Prefazione al terzo volume
Con il primo volume di questo nostro commento abbiamo preso in considerazione i primi due anni di vita pubblica di Gesù, dall’incontro con i due discepoli al guado del Giordano, dove Giovanni Battista ‘battezzava’ con l’acqua, fino al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci per migliaia e migliaia di persone, miracolo che aveva destato un tale stupore ed ammirazione da convincere un manipolo di ‘potenti’ a cercare di incoronarlo re.
Tentativo peraltro al quale Gesù si era sottratto (Gv 6, 15: Ma Gesù, accortosi che venivano a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo solo sulla montagna…’), dopo aver spiegato – nel corso di un burrascoso ‘convito segreto’ visto in visione dalla mistica Maria Valtorta - che il Messia che essi attendevano, il Re dei re, non sarebbe stato un re umano di un regno umano, non sarebbe stato un re di guerra venuto a ‘liberare’ Israele e a sottomettere gli altri popoli in nome di Dio, ma un Re d’amore mandato in terra da Dio Padre per liberare l’Umanità dal Peccato, cioè dalla schiavitù di Satana, Principe del mondo.
Non vi dico la delusione!
Fra i convitati – la visione della Valtorta è assolutamente interessante - vi erano peraltro degli ‘infiltrati’ spediti dal Tempio per capire quali fossero le ‘mire’ segrete di Gesù e ricavarne prove per una sua incriminazione di fronte al Potere romano, come agitatore e fomentatore del popolo.
Questi, smascherati da Gesù, che aveva il dono della introspezione dei cuori e leggeva perfettamente dentro le loro coscienze, scatenano però un pandemonio al quale Gesù – che parlava da dio, anzi era Dio, ma si comportava quasi sempre da uomo, tranne quando doveva sprigionare potere di miracolo - per evitare guai peggiori si sottrae con una ‘fuga’, come appunto accenna Giovanni nel suo Vangelo con quelle poche righe che acquistano un senso compiuto solo alla luce delle visioni della Valtorta.
Nel secondo volume abbiamo preso in esame il terzo anno di vita pubblica di Gesù, dalla sua decisione di partire dalla Galilea (dove si era temporaneamente rifugiato) e tornare a Gerusalemme per partecipare alla Festa dei Tabernacoli (Gv 7, 9-24) fino allo strepitoso miracolo della risurrezione di Lazzaro, morto da quattro giorni, che avrebbe fatto poi da ‘detonatore’ al precipitare degli avvenimenti successivi.
Gesù pensava a dire il vero di partecipare alla Festa dei Tabernacoli ‘quasi di nascosto’ – come dice Giovanni - ma finisce invece per trovarsi coinvolto, in quella ed in altre occasioni successive, in una serie di scontri con i rappresentanti del Tempio e della classe politica dirigente (capi dei sacerdoti, farisei, sadducei, scribi ed erodiani) che – specialmente dopo lo straordinario miracolo della risurrezione di Lazzaro, tale da non lasciare neanche il minimo dubbio che non si fosse trattato di una ‘morte apparente’ – aveva cominciato a preoccuparsi seriamente.
La classe al potere, infatti, cominciava davvero – per questi straordinari poteri di origine misteriosa che Gesù dimostrava di possedere governando persino gli elementi - a vedere in lui un personaggio eccezionale capace di esaltare e guidare le masse.
Tuttavia – non riuscendo a concepire l’idea che il Messia potesse essere un Dio d’Amore venuto in terra a salvare l’Umanità dalla schiavitù del Peccato – lo vedeva come un ‘avversario politico-religioso’, capace di detronizzarla se non di provocare – in caso di sommosse popolari in difesa di Gesù - l’intervento di Roma.
A dire il vero, il timore di un intervento di Roma a causa della dottrina di Gesù che si qualificava Figlio di Dio e Re dei re, dicendosi il messia predetto dai Profeti, era - più che un timore vero - uno ‘spauracchio’ che i ‘capi’ agitavano per giustificare di fronte al popolo quello che ormai essi sapevano che sarebbe stato un ‘assassinio politico’, ammantato però di una parvenza di processo legale a sfondo religioso.
Nel terzo volume che vi apprestate a leggere ora – che si apre con il raduno straordinario del Sinedrio, convocato in gran fretta dopo il miracolo di Lazzaro per prendere una decisione ‘definitiva’ su quel Gesù – vengono messi a fuoco i momenti culminanti degli ultimi tre mesi circa di vita di Gesù, quelli preparatori della Passione, che si sarebbero conclusi a Pasqua con il suo arresto e crocifissione, per essere poi seguiti dalla sua risurrezione con ripetute apparizioni – passando attraverso i muri in forma eterea, materializzandosi in carne ed ossa e smaterializzandosi nuovamente per scomparire – agli apostoli ed a centinaia di altri discepoli.
Cosa dire di quest’ultimo periodo?
E cosa se non quel che Gesù stesso (
‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 540.12 – Centro Ed. Valtortiano)
ne aveva detto a Maria Valtorta (che Egli - nelle visioni - chiamava affettuosamente ‘piccolo Giovanni’),
quando si avvicinava appunto la conclusione del terzo anno di vita pubblica e incombeva il periodo preparatorio alla Passione, che è l’oggetto principale di questo nostro volume?
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Dice Gesù:
E anche il terzo anno di vita pubblica ha fine. Viene ora il periodo preparatorio alla Passione. Quello nel quale apparentemente tutto sembra limitarsi a poche azioni e a poche persone. Quasi uno sminuirsi della mia figura e della mia missione. In realtà Colui che pareva vinto e scacciato, era l’eroe che si preparava all'apoteosi e intorno a Lui non le persone, ma le passioni delle persone erano accentrate e portate ai limiti massimi.
Tutto quanto ha preceduto, e che forse in certi episodi parve senza scopo ai lettori mal disposti o superficiali, qui si illumina della sua luce fosca e splendente. E specie le figure più importanti. Quelle che molti non vogliono riconoscere utili a conoscere, proprio perché in esse è la lezione per i presenti maestri che vanno più che mai ammaestrati per divenire veri maestri di spirito. Come ho detto a Giovanni e Mannaen, nulla è inutile di ciò che fa Dio, neppure l'esile filo d'erba. Così nulla è di superfluo in questo lavoro. Non le figure splendide e non le deboli e tenebrose. Anzi per i maestri di spirito sono di maggior utile le figure deboli e tenebrose che non le figure formate ed eroiche.
Come dall'alto di un monte, presso la vetta, si può abbracciare tutta la conformazione del monte e la ragione di essere dei boschi, dei torrenti, dei prati e dei pendìì, per giungere dalla pianura alla vetta, e si vede tutta la bellezza del panorama e più forte viene la persuasione che le opere di Dio sono tutte utili e stupende e che una serve e completa l'altra e tutte sono presenti per formare la bellezza del Creato; così, sempre per chi è di retto spirito, tutte le diverse figure, episodi, lezioni, di questi tre anni di vita evangelica, contemplate come dall'alto della vetta del monte della mia opera di Maestro, servono a dare la visione esatta di quel complesso politico, religioso, sociale, collettivo, spirituale, egoistico sino al delitto o altruistico sino al sacrificio, in cui Io fui Maestro e nel quale divenni Redentore. La grandiosità del dramma non si vede in una scena ma in tutte le parti di esso. La figura del protagonista emerge dalle luci diverse con cui lo illuminano le parti secondarie.
Ormai presso la vetta, e la vetta era il Sacrificio per cui mi ero incarnato, svelate tutte le riposte pieghe dei cuori e tutte le mene delle sette, non c'è che da fare come il viandante giunto presso la cima. Guardare, guardare tutto e tutti. Conoscere il mondo ebraico. Conoscere ciò che Io ero: l' Uomo al di sopra del senso, dell'egoismo, del rancore, l'Uomo che ha dovuto essere tentato, da tutto un mondo, alla vendetta, al potere, alle gioie anche oneste delle nozze e della casa, che ha dovuto tutto sopportare vivendo a contatto del mondo e soffrirne perché infinita era la distanza fra l'imperfezione e il peccato del mondo e la mia Perfezione, e che a tutte le voci, a tutte le seduzioni, a tutte le reazioni del mondo, di Satana e dell'io ha saputo rispondere : 'No" e rimanere puro, mite, fedele, misericordioso, umile, ubbidiente, sino alla morte di Croce.
Comprenderà tutto ciò la società di ora alla quale Io dono questa conoscenza di Me per farla forte contro gli assalti sempre più forti di Satana e del mondo?
Anche oggi come venti secoli or sono la contraddizione sarà fra quelli per i quali Io mi rivelo. Io sono segno di contraddizione ancora una volta. Ma non Io, per Me stesso, sibbene Io rispetto a ciò che suscito in essi. I buoni, quelli di buona volontà, avranno le reazioni buone dei pastori e degli umili. Gli altri avranno reazioni malvagie come gli scribi, farisei, sadducei e sacerdoti di quel tempo. Ognuno dà ciò che ha. Il buono che viene a contatto dei malvagi scatena un ribollire di maggior malvagità in essi.
E giudizio sarà fatto sugli uomini, come lo fu nel Venerdì di Parasceve, a seconda di come avranno giudicato, accettato e seguito il Maestro che, con un nuovo tentativo di infinita misericordia, si è fatto conoscere una volta ancora.
A quanti si apriranno gli occhi e mi riconosceranno e diranno: ‘ E’ Lui. Per questo il nostro cuore ci ardeva in petto mentre ci parlava e ci spiegava le Scritture’?
La mia pace a questi e a te, piccolo, fedele, amoroso Giovanni.