4. IL PECCATO ORIGINALE
I Padri dell’Illuminismo, come Rousseau e Voltaire, ritenevano il racconto biblico del paradiso terrestre e del peccato originale al pari di una favola, cioè un mito.
Se T. Hobbes trasse da Plauto (cioè dall’Asinaria!) la frase ‘homo homini lupus’ (l’uomo è lupo per l’uomo) - aforisma che denunzia il feroce individualismo da cui ciascun uomo è istintivamente animato, per domare il quale, secondo Hobbes, sarebbe indispensabile il potere di uno Stato assoluto - i ‘nostri due’ sostenevano invece che l’uomo fosse istintivamente buono e, se si manifestava poi come ‘cattivo’, la colpa era principalmente dovuta all’organizzazione sociale sbagliata.
“Non è vero – dicevano – quello che dicono i preti sul peccato originale. Basta guardare quei ‘buoni selvaggi’ di tante relativamente recenti scoperte geografiche oppure basta guardare un bambino ...”.
Quello del ‘buon selvaggio’ era in effetti una convinzione molto diffusa nella società settecentesca illuminista ma Voltaire e Rousseau ignoravano che certe ‘malattie’ spirituali, cioè le tendenze della Psiche, sono come taluni difetti genetici, esistono cioè all’inizio solo ‘in potenza’ (come ad esempio certe qualità fisiologiche e caratteriali di un neonato che prendono corpo e si sviluppano solo successivamente) ma possono poi esplodere quando si determinino le condizioni favorevoli, come quei ‘virus’ in incubazione o in quiescenza che solo successivamente diventano malattia conclamata.
La conclusione sui rimedi che ne è poi derivata è stata però per loro due la stessa di T. Hobbes: l’intervento violento di uno stato assoluto per cambiare l’assetto sociale al fine di realizzare non quella ‘favola mitica’ del paradiso in cielo di cui parla la religione cristiana ma l’obbiettivo ideologico ben più concreto anche se utopico del paradiso sociale in terra.
La visione cristiana della società, che è poi la visione dell’uomo che la costituisce, è invece fondata sul peccato, perché l’uomo è appunto peccatore.
La società non sarà mai perfetta perché gli uomini non sono perfetti e la loro caratteristica dominante è purtroppo l’egoismo.
Non si tratta di una visione pessimistica della vita ma realistica.
Voltaire giudicava poi infantile anche la storiella biblica che l’uomo avesse meritato da parte di Dio la cacciata dal Paradiso terrestre per il solo fatto di aver ‘disubbidito’ mangiandosi il famoso ‘pomo’ dell’Albero del Bene e del Male. Non era tutto sommato ‘innocente’ quella piccola disobbedienza?
E che pomo sarà mai stato? E quale albero del bene e del male?
L’Albero con i frutti del Bene e del Male non era necessario che fosse un albero particolare, poteva essere un comunissimo albero da frutto ma era necessario che i suoi frutti fossero da Dio caricati di significato, affinché l’obbedire o meno ai comandi di Dio avesse il senso simbolico di una Prova.
Solo il pregiudizio, che offusca anche le menti più acute fino a far vedere loro bianco il nero e nero il bianco, può spiegare l’accecamento che si produce con il ben noto processo psicanalitico di ‘rimozione psicologica’ che ha impedito e impedisce ancora a certi pensatori di aprire lo sguardo della mente verso le profondità dello spirito, scadendo – come nel caso di Voltaire – ad affermazioni semplicistiche e, queste sì, infantili.
Il Vecchio Testamento – è stato già detto ma è facile rendersene conto leggendolo senza pregiudizi aprioristici – è stato composto qualche migliaio di anni fa ed è frutto di una cultura neanche lontanamente paragonabile a quella moderna, che noi chiamiamo ‘scientifica’.
Se fosse stato scritto nei termini scientifici che conosciamo oggi, esso non sarebbe stato compreso e nemmeno tramandato di generazione in generazione fino a noi.
Nei termini in cui venne invece redatto, venne anche accettato ed ora costituisce un patrimonio prezioso che ci consente – grazie alle conoscenze maturate – di interpretare in un modo corretto simboli ed allegorie che nascondevano significati profondi, rimanendo semmai la domanda del perchè quegli uomini semplici comprendessero l’essenza del mistero che invece noi super-razionalisti non riusciamo più a capire, quasi a significare che per intendere la Bibbia più che la scienza sia necessaria la Sapienza.
Il Vecchio Testamento è un testo ispirato in cui Dio parlava telepaticamente ai profeti che – pur restando in tutto e per tutto uomini del loro tempo e con i loro difetti – ciò non di meno rivelavano fatti che avevano lo scopo ( e qui è l’ispirazione di Dio) di aprire la mente dei loro contemporanei e dei successivi ad una dimensione più ampia, più spirituale.
La ‘catechesi’ di Dio è stata progressiva, per adattarsi al livello di sviluppo socio-culturale di una umanità originariamente molto più barbara.
Il messaggio d’amore portato da Gesù Cristo non sarebbe stato accettato tremila anni prima di lui, come del resto constatiamo che è ancora difficile accettarlo oggi, duemila anni dopo.
La Bibbia era anche una composizione letteraria e poetica: basti leggere al riguardo la narrazione della creazione le cui varie fasi (i famosi sei giorni, appunto) e il cui ordine creativo hanno peraltro trovato conferma nelle più recenti scoperte scientifiche nel campo della geologia e delle scienze naturali.
L’uomo antico non aveva modo di sapere né di capire, come la Scienza odierna ha scoperto, che il Big-Bang era ‘scoppiato’ quindici miliardi di anni prima, in una esplosione mostruosa di Energia che ha dato origine alle particelle subatomiche e poi a quelle atomiche che hanno infine dato origine alla materia.
Se la Bibbia è stata scritta e tramandata in questi termini fino a noi, ciò è dovuto dunque al fatto che Dio ha parlato agli uomini di allora secondo il linguaggio che essi potevano recepire.
Le verità rivelate vi sono espresse sovente sotto la forma del simbolo e dell’allegoria, e vanno perciò correttamente interpretate, se non interviene il pregiudizio a ridicolizzarle.
L’immagine del ‘serpente’ che parla ad Eva può certo sembrare fiabesca, e forse lo è, ma traduce comunque in efficace forma espressiva per gli uomini di allora il concetto spirituale di un essere di per sé viscido e repellente come un serpente - Satana, appunto – che, ricorrendo alle armi subdole dell’inganno e della lusinga, induce Eva alla disubbidienza stimolandole un sentimento di autorealizzazione e di invidia e poi di ‘emulazione’ nei confronti di Dio. Non però emulazione nell’amore verso Dio ma nella ‘competizione’ consentita dalla conoscenza del Bene e del Male, cioè di tutto il Sapere, in un desiderio di ‘potenza’ creativa, che rappresentava un vero e proprio tradimento, un tentativo di usurpazione nei confronti del suo Creatore.
Qualcuno ancora oggi si domanda – confondendo l’atto sessuale della Genesi con il peccato originale - quale male ci fosse poi stato in quell’atto, visto che esso rispondeva ad un bisogno naturale della fisiologia umana e che Dio stesso aveva comandato ai primi due progenitori ‘Crescete e moltiplicatevi!’.
Nessun male nell’atto sessuale in sè e per sè, perché il senso del peccato originale non sta infatti nell’atto (che comunque nel progetto originario per l’uomo avrebbe dovuto essere orientato alla riproduzione della specie come nel resto del mondo animale) ma nella disubbidienza, nella superbia e nell’orgoglio di aver voluto Eva stessa farsi ‘creatrice’ come Dio.
Il senso della ‘ispirazione’ divina nel testo della Genesi va dunque cercato nel significato che sta dietro a quell’immagine, la quale ha comunque inciso profondamente sull’immaginario collettivo di quegli uomini intellettualmente più semplici e che avevano quindi bisogno di allegorie forti anche per frenare i propri istinti più primordiali in un cammino che avrebbe dovuto portarli progressivamente verso una maggiore spiritualità.
Chi è pratico di fenomeni spirituali conosce poi anche la capacità del Demonio, angelo ribelle dalle risorse mentali straordinarie, di suscitare nella nostra mente visioni od immagini preternaturali.
Nulla gli può aver impedito di far apparire davanti ad Eva un serpente ‘parlante’, cioè un animale (fatto di per sé strano) che parlava la sua ‘lingua’.
E se dovesse apparire anche strano al razionalista che i primi due esseri umani avessero già elaborato in pochi anni di vita una cosa così complessa come una forma di linguaggio evoluto, dirò che nulla può aver impedito a Satana di manifestarsi telepaticamente nella mente di Eva e come se a ‘parlare’ fosse stato il serpente.
Ma questo non è importante. L’importante è che il Maligno, rappresentato dal Serpente, insinuò un suo pensiero, e cioè una tentazione telepatica fra i pensieri di Eva, un pensiero che Eva non respinse, ma anzi assecondò, perché libera.
Una delle caratteristiche più subdole della ‘tentazione’ diabolica non è già quella di presentarsi sotto la forma di un pensiero telepatico ‘estraneo’, cioè proveniente da un soggetto esterno, perché in tal caso esso sarebbe facilmente individuabile e circoscrivibile, ma di manifestarsi all’interno della mente dell’uomo come se fosse un proprio pensiero che gli passa per la testa al pari di tanti altri e che l’uomo tentato, nella sua libertà, può decidere di assecondare o meno.
Il Nemico, essere spirituale per eccellenza - e cioè ‘pensiero’ potente, per capirci – si inserisce insomma agevolmente fra i pensieri della nostra mente presentandoci subdolamente i ‘suoi’ pensieri come se fossero i nostri.
Difficile distinguerli se non con un continuo allenamento e stando molto in guardia, con l’occhio spirituale ben aperto.
Ma Eva - pur creata con una intelligenza perfetta, ma perfetta nella dimensione ‘umana’ e non certo al livello di perfezione intellettuale dell’Angelo Ribelle - non seppe riconoscere l’inganno, o meglio non volle esercitare il discernimento che pur le avrebbe consentito di scoprirlo.
Non era necessario avere la Scienza infusa per capire che disubbidire ad un preciso e tassativo comando di Dio era cosa grave.
L’invito a non toccare il frutto dell’Albero del Bene e del Male era un invito –valido anche per l’uomo moderno - all’umiltà ed alla consapevolezza che il troppo sapere può anche sfuggire al controllo dell’uomo che ha infatti spesso dimostrato di non saper padroneggiare le proprie scoperte.
Ad esempio le ricerche e le scoperte sulla fissione nucleare sono servite a produrre bombe atomiche, all’idrogeno e al neutrone, e quelle sulla chimica e sulla medicina sono servite a creare riserve micidiali di gas e virus da guerra batteriologica, liberando una minima parte delle quali non ci sarebbe più bisogno di aspettare il giudizio universale.
Quelle sulla genetica e sul genoma umano se da un lato possono essere utili alla salute dell’uomo, ed è così che vengono infatti presentate, dall’altro lato - se utilizzate senza serio controllo da un uomo che buono non è - possono invece contribuire, senza tema di fare qui della fantascienza, a creare una casta privilegiata di superuomini-superlongevi che sottomette e schiavizza gli altri ‘uomini’, ridotti ad esseri inferiori, fisicamente e intellettualmente, con conseguenze morali e sociali difficilmente immaginabili.
Era dunque – quell’ammonimento di Dio - un invito alla prudenza ma anche all’ubbidienza.
Per quanto si evince dalle rivelazioni dell’opera valtortiana si potrebbe pertanto rappresentare il quadro seguente. (1)
Satana destò innanzitutto la curiosità 'intellettuale' - cioè dell'Intelletto, dell'Io - di Eva. Infatti la curiosità 'intellettuale' è in realtà una curiosità 'spirituale', perchè la psiche è 'spirito', anima. Peraltro il 'comando' dato da Dio ai due di non toccare l' Albero del Bene e del Male era un comando di 'obbedienza', e pertanto un comando 'spirituale'.
Era, notare, l'unico comando dato da Dio ai primi due uomini. L'unico comando spirituale ai due che avevano tutto, soprattutto Dio, ed erano i 're' della Terra.
Questo comando obbediva alla 'Legge della Prova', legge creata da Dio come le altre leggi del Creato, fisiche queste ultime, spirituale la prima.
Alla legge della prova, per prevenire l'obbiezione che non era 'giusto', non fu sottratto nemmeno Cristo, che fu 'tentato', che Dio permise fosse (da Satana) tentato come Uomo e come Dio, in più occasioni, e che specie nella sofferenza della Croce fu messo a dura prova.
La ‘legge della prova’ è una legge ‘giusta’, invece, perchè è giusto che i grandi doni vengano meritati.
I primi due avevano tutti i 'doni' per resistere alla Prova, perchè erano perfetti, perfetti nella Ragione che sottometteva il senso, perfetti nell'Io che era sottomesso allo 'spirito' dello spirito. Essi erano inoltre 'congiunti' con Dio che parlava loro nei 'silenzi della sera', cioè nei momenti di pace spirituale.
Essi, tuttavia, erano anche liberi, soprattutto liberi, perchè il Dio di Libertà non poteva che lasciare 'liberi' i suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza. La mancanza di libertà, anche nel Bene, sarebbe stata 'schiavitù'.
Eva dunque per curiosità intellettuale disubbidì, volle essere pari a Dio nel 'creare', cominciando dai figli: fu dunque un desiderio di potenza misto ad una ribellione e quindi ad una volontà di prevaricazione. Lei aveva già tutto, ma non bastava parlare con Dio, voleva essere come Dio, voleva essere Dio.
Dopo il peccato di disubbidienza e di superbia, peccato contro l’Amore, Eva perse la Grazia (e cioè lo stato di ‘amicizia’ con Dio) e tutte le 'protezioni' della Grazia. Disubbidendo, essa perse l' unione con Dio e gli attributi che, umanamente, Dio le aveva dato.
Persa la Grazia, ucciso lo spirito, di Eva rimase l'animale, cioè la natura solo animale, posto che quella spirituale era morta nello spirito.
E, essendo diventata 'animale', Satana potè risvegliare gli istinti animali: cioè la sessualità negli aspetti più torbidi, prima in se stessa e poi in Adamo.
La sessualità fu dunque una conseguenza della animalità. Ma ciò che negli animali, non depravati da Satana, è mezzo di riproduzione, negli uomini è mezzo di godimento puro, cioè di depravazione spirituale.
Diventata animale a seguito della lussuria spirituale: quella di 'potere' come Dio, Eva ebbe la lussuria morale: quella di voler tutto conoscere, cioè il Bene e il Male. E conoscendo il Male ne conobbe l'aspetto peggiore, per cominciare, quello sessuale. Aspetto 'peggiore' relativamente a quel momento ed al peccato di potenza che era quello della riproduzionesecondo la legge naturale, cioè 'animale'.
Il Resto del Male Eva lo conobbe dopo.
Oggi la morale cristiana sulla sessualità e sulla contraccezione fa molto discutere, anzi è uno degli argomenti più controversi che spingono il pensiero comune a puntare l’indice contro una Chiesa dalla mentalità ‘medioevale e bigotta’.
Sono il primo a ritenerla una morale ‘dura’ ma questa morale va almeno rettamente intesa.
Per la morale cristiana – secondo la visione di una Chiesa che ha il respiro dei millenni passati e nel futuro guarda all’Eternità - l’atto sessuale deve salvaguardare il principio che lo vuole finalizzato alla riproduzione, ovviamente nell’ambito di un regolare matrimonio.
Con la deroga ai principi più ostici - come ad esempio quelli sulla sessualità, la contraccezione e l’aborto - la religione cristiana guadagnerebbe in un primo tempo il favore delle masse ma - venendo meno al principio di Verità che la ispira – finirebbe poi per perdere se stessa.
Se si crede che la sua ‘morale’ derivi da dei principi divini, questi sono allora validi in assoluto, non soggetti pertanto all’evoluzione dei tempi, delle mode e dei costumi più o meno rilassati.
L’etica sociale può adeguarsi al costume, non Dio.
L’abdicare alla sua morale potrebbe consentire alla Chiesa di acquisire un più facile consenso di massa ma alla lunga – caduti i grandi principi morali – verrebbe meno presso le masse stesse la funzione della Chiesa quale interprete credibile della Volontà divina.
La forza della Chiesa non sarà mai costituita da una maggioranza che però non crede nei suoi principi eterni ma più facilmente da una minoranza che in quei principi ha fede.
La Via stretta e tortuosa che porta al Cielo è credibile proprio perché è tale.
Ma questo cosa significa? Che dobbiamo disperarci perché nessuno di noi si potrà salvare quando un giorno si troverà di fronte a quell’attributo di Dio che si chiama Giustizia?
No, perché siamo ‘figli’ del Peccato originale e – fortunatamente – Dio ci ‘giudicherà’ anche con un altro ‘attributo’ che, dopo l’Amore, è la Misericordia.
Nota 1: vedi G.Landolina: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 24, Ed. Segno, 1997