore.

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(M.V.: L’Evangelo come mi è stato rivelato – Cap. 41 – Centro Editoriale Valtortiano)

41. La disputa di Gesù nel Tempio coi dottori. L'angoscia della Madre e la risposta del Figlio.

28 gennaio 1944.
Vedo Gesù.  E' adolescente.  Vestito di una tunica che mi sembra di lino candido, lunga sino ai piedi.  Su questa si posa e si drappeggia un drappo rettangolare d'un rosso pallido.  E' a testa nuda, coi capelli lunghi sino a metà orecchie, più carichi di tinta di quando lo vidi bambino.  E' un fanciullo robusto e molto alto per la sua età che, come dimostra il viso, è molto fanciulla.
Mi guarda e sorride tendendomi le mani.  Un sorriso però che somiglia già a quello che gli vedo da uomo: dolce e piuttosto serio.  E' solo.  Non vedo altro per ora.  Sta appoggiato ad un muretto su una stradellina tutta a sali e scendi, sassosa e con una fossa verso il centro che certo in tempo di pioggia si muta in rigagnolo.  Ma ora è asciutta perché è giornata serena.
Mi pare di accostarmi io pure al muretto e di guardare intorno e in basso come fa Gesù.  Vedo un agglomerato di case.  Un agglomerato disordinato.  Le case sono quali alte, quali basse, e vanno in tutti i sensi.  Sembra, con un paragone molto povero ma molto somigliante, una manciata di ciottoli bianchi gettata su un terreno scuro.  Le vie e viette sono come vene in quel biancore.  Qua e là delle piante sporgono dai muri.  Molte sono in fiore e molte sono già coperte di foglie novelle.  Deve essere primavera.
A sinistra, rispetto a me che guardo, vi è un grande agglomerato, fatto a tre ordini di terrazze coperte di fabbricati, e torri e cortili e porticati, al centro del quale si alza un più alto, maestoso, ricchissimo fabbricato a cupole tonde, splendenti al sole come fossero coperte di metallo: rame od oro.  Il tutto è recinto da una muraglia merlata: dei merli fatti così M come fosse una fortezza.  Una torre più alta delle altre, posta a cavalcioni di una via piuttosto stretta e che è in salita, domina nettamente quel vasto agglomerato.  Sembra una sentinella severa.
Gesù guarda fissamente quel luogo.  Poi torna a voltarsi, riappoggiando la schiena al muretto, come era prima, e guarda un monticiattolo che sta di fronte all'agglomerato.  Un monticiattolo assalito dalle case sino alla base, poi lasciato nudo
Vedo che una via termina là con un arco, oltre il quale non c'è che una via lastricata a pietre quadrangolari, irregolari e sconnesse.  Non sono troppo grandi, non come le pietre delle strade consolari romane; sembrano piuttosto le classiche pietre dei vecchi marciapiedi viareggini (non so se ne esistano ancora) ma messe senza connessione.  Una stradaccia
Il volto di Gesù si fa tanto serio che io mi fisso a cercare su quel monticiattolo la causa di questa malinconia.  Ma non trovo nulla di speciale.  E' un'altitudine nuda.  E basta.  In cambio perdo Gesù, perché quando mi volgo non è più lì.  E mi assopisco con questa visione.

... Quando mi risveglio col ricordo della stessa nel cuore, dopo esser tornata un poco in forze e in pace, perché tutti dormono, mi trovo in un posto che non ho mai visto.  
Vi sono cortili e fontane e porticati e case, ossia padiglioni, perché hanno più la caratteristica di padiglioni che di case.  Vi è molta folla vestita all'ebraica antica, e molto vociare.  Guardandomi intorno comprendo d'essere dentro a quell'agglomerato che Gesù guardava, perché vedo la muraglia merlata che lo cinge, la torre che lo vigila e l'imponente fabbricato che si erge nel centro e contro il quale si stringono i porticati, molto belli e vasti, e sotto ai quali vi è molta folla intenta chi a una cosa, chi ad un'altra.
Comprendo essere nel recinto del Tempio di Gerusalemme.  Vedo farisei in lunghe vesti ondeggianti, sacerdoti vestiti di lino e con una placca preziosa al sommo del petto e della fronte e altri punti luccicanti sparsi qua e là sulle diverse vesti molto ampie e bianche, strette alla vita da una cintura preziosa.  Poi altri che sono meno ornati, ma devono sempre appartenere alla casta sacerdotale, e che sono circondati da discepoli più giovani.  Comprendo che sono i dottori della Legge.  Fra tutti questi personaggi mi trovo spersa, perché non so proprio che ci sto a fare.
Mi accosto al gruppo dei dottori, dove si è iniziata una disputa teologica. Molta folla fa la stessa cosa.
Fra i " dottori " vi è un gruppo capitanato da uno chiamato Gamaliele e da un altro, vecchio e quasi cieco, che sostiene Gamaliele nella disputa.  Costui, che sento chiamare Hillel (metto l'h perché sento una aspirazione in principio al nome) mi pare maestro o parente di Gamaliele, perché questo lo tratta con confidenza e rispetto insieme. 
Il gruppo di Gamaliele ha vedute più larghe, mentre un altro gruppo, ed è il più numeroso, è diretto da uno che chiamano Sciammai, ed è dotato di quell'intransigenza astiosa e retriva che il Vangelo tanto bene ci illustra.
Gamaliele, circondato da un folto gruppo di discepoli, parla della venuta del Messia e, appoggiandosi alla profezia di Daniele, sostiene che il Messia deve ormai essere nato, perché da una decina d'anni circa le settanta settimane profetate sono compiute da quando era uscito il decreto di ricostruzione del Tempio
Sciammai lo combatte asserendo che, se è vero che il Tempio è stato riedificato, è anche vero che la schiavitù di Israele è aumentata, e la pace, che avrebbe dovuto portare seco Colui che i Profeti chiamavano Principe della Pace, è ben lontana d'essere nel mondo e specie a Gerusalemme, oppressa da un nemico che osa spingere la sua dominazione fin entro il recinto del Tempio, dominato dalla torre Antonia piena di legionari romani, pronti a sedare con la spada ogni tumulto di indipendenza patria.
La disputa, piena di cavilli, va per le lunghe.  Ogni maestro fa sfoggio di erudizione, non tanto per vincere il rivale, quanto per imporsi all'ammirazione degli ascoltatori.  E' palese questo intento.
Dal folto del gruppo dei fedeli esce una fresca voce di fanciullo: « Gamaliele ha ragione ».
Movimento della folla e del gruppo dottorale.  Si cerca l'interruttore.  Ma non occorre cercarlo.  Non si nasconde.  Si fa largo da sé e si accosta al gruppo dei " rabbi ".
Riconosco il mio Gesù adolescente.  E' sicuro e franco, con due sfavillanti occhi pieni di intelligenza.
« Chi sei? » gli chiedono.
« Un figlio di Israele venuto a compiere ciò che la Legge ordina ».
La risposta ardita e sicura piace e ottiene sorrisi di approvazione e benevolenza.  Ci si interessa del piccolo israelita.
« Come ti chiami? ».
« Gesù di Nazareth ».
La benevolenza si smorza nel gruppo di Sciammai.  Ma Gamaliele, più benigno, prosegue il dialogo insieme ad Hillel.  Anzi è proprio Gamaliele che con deferenza dice al vecchio: « Chiedi al fanciullo qualcosa ».
« Su cosa fondi la tua sicurezza? », chiede Hillel.
(Metto i nomi in testa alle risposte per abbreviare e rendere chiaro).
Gesù: «Sulla profezia che non può errare nell'epoca e sui segni che l'hanno accompagnata quando fu il tempo del suo avverarsi
E' vero che Cesare ci domina.  Ma il mondo era tanto in pace e la Palestina tanto in calma quando si compirono le settanta settimane, che fu possibile a Cesare ordinare il censimento nei suoi domini. 
Non lo avrebbe potuto se la guerra fosse stata nell'Impero e le sommosse in Palestina. 
Come era compìto quel tempo, così si sta compiendo l'altro delle sessantadue più una dal compimento del Tempio, perché il Messia sia unto e si avveri il seguito della profezia per il popolo che non lo volle
Potete avere dubbi?  Non ricordate che la stella fu vista dai Savi d'Oriente e che andò a posarsi proprio sul cielo di Betlemme di Giuda e che le profezie e le visioni, da Giacobbe in poi, indicano quel luogo come il destinato ad accogliere la nascita del Messia, figlio del figlio del figlio di Giacobbe, attraverso Davide che era di Betlemme?  Non ricordate Balaam?  " Una stella nascerà da Giacobbe ".
I Savi d'Oriente, che la purezza e la fede rendevano occhi e orecchi aperti, hanno visto la stella e compreso il suo nome: " Messia ", e sono venuti ad adorare la Luce scesa nel mondo
Sciammai, con sguardo livido: « Tu dici che il Messia nacque nel tempo della stella a Betlemme-Efrata? ».
Gesù: «Io lo dico ».
Sciammai:  « Allora non vi è più.  Non sai, fanciullo, che Erode fece uccidere tutti i nati di donna, da un giorno a due anni d'età, di Betlemme e dintorni?  Tu, tanto sapiente nella Scrittura, devi sapere anche questo: " Un grido s'è sentito nell'alto... E' Rachele che piange i suoi figli ". Le valli e le cime di Betlemme, che hanno raccolto il pianto di Rachele morente, sono rimaste piene di pianto, e le madri l'hanno ripetuto sui figli uccisi.  Fra esse era certo anche la Madre del Messia ».
Gesù: «Ti sbagli, o vecchio.  Il pianto di Rachele s'è volto in osanna, perché là dove essa ha dato alla luce il " figlio del suo dolore ", la nuova Rachele ha dato al mondo il Beniamino del Padre celeste, il Figlio della sua destra, Colui che è destinato a riunire il popolo di Dio sotto il suo scettro e a liberarlo dalla più tremenda schiavitù ».
Sciammai:  « E come, se Egli fu ucciso? ».
Gesù: «Non hai letto di Elia?  Egli fu rapito dal cocchio di fuoco.  E non potrà il Signore Iddio aver salvato il suo Emmanuele perché fosse Messia del suo popolo?  Egli, che ha aperto il mare davanti a Mosè perché Israele passasse a piede asciutto verso la sua terra, non avrà potuto mandare i suoi angeli a salvare il Figlio suo, il suo Cristo, dalla ferocia dell'uomo?  In verità vi dico: il Cristo vive ed è fra voi, e quando sarà la sua ora si manifesterà nella sua potenza». Gesù, nel dire queste parole, che sottolineo, ha nella voce uno squillo che empie lo spazio. I suoi occhi sfavillano più ancora e, con mossa d'imperio e promessa, Egli tende il braccio e la mano destra e li abbassa come per giurare. 
E' un fanciullo, ma è solenne come un uomo.
Hillel: « Fanciullo, chi ti ha insegnato queste parole? ».
Gesù:  «Lo Spirito di Dio.  Non ho maestro umano.  Questa è    la Parola del Signore che vi parla attraverso le mie labbra ».
Hillel:« Vieni fra noi, che io ti veda da presso, o fanciullo, e la mia speranza si ravvivi a contatto della tua fede e la mia anima si illumini al sole della tua ».
E Gesù viene fatto sedere su un alto sgabello fra Gamaliele e Hillel, e gli vengono porti dei rotoli perché li legga e spieghi.  E' un esame in piena regola.  La folla si accalca e ascolta.
La voce fanciulla di Gesù legge: « Consolati, o mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme, consolatela perché la sua schiavitù è finita... Voce di uno che grida nel deserto: preparate le vie del Signore... Allora apparirà la gloria del Signore... ».
Sciammai:  « Lo vedi, o nazareno!  Qui si parla di schiavitù finita.  Mai come ora siamo schiavi.  Qui si parla di un precursore.  Dove è egli?  Tu farnetichi ».
Gesù: « lo ti dico che a te più che agli altri va fatto l'invito del Precursore.  A te e ai tuoi simili.  Altrimenti non vedrai la gloria del Signore né comprenderai la parola di Dio, perché le bassezze, le superbie, le doppiezze ti faranno ostacolo a vedere ed udire ».
Sciammai:  « Così parli ad un maestro? ».
Gesù: «Così parlo.  E così parlerò sino alla morte.  Poiché sopra il mio utile sta l'interesse del Signore e l'amore alla Verità di cui sono Figlio.  E ti aggiungo, o rabbi, che la schiavitù di cui parla il Profeta, e di cui Io parlo, non è quella che credi, come la regalità non sarà quella che pensi.  Ma sibbene per merito del Messia verrà reso libero l'uomo dalla schiavitù del Male che lo separa da Dio, e il segno del Cristo sarà sugli spiriti, liberati da ogni giogo e fatti sudditi dell'eterno Regno. 
Tutte le nazioni curveranno il capo, o stirpe di Davide, davanti al Germoglio nato da te e divenuto albero che copre tutta la terra e si alza al Cielo.  E in Cielo e in terra ogni bocca loderà il suo Nome e piegherà il ginocchio davanti all'Unto di Dio, al Principe della Pace, al Condottiero, a Colui che con Se stesso avrà inebriato ogni anima stanca e saziato ogni anima affamata, al Santo che stipulerà una alleanza fra terra e Cielo.  Non come quella stipulata coi Padri d'Israele quando Dio li trasse d'Egitto trattandoli ancora da servi, ma imprimendo la paternità celeste nello spirito degli uomini con la Grazia nuovamente infusa per i meriti del Redentore, per il quale tutti i buoni conosceranno il Signore e il Santuario di Dio non sarà più abbattuto e distrutto ».
Sciammai:  « Ma non bestemmiare, fanciullo!  Ricorda Daniele.  Egli dice che, dopo l'uccisione del Cristo, il Tempio e la Città saranno distrutti da un popolo e da un condottiero che verrà.  E Tu sostieni che il Santuario di Dio non sarà più abbattuto!  Rispetta i Profeti! ».
Gesù: «In verità ti dico che vi è Qualcuno che è da più dei Profeti, e tu non lo conosci e non lo conoscerai, perché te ne manca la voglia.  E ti dico che quanto ho detto è vero.  Non conoscerà più morte il Santuario vero.  Ma, come il suo Santificatore, risorgerà a vita eterna e alla fine dei giorni del mondo vivrà in Cielo ».
Hillel: « Ascolta me, fanciullo.  Aggeo dice: " ... Verrà il Desiderato delle genti... Grande sarà allora la gloria di questa casa, e di quest'ultima più della prima ". Vuol forse parlare del Santuario di cui Tu parli? ».
Gesù: «Sì, maestro.  Questo vuol dire.  La tua rettezza ti porta verso la Luce ed Io te lo dico: quando il Sacrificio del Cristo sarà compiuto, a te verrà pace, poiché sei un israelita senza malizia ».
Gamaliele:  « Dimmi, Gesù.  La pace di cui parlano i Profeti come può sperarsi se a questo popolo verrà distruzione di guerra? Parla e da' luce anche a me».
Gesù:«Non ricordi, maestro, cosa dissero coloro che furono presenti la notte della nascita del Cristo?  Che le schiere angeliche cantarono: " Pace agli uomini di buona volontà ".
Ma questo popolo non ha buona volontà e non avrà pace
Esso misconoscerà il suo Re, il Giusto, il Salvatore, perché lo spera re di umana potenza, mentre Egli è Re dello spirito. 
Esso non lo amerà, dato che il Cristo predicherà ciò che a questo popolo non piace
Il Cristo non debellerà i nemici coi loro cocchi e i loro cavalli, ma i nemici dell'anima, che piegano a possesso infernale il cuore dell'uomo creato per il Signore. 
E’ questa non è la vittoria che Israele si attende da Lui.  Egli verrà, Gerusalemme, il tuo Re, cavalcando " l'asina e l'asinello ", ossia i giusti di Israele e i gentili.  Ma l'asinello, Io ve lo dico, sarà a Lui più fedele e lo seguirà precedendo l'asina e crescerà nella via della Verità e della Vita. 
Israele per la sua mala volontà perderà la pace e soffrirà in sé, per dei secoli, ciò che farà soffrire al suo Re, che sarà da esso ridotto il Re di dolore di cui parla Isaia ».
Sciammai:  « La tua bocca sa insieme di latte e di bestemmia, nazareno.  Rispondi: e dove è il Precursore?  Quando lo avemmo? ».
Gesù: « Egli è. Non dice Malachia: " Ecco, io mando il mio angelo a preparare davanti a Me la strada; e subito verrà al suo Tempio il Dominatore da voi cercato e l'Angelo del Testamento, da voi bramato "? Dunque il Precursore precede immediatamente il Cristo.  Egli già è come è il Cristo.  Se anni passassero fra colui che prepara le vie al Signore e il Cristo, tutte le vie tornerebbero ingombre e contorte.  Dio lo sa e predispone che il Precursore anticipi di un'ora sola il Maestro.  Quando vedrete questo Precursore, potrete dire: " La missione del Cristo ha inizio ".
A te dico: il Cristo aprirà molti occhi e molti orecchi quando verrà a queste vie.  Ma non le tue e quelle dei tuoi pari, che gli darete morte per la Vita che vi porta. 
Ma quando più alto di questo Tempio, più alto del Tabernacolo chiuso nel Santo dei santi, più alto della Gloria sostenuta dai Cherubini, il Redentore sarà sul suo trono e sul suo altare, maledizione ai deicidi e vita ai gentili fluiranno dalle sue mille e mille ferite, perché Egli, o maestro che non sai, non è, lo ripeto, Re di un regno umano, ma di un Regno spirituale, e suoi sudditi saranno unicamente coloro che per suo amore sapranno rigenerarsi nello spirito e, come Giona, dopo esser già nati, rinascere, su altri lidi: " quelli di Dio ", attraverso la spirituale generazione che avverrà per Cristo, il quale darà all'umanità la Vita vera » .
Sciammai e i suoi accoliti: « Questo nazareno è Satana!  ».
Hillel e i suoi: « No. Questo fanciullo è Profeta di Dio.  Resta con me, Bambino.  La mia vecchiezza trasfonderà quanto sa al tuo sapere, e Tu sarai Maestro del popolo di Dio ».
Gesù:«In verità ti dico che, se molti fossero come tu sei, salute verrebbe ad Israele.  Ma la mia ora non è venuta.  A Me parlano le voci del Cielo e nella solitudine le devo raccogliere finché non sarà la mia ora
Allora con le labbra e col sangue parlerò a Gerusalemme, e sarà mia la sorte dei Profeti lapidati e uccisi da essa. 
Ma sopra il mio essere è quello del Signore Iddio, al quale Io sottometto Me stesso come servo fedele per fare di Me sgabello alla sua gloria, in attesa che Egli faccia del mondo sgabello ai piedi del Cristo.  Attendetemi nella mia ora.  Queste pietre riudrannola mia voce e fremeranno alla mia ultima parolaBeati quelli che in quella voce avranno udito Iddio e crederanno in Lui attraverso ad essa.  A questi il Cristo darà quel Regno che il vostro egoismo sogna umano, mentre è celeste, e per il quale Io dico: " Ecco il tuo servo, Signore, venuto a fare la tua volontà.  Consumala, perché di compierla lo ardo " ».

E qui, con la visione di Gesù col volto infiammato di ardore spirituale alzato al cielo, le braccia aperte, ritto in piedi fra i dottori attoniti, mi finisce la visione.
(e sono le 3,30 del 29).

29 gennaio 1944.
     Avrei qui da dirle due cose che la interessano certo e che avevo deciso di scrivere non appena tornata dal sopore.  Ma siccome c'è dell'altro più pressante, scriverò poi.

Quello che le volevo dire all'inizio è questa cosa.
Lei oggi mi diceva come avevo potuto sapere i nomi di HilIel e Gamaliele e quello di Sciammai.
E' la voce che io chiamo « seconda voce » quella che mi dice queste cose.  Una voce ancor meno sensibile di quella del mio Gesù e degli altri che dettano.  Queste sono voci, gliel'ho detto e glielo ripeto, che il mio udito spirituale percepisce uguali a voci umane.  Le sento dolci o irate, forti o leggere, ridenti o meste.  Come uno parlasse proprio vicino a me.  Mentre questa « seconda voce» è come una luce, una intuizione che parla nel mio spirito.
« Nel »,non « al » mio spiritoE' una indicazione.
Così, mentre io mi avvicinavo al gruppo dei disputanti e non sapevo chi era quell'illustre personaggio che a fianco di un vecchio disputava con tanto calore, questo ‘che’ interno mi disse: « Gamaliele – Hillel ».  Sì.  Prima Gamaliel e poi HilIel.  Non ho dubbi.  Mentre pensavo chi erano costoro, questo indicatore interno mi indicò il terzo antipatico individuo proprio mentre Gamaliele lo chiamava a nome.  E così ho potuto sapere chi era costui dal farisaico aspetto.

22 febbraio 1944.
(…)
Dice Gesù:
(…)
« Torniamo indietro molto, molto.  Torniamo al Tempio, dove lo dodicenne sto disputando.  Anzi torniamo nelle vie che conducono a Gerusalemme e da Gerusalemme al Tempio. Vedi l'angoscia di Maria quando, riunitesi le schiere degli uomini e delle donne, Ella vede che lo non sono con Giuseppe.
Non alza la voce in rimproveri aspri verso lo sposoTutte le donne l'avrebbero fatto.  Lo fate per molto meno, dimenticando che l'uomo è sempre il capo di casa.  Ma il dolore che traspare dal volto di Maria trafigge Giuseppe più d'ogni rimprovero.  Non si abbandona Maria a scene drammatiche.  Per molto meno lo fate, amando d'esser notate e compatite.  Ma il suo dolore contenuto è così palese, dal tremito che la prende, dal volto che impallidisce, dagli occhi che si dilatano, che commuove più d'ogni scena di pianto e clamore.
Non sente più fatica, non fame.  E il cammino era stato lungo e da tante ore non s'era preso ristoro!  Ma Ella lascia tutto.  E il giaciglio che si sta preparando e il cibo che sta per essere distribuito.  E torna indietro.  E' sera, scende la notte.  Non importa.  Ogni passo la riporta verso Gerusalemme.  Ferma le carovane, i pellegrini.  Interroga.  Giuseppe la segue, la aiuta.  Un giorno di cammino a ritroso e poi l'affannosa ricerca per la città.
Dove, dove può essere il suo Gesù?  E Dio permette che Ella non sappia per tante ore dove cercarmi.  Cercare un bambino nel Tempio era cosa senza giudizio.  Che ci doveva fare un bambino nel Tempio?  Al massimo, se s'era sperduto per la città ed era tornato là dentro, portato dai suoi piccoli passi, la sua voce piangente avrebbe chiamato la mamma ed attirato l'attenzione degli adulti, dei sacerdoti, i quali avrebbero provveduto a ricercare i genitori con dei bandi messi alle porte.  Ma non c'era nessun bando.  Nessuno in città sapeva di questo Bambino.  Bello?  Biondo?  Robusto?  Eh! ce ne sono tanti!  Troppo poco per poter dire: " L'ho visto.  Era là e là "!
Poi, dopo tre giorni, simbolo di altri tre giorni di angoscia futura, ecco che Maria esausta penetra nel Tempio, scorre i cortili e i vestiboli.  Nulla.  Corre, corre, la povera Mamma, là dove sente una voce di bimbo.  E fin gli agnelli col loro belare le paiono il pianto della sua Creatura che la cerca.  Ma Gesù non piange.  Ammaestra.  Ecco che Maria sente, oltre una barriera di persone, la cara voce che dice: " Queste pietre fremeranno....... Ella cerca di fendere la calca e vi riesce dopo molto stento.  Eccolo, il Figlio, a braccia aperte, ritto fra i dottori.
Maria è la Vergine prudente.  Ma questa volta l'affanno soverchia la sua riservatezza.  E' una diga che abbatte ogni altra cosa.  Corre al Figlio, lo abbraccia, levandolo dallo sgabello e posandolo al suolo, ed esclama: " Oh! perché ci hai fatto questo?  Da tre giorni ti andiamo cercando.  La tua Mamma sta per morire di dolore, Figlio.  Il padre tuo è sfinito di fatica.  Perché, Gesù?  ".
Non si chiedono i " perché " a Chi sa.  I " perché " del suo modo di agire.  Ai vocati non si chiede " perché " lasciano tutto per seguire la voce di Dio. lo ero Sapienza e sapevo. lo ero “ vocato " ad una missione e la compivo. 
Sopra il padre e la madre della terra vi è Dio, Padre divino.  I suoi interessi superano i nostri, i suoi affetti sono superiori ad ogni altro.
lo lo dico a mia Madre.
Termino l'insegnamento ai dottori con l'insegnamento a Maria, Regina dei dottori.  Ed Ella non se lo è più dimenticato.  Il sole le è tornato nel cuore avendomi per mano, umile e ubbidiente, ma le mie parole le sono pure nel cuore.  Molto sole e molte nubi scorreranno nel cielo durante quei ventuno anni in cui sarò ancora sulla terra.  E molta gioia e molto pianto si alternerà nel suo cuore per altri ventuno anni.  Ma Ella non chiederà più ‘Perché, Figlio mio, ci hai fatto questo?”
Imparate, o uomini protervi.

Ho istruito e illuminato Io la visione, perché tu non sei in grado di fare di più.
(…)

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>>> continua