(Il Vangelo secondo Giovanni – La Sacra Bubbia Cap. 20, 24-25 – Ed. Paoline)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Capp. 629, 594 – Centro Ed. Valtortiano)
(M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 22.8.43 – Centro Ed. Valtortiano)
(M:V.:‘I Quaderni del 1944’ – 7.1.44, 10.1.44, 25.5.44, 14.6.44, 20.7.44 – Centro Ed. Valtortiano)
15. Il Paradiso è un luogo o uno stato? Alla scoperta del Paradiso perduto
Gv 20, 24-25:
Otto giorni dopo i discepoli si trovavano di nuovo in casa e Tommaso era con essi.
Venne Gesù a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: «La pace sia con voi!».
Poi, dirigendosi a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani. Avvicina la tua mano e mettila nel mio costato, e non essere incredulo, ma credente».
Gli rispose Tommaso esclamando: «Mio Signore e mio Dio!».
Gli disse Gesù: «Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto; beati coloro che non hanno visto ed hanno creduto».
15.1 La veste è rimasta. Ma il sacerdote è morto… Amici, Io sono nella gloria, e pure Io piango
A questo punto – dopo aver già straparlato nel capitolo precedente, riferendomi alla risurrezione finale, sulla risurrezione della carne e aver chiesto a Gesù che mi perdonasse e aumentasse la mia fede – desidero astenermi ora dal commentare nel Vangelo di Giovanni le parole di Gesù a Tommaso sulla propria risurrezione.
Infatti non vorrei ‘cadere in tentazione’, anche perché, il corpo di Gesù in carne ed ossa è una cosa che – otto giorni prima - avevano visto tutti mentre il nostro corpo nella risurrezione finale…non l’ha ancora visto nessuno.
629. Apparizione agli apostoli con Tommaso.
Discorso sul sacerdozio e sui futuri sacerdoti.
9 agosto 1944
Gli apostoli sono raccolti nel Cenacolo. Intorno alla tavola dove fu consumata la Pasqua. Però, per rispetto, il posto centrale, quello di Gesù, è stato lasciato vuoto.
Anche gli apostoli, ora che non c'è più chi li accentra e distribuisce per volere proprio e per elezione d'amore, si sono messi diversamente. Pietro è ancora al suo posto. Ma al posto di Giovanni è ora Giuda Taddeo. Poi viene il più anziano degli apostoli, che non so ancora chi sia, poi Giacomo, fratello di Giovanni, quasi all'angolo del tavolo dalla parte destra, secondo me che guardo. Vicino a Giacomo, ma sul lato corto del tavolo, è seduto Giovanni. Dopo Pietro, invece, viene Matteo e, dopo questo, Tommaso, poi uno di cui non so il nome, poi Andrea, poi Giacomo fratello di Giuda Taddeo e un altro, che non conosco di nome, dagli altri lati. Il lato lungo di fronte a Pietro è vuoto, essendo gli apostoli più vicini sui sedili di quanto non fossero per Pasqua.
Le finestre sono sprangate e le porte pure. Il lume, acceso con due soli becchi, sparge una luce tenue sulla sola tavola. Il resto del vasto stanzone è nella penombra.
Giovanni, che ha alle spalle una credenza, ha l'incarico di porgere ai compagni ciò che desiderano del loro parco cibo, composto di pesce, che è sulla tavola, pane, miele e formaggini freschi. E’ nel girarsi di nuovo verso il tavolo, per dare al fratello il formaggio che egli ha richiesto, che Giovanni vede il Signore.
Gesù è apparso in maniera molto curiosa. La parete dietro le spalle dei commensali, tutta di un pezzo meno che nell'angolo della porticina, si è illuminata al centro, ad un'altezza di un metro circa dal suolo, di una luce tenue e fosforica come è quella che emanano certi quadretti che sono luminosi solo nel buio della notte. La luce, alta quasi due metri, ha forma ovale, come fosse una nicchia. Nella luminosità, come avanzasse da dietro veli di nebbia luminosa, emerge sempre più netto Gesù.
Non so se riesco a spiegarmi bene. Pare che il suo Corpo fluisca attraverso lo spessore della parete. Questa non si apre. Resta compatta, ma il Corpo passa ugualmente. La luce pare la prima emanazione del suo Corpo, l'annuncio del suo avvicinarsi. Il Corpo dapprima è a lievi linee di luce, così come io vedo in Cielo il Padre e gli angeli santi: immateriale.
Poi si materializza sempre più, prendendo in tutto l'aspetto di un corpo reale. Del suo divino Corpo glorificato.
Io ho messo molto a descrivere, ma la cosa è avvenuta in pochi secondi.
Gesù è vestito di bianco, come quando risorse e apparve alla Madre. Bellissimo, amoroso e sorridente. Sta con le braccia lungo i lati del Corpo, un poco staccate da esso, con le Mani verso terra e dalla palma volta verso gli apostoli.
Le due Piaghe delle Mani paiono due stelle di diamanti, da cui escono due raggi vivissimi. Non vedo i Piedi, coperti dalla veste, né il Costato. Ma dalla stoffa del suo abito non terreno trapela luce, là dove essa cela le divine Ferite.
In principio sembra che Gesù non sia che Corpo di candore lunare, poi, quando si è concretizzato, apparendo fuori dell'alone di luce, ha i colori naturali dei suoi capelli, occhi, pelle. E’ Gesù, insomma, Gesù-Uomo-Dio, ma fatto più solenne ora che è risorto.
Giovanni lo vede quando Egli è già così. Nessun altro si era accorto dell'apparizione. Giovanni scatta in piedi lasciando cadere sulla tavola il piatto delle formaggelle tonde e, appoggiando le mani all'orlo della tavola, si piega un poco verso questa e obliquamente, come per calamita che lo attiri verso se stessa, e getta un «Oh!» sommesso e pur intenso.
Gli altri, che avevano alzato il capo dai loro piatti al cadere rumoroso del piatto delle formaggelle e allo scatto di Giovanni e l'avevano guardato stupiti, vedendo la sua posa estatica seguono il suo sguardo. Torcono il capo o si girano su se stessi, a seconda di come si trovano rispetto al Maestro, e vedono Gesù. Si alzano tutti in piedi, commossi e beati, e corrono a Lui, che accentuando il sorriso avanza verso loro, camminando, ora, sul suolo come tutti i mortali.
Gesù, che prima fissava unicamente Giovanni, e credo che questi si sia voltato attratto da quello sguardo che l'accarezzava, guarda tutti e dice: «Pace a voi».
Tutti ora gli sono intorno, chi in ginocchio ai suoi piedi, e fra questi sono Pietro e Giovanni - anzi Giovanni bacia un lembo della veste e se la posa sul viso come per esserne carezzato - chi più indietro, in piedi, ma molto curvo in atto di ossequio.
Pietro, per fare più presto ad arrivare, ha fatto un vero salto al disopra del sedile, scavalcandolo, senza attendere che Matteo, uscendo per primo, lasciasse libero il posto. Bisogna ricordare che i sedili servivano a due persone per volta.
L'unico che resta un poco lontano, impacciato, è Tommaso. Si è inginocchiato presso la tavola. Ma non osa venire avanti e pare, anzi, tenti nascondersi dietro all'angolo di essa.
Gesù, dando le sue Mani a baciare - gli apostoli gliele cercano con bramosia santa e amorosa - gira lo sguardo sulle teste chine come cercasse l'undecimo. Ma lo ha visto dal primo momento e fa così solo per dare tempo a Tommaso di rinfrancarsi e venire.
Vedendo che l'incredulo, vergognoso del suo non credere non osa farlo, lo chiama: «Tommaso. Vieni qui».
Tommaso alza il capo, confuso, quasi piangente, ma non osa venire. Abbassa di nuovo il capo.
Gesù fa qualche passo nella sua direzione e torna a dire: «Vieni qui, Tommaso».
La voce di Gesù è più imperiosa della prima volta.
Tommaso si alza riluttante e confuso e va verso Gesù.
«Ecco colui che non crede se non vede!» esclama Gesù. Ma nella sua voce è un sorriso di perdono.
Tommaso lo sente, osa guardare Gesù e vede che sorride proprio, allora prende coraggio e va più in fretta.
«Vieni qui, ben vicino. Guarda. Metti un dito, se non ti basta guardare, nelle ferite del tuo Maestro».
Gesù ha porto le Mani e poi si è aperto la veste sul petto scoprendo lo squarcio del Costato. Ora la luce non emana più dalle Ferite. Non emana più da quando, uscendo dal suo alone di luce lunare, si è messo a camminare come Uomo mortale, e le Ferite appaiono nella loro cruenta realtà: due fori irregolari, di cui il sinistro va fino al pollice, che trapassano un polso e un palmo alla sua base, e un lungo taglio, che nel lato superiore è lievemente ad accento circonflesso, al Costato.
Tommaso trema, guarda e non tocca. Muove le labbra, ma non riesce a parlare chiaramente.
«Dammi la tua mano, Tommaso» dice Gesù con tanta dolcezza. E prende con la sua destra la mano destra dell'apostolo e ne afferra l'indice e lo conduce nello squarcio della sua Mano sinistra, ve lo ficca ben dentro, per fargli sentire che il palmo è trapassato, e poi dalla Mano lo porta al Costato. Anzi, afferra ora le quattro dita di Tommaso, alla loro base, al metacarpo, e pone queste quattro grosse dita nello squarcio del Petto, facendole entrare, non limitandosi ad appoggiarle all'orlo, e ve le tiene guardando fisso Tommaso. Uno sguardo severo e pur dolce, mentre continua: «... Metti qua il tuo dito, poni le dita e anche la mano, se vuoi, nel mio Costato, e non essere incredulo ma fedele». Questo dice mentre fa quanto ho detto prima.
Tommaso - pare che la vicinanza del Cuore divino, che egli quasi tocca, gli abbia comunicato coraggio - riesce finalmente a parlare e a spiccicare le parole, e dice, cadendo a ginocchio con le braccia alzate e uno scoppio di pianto di pentimento: «Signore mio e Dio mio!». Non sa dire altro.
Gesù lo perdona. Gli pone la destra sul capo e risponde: «Tommaso, Tommaso! Ora credi perché hai veduto... Ma beati coloro che crederanno in Me senza aver visto! Quale premio dovrò dare loro se devo premiare voi, la cui fede è stata soccorsa dalla forza del vedere? ... ».
Poi Gesù pone il braccio sulla spalla di Giovanni, prendendo Pietro per mano, e si accosta al tavolo. Siede al suo posto.
Ora sono seduti come la sera di Pasqua. Però Gesù vuole che Tommaso si sieda dopo Giovanni.
«Mangiate, amici» dice Gesù.
Ma nessuno ha più fame. La gioia li sazia. La gioia del contemplare.
Allora Gesù prende le sparse formaggelle, le riunisce su piatto, le taglia, le distribuisce e il primo pezzo lo dà proprio Tommaso, posandolo su un pezzo di pane e passandolo dietro le spalle di Giovanni; mesce dalle anfore il vino nel calice e lo passa ai suoi amici: questa volta è Pietro il primo servito. Poi si fa dare dei favi di miele, li spezza e ne dà per primo un pezzo a Giovanni, con un sorriso che è più dolce del filante e biondo miele. E di questo, per rincuorarli, ne mangia Lui pure. Non gusta che il miele.
Giovanni, con la mossa solita, appoggia il suo capo contro la spalla di Gesù, e Gesù se lo attira sul Cuore e parla tenendolo così.
«Non dovete turbarvi, amici, quando Io vi appaio. Sono sempre il vostro Maestro, che ha condiviso con voi cibo e sonno e che vi ha eletti perché vi ha amati. Anche ora vi amo».
Gesù appoggia molto su queste ultime parole.
«Voi», prosegue, «siete stati meco nelle prove... Sarete meco anche nella gloria. Non abbassate il capo. La sera della domenica, quando venni a voi per la prima volta dopo la mia Risurrezione, Io vi ho infuso lo Spirito Santo... anche a te che non eri presente venga lo Spirito... Non sapete che l'infusione dello Spirito è come un battesimo di fuoco, poiché lo Spirito è Amore e l'amore annulla le colpe? Il vostro peccato, perciò, di diserzione mentre Io morivo vi è condonato».
Nel dire questo, Gesù bacia sulla testa Giovanni, che non disertò, e Giovanni lacrima di gioia.
«Vi ho dato la potestà di rimettere i peccati. Ma non si può dare ciò che non si possiede. Voi dovete dunque esser certi che questa potestà Io la posseggo perfetta e la uso per voi, che dovete esser mondi al sommo per mondare chi verrà a voi, sporco di peccato. Come potrebbe uno giudicare e mondare se fosse meritevole di condanna e fosse immondezza di suo? Come potrebbe uno giudicare un altro se fosse con i travi nel suo occhio e i pesi infernali nel suo cuore? Come potrebbe dire: "Io ti assolvo nel nome di Dio" se, per i suoi peccati, non avesse Dio con sé?
Amici, pensate alla vostra dignità di sacerdoti.
Prima Io ero fra gli uomini per giudicare e perdonare. Ora Io me ne vado al Padre. Torno al mio Regno. Non mi è levata facoltà di giudizio. Anzi essa è tutta nelle mie mani, poiché il Padre a Me l'ha deferita. Ma tremendo giudizio. Poiché avverrà quando non sarà più possibile all'uomo di farsi perdonare con anni di espiazione sulla Terra.
Ogni creatura verrà a Me con il suo spirito quando lascerà per morte materiale la carne come spoglia inutile. Ed Io la giudicherò per una prima volta.
Poi l'Umanità tornerà con la sua veste di carne, ripresa per comando celeste, per esser separata in due parti. Gli agnelli col Pastore, i capri selvatici col loro Torturatore.
Ma quanti sarebbero gli uomini che sarebbero col loro Pastore se dopo il lavacro del Battesimo non avessero più chi perdona in Nome mio?
Ecco perché Io creo i sacerdoti. Per salvare i salvati dal mio Sangue. Il mio Sangue salva. Ma gli uomini continuano a cadere nella morte. A ricadere nella Morte.
Occorre che chi ne ha potestà li lavi continuamente in Esso, settanta e settanta volte sette, perché della Morte non siano preda. Voi e i vostri successori lo farete.
Per questo vi assolvo da tutti i vostri peccati. Perché avete bisogno di vedere, e la colpa accieca perché leva allo spirito la Luce che è Dio.
Perché avete bisogno di comprendere, e la colpa inebetisce perché leva allo spirito l'intelligenza che è Dio.
Perché avete ministero di purificare, e la colpa insozza perché leva allo spirito la Purezza che è Dio.
Gran ministero il vostro di giudicare e assolvere in Nome mio!
Quando consacrerete per voi il Pane e il Vino e ne farete il Corpo e il Sangue mio, farete una grande, soprannaturalmente grande e sublime cosa. Per compierla degnamente dovrete esser puri, poiché toccherete Colui che è il Puro e vi nutrirete della Carne di un Dio. Puri di cuore, di mente, di membra e di lingua dovrete essere, perché col cuore dovrete amare l'Eucarestia, e non dovranno esser mescolati a questo amore celeste profani amori che sarebbero sacrilegio. Puri di mente, perché dovrete credere e comprendere questo mistero d'amore, e l'impurità di pensiero uccide la Fede e l'Intelletto. Resta la scienza del mondo, ma muore in voi la Sapienza di Dio. Puri di membra dovrete essere, perché nel vostro seno scenderà il Verbo così come scese nel seno di Maria per opera dell'Amore.
Avete l'esempio vivente di come deve essere un seno che accoglie il Verbo che si fa Carne. L'esempio è la Donna senza colpa d'origine e senza colpa individuale che mi ha portato.
Osservate come è pura la vetta d'Ermon ancor fasciata nel velo della neve invernale. Dall' Oliveto essa pare un cumulo di gigli sfogliati o di spuma marina che si elevi come un'offerta contro l'altro candore delle nuvole, portate dal vento d'aprile per i campi azzurri del cielo. Osservate un giglio che apra ora la bocca della sua corolla ad un riso di profumo. Eppure, l'una e l'altra purezza sono men vive di quella del seno che mi fu materno. Polvere portata dai venti è caduta sulle nevi del monte e sulla seta del fiore. L'occhio umano non la percepisce, tanto essa è leggera. Ma essa c'è, e corrompe il candore.
Più ancora, guardate la perla più pura che venga strappata al mare, alla conchiglia natìa, per adornare lo scettro di un re. E’ perfetta nella sua iridescenza compatta che ignora il contatto profanatore di ogni carne, formatasi come si è nell'incavo madreperlaceo dell'ostrica, isolata nello zaffiro fluido delle profondità marine. Eppure è men pura del seno che mi ebbe. Al suo centro è il granello di rena: un corpuscolo minutissimo, ma sempre terrestre. In Colei che è la Perla del Mare non esiste granello di peccato, neppur di fomite al peccato. Perla nata nell'Oceano della Trinità per portare sulla Terra la Seconda Persona, Ella è compatta intorno al suo fulcro, che non è seme di terrena concupiscenza ma scintilla dell'Amore eterno. Scintilla che, trovando in Lei rispondenza, ha generato i vortici della divina Meteora che ora a Sé chiama e attira i figli di Dio: Io, il Cristo, Stella del Mattino.
Questa Purezza inviolata Io vi do a esempio.
Ma quando poi, come vendemmiatori ad un tino, voi tuffate le mani nel mare del mio Sangue e ne attingete di che mondare le stole corrotte dei miseri che peccarono, siate, oltre che puri, perfetti per non macchiarvi di un peccato maggiore, anzi, di più peccati, spargendo e toccando con sacrilegio il Sangue di un Dio o mancando a carità e giustizia, negandolo o dandolo con un rigore che non è del Cristo - che fu buono coi malvagi per attirarli al suo Cuore e tre volte buono coi deboli per confortarli alla fiducia - usando questo rigore tre volte indegnamente, perché contro la mia Volontà, la mia Dottrina e la Giustizia. Come esser rigorosi con gli agnelli quando si è pastori idoli?
0 miei diletti, amici che Io mando per le vie del mondo per continuare l'opera che Io ho iniziata e che sarà proseguita finché il Tempo sarà, ricordate queste mie parole. Ve le dico perché le diciate a coloro che voi consacrerete al ministero nel quale Io vi ho consacrati.
Io vedo... Guardo nei secoli... Il tempo e le turbe infinite degli uomini che saranno mi sono tutti davanti... Vedo... stragi e guerre, paci bugiarde e orrende carneficine, odio e ladrocinio, senso e orgoglio. Ogni tanto un'oasi di verde: un periodo di ritorno alla Croce. Come obelisco che segna un'onda pura fra le aride arene del deserto, la mia Croce sarà alzata con amore, dopo che il veleno del male avrà reso malati di rabbia gli uomini, e intorno ad essa, piantate sui bordi delle acque salutari, fioriranno le palme di un periodo di pace e bene nel mondo. Gli spiriti, come cervi e gazzelle, come rondini e colombi, accorreranno a quel riposante, fresco, nutriente rifugio, per guarire dai loro dolori e sperare nuovamente. Ed esso rinserrerà i suoi rami come una cupola per proteggere da tempeste e solleoni, e terrà lontano serpenti e fiere col Segno che mette in fuga il Male. Così, finché gli uomini vorranno.
Io vedo... Uomini e uomini... donne, vecchi, bambini, guerrieri, studiosi, dottori, contadini... Tutti vengono e passano col loro peso di speranze e di dolori.
E molti vedo che vacillano, perché il dolore è troppo e la speranza è scivolata dalla soma per prima, dalla soma troppo grave, e si è sbriciolata al suolo...
E molti vedo che cadono ai bordi della via perché altri più forti li sospingono, più forti o più fortunati nel peso che è lieve.
E molti vedo che, sentendosi abbandonati da chi passa, calpestati anche, che sentendosi morire, giungono ad odiare e a maledire.
Poveri fìgli! Fra tutti questi, percossi dalla vita, che passano o cadono, il mio Amore ha, intenzionalmente, sparso i samaritani pietosi, i medici buoni, le luci nella notte, le voci nel silenzio, perché i deboli che cadono trovino un aiuto, rivedano la Luce, riodano la Voce che dice: "Spera. Non sei solo. Su te è Dio. Con te è Gesù”. Ho messo, intenzionalmente, queste carità operanti, perché i miei poveri figli non mi morissero nello spirito, perdendo la dimora paterna, e continuassero a credere in Me-Carità vedendo nei miei ministri il mio riflesso.
Ma, o dolore che mi fai sanguinare la Ferita del Cuore come quando fu aperta sul Golgota! Ma che vedono i miei Occhi divini? Non ci sono forse sacerdoti fra le turbe infinite che passano? Per questo sanguina il mio Cuore? Sono vuoti i seminari? Il mio divino invito non suona più, dunque, nei cuori? Il cuore dell'uomo non è più capace di udirlo? No. Nei secoli vi saranno seminari e in essi leviti. Da essi usciranno sacerdoti, perché nell'ora dell'adolescenza il mio invito avrà suonato con voce celeste in molti cuori ed essi l'avranno seguito. Ma altre, altre, altre voci saranno poi venute con la giovinezza e la maturità, e la mia Voce sarà rimasta soverchiata in quei cuori. La mia Voce che parla nei secoli ai suoi ministri perché essi siano sempre quello che voi ora siete: gli apostoli alla scuola di Cristo. La veste è rimasta. Ma il sacerdote è morto. In troppi, nei secoli, accadrà questo fatto. Ombre inutili e scure, non saranno una leva che alza, una corda che tira, una fonte che disseta, un grano che sfama, un cuore che è guanciale, una luce nelle tenebre, una voce che ripete ciò che il Maestro gli dice. Ma saranno, per la povera umanità. un peso di scandalo, un peso di morte, un parassita, una putrefazione... Orrore! I Giuda più grandi del futuro Io li avrò ancora e sempre nei miei sacerdoti!
Amici, Io sono nella gloria e pure Io piango. Ho pietà di queste turbe infinite, greggi senza pastori o con troppo rari pastori. Una pietà infinita! Ebbene, Io lo giuro per la mia Divinità, Io darò loro il pane, l'acqua, la luce, la voce che gli eletti a quest'opere non vogliono dare. Ripeterò nei secoli il miracolo dei pani e dei pesci.
Con pochi, spregevoli pesciolini, e con dei tozzi scarsi di pane - anime umili e laiche - Io darò da mangiare a molti, e ne saranno saziati, e ve ne sarà per i futuri, perché "ho compassione di questo popolo" e non voglio che perisca.
Benedetti coloro che meriteranno d'esser tali. Non benedetti perché sono tali. Ma perché l'avranno meritato col loro amore e sacrificio! E benedettissimi quei sacerdoti che sapranno rimanere apostoli: pane, acqua, luce, voce, riposo e medicina dei miei poveri figli. Di luce speciale splenderanno in Cielo. Io ve lo giuro, Io che sono la Verità.
Alziamoci, amici, e venite meco, ché Io vi insegni ancora a pregare. L'orazione è quella che alimenta le forze dell'apostolo, perché lo fonde con Dio».
E qui Gesù si alza e va verso la scaletta.
Ma, quando è alla sua base, si volge e mi guarda. Oh! Padre! Mi guarda! Pensa a me! Cerca la sua piccola «voce» e la gioia d'esser coi suoi amici non lo smemora di me! Mi guarda, al disopra delle teste dei discepoli, e mi sorride. Alza la mano benedicendomi e dice: «La pace sia con te».
E la visione finisce.
15.2 All’improvviso un’ altra idea mi fulmina la mente…
Rifletto pensando alla tremenda responsabilità del sacerdozio, e mi dico che quello è proprio un compito da lasciare agli altri. Avete visto, infatti, cosa aveva detto Gesù quando ricordava che sarebbe venuto per giudicare?
‘Tremendo giudizio. Poiché avverrà quando non sarà più possibile all’uomo di farsi perdonare con anni di espiazione sulla Terra…Ogni creatura verrà a Me con il suo spirito quando lascerà per morte materiale la carne come spoglia inutile. E io la giudicherò per una prima volta. Poi l’Umanità tornerà con la sua veste di carne, ripresa per comando celeste, per esser separata in due parti. Gli agnelli col pastore, i capri selvatici col loro torturatore’.
Avete visto? Gesù parla qui in pratica della risurrezione prima e della risurrezione seconda, come – neanche a farlo apposta - vi avevo già spiegato io nel capitolo precedente, solo che qui…, solo che qui…, solo che qui Gesù parla proprio di risurrezione della carne…: ‘Ogni creatura verrà a Me con il suo spirito quando lascerà la carne come spoglia inutile…. Poi l’Umanità tornerà con la sua veste di carne, ripresa per comando celeste’.
Non c’è dubbio, qui Gesù parla proprio di carne, anzi di carne ‘ripresa’, per comando celeste. Se è ‘ripresa’ vuol dire che è la carne di prima, no?
Eppure, eppure…, non me ne vogliate, mi rimane ancora un dubbio, perché la questione della ‘carne’ – per come la spiega qui Gesù - non mi è ancora del tutto chiara.
Anzi, a proposito di chiarezza, mi viene all’improvviso un’idea, prendo i ‘Quaderni’, quelli del 1944, indice analitico, cerco la voce ‘resurrezione’, la trovo, ci sono varie ‘sottovoci’ fra cui quella ‘della carne’, mi dico che questa deve proprio essere quella che fa al caso mio, pag. 27, è un dettato di Gesù per la Valtorta, leggo le prime righe, anzi no, mi sembra che sia un dettato per me, leggiamolo però insieme, può darsi che sia anche per voi:
7 gennaio 1944.
Dice Gesù:
« Uomo che mi sei caro nonostante i tuoi errori, pecora spersa per la quale ho camminato e per la quale ho versato il mio Sangue per segnarti la via della Verità, questo dettato è per te. Una istruzione per te. Una luce per te. Non rifiutare il mio dono.
Non commettere sacrilegio di pensare che è più giusta altra parola di questa. Questa è mia. E' la mia voce che da secoli è sempre la stessa, che non muta, che non si contraddice, che non si rinnova col passare dei secoli perché è perfetta e il progresso non la incide. Voi potete aggiornarvi. Non lo che sono come il primo giorno nella mia dottrina così come sono da eternità in eterno nella mia natura. Sono la Parola di Dio, la Sapienza del Padre.
Nel mio vero, unico Vangelo, è detto: "Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Non il Dio dei morti ma dei vivi ". Abramo è vissuto una volta. Isacco è vissuto una volta. Giacobbe è vissuto una volta. Tu vivrai una volta. Io che sono Dio ho preso carne una volta e non la prenderò una seconda, perché anche Dio rispetta l'ordine. E l'ordine della vita umana è questo:
Che ad una carne si fonda uno spirito per rendere l'uomo simile a Dio, il quale non è carne ma spirito, non è animale ma soprannaturale.
Che quando la carne tramonta, alla sua sera, cada come spoglia e rivestimento nel nulla da cui fu tratta e lo spirito torni alla vita sua: beata se visse, dannata se perì per avere fatto della carne il suo signore invece di fare Dio signore del suo spirito.
Che da quell'al di là del quale inutilmente volete conoscere gli estremi senza accontentarvi di credere al suo essere, esso spirito attende con tremore di spavento o con palpito di gioia di veder risorgere la carne per rivestirsene nell'estremo giorno della Terra e con quella precipitare nell'abisso o penetrare in Cielo glorificato anche nella materia, con la quale avete vinto perché è stata la vostra nemica naturale da voi fatta alleata soprannaturale.
Ma come potreste rivestire una carne al momento della mia eccelsa rassegna e con essa andare alla condanna o alla gloria, se ogni spirito avesse avuto molte carni? E quale sceglierebbe fra esse? La prima o l'ultima?
Se la prima gli valse, secondo le vostre teorie, l'ascesa alla seconda, è già carne meritevole, anzi più meritevole delle altre di possedere il cielo, perché ciò che costa è la prima vittoria. Dopo l'ascesa trascina. Ma se in Cielo devono entrare solo i perfetti, come può entrare la prima? Ingiusto sarebbe escludere la prima e ingiusto credere che sarà esclusa l'ultima delle vostre carni, che con teoria nefasta voi credete possano rivestire, a serie ascendenti, il vostro spirito, incarnato e disincarnato per tornarsi ad incarnare come abito che si posa la sera e si riprende al mattino.
E come potreste voi chiamare i beati se essi fossero già reincarnati? E come dire vostri i vostri defunti se in quel momento essi già sono i figli di altri?
No. Lo spirito vive. Creato che sia, non si distrugge più. Vive nella Vita se ha vissuto sulla terra, nell'unica vita che vi è concessa, da figlìo di Dio. Vive nella Morte se ha vissuto nella vita terrena da figlio di Satana. Ciò che è di Dio torna a Dio in eterno. Ciò che è di Satana torna a Satana in eterno.
E non dire: "Ciò è male". Ciò - ti dico Io, Verità - è sommo bene. Viveste mille vite, diverreste mille volte zimbello di Satana e non sempre sapreste uscirne feriti ma vivi. Vivendo una volta e sapendo che in quella volta è il vostro destino, se non siete dei maledetti adoratori della Bestia, agite con quel minimo almeno di volontà che basta a Me per salvarvi.
Beati poi quelli che in luogo del minimo dànno tutto se stessi e vivono nella mia Legge. Il Dio dei vivi li guarda dal Cielo con infinito amore, e quel che ancora avete di bene sulla terra l'avete per questi santi che voi talora spregiate, ma che i Santi chiamano " fratelli ", che gli angeli carezzano, e che il Dio Uno e Trino benedice».
Rimango a riflettere, ancora. Certo ammetto che anch’io una volta l’avevo accarezzata l’idea della reincarnazione, ma una volta. Non più, ora. Si vede che avrà voluto ribadirmele, certe cose. Comunque – se rileggete bene – vi accorgerete che Gesù ne parla ‘en passant’ ma parla proprio di risurrezione della carne, non di una ‘carne eterea’ ma proprio della carne. Non c’è dubbio.
Nell’altro capitolo avevo domandato al Signore perdono, chiedendo però un aumento di fede.
Anche se quest’ultimo non è ancora un aumento di fede, è però pur sempre un aumento di chiarezza, no?
Mi blocco a mezz’aria…!
All’improvviso un’altra idea mi fulmina la mente!
Ve lo ricordate quando – nel quinto capitolo di questo libro – vi avevo raccontato di quella domanda che i Sadducei (Mc 12, 18-27) avevano rivolto a Gesù in uno di quei giorni della settimana santa?
Ora, Mosè aveva lasciato il precetto che se un uomo avesse avuto una moglie e fosse morto anzitempo senza figli, l’altro fratello l’avrebbe dovuta sposare per lasciare una posterità al fratello morto
I Sadducei – però - non credevano nella risurrezione dei morti e – per mettere in difficoltà Gesù di fronte a tutti – gli avevano fatto quella domanda ‘birichina’che – più o meno – suonava così: C’erano sette fratelli: il primo si sposa, muore senza figli e lascia la vedova. Il secondo sposa la vedova, muore senza figli anche lui e la lascia al terzo. Il terzo ( non perché il secondo era rimasto anche lui senza figli ma a questo punto, dico io, perché la vedova doveva essere veramente molto bella) la sposa, muore anche lui senza figli, e così via, finchè – dopo che è morto anche il settimo - muore finalmente anche la vedova e si ritrovano tutti in Cielo al momento della risurrezione dei morti. Guardate che anche se lo sembra non è una barzelletta.
Domanda dei Sadducei: se tutti e sette i fratelli se l’erano sposata, in terra, ora che sono in cielo tutti risorti, la bella vedova chi se la piglia?
Qui – parlando di matrimonio con quel che vi è connesso – il riferimento ai corpi risorti in carne ed ossa era più che evidente – anche se implicito – vero?
E allora andiamo a vedere cosa aveva loro risposto Gesù, non nel Vangelo di Marco (perché ormai lo abbiamo capito che i vangeli ‘ufficiali’ dicono proprio l’essenziale, e comunque non sempre tutto, chissà perchè), ma in quello della Valtorta, che più chiara di così non potrebbe essere:
594. Martedì santo. Lezioni dal fico seccato.
Il tributo a Cesare e la risurrezione dei corpi.
1 aprile 1947.
Stanno per rientrare in città, sempre per la stessa stradicciuola remota presa la mattina avanti, quasi che Gesù non volesse essere circondato dalla gente in attesa prima di essere nel Tempio, al quale presto si accede entrando in città dalla porta del Gregge che è vicina alla Probatica. Ma oggi molti dei settantadue lo attendono già al di là del Cedron, prima del ponte, e non appena lo vedono apparire fra gli ulivi verde-grigi, nella sua veste porpurea, gli vanno incontro. Si riuniscono e procedono verso la città.
Pietro, che guarda avanti, giù per la china, sempre in sospetto di veder apparire qualche malintenzionato, vede fra il verde fresco delle ultime pendici un ammasso di foglie vizze e pendenti che si spenzola sull'acqua del Cedron. Le foglie accartocciate e morenti, qua e là già macchiate come per ruggine, sono simili a quelle di una pianta che le fiamme hanno essiccata. Ogni tanto la brezza ne stacca una e la seppellisce nelle acque del torrente.
«Ma quello è il fico di ieri! Il fico che Tu hai maledetto!» grida Pietro, una mano puntata ad indicare la pianta seccata, la testa volta indietro a parlare al Maestro.
Accorrono tutti, meno Gesù che viene avanti col suo solito passo. Gli apostoli narrano ai discepoli il precedente del fatto che vedono e tutti insieme commentano guardando strabiliati Gesù. Hanno visto migliaia di miracoli su uomini ed elementi. Ma questo li colpisce come molti altri non lo hanno fatto.
Gesù, che è sopraggiunto, sorride nell'osservare quei visi stupiti e timorosi, e dice: «E che? Tanto vi fa meraviglia che per la mia parola sia seccato un fico? Non mi avete visto forse risuscitare i morti, guarire i lebbrosi, dar vista ai ciechi, moltiplicare i pani, calmare le tempeste, spegnere il fuoco? E vi stupisce che un fico dissecchi?».
«Non è per il fico. E’ che ieri era vegeto quando l'hai maledetto, e ora è seccato. Guarda! Friabile come argilla disseccata. I suoi rami non hanno più midollo. Guarda. Vanno in polvere», e Bartolomeo sfarina fra le dita dei rami che ha con facilità spezzato.
«Non hanno più midollo. Lo hai detto. Ed è la morte quando non c'è più midollo, sia in una pianta, che in una nazione, che in una religione, ma c'è soltanto dura corteccia e inutile fogliame: ferocia ed ipocrita esteriorità. Il midollo, bianco, interno, pieno di linfa, corrisponde alla santità, alla spiritualità. La corteccia dura e il fogliame inutile, all'umanità priva di vita spirituale e giusta.
Guai a quelle religioni che divengono umane perché i loro sacerdoti e fedeli non hanno più vitale lo spirito.
Guai a quelle nazioni i cui capi sono solo ferocia e risuonante clamore privo di idee fruttifere! Guai agli uomini in cui manca la vita dello spirito!».
«Però, se Tu avessi a dire questo ai grandi d'Israele, ancorché il tuo parlare sia giusto, non saresti sapiente. Non ti lusingare perché essi ti hanno finora lasciato parlare. Tu stesso lo dici che non è per conversione di cuore, ma per calcolo. Sappi allora Tu pure calcolare il valore e le conseguenze delle tue parole. Perché c'è anche la sapienza del mondo, oltre che la sapienza dello spirito. E occorre saperla usare a nostro vantaggio. Perché, infine, per ora si è nel mondo, non già nel Regno di Dio» dice l'Iscariota, senza acredine ma in tono dottorale.
«Il vero sapiente è colui che sa vedere le cose senza che le ombre della propria sensualità e le riflessioni del calcolo le alterino. Io dirò sempre la verità di ciò che vedo».
«Ma insomma questo fico è morto perché sei stato Tu a maledirlo, o è un... caso... un segno... non so?» chiede Filippo.
«E’ tutto ciò che tu dici. Ma ciò che Io ho fatto voi pure potrete fare, se giungerete ad avere la fede perfetta. Abbiatela nel Signore altissimo. E quando l'avrete, in verità vi dico che potrete questo e ancor più.
In verità vi dico che, se uno giungerà ad avere la fiducia perfetta nella forza della preghiera e nella bontà del Signore, potrà dire a questo monte: "Spostati di qua e gettati in mare", e se dicendolo non esiterà nel suo cuore, ma crederà che quanto egli ordina si possa avverare, quanto ha detto si avvererà».
«E sembreremo dei maghi e saremo lapidati, come è detto per chi esercita magia. Sarebbe un miracolo ben stolto, e a nostro danno!» dice l'Iscariota crollando il capo.
«Stolto tu sei, che non capisci la parabola!» gli rimbecca l'altro Giuda.
Gesù non parla a Giuda. Parla a tutti: «Io vi dico, ed è vecchia lezione che ripeto in quest'ora: qualunque cosa chiederete con la preghiera, abbiate fede di ottenerla e l'avrete. Ma se prima di pregare avete qualcosa contro qualcuno, prima perdonate e fate pace per aver amico il Padre vostro che è nei Cieli, che tanto, tanto vi perdona e benefica, dalla mattina alla sera e dal tramonto all'aurora».
Entrano nel Tempio. I soldati dell'Antonia li osservano passare. Vanno ad adorare il Signore, poi tornano nel cortile dove i rabbi insegnano.
Subito verso Gesù, prima ancora che la gente accorra e si affolli intorno a Lui, si avvicinano dei saforim, dei dottori d'Israele e degli erodiani, e con bugiardo ossequio, dopo averlo salutato, gli dicono: «Maestro, noi sappiamo che Tu sei sapiente e veritiero, e insegni la via di Dio senza tener conto di cosa o persona alcuna, fuorché della verità e giustizia, e poco ti curi del giudizio degli altri su Te, ma soltanto di condurre gli uomini al Bene. Dicci allora: è lecito pagare il tributo a Cesare, oppure non è lecito farlo? Che te ne pare?».
Gesù li guarda con uno di quei suoi sguardi di una penetrante e solenne perspicacia, e risponde: «Perché mi tentate ipocritamente? Eppure alcuno fra voi sa che Io non vengo ingannato con ipocriti onori! Ma mostratemi una moneta, di quelle usate per il tributo».
Gli mostrano una moneta. La osserva nel retto e nel verso e, tenendola appoggiata sul palmo della sinistra, vi batte sopra l'indice della destra dicendo: «Di chi è quest'immagine e che dice questa scrittura?».
«Di Cesare è l'immagine, e l'iscrizione porta il suo nome. Il nome di Caio Tiberio Cesare, che è ora imperatore di Roma».
«E allora rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio date quel che è di Dio», e volge loro le spalle dopo aver reso il denaro a chi glielo aveva dato.
Ascolta questo e quello dei molti pellegrini che lo interrogano, conforta, assolve, guarisce. Passano le ore.
Esce dal Tempio per andare forse fuori porta, a prendere il cibo che gli portano i servi di Lazzaro incaricati a questo.
Rientra nel Tempio che è pomeriggio. Instancabile. Grazia e sapienza fluiscono dalle sue mani posate sugli infermi, dalle sue labbra in singoli consigli dati ai molti che lo avvicinano. Sembra che voglia tutti consolare, tutti guarire, prima di non poterlo più fare.
E già quasi il tramonto e gli apostoli, stanchi, stanno seduti per terra sotto il portico, sbalorditi da quel continuo rimuoversi di folla che sono i cortili del Tempio nell'imminenza pasquale, quando all'Instancabile si avvicinano dei ricchi, certo ricchi a giudicare dalle vesti pompose.
Matteo, che sonnecchia con un occhio solo, si alza scuotendo gli altri. Dice: «Vanno dal Maestro dei sadducei. Non lasciamolo solo, che non lo offendano o cerchino di nuocergli e di schernirlo ancora».
Si alzano tutti raggiungendo il Maestro, che circondano subito. Credo intuire che ci sono state rappresaglie nell'andare o tornare al Tempio a sesta.
I sadducei, che ossequiano Gesù con inchini persino esagerati, gli dicono: «Maestro, hai risposto così sapientemente agli erodiani che ci è venuto desiderio di avere noi pure un raggio della tua luce. Senti. Mosè ha detto: "Se uno muore senza figli, il suo fratello sposi la vedova, dando discendenza al fratello". Ora c'erano fra noi sette fratelli. Il primo, presa in moglie una vergine, morì senza lasciar prole e perciò lasciò la moglie al fratello. Anche il secondo morì senza lasciar prole, e così il terzo che sposò la vedova dei due che lo precederono, e così sempre, sino al settimo. In ultimo, dopo aver sposato tutti i sette fratelli, morì la donna. Di' a noi: alla risurrezione dei corpi, se è pur vero che gli uomini risorgono e che a noi sopravviva l'anima e si ricongiunga al corpo all'ultimo giorno, riformando i viventi, quale dei sette fratelli avrà la donna, posto che l'ebbero sulla Terra tutti e sette?».
«Voi sbagliate. Non sapete comprendere né le Scritture né la potenza di Dio. Molto diversa sarà l'altra vita da questa, e nel Regno eterno non saranno le necessità della carne come in questo. Perché, in verità, dopo il Giudizio finale la carne risorgerà e si riunirà all'anima immortale riformando un tutto, vivo come e meglio che non sia viva la mia e la vostra persona ora, ma non più soggetto alle leggi e soprattutto agli stimoli e abusi che vigono ora. Nella risurrezione, gli uomini e le donne non si ammoglieranno né si mariteranno, ma saranno simili agli angeli di Dio in Cielo, i quali non si ammogliano né si maritano, pur vivendo nell'amore perfetto che è quello divino e spirituale. In quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto come Dio dal roveto parlò a Mosè? Che disse l'altissimo allora? "Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Non disse: "Io fui", facendo capire che Abramo, Isacco e Giacobbe erano stati ma non erano più. Disse: "Io sono". Perché Abramo, Isacco e Giacobbe sono Immortali. Come tutti gli uomini nella parte immortale, sino a che i secoli durano, e poi, anche con la carne risorta per l'eternità. Sono, come lo è Mosè, i profeti, i giusti, come sventuratamente è Caino e sono quelli del diluvio, e i sodomiti, e tutti coloro morti in colpa mortale. Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi».
«Anche Tu morrai e poi sarai vivente?», lo tentano. Sono già stanchi di essere miti. L'astio è tale che non sanno contenersi.
«Io sono il Vivente e la mia Carne non conoscerà sfacimento. L'arca ci fu levata e l'attuale sarà levata anche come simbolo. Il Tabernacolo ci fu tolto e sarà distrutto. Ma il vero Tempio di Dio non potrà essere levato e distrutto. Quando i suoi avversari crederanno di averlo fatto, allora sarà l'ora che si stabilirà nella vera Gerusalemme, in tutta la sua gloria. Addio».
E si affretta verso il cortile degli Israeliti, perché le tube d'argento chiamano al sacrificio della sera.
Mi dice Gesù:
«Così come ti ho fatto segnare la frase "al mio calice" nella visione della madre di Giovanni e Giacomo chiedente un posto per i suoi figli, così ti dico di segnare nella visione di ieri il punto: "chi cadrà contro questa pietra si sfracellerà". Nelle traduzioni è sempre usato "sopra". Ho detto contro e non sopra. Ed è profezia contro i nemici della mia Chiesa. Coloro che l'avversano, avventandosi contro ad Essa, perché Essa è la Pietra angolare, saranno sfracellati. La storia della Terra, da venti secoli, conferma il mio detto. I persecutori della Chiesa si sfracellano avventandosi sulla Pietra angolare. Però anche, e lo tengano presente anche quelli che per essere della Chiesa si credono salvi dai castighi divini, colui sul quale cadrà il peso della condanna del Capo e Sposo di questa mia Sposa, di questo mio Corpo mistico, colui sarà stritolato.
E prevenendo ad una obbiezione dei sempre viventi scribi e sadducei, malevoli ai servi miei, Io dico: se in queste ultime visioni risultano frasi che non sono nei Vangeli, quali queste della fine della visione di oggi e del punto in cui Io parlo sul fico seccato e altri ancora, ricordino costoro che gli evangelisti erano sempre di quel popolo, e vivevano in tempi nei quali ogni urto troppo vivo poteva avere ripercussioni violente e nocive ai neofiti.
Rileggano gli atti apostolici e vedranno che non era placida la fusione di tanti pensieri diversi, e che se a vicenda si ammirarono, riconoscendo gli uni agli altri i meriti, non mancarono fra loro i dissensi, perché vari sono i pensieri degli uomini e sempre imperfetti. E ad evitare più profonde fratture fra l'uno e l'altro pensiero, illuminati dallo Spirito Santo, gli evangelisti omisero volutamente dai loro scritti qualche frase che avrebbe scosso le eccessive suscettibilità degli ebrei e scandalizzato i gentili, che avevano bisogno di credere perfetti gli ebrei, nucleo dal quale venne la Chiesa, per non allontanarsene dicendo: "Sono simili a noi". Conoscere le persecuzioni di Cristo, sì. Ma le malattie spirituali del popolo di Israele ormai corrotto, specie nelle classi più alte, no. Non era bene. E più che poterono velarono.
Osservino come i Vangeli si fanno sempre più espliciti, sino al limpido Vangelo del mio Giovanni, più furono scritti in epoche lontane dalla mia Ascensione al Padre mio.
Solo Giovanni riporta interamente anche le macchie più dolorose dello stesso nucleo apostolico, chiamando apertamente "ladro" Giuda, e riferisce integralmente le bassezze dei giudei (cap. 6° - finta volontà di farmi re, le dispute al Tempio, l'abbandono di molti dopo il discorso sul Pane del Cielo, l'incredulità di Tommaso).
Ultimo sopravvissuto, vissuto sino a vedere già forte la Chiesa, alza i veli che gli altri non avevano osato alzare.
Ma ora lo Spirito di Dio vuole conosciute anche queste parole.
E ne benedicano il Signore, perché sono tante luci e tante guide per i giusti di cuore».
15.3 Un mese fa circa mi era stato chiesto: Il ‘Paradiso’ risulta un punto centrale del suo pensiero: cosa sa lei di questo luogo? O meglio: a che punto è lei nella sua ricerca-scoperta?
Rileggo - meditandola a lungo - quella risposta di Gesù ai Sadducei:
«Voi sbagliate. Non sapete comprendere né le Scritture né la potenza di Dio. Molto diversa sarà l'altra vita da questa, e nel Regno eterno non saranno le necessità della carne come in questo. Perché, in verità, dopo il Giudizio finale la carne risorgerà e si riunirà all'anima immortale riformando un tutto, vivo come e meglio che non sia viva la mia e la vostra persona ora, ma non più soggetto alle leggi e soprattutto agli stimoli e abusi che vigono ora. Nella risurrezione, gli uomini e le donne non si ammoglieranno né si mariteranno, ma saranno simili agli angeli di Dio in Cielo, i quali non si ammogliano né si maritano, pur vivendo nell'amore perfetto che è quello divino e spirituale…».
In quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto come Dio dal roveto parlò a Mosè? Che disse l'altissimo allora? "Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Non disse: "Io fui", facendo capire che Abramo, Isacco e Giacobbe erano stati ma non erano più. Disse: "Io sono". Perché Abramo, Isacco e Giacobbe sono Immortali. Come tutti gli uomini nella parte immortale, sino a che i secoli durano, e poi, anche con la carne risorta per l'eternità. Sono, come lo è Mosè, i profeti, i giusti, come sventuratamente è Caino e sono quelli del diluvio, e i sodomiti, e tutti coloro morti in colpa mortale. Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi».
Avete capito?
Vi è piaciuto finora come parla il Gesù della Valtorta?
Vi siete resi conto che la sua è la Sapienza di un Dio e che – se riusciamo a comprendere quel che dice - è solo perché Egli si sforza di rendersi comprensibile all’intelligenza limitata di noi uomini?
Rileggete bene.
Il Gesù della visione della Valtorta ha qui detto chiaro e tondo che alla risurrezione finale le anime si rivestiranno di carne.
Insomma, quegli atomi, quegli eletroni, protoni, neutroni e quarks – ad un comando divino – si materializzeranno intorno alla loro anima immortale e diventeranno carne, come la nostra ora, solo che in quel momento essa sarà perfetta.
Sarà una ‘carne’ che obbedirà a leggi fisiche diverse da quelle attuali.
E che sarà proprio carne-carne lo si capisce anche perché Gesù dice che non avrà gli stimoli e gli abusi di adesso. Che è come dire che avrà stimoli, come è giusto che la carne in quanto tale abbia, ma non saranno stimoli degenerati, mi spiego?
La sessualità – ad esempio - non avrà più ragione di esistere, perché essa – come è oggi vissuta da noi esseri umani decaduti - è una forma ‘degenerata’ dell’Amore, nel senso che essa è stimolata dagli istinti carnali più bassi frutto del Peccato originale.
Conseguentemente – come dice il Gesù dell’evangelista Marco - non sarà più necessario ‘sposarsi’ o ‘maritarsi’, cioè avere rapporti sessuali, perché l’unico amore sarà Dio e sarà un amore di tipo spirituale.
Gesù spiega ancora che al momento della risurrezione della carne tutti gli uomini saranno ben vivi.
Da un lato tutti i ‘giusti’, dall’altro i dannati, come Caino, gli uomini distrutti nel diluvio, i sodomiti e in genere tutti quelli deceduti in colpa mortale.
Dio, non è Dio dei morti ma dei vivi.
E ciò perchè noi uomini-spirituali continueremo, anche dopo, ad essere vivi come ora, anzi meglio di ora, perché saremo anche Immortali.
Immortali…! Ah, che parola!
Lo capite?
Ecco la verità scioccante alla quale non pensiamo mai abbastanza perché inconsciamente ci pare impossibile, anche quando cerchiamo di convincerci che andremo dell’aldilà.
La verità è che noi uomini siamo Immortali!
Anche se noi qui ci vediamo di carne corruttibile, in realtà siamo spiriti, e come tali creati da Dio.
Ribadisco e chiarisco ancora.
Alla risurrezione dei corpi recuperemo la nostra carne, solo che non sarà quella imperfetta, malata, debole, invecchiata, caratteristica dei corpi attuali che subiscono le tare genetiche prodotte dal Peccato originale.
Sarà carne, carne viva come quella attuale ma più viva, perché glorificata.
E come tale non dovrà rispondere alle leggi e alle necessità della attuale materia e carne: ecco la perfezione, ecco il corpo glorificato di Gesù, bellissimo, splendente, che entra ed esce dai muri – pare un film di fantascienza ma vi assicuro che è realtà – perché le leggi della ‘materia’ dei corpi glorificati sono leggi diverse, i corpi avranno proprietà diverse da quelli soggetti alle leggi attuali. Possono apparire e scomparire, acquistare consistenza di solidità o perderla, ad un comando della propria volontà.
La volontà – fusa in Dio, nel Potere di Dio – dominerà la nuova materia glorificata.
Ragazzi, io non riesco ad immaginarmela che così, la situazione.
Non vi piace? Vi pare troppo bello per essere vero? Vi pare impossibile?
Ecco, mi domando, cosa conosciamo noi in realtà della potenza di Dio?
L’universo? Questo universo fatto di miliardi di galassie con dentro a ciascuna decine e anche centinaia di miliardi di stelle? E perché solo di stelle? Anche di pianeti, di mondi, no?
Una volta – nei Quaderni della Valtorta - mi aveva colpito una frase di Gesù che le parlava (e del quale ora vi sarete ben fatti un’idea anche voi) e più o meno le diceva che ‘Egli sarebbe un Dio ben limitato se noi pensassimo, nel nostro orgoglio, che – con i miliardi e miliardi e miliardi di stelle e pianeti che Dio ha creato in quest’universo smisurato – l’unico pianeta abitato e degno di esistere quale tale fosse solo la Terra. La Terra non è l’unico pianeta di viventi, ma solo il più corrotto…’.
Ero rimasto colpito non perché aveva detto che era il più corrotto ma perché – inconsciamente – pensavo che noi uomini avremmo dovuto essere gli unici abitatori dell’universo.
Anzi – per maggior sicurezza - me la voglio andare a ricontrollare quella frase …
Gesù commentava a Maria Valtorta un brano dell’Apocalisse di San Giovanni, e parlava delle sette piaghe – corrispondenti ai sette tuoni non descritti - con le quali Dio avrebbe ad un certo punto colpito l’Umanità, espressioni figurative dalle quali non era però totalmente esclusa la realtà.
Era una Umanità che si stava – come ora – progressivamente degradando scindendosi in due: una parte spirituale, sempre più esigua al sommo, che ascende, e la parte carnale, numerosissima che discende.
La terra sarebbe diventata quella ‘gran Babilonia’, di cui parla appunto l’Apocalisse, e sarebbe stata ad un certo punto colpita da Dio prima attraverso la Grande Tribolazione e poi – alla fine – con la distruzione totale, alla quale avrebbe fatto seguito il Giudizio finale con la risurrezione della carne.
E diceva appunto Gesù alla Valtorta:
«Maria, ora ti prendo per mano per condurti nel punto più oscuro del libro di Giovanni.
I glossatori del medesimo hanno esaurito la loro capacità in molte deduzioni per spiegare a se stessi e alle folle chi sia la ‘gran Babilonia’.
Con vista umana alla quale non erano estranee le scosse impresse da avvenimenti desiderati o da avvenimenti accaduti, hanno dato il nome di Babilonia a molte cose.
Ma come non hanno mai pensato che la ‘gran Babilonia’ sia tutta la Terra?
Sarei un ben piccolo e limitato Iddio Creatore se non avessi creato che la Terra come mondo abitato!
Con un palpito del mio volere ho suscitato mondi e mondi dal nulla e li ho proiettati, pulviscolo luminoso, nell’immensità del firmamento.
La Terra, di cui siete tanto orgogliosi e tanto feroci, non è che uno dei pulviscoli rotanti nell’infinito, e non il più grande. Certo però è il più corrotto.
Vite e vite pullulano nei milioni di mondi che sono la gioia del vostro sguardo nelle notti serene, e la perfezione di Dio vi apparirà quando potrete vedere, con la vista intellettuale dello spirito ricongiunto a Dio, le meraviglie di quei mondi…’.
Dunque, se non ve la sentite di dar credito alla mia immaginazione, il credito non possiamo negarlo alla Valtorta che le cose non le immaginava ma le vedeva, no?
Esistono quindi, nell’Universo, mondi e mondi abitati.
Da un punto di vista matematico-statistico è praticamente e assolutamente ‘improbabile’ che con tanti miliardi di miliardi di corpi celesti non ve ne siano – di mondi abitati - non uno ma tanti e con tante altre forme di vita, sia in condizioni ambientali analoghe a quelle della Terra (perché - se ammettiamo che Dio sia ‘Creatore’ - dobbiamo anche ammettere che nulla gli può impedire di ‘creare’ un mondo ‘analogo’ al nostro) sia in condizioni ambientali diverse e conseguentemente con degli organismi viventi, o meglio degli ‘abitanti’, strutturalmente, psichicamente e morfologicamente diversi da noi umani.
Fate attenzione.
Se noi partiamo dal presupposto, ateo, che non vi è un Dio creatore e che l’universo (con quelle sue leggi tanto precise che se ne cambi solo una, anche minima, crolla tutta l’impalcatura dell’Universo come noi lo conosciamo) sia frutto di un caso, allora è statisticamente e matematicamente quasi impossibile che quelle numerosi condizioni, leggi e presupposti casuali - che avrebbero casualmente presieduto non solo alla formazione dell’universo ma anche della nostra terra ed alla nascita della vita prima vegetale e poi animale – si possano casualmente ripetere e che quindi possa magari esistere un altro mondo simile a quello nostro: nel senso di mondo ‘abitato’ da esseri intelligenti come noi umani, anzi più di noi.
Ma se partiamo dal concetto della ‘creazione’ da parte di Dio – concetto che a tanti pare faccia orrore – cosa impedisce a Dio di creare altri mondi, più o meno simili al nostro, anche se ‘diversi’?
Se il decadimento della nostra intelligenza originaria fu dovuto al Peccato originale, quale sarà mai l’intelligenza degli ‘abitanti’ di altri mondi che non dovessero aver subito un decadimento come il nostro e siano rimasti perfetti avendo resistito al Male?
Questo nostro modo di ragionare – per inciso - non è un lasciar galoppare la fantasia ma un procedere ‘logico’ su una catena di ragionamenti dove la scoperta di una ‘verità’ ti pone subito dopo – come in un gioco di domino – l’aggancio alla ‘verità’ successiva.
Prendete due pinoli. Rompetene il guscio con un martello senza schiacciare il seme che è dentro. Guardatelo, è piccolo e bianco e non dice niente, come quel puntino del Big-Bang dell’universo che è esploso, si è dilatato e ha formato l’Universo attuale che però – in nuce – era contenuto in quel puntino iniziale di cui vi avevo già parlato quando vi avevo accennato alle scoperte della Fisica moderna sul Big-Bang e sulla teoria quantistica.
Poi mettete il semino nella terra, annaffiatelo bene, aspettate un po’ – non i quindici miliardi di anni dal Big-Bang ad oggi – e vedrete prima un germoglio, poi una piantina, quindi un alberello che esploderà infine in quell’autentico gigantesco miracolo che è quel pino che alza le sue fronde maestose della sua cima di fronte alla finestra del mio studio, qui in torretta, anche se il mio non è un pino ma un cedro del Libano: più bello ancora!
E lo stesso con l’altro pinolo.
Non sarà – l’altro – un pino esattamente uguale al primo perché – altro miracolo – sono diversi l’uno dall’altro, ma continuano ad essere sempre un pino.
Mi dico che per altri mondi, anche per altre ‘galassie’, Dio possa seminare dei semini così: tutti semini, tutti diversi, ma sempre semini, cioè mondi abitati.
Così come sulla nostra Terra – nel mondo vegetale ed animale – esistono infinite forme di vita ‘terrestri’, così diverse fra di loro ma ugualmente perfette e ‘pensanti’, cosa potrà mai esserci in quelle migliaia di migliaia di pianeti che la Scienza – con la tecnologia di questi ultimi decenni - ha scoperto che esistono nell’Universo?
Ce la sentiamo di negare che negli altri pianeti esistano forme intelligenti di vita?
Se poi il nostro pianeta è solo il più corrotto - ed è difficile negarlo, se non altro per un ‘credente’ perché la Bibbia e la dottrina cristiana ben parlano del disastro immane prodotto da Satana attraverso il Peccato originale – e se il termine ‘corruzione’ ha un suo significato ‘morale’, allora vuol dire che negli altri pianeti gli esseri viventi avranno anch’essi un codice morale, o che so…, una loro religione.
Anzi – se il nostro è il più corrotto, e gli altri allora sono migliori – gli ‘altri’avranno senz’altro una religione, e loro sì che adoreranno Dio in spirito e verità.
Cosa è la ‘religione’?
Attenzione, io ragiono da ‘catecumeno’ e soprattutto da uomo della strada.
Non fatemi domande difficili.
Per me la religione è il sentimento di Dio che noi uomini abbiamo innato in noi stessi, perché Dio lo ha inculcato nel ‘Dna’ della nostra anima nel momento in cui l’ha creata, così come nel semino, nel pinolo, vi è ‘inculcato’ dentro – per un miracolo che anche se ce l’abbiamo sotto gli occhi non riusciamo a comprendere - quel suo Dna genetico che lo trasformerà di lì ad un certo numero di anni in quel pino gigantesco di cui vi parlavo.
Ci siamo?
Poi però l’anima creata occupa un corpo embrionale, vi si fonde e – insieme al corpo – nasce...
Attraverso il cervello : strumento che analizza ed elabora gli stimoli che vengono dai cinque sensi, l’anima prende gradatamente conoscenza prima del mondo esterno e poi, con un processo autocritico, prende coscienza anche di sé stessa.
O meglio – secondo me – quello che prende coscienza di sé stesso è l’io conscio - che tutto sommato è il meno cosciente, anzi talvolta è proprio un incosciente, spiritualmente parlando - mentre invece l’io inconscio sa già - di Dio – tutto l’essenziale, e cioè che è Amore.
Ed a Dio l’io inconscio anela – inconsciamente – di ritornare.
E allora nasce la ‘religione’, come manifestazione ‘conscia’ di una realtà vissuta inconsciamente, nel profondo dell’anima, cioè.
Certo però che - se all’anima non ci credete - avete un problema.
Ma l’io conscio che si sviluppa e cresce, si trova immerso nel mondo nel quale è nato, cioè in una famiglia, in un popolo con delle usanze, con una cultura, con delle credenze, un popolo che lo ha già preceduto nei secoli e che ha già cercato di dare delle risposte ‘razionali’ (che altro non sono che le risposte dell’io conscio e cioè sempre risposte secondo la sua ‘cultura’ ) al problema di Dio, cioè di quel sentimento di Dio che avvertiva nel proprio inconscio.
E l’uomo nuovo abbraccia quelle idee, anche se quell’originario inconscio sentimento religioso di Dio è stato nel frattempo caricato della psicologia, degli usi, del livello intellettuale e speculativo – talvolta limitato – di quel determinato popolo.
Ecco come sono nate – secondo me – tante religioni ‘non rivelate’, che non sono da disprezzare perché ‘infantili’, ma da ‘capire’ perché sono il frutto di una infanzia intellettuale e soprattutto spirituale che poi ci trasciniamo dietro per inerzia, di generazione in generazione.
Ma quello che in esse conta è il sentimento di Dio e – legato ad esso – la volontà di comportarci socialmente e moralmente bene per arrivare infine – magari facendo un passetto avanti – a comportarci anche spiritualmente bene.
Perché la nostra anima è immortale, destinata al Cielo (anche se questo non sappiamo per ora che cosa realmente sia).
E da una sola cosa l’anima può essere ‘uccisa’ – pur continuando a vivere immortale - rispetto alla Vita di cui si beneficia in Cielo: e cioè dal Peccato che poi, in parole povere, altro non è che una mancanza d’amore di cui non ci si è pentiti abbastanza. Chiaro?
Ora – ritornando al discorso delle ‘religioni’ degli altri mondi abitati - così come noi umani, sulla Terra, abbiamo forme di religione diverse e imperfette dove un certo numero di esse comunque porta verso Dio, anche se in maniera imperfetta, anche altri esseri viventi di altri pianeti potranno avere una loro ‘religione’, cioè il sentimento di Dio.
Se Dio è un Dio universale, perché infatti non lo dovrebbe essere per tutti, anche per quelli ‘diversi’ da noi?
Magari, gli altri, ‘ragioneranno’ in maniera diversa da quella ‘umana’, come la formica e l’uccello della Terra – avendo finalità e strutture fisiche e mentali diverse - ‘ragionano’ in maniera diversa dall’uomo. Ma la dottrina dell’amore sarà valida anche per gli altri, se è stata trasmessa da Dio, no?
Saranno magari modi diversi di amare Dio, ma sempre di amore si tratterà, penso.
L’uccellino – ad esempio - si prende cura del suo ‘piccolo’, come tanti altri animali, e a modo suo lo ‘ama’. E lo stesso fa la formica con le sue larve ‘affettuosamente’ curate e custodite. E il cane con i suoi cuccioli? E l’orso, così feroce quando gli si insidia la sua cucciolata di orsacchiotti, non la ama?
Gli animali ‘amano’ in maniera diversa ma spesso anche meglio degli uomini decaduti che i loro figli non di rado li abbandonano: materialmente, moralmente, spiritualmente, per non dir di peggio: quando li uccidono.
Vi domandate perché Dio si è sforzato di insegnarci ad amare?
E cosa doveva allora insegnare Dio all’uomo, precipitato nel vortice del Peccato e dell’Odio, se non una dottrina d’amore, senza la quale non si entra in Cielo?
Un mese fa – state a sentire - mi era stato chiesto chiesto:
Il ‘Paradiso’ risulta un punto centrale del suo pensiero: cosa sa lei di questo luogo? O meglio: a che punto è lei nella sua ricerca-scoperta?
In effetti ben tre dei miei libri portano nel titolo la parola ‘Paradiso’, che però lì sta a significare – secondo me – un percorso di ricerca e scoperta di Dio, questo nostro ‘Dio interiore’ che sembra ci parli ma poi non sappiamo mai chi è.
Il primo libro si intitola ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’, mentre l’opera successiva – in due volumi – ‘Alla scoperta del Paradiso perduto’.
Potreste obiettare che forse non ho avuto troppa immaginazione nel ‘pensare’ i titoli, ma il fatto è che - in certe cose - cerco di immaginare il meno possibile, anche se a voi sembrerà il contrario, e di scrivere invece quello che sento, anzi – nel caso del secondo titolo – quel che m’ero sognato, ma questa è un’altra storia, anzi un altro libro.
Fatto sta che a quella domanda, preso in contropiede, non sapevo che dire e siccome – voi lo sapete – scrivo e rispondo sempre in diretta, avevo replicato al mio interlocutore la prima cosa che – in quel momento – mi era passata per la mente, e cioè questa:
Poiché lei lo chiama un ‘luogo’, forse anche lei ne saprà quanto me: poco.
Una volta mi domandavo se il Paradiso fosse un qualcosa di ‘materiale’, un qualcosa da film di fantascienza, una sorta di dimensione, di universo parallelo. Ho letto che ci sono stati degli scienziati, studiosi di fisica moderna – quindi non dei ‘religiosi’ – che, di fronte agli interrogativi straordinari sulla struttura dell’universo che emergevano dall’approfondimento della meccanica quantistica, hanno seriamente analizzato una ipotesi del genere: non quella del paradiso ma che esistano anche universi paralleli.
E io mi son chiesto, come lei: ‘E’ un ‘luogo’, l’aldilà?’. O uno ‘stato’, un ‘modo di essere’ del nostro ‘complesso psichico’, cioè dell’anima?
Nessuno è ancora riuscito a dare questa risposta e, se devo essere sincero, non sono neanche tanto desideroso di volerla conoscere di persona, almeno per i prossimi quarantanni ancora. Mi spiego?
Però – scrivendo - mi son fatto una mia personale convinzione.
La realtà dell’aldilà è di carattere spirituale, lo spazio-tempo non sono ‘categorie’ di quel tipo di ‘universo’, parallelo o meno che sia.
Per usare una immagine moderna, potrei paragonare l’altro mondo ad una specie di ‘Regno’ dove si può andare con un ‘passaporto’ che si può ottenere solo con una fedina penale pulita o…ripulita, dopo l’espiazione della pena.
Se non si è fatti ‘abili’ - militarmente parlando - alla pratica dell’amore non si entra nel Regno.
E se la pratica non è stata fatta in maniera sufficiente in vita, bisogna completare l’esperienza da un’altra parte. In Purgatorio, magari, no?
Ma, una volta in ‘Paradiso’, là ci sono molte ‘dimore’: una tenda, una capanna, una casetta, una casa più ampia e spaziosa, una villa, una reggia…a seconda del tipo di merito che avremo acquisito non in Purgatorio ma in terra, perché sono le azioni ‘buone’ che abbiamo compiuto in terra quelle che fanno acquisire ‘meriti’ per il Paradiso: la villa anziché la capanna, insomma.
Ciò perché la prova degli uomini, ai fini del premio finale, si svolge sulla terra.
Sono queste le regole del gioco, credo, e ora che il gioco – dopo il Peccato originale – è cominciato, noi non possiamo più cambiarle a nostro favore, né tantomeno ‘barare’ con un ‘giocatore’ come Dio.
Delusi? Temiamo che ci tocchi la capanna? Niente paura, perché Dio Padre è buono e anche con la capanna, ma che dico, anche con la tenda, sarà quasi lo stesso, perché là non avremo più ambizioni e invidie, e neanche egoismi e saremo consapevoli – essendo illuminati dalla luce di Dio – dei nostri meriti e demeriti, e sapremo che quella dimora è esattamente quella che ci siamo meritata. E ne saremo comunque felici.
Ammetto che la mia è una visione poco ‘teologica’, anzi da ‘catecumeno e da uomo della strada’.
Ma in fin dei conti è quello che sono. Posso quindi essere perdonato, no?
Il ‘Paradiso perduto’, di cui parlo io nei miei libri, è però ‘Dio’, quel Dio perduto dopo il Peccato originale dai nostri primi due antenati e che adesso io cerco, guardando dentro me stesso, ascoltando la ‘luce’, e domandandomi: ‘Cosa sarà questa mia ‘voce’ interiore? La voce di Dio o quella del mio ‘Subconscio creativo’?
Si sa che tante cose si capiscono meglio dall’esterno. E’ più facile che quindi si scopra da fuori, magari leggendo.
Riflettendoci ora…
Ad un mesetto di distanza da quella mia risposta mi rendo conto che, anche se avevo replicato – a chi me lo chiamava ‘luogo’ anziché ‘stato’– che io me ne intendevo poco (ma in realtà – sospetto – con la presunzione inconscia di intendermene più di lui) mi rendo improvvisamente conto che, allora, avevo risposto solo alla prima parte di quella domanda, dimenticandomi inconsciamente – forse perché ne sapevo veramente poco – la parte più importante, la seconda : ‘A che punto è lei nella sua ricerca-scoperta?’
Dunque, il Paradiso è uno stato o un luogo?
E’ un tema molto dibattuto. Chi lo considera uno ‘stato spirituale’, a volte – magari anche lui inconsciamente – considera infantili quelli che, umanamente, sarebbero portati a preferirlo come un luogo.
Ma se ci consideriamo ‘infantili’ nell’immaginarci il Paradiso come un luogo, come dovremmo considerarci ad immaginare la risurrezione della carne, e cioè dei ‘corpi’, come dice il nostro ‘Credo’?
Quali ‘corpi’, se non c’è un ‘luogo’?
Il fatto è che per noi esseri umani – abitanti di questo sistema solare, anzi di questa nostra galassia - il concetto di luogo è legato alle nostre categorie di spazio-tempo, quelle di cui Albert Einstein ha dimostrato scientificamente la ‘relatività’.
Ma chi ci dice che – anche magari al di fuori di questo nostro mondo visibile dello spazio-tempo, non esista un luogo diverso, chissà, un luogo di un’altra…chiamiamola ‘dimensione’ dove si viva una vita ‘spirituale’, e con dei corpi ancor più ‘vivi’ di questi attuali, che sono di passaggio come è di passaggio quello di certi insetti che subiscono una metamorfosi, di per sé non meno ‘miracolosa’?
Un ‘luogo’ dove però i corpi non saranno ‘corruttibili’ ma corpi ‘glorificati’ che vivranno in quella dimensione che noi chiamiamo eternità, fuori del tempo con il quale siamo abituati a fare i conti?
Cosa saranno mai – continuo a ripetermelo – quei ‘Nuovi Cieli e Nuova terra’ di cui parla San Giovanni nella sua Apocalisse, sui quali continuo ad arrovellarmi senza risultato?
Ecco – continuando a ragionare consequenzialmente per logica in questo nostro ‘gioco di domino’ intellettuale - mi dico allora che il Paradiso sarà dunque un ‘qualcosa’, dove – con la potenza di Dio – l’anima dell’uomo, che non è mai morta nonostante la morte del corpo, riprenderà alla risurrezione della carne il suo aspetto corporeo, non solo nella ‘forma’ originaria, ma anche nella ‘consistenza’ della carne, solo che quella sarà una carne glorificata, come quella di Gesù risorto.
Cosa vogliamo di più?
Ragazzi, se pensate un momento a quello che sarà il ‘dopo’ per noi…, se niente-niente in questa vita ci ‘sforziamo’ un po’ di combattere il nostro ‘io’… (cosa è il nostro ‘io’, in fin dei conti? E’ un insieme di cattive abitudini, no?), beh, se pensiamo al ‘dopo’… c’è da farsi venire le vertigini.
A proposito di vertigini…,
La Valtorta – che si era una volta ritrovata in visione lassù in alto, in Paradiso - così descriveva, scrivendolo poi per il suo Padre spirituale, gli Spiriti e le ‘anime’ dei ‘giusti’ che ‘vedeva’, prima della risurrezione della carne:
10.1.44
…
Luce emana dal suolo azzurro e dalle azzurre pareti della valle santa quasi fossero di zaffiro acceso.
Luce emanano le vesti di diamante tessuto.
Luce, soprattutto, i corpi e i volti spiritualizzati.
E qui mi industrio a descriverle ciò che ho notato nei diversi corpi.
Corpo di carne e spirito vivo, pulsante e perfetto, sensibile al tatto e contatto, è unicamente quello di Gesù e Maria: due corpi gloriosi ma realmente ‘corpi’.
Luce dalla forma di corpo, tanto perché possa essere percepibile a questa povera serva di Dio, l’Eterno Padre, lo Spirito Santo e l’angelo mio.
Luce già più compatta S.Giuseppe e San Giovanni, certamente perché ne devo udire la presenza e la parola.
Fiamme bianche, che sono corpi spiritualizzati, tutti i beati che formano la moltitudine dei Cieli…
^^^^
Dunque – ragionando – prima della risurrezione della carne gli unici corpi che la Valtorta vedeva di carne e spirito vivo, pulsanti, perfetti, sensibili al tatto e contatto, anche se gloriosi, erano quelli di Maria e di Gesù, il che del resto corrisponde ai ‘Dogmi’ della fede cattolica.
L’Eterno Padre, lo Spirito Santo e l’angelo custode erano luci di forma corporea – ma apparivano in forma corporea per essere percepiti e rendersi comprensibili alla vista intellettuale della Valtorta.
S. Giovanni e San Giuseppe le apparivano come luci un po’ più compatte, in questo caso per farsi fisicamente meglio vedere e sentire dalla Valtorta, alla quale infatti di lì a poco essi avrebbero parlato, sempre in visione.
Tutti gli altri appaiono invece come corpi spiritualizzati, cioè una sorta di fiamma bianca che – sempre per rendersi visibile - assume la fisionomia di un corpo ma non ne ha la consistenza di carne.
Ci siamo fin qui?
E ora andiamoci a leggere cosa vede nuovamente - del Paradiso - la Valtorta in una successiva visione di qualche mese dopo:
24.5.44
Ho rivisto il Paradiso. Ed ho compreso di cosa è fatta la sua Bellezza, la sua Natura, la sua Luce, il suo Canto. Tutto insomma. Anche le sue Opere, che sono quelle che, dall’alto, informano, regolano, provvedono, a tutto l’universo creato. Come già l’altra volta, nei primi del corrente anno, credo, ho visto la Ss. Trinità. Ma andiamo per ordine…
…
Ecco gli angeli. Più in alto dei beati, cerchi intorno al Fulcro del Cielo che è Dio Uno e Trino con la Gemma verginale di Maria per cuore. Essi hanno somiglianza più viva con Dio Padre. Spiriti perfetti ed eterni, essi sono tratti di luce, inferiore unicamente a quella di Dio Padre, di una forma di bellezza indescrivibile. Adorano... sprigionano armonie. Con che? Non so. Forse col palpito del loro amore. Poiché non son parole; e le linee delle bocche non smuovono la loro luminosità. Splendono come acque immobili percosse da vivo sole. Ma il loro amore è canto. Ed è armonia così sublime che solo una grazia di Dio può concedere di udirla senza morirne di gioia.
Più sotto, i beati. Questi, nei loro aspetti spiritualizzati, hanno più somiglianza col Figlio e con Maria. Sono più compatti, direi sensibili all'occhio e - fa impressione - al tatto, degli angeli. Ma sono sempre immateriali. Però in essi sono più marcati i tratti fisici, che differiscono in uno dall'altro. Per cui capisco se uno è adulto o bambino, uomo o donna. Vecchi, nel senso di decrepitezza, non ne vedo. Sembra che anche quando i corpi spiritualizzati appartengono ad uno morto in tarda età, lassù cessino i segni dello sfacimento della nostra carne. Vi è maggior imponenza in un anziano che in un giovane. Ma non quello squallore di rughe, di calvizie, di bocche sdentate e schiene curvate proprie negli umani.
Sembra che il massimo dell'età sia di 40, 45 anni. Ossia virilità fiorente anche se lo sguardo e l'aspetto sono di dignità patriarcale.
Fra i molti... oh! quanto popolo di santi!... e quanto popolo di angeli! I cerchi si perdono, divenendo scia di luce per i turchini splendori di una vastità senza confini! E da lungi, da lungi, da questo orizzonte celeste viene ancora il suono del sublime alleluia e tremola la luce che è l'amore di questo esercito di angeli e beati...
Fra i molti vedo, questa volta, un imponente spirito. Alto, severo, e pur buono. Con una lunga barba che scende sino a metà del petto e con delle tavole in mano. Le tavole sembrano quelle cerate che usavano gli antichi per scrivere. Si appoggia con la mano sinistra ad esse che tiene, alla loro volta, appoggiate al ginocchio sinistro. Chi sia non so. Penso a Mosè o a Isaia. Non so perché. Penso così. Mi guarda e sorride con molta dignità. Null'altro. Ma che occhi! Proprio fatti per dominare le folle e penetrare i segreti di Dio.
Lo spirito mio si fa sempre più atto a vedere nella Luce. E vedo che ad ogni fusione delle tre Persone, fusione che si ripete con ritmo incalzante ed incessante come per pungolo di fame insaziabile d'amore, si producono gli incessanti miracoli che sono le opere di Dio.
Vedo che il Padre, per amore del Figlio, al quale vuole dare sempre più grande numero di seguaci, crea le anime.
Oh! che bello! Esse escono come scintille, come petali di luce, come gemme globulari, come non sono capace di descrivere, dal Padre. E' uno sprigionarsi incessante di nuove anime... Belle, gioiose di scendere ad investire un corpo per obbedienza al loro Autore. Come sono belle quando escono da Dio! Non vedo, non lo posso vedere essendo in Paradiso, quando le sporca la macchia originale.
Il Figlio, per zelo per il Padre suo, riceve e giudica, senza soste, coloro che, cessata la vita, tornano all'Origine per esser giudicati.
Non vedo questi spiriti. Comprendo se essi sono giudicati con gioia, con misericordia, o con inesorabilità, dai mutamenti dell'espressione di Gesù. Che fulgore di sorriso quando a Lui si presenta un santo! Che luce di mesta misericordia quando deve separarsi da uno che deve mondarsi prima di entrare nel Regno! Che baleno di offeso e doloroso corruccio quando deve ripudiare in eterno un ribelle!
E' qui che comprendo ciò che è il Paradiso. E ciò di che è fatta la sua Bellezza, Natura, Luce e Canto.
E' fatta dall'Amore. Il Paradiso è Amore. E' l'Amore che in esso crea tutto. E' l'Amore la base su cui tutto si posa. E' l'Amore l'apice da cui tutto viene.
Il Padre opera per Amore. Il Figlio giudica per Amore. Maria vive per Amore. Gli angeli cantano per Amore. I beati osannano per Amore. Le anime si formano per Amore. La Luce è perché è l'Amore. Il Canto è perché è l'Amore. La Vita è perché è l'Amore. Oh! Amore! Amore! Amore!... Io mi annullo in Te. Io risorgo in Te. lo muoio, creatura umana, perché Tu mi consumi. Io nasco, creatura spirituale, perché Tu mi crei.
Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, Terza Persona! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che sei amore delle Due Prime! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che ami i Due che ti precedono! Sii benedetto Tu che mi ami. Sii benedetto da me che ti amo perché mi permetti di amarti e conoscerti, o Luce mia...
Ho cercato nei fascicoli, dopo aver scritto tutto questo, la precedente contemplazione del Paradiso. Perché? Perché diffido sempre di me e volevo vedere se una delle due era in contraddizione con l'altra. Ciò mi avrebbe persuasa che sono vittima di un inganno.
No. Non vi è contraddizione. La presente è ancor più nitida ma ha le linee essenziali uguali. La precedente è alla data 10 gennaio 1944. E da allora io non l'avevo mai più guardata. Lo assicuro come per giuramento.
25 - 5.
Dice a sera Gesù:
« Nel Paradiso che l'Amore ti ha fatto contemplare vi sono unicamente i "vivi" di cui parla Isaia nel cap. 4, una delle profezie che saranno lette domani l'altro'. E come si ottiene questo esser “vivi " lo dicono le parole susseguenti. Con lo spirito di giustizia e con lo spirito di carità si annullano le macchie già esistenti e si preserva da novelle corruzioni.
Questa giustizia e questa carità che Dio vi dà e che voi gli dovete dare, vi condurranno e vi manterranno all'ombra del Tabernacolo eterno. Là il calore delle passioni e le tenebre del Nemico diverranno cosa innocua poiché saranno neutralizzate dal Protettore vostro Ss., che più amoroso di chioccia per i suoi nati vi terrà al riparo delle sue ali e vi difenderà contro ogni soprannaturale assalto. Ma non allontanatevi mai da Lui che vi ama.
Pensa, anima mia, alla Gerusalemme che ti è stata mostrata.
Non merita ogni cura per possederla? Vinci. lo ti attendo. Noi ti attendiamo. Oh! questa parola che vorremmo dire a tutti i creati, almeno a tutti i cristiani, almeno a tutti i cattolici, e che possiamo dire a tanto pochi!
Basta perché sei stanca. Riposa pensando al Paradiso. »
E su questa visione del Paradiso, in un dettato successivo del 14.6.44, Gesù avrà ancora occasione di fare un breve commento, dopo aver spiegato – parlando di una fanciullina morta anzitempo a sette anni – che essa, pur avendo in vita appena raggiunto l’uso della ragione, ora – lassù in Paradiso - possedeva una intelligenza ed un sapere per nulla inferiore a quello del più dotto e più longevo dei mistici dottori, come Giovanni evangelista, morto centenario dopo aver conosciuto i misteri più alti di Dio, come Paolo, l’apostolo scienziato, come Tomaso, l’angelico dottore, i quali – insieme agli altri giganti del vero sapere – non avrebbero potuto aggiungere una luce a quella piccola Santa, perché lo Spirito Santo – in Paradiso – aveva infuso nella piccola la perfezione del sapere così come in Paradiso la infonde agli adulti e ai dotti.
E aggiungeva Gesù:
«Qui nulla vi è di imperfetto. Ai suoi santi Dio comunica le sue proprietà. Vi fa simili a Lui che vi rimane Re, per giustizia, massima Perfezione, perciò, ma che vi è Re che vi apre tutti i suoi tesori e di essi vi copre e penetra.
Quando hai visto il Paradiso hai detto che ti sembrava che gli spiriti avessero, là, un’età unica, e che solo nella gravità dello sguardo e dei tratti si rivela l’età più o meno adulta.
Questo ti è stato mostrato perché tu sei ancora della terra e non avresti potuto comprendere e distinguere altrimenti.
Ma qui non vi è età.
Lo spirito è eternamente giovane come nel momento in cui Dio lo creò per darvelo come anima alla vostra carne.
Sino al momento in cui la risurrezione della carne vi ricoprirà di carne glorificata, gli spiriti sono incorporei e uguali.
Quando vi appaiono nelle apparizioni che Io permetto per vostro bene, vi appaiono in forma corporea per pietà della vostra umana incapacità di percepire ciò che non è materia. Si materializzano, perciò per essere sensibili a voi.
Ma qui è luce che canta le lodi a Dio e basta. Luce. Amore.Sapienza…
E anche qui Gesù è chiaro.
Prima della risurrezione finale della carne gli spiriti sono incorporei, tutti uguali e persino privi di forma.
La forma corporea con la quale si rivelano e si materializzano quando ci appaiono è loro consentita da Dio solo per farsi ‘sensibili’ ai nostri sensi.
Al momento della risurrezione finale essi si vestono di carne glorificata: carne-carne, e non ‘forma eterea’ di carne.
E sempre sulla visione del Paradiso Gesù tornerà in un successivo dettato del 20.7.44 in cui - dopo aver duramente stigmatizzato (sembrava quel Gesù che cacciava i mercanti dal Tempio) quei ‘dottori’ che ‘condannavano’ la sua ‘voce’, la Valtorta, non riuscendo, umanamente, a capacitarsi di come una donna per tanti versi comune, senza titoli né doti né cultura particolare, né capacità letteraria, debole perché malata allo stremo, potesse avere quelle visioni e scrivere le cose che scriveva – Gesù aggiungeva appunto:
Se io gli do pace, chi potrà condannare? Cosa condannare? Quello che Dio giudica meritevole di benedizioni e carezze ora, di beatitudine poi? Condannare il bene che fa a sé e agli altri? Imitatelo e non condannatelo, e vergognatevi, o servi disutili, o satana blasfemi, di non sapere più servire il Signore Iddio vostro, di non sapere più ricevere, comprendere e dire le parole dello spirito eterno, di non sapere più farvi pane per le anime dei vostri simili, ma gelo, ma veleno, ma catena.
Condannare cosa? Il modo come parla o scrive?
Oh! Osservate, o angelici spiriti, o beati possessori del Paradiso, i piccoli uomini, dall’animo con l’ali spezzate o mancanti, che non potendo più alzarsi in volo giudicano che altri non lo possa fare! Osservate le talpe cieche che non potendo vedere il sole negano che esso sia e altri lo veda! Osservate i corvi senza canto che non potendo ripetere le armonie che altri hanno appreso dai Cieli negano che sia la voce!
Là dove non bastano le ali del piccolo uccello innamorato di Dio, accorrono le ali angeliche e lo sollevano a quell’altezza che Io voglio..
Io, Io stesso, Aquila d’amore, piombo e lo rapisco in alto, sino al mio Paradiso, e gli mostro questa bellezza che voi quasi non sapete più immaginare, parendovi fola, e nascondete la vostra incapacità sotto una valanga di parole il cui costrutto è questo: ‘Il Paradiso non ha descrizione perché è Pensiero’.
E’ pensiero? E’ realtà!
Parla, tu, mio piccolo uccello che vi sei salito fra le ali dell’Aquila che t’ama e dì se il Paradiso sia solo pensiero o realtà spirituale, realtà di luce, canto, gioia, bellezza.
Dì a questi che hanno l’ali trascinanti nella mota – perché la loro inerzia le ha spezzate e ridotte membra morte – cosa meriti il Paradiso e come il dolore, la povertà, la malattia siano da salutarsi come un sorriso pensando a questo Luogo dove li attende la Gioia senza fine…
Stop !
E’ un ‘Luogo’!
o ha appena detto Lui! Avete visto?
Il Paradiso è un luogo, è una realtà, anche se ‘spirituale’!
Ecco la risposta ‘giusta’ a quel mio interlocutore che mi chiedeva cosa ne pensassi di quel ‘luogo’.
Solo che in quel momento – chiedo perdono al mio ‘intervistatore’ – non avevo ancora completato la mia ‘ricerca-scoperta’, e allora mi ero tenuto sulle generali. OK?
Bene…, concludendo, qualche pagina fa vi avevo detto che quell’altra precedente spiegazione di Gesù sulla risurrezione dei corpi costituiva per me – se non ancora un aumento di fede – quanto meno un aumento di chiarezza.
Dopo quella risposta di Gesù ai Sadducei - ai quali Egli ricorda anche che Dio è ‘Dio dei vivi’ e non dei ‘morti’, e dopo queste ultime spiegazioni di Gesù nei dettati-visione della sua ‘voce’ Maria Valtorta, mi rendo conto che – ora, - della risurrezione in carne ed ossa, in Paradiso, sono veramente convinto, perchè infatti non ho più dubbi.
Anzi…, a dire il vero me ne viene uno proprio ora, di dubbio…: sarà mica che il Signore, impietositosi della mia ‘umanità’, non pago della ‘maggior chiarezza’ mi abbia dato - ora – anche il dono delle fede?