Introduzione

 

Posto che di San Giovanni e del suo Vangelo – se non altro per sentito dire - dobbiate sapere tutti, vorrete conoscere qualcosa di più di Maria Valtorta e della sua opera principale: un ‘vangelo’ di vita vissuta di Gesù nei suoi tre anni di vita pubblica.
Ecco cosa io stesso avevo scritto nella introduzione di un mio precedente lavoro ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ (Ed. Segno), nel quale mi ero appunto ispirato all’Opera di M. Valtorta:

Quest'uomo è dunque un 'convertito'.  Convertito alla dottrina cristiana dopo lettura, rilettura e meditazione di un'opera come quella di Maria Valtorta.
Ma chi è, chi fu Maria Valtorta?  Non è qui il caso di fame una biografia quanto dire semplicemente che è una 'mistica', una mistica contemporanea che si dice abbia sulla coscienza... parecchie conversioni.
Nata a Caserta nel 1897 da genitori lombardi, morta a Viareggio nel 1961, a 65 anni di età dopo averne passato 28 di infermità a letto, è sepolta a Firenze nella Cappella del Capitolo, al Chiostro della Basilica della SS.  Annunziata.  Grande mistica, innamorata del ... Crocefisso e della 'Croce', la croce volle chiedendo al Signore sofferenze per espiare le colpe degli altri.  Pazzia?  Amore?  Pazzia d'amore?
La sua produzione letteraria è abbondante ed è stata tradotta e diffusa un pò in tutto il mondo dal Centro Editoriale Valtortiano di Isola del Liri.  Il 'Poema dell' Uomo-Dio' (dieci volumi in circa 5000 pagine), i 'Quaderni' (tre volumi per circa 2000 pagine), il 'Libro di Azaria', le 'Lezioni sull'epistola di Paolo ai romani', il volumetto 'Preghiere', oltre alla sua stessa 'Autobiograria' scritta dietro espressa richiesta del suo Direttore spirituale.

Maria Valtorta era una mistica che, come già successo a tanti santi celebri, aveva visioni e 'parlava' con Gesù, gli Angeli, i Santi, la Madonna, i quali poi la 'ammaestravano'.
L'opera principale è il 'Poema' che consiste nella descrizione di una serie interminabile di visioni nelle quali lei si vede immessa con l'occhio tridimensionale della mente nella Palestina di 2000 anni fa e vive in 'presa diretta', quasi come una telecamera nascosta, la predicazione dal vivo di Gesù e la vita in comune con gli apostoli.  Molti episodi sono poi commentati a parte, 'fuori campo', da Gesù con una serie di 'dettati' che la mistica, paralizzata, scriveva, così come descriveva le visioni - stando appoggiata allo schienale del letto - su dei quaderni che poi venivano letti, controllati e battuti a macchina dai sacerdoti dell'Ordine dei Servi di Maria che la assistevano spiritualmente.
Che dire di questa produzione letteraria, splendida, che tocca i vertici della poesia, e dove razionalità, filosofia, sapienza e dottrina teologica, capacità narrativa e descrittiva, conoscenze archeologiche, bibliche, si incrociano e si sommano a tal punto che mentre i più 'scettici' l’hanno definita un capolavoro 'parapsicologico', attribuibile o spiegabile solo con facoltà paranormali, quelli che l' hanno letta con il 'cuore' l' hanno giudicata opera ispirata da Dio, come il famoso 'mariologo' Padre Gabriele Maria Roschini o come il sinologo Padre Gabriele Maria Allegra?
Padre Roschini, che ricoperse importanti cariche accademiche e nei dicasteri della Curia romana, nel suo libro 'La Madonna negli scritti di Maria Valtorta' (Centro Editoriale Valtortiano, edizione riveduta da Emilio Pisani nel 1986) scrisse: "Chi vuol conoscere la Madonna (una Madonna in perfetta sintonía col Magistero ecclesiastico, particolarmente col Concilio Vaticano II, con la S.Scrittura e la Tradizione ecclesiastica) legga la Mariologia della Valtorta!..
Il Padre Gabriele Maria Allegra (missionario in Cina, famoso biblista che ha tradotto l'intera Bibbia in cinese fondando lo Studio Biblico di Pechino, morto nel 1976 a Hong Kong dove appena otto anni dopo la sua morte si è aperto il processo di beatificazione) - scrisse, come si legge in un interessante libro di Emilio Pisani (Pro e contro Maria Valtorta' - Centro Editoriale Valtortiano, 1995), al sinologo Padre Fortunato Margiotti, che gli aveva fatto conoscere l'opera della Valtorta, che la sua lettura lo aveva distaccato dagli studi della Sacra Scrittura, lo faceva piangere e ridere di gioia ed amore e - quanto ad un giudizio sull'origine dell'opera - non credeva che l'opera di narrazione evangelica fosse semplicemente l'opera di un 'genio', ma che li vi fosse invece il 'dito di Dio': digitus Dei est hic!
Padre Gabriele M. Allegra - dopo uno studio approfondito dell’opera - ne darà questo lapidario giudizio:
'Doni di natura e doni mistici armoniosamente congiunti spiegano questo capolavoro della letteratura religiosa italiana e forse dovrei dire della letteratura cristiana mondiale’.
Anche la Valtorta ebbe i suoi 'critici' , ma credo che il suggerimento più saggio lo dette veramente Papa Pio XII :'Pubblicate questa Opera così come sta, senza pronunciarvi dell'origine straordinaria o meno di essa: chi legge, capirà.. I.

Ma il 'Gesù' della Valtorta - quello che in visione la chiama affettuosamente 'piccolo Giovanni', come l'apostolo prediletto, e le detta i suoi 'ammaestramenti - cosa dice dell'opera?

Dice Gesù:
E anche il terzo anno di vita pubblica ha fine.  Viene ora il periodo preparatorio alla Passione.  Quello nel quale apparentemente tutto sembra limitarsi a poche azioni e a poche persone.  Quasi uno sminuirsi della mia figura e della mia missione.  In realtà Colui che pareva vinto e scacciato, era l’eroe che si preparava all'apoteosi e intorno a Lui non le persone, ma le passioni delle persone erano accentrate e portate ai limiti massimi.
Tutto quanto ha preceduto, e che forse in certi episodi parve senza scopo ai lettori mal disposti o superficiali, qui si illumina della sua luce fosca e splendente.  E specie le figure più importanti.  Quelle che molti non vogliono riconoscere utili a conoscere, proprio perché in esse è la lezione per i presenti maestri che vanno più che mai ammaestrati per divenire veri maestri di spirito.  Come ho detto a Giovanni e Mannaen, nulla è inutile di ciò che fa Dio, neppure l'esile filo d'erba.  Così nulla è di superfluo in questo lavoro.  Non le figure splendide e non le deboli e tenebrose.  Anzi per i maestri di spirito sono di maggior utile le figure deboli e tenebrose che non le figure formate ed eroiche.
Come dall'alto di un monte, presso la vetta, si può abbracciare tutta la conformazione del monte e la ragione di essere dei boschi, dei torrenti, dei prati e dei pendìì, per giungere dalla pianura alla vetta, e si vede tutta la bellezza del panorama e più forte viene la persuasione che le opere di Dio sono tutte utili e stupende e che una serve e completa l'altra e tutte sono presenti per formare la bellezza del Creato; così, sempre per chi è di retto spirito, tutte le diverse figure, episodi, lezioni, di questi tre anni di vita evangelica, contemplate come dall'alto della vetta del monte della mia opera di Maestro, servono a dare la visione esatta di quel complesso politico, religioso, sociale, collettivo, spirituale, egoistico sino al delitto o altruistico sino al sacrificio, in cui Io fui Maestro e nel quale divenni Redentore.  La grandiosità del dramma non si vede in una scena ma in tutte le parti di esso.  La figura del protagonista emerge dalle luci diverse con cui lo illuminano le parti secondarie.
Ormai presso la vetta, e la vetta era il Sacrificio per cui mi ero incarnato, svelate tutte le riposte pieghe dei cuori e tutte le mene delle sette, non c'è che da fare come il viandante giunto presso la cima. Guardare, guardare tutto e tutti.  Conoscere il mondo ebraico. Conoscere ciò che Io ero: l' Uomo al di sopra del senso, dell'egoismo, del rancore, l'Uomo che ha dovuto essere tentato, da tutto un mondo, alla vendetta, al potere, alle gioie anche oneste delle nozze e della casa, che ha dovuto tutto sopportare vivendo a contatto del mondo e soffrirne perché infinita era la distanza fra l'imperfezione e il peccato del mondo e la mia Perfezione, e che a tutte le voci, a tutte le seduzioni, a tutte le reazioni del mondo, di Satana e dell'io ha saputo rispondere : 'No" e rimanere puro, mite, fedele, misericordioso, umile, ubbidiente, sino alla morte di Croce.
Comprenderà tutto ciò la società di ora alla quale Io dono questa conoscenza di Me per farla forte contro gli assalti sempre più forti di Satana e del mondo?
Anche oggi come venti secoli or sono la contraddizione sarà fra quelli per i quali Io mi rivelo.  Io sono segno di contraddizione ancora una volta.  Ma non Io, per Me stesso, sibbene Io rispetto a ciò che suscito in essi. I buoni, quelli di buona volontà, avranno le reazioni buone dei pastori e degli umili Gli altri avranno reazioni malvagie come gli scribi, farisei, sadducei e sacerdoti di quel tempo. Ognuno dà ciò che ha.  Il buono che viene a contatto dei malvagi scatena un ribollire di maggior malvagità in essi. E giudizio sarà fatto sugli uomini, come lo fu nel Venerdì di Parasceve, a seconda di come avranno giudicato, accettato e seguito il Maestro che, con un nuovo tentativo di infinita misericordia, si è fatto conoscere una volta ancora.
A quanti si apriranno gli occhi e mi riconosceranno e diranno: E’ Lui.  Per questo il nostro cuore ci ardeva in petto mentre ci parlava e ci spiegava le Scritture’?
La mia pace a questi e a te, piccolo, fedele, amoroso Giovanni.

(dal 'Poema', Vol.  VII, Cap. 237, pag. 1861/1862, Centro Editoriale Valtortiano)

Dunque la Valtorta fu una mistica e, al pari di altri mistici ebbe visioni, rivelazioni, dettati o, come è più prudente dire, 'locuzioni interiori'.
Vi è però un aspetto che mi ha lasciato perplesso relativamente alle visioni o locuzioni interiori di questi mistici, ed è stato il raffronto analitico che ho fatto fra alcune visioni da lei avute ed altre di contenuto analogo ma con 'forme' diverse avute da altri mistici, indiscutibilmente 'santi' e 'famosi'.  Chi vede Gesù biondo e con gli occhi azzurri, chi moro e con gli occhi neri o castani, chi rivive i particolari della 'Passione' in un modo e chi nell'altro, chi vede materialmente la sua croce nella sua forma classica, chi la vede fatta a 'T' e chi a 'Y'.  Chi vede la risurrezione con certe modalità e chi secondo altre, e così via.
Una spiegazione di ciò in chiave 'psicologica' è già stata ipotizzata.  Il 'mistico' riceverebbe da Dio una illuminazione che riguarda la ‘sostanza’, la 'sostanza ideale', I'idea di un certo fatto, ed egli può a seconda dei casi riprodurla 'fedelmente' oppure - dopo averla filtrata per mezzo del suo cervello nella sua psiche inconscia e fatta riemergere attraverso la mente conscia - riprodurla arricchita o modificata a seconda delle 'opinioni' inconsce, dei 'vissuti interiori', del suo stesso subconscio più o meno ... 'creativo'.
Il mio linguaggio non ha la pretesa di essere corretto dal punto di vista psicanalitico ma spero sia servito almeno a rendere l'idea.
Lo stesso procedimento di 'ricezione' e possibile 'rielaborazione' può valere per le 'locuzioni interiori' e per i famosi 'dettati'.
San Giovanni della Croce e Santa Teresa d'Avila, 'Dottori' della Chiesa vissuti nel '600, hanno scritto pagine di grande acutezza psicologica e spirituale - anche perché basate su esperienze mistiche dirette - sulle visioni e sulle locuzioni dettando i criteri per distinguere - con il discernimento - fra quanto viene da Dio, dal proprio 'io', dal subconscio se non addirittura da Satana che, tutte le volte che può ci mette lo 'zampino', anche coi Santi...

Per parte mia - vista la loro esperienza ed autorevolezza, anche dal punto di vista dottrinario - sto dalla loro parte.
Ma, riflettendo, mi sono poi dato anche una 'mia' personale spiegazione aggiuntiva su questi fenomeni e su certe differenze che si notano fra santo e santo, mistico e mistica, veggente e veggente.  Parlo ovviamente di quei casi che non siano dovuti a mistificazioni, o a malattie mentali, allucinazioni, suggestioni o simili.  Più in particolare a mio avviso, Dio - il cui giudizio è libero e ovviamente insindacabile per definizione - sceglie 'Lui' le circostanze e gli stessi 'strumenti' ai quali si rivela, stabilendo 'Lui' il quando, il come e il dove, secondo quello che giudica 'Lui' e non come preferiremmo noi seguendo il nostro modo umano di ragionare.
Il 'mistico', oppure quello 'strumento' che senza essere mistico riceve anche temporaneamente questo 'dono' o - per dirla come S. Paolo - questi particolari 'carismi', è semplicemente un ' veicolo', un 'canale', un 'utensile' in un certo senso 'stupido' che deve limitarsi a farsi utilizzare senza metterci niente di 'suo'.  Lo potremmo allora 'immaginare' come una persona immersa in piena notte nel buio.  Ad un certo punto la notte viene squarciata da un lampo di luce, lo strumento 'vede' e descriverà poi quello che è riuscito, più che veramente a vedere, a intravvedere, se non intuire della realtà che aveva davanti.  Nulla vieta che, nel descriverla, sovente anche a posteriori, egli la 'corredi' inconsciamente di particolari che non vi erano ma che servono a dare un senso compiuto al quadro che altrimenti non sembrerebbe sufficientemente completo secondo l'interiore inconscio canone estetico e di giudizio del ‘veggente’.
Se poi la stessa persona ricevesse poco dopo un secondo 'lampo di illuminazione', di durata un pò più lunga, questa volta il suo 'quadro' si potrebbe arricchire di molti particolari in più, mentre altri particolari - prima appena intravisti di sfuggita e neanche messi a fuoco acquisterebbero corpo, come invece altre precedenti 'ombre' interpretate in un certo modo si rivelerebbero nient'altro che 'ombre' alle quali era stato dato erroneamente corpo.
Se infine il 'lampo' non fosse più un semplice lampo ma un potente riflettore, una 'illuminazione' costante e potente (e chi può impedirlo a Dio?), allora lo 'strumento' potrà descrivere con grande calma e precisione tutto quello che vede, con dovizia di particolari e sfumature.

Credo io - per inciso - che in questo ultimo caso rientri l'esperienza mistica di Maria Valtorta, tanto è eccezionale ed incredibilmente... credibile la natura della sua Opera.

Infine, mi dico che la potenza dell'illuminazione e la sua durata non è poi detto debbano neanche dipendere dalla 'santità' di uno strumento (la Madonna, a Lourdes e a Fatima, per non dire anche a Medjugorie, non si è rivelata a 'santi' ma a semplicissimi fanciulli e ragazzi) bensì dalla 'volontà' e dal 'fine' che si propone Dio.
Quanto alle particolarità, divergenti nei contenuti, di certe visioni di taluni mistici o strumenti, mi dico che - senza andare ora a cercare persone che provino a individuare al buio dei 'particolari' illuminati da lampi di luce - basta riflettere su certe 'testimonianze' che rendono su uno stesso fatto dei testimoni oculari diversi, per accorgersi di quante cose non noti uno, quante invece ne noti un altro e di quante volte lo stesso episodio o fatto viene da ciascuno descritto - se non con modalità proprio diverse - quanto meno da angolazioni diverse che, pur lasciando inalterata la sostanza, ne cambiano la 'prospettiva', sovente arricchendola dei propri contenuti emotivi inconsci.
Nel nostro subconscio, insieme alla sua enorme memoria storica (dove tanti particolari - come illustra la letteratura sull'ipnosi vengono meticolosamente memorizzati e poi archiviati, pronti per essere richiamati fuori da qualche misterioso 'comando' quasi fosse il tasto che batte sulla tastiera di un enorme computer) sembra quasi risiedere una non ben identificata capacità 'creativa', basti pensare ai nostri sogni.  Ma non per questo si deve a mio avviso necessariamente giungere alla affermazione 'scettica' che tutto è sempre frutto della 'capacità creativa' del 'subconscio'. O meglio, se ciò non si può escludere non lo si può nemmeno 'provare', perché ci muoviamo infatti su di un terreno, quello spirituale, che non si comporta con le stesse 'leggi' di quello naturale e non è quindi conoscibile e 'sperimentabile' con le stesse tecniche e metodologie.

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Ciò premesso sulla Valtorta e su talune caratteristiche ‘psicologiche’ che posono caratterizzare la ‘comunicazione’ fra Dio e certi suoi ‘strumenti’, come anche i Profeti del passato, ecco ora - dell'opera principale di Maria Valtorta: Il Poema dell’Uomo-Dio – cosa ne scrive Emilio Pisani nella recente nuova edizione (a cura del Centro Editoriale Valtortiano) dal titolo ‘L'evangelo come mi è stato rivelato’ :

L opera che amplia e illustra i quattro vangeli fu scritta di getto da Maria Valtorta, nella forma di una rivelazione privata, dal 1944 al 1947, e fu completata nel 1951.
La sua pubblicazione ebbe inizio nel 1956 con un grosso volume, che si annunciava come il primo di una serie di quattro volumi.  Non portava il nome dell'autrice e aveva un titolo improvvisato, Il poema di Gesù, che rimase in pochi esemplari perché una nota casa editrice lo rivendicò come esclusivo di un suo libro di poesie.  E l'opera dovette chiamarsi Il poema dell'Uomo-Dio.
L'edizione era stata preceduta dalla diffusione di copie dattiloscritte legate in fascicoli, che erano servite anche a far conoscere l’Opera al papa Pio XII, il quale consigliò di pubblicarla, suggerendo qualche cautela, quando nel febbraio 1948 dette udienza ai due religiosi Serviti che se ne occupavano a Roma.  Ma l'anno seguente, per motivi non del tutto chiariti, il Sant’Uffizio si oppose severamente ai padri Migliorini e Berti, che erano alla ricerca di un editore.  Essi, tuttavia, continuavano a raccogliere gli autorevoli consensi che personalità assai note, ecclesiastiche e laiche, mettevano per iscritto dopo aver esaminato i fascicoli dattilografati.  Finalmente, nel 1952, Maria Valtorta concluse un contratto con il tipografo-editore Michele Pisani, che dopo quattro anni pubblicò quel primo volume di oltre milleduecento pagine.
I tre volumi successivi, meno grossi del primo, uscirono ad intervalli di un anno l'uno dall'altro.  Nel dicembre 1959, quando l'edizione fu completata, il Sant’Uffizio mise all'Indice l'Opera con un decreto che sottopose alla approvazione del Pontefice neo-eletto.  Un articolo sulla prima pagina de 'L'Osservatore romano' del 6 gennaio 1960 spiegava i motivi della condanna, che si fondavano su opinabili sconvenienze (in assenza di errori certi e palesi) e su una dichiarata misura disciplinare.
Seguì la seconda edizione, in dieci volumi corredati di note e con il nome dell'autrice, che si spegneva nel 1961, l'anno di pubblicazione del primo volume. Ristampata per trent'anni e tradotta in molte lingue dopo la soppressione dell'Indice dei libri proibiti, si è diffusa nel mondo senza pubblicità.
L’hanno propagandata i suoi stessi lettori, oscuri e illustri, laici e consacrati, incolti e dotti, perfino atei alcuni, perfino modelli di santità altri.  Ha commosso, convertito, fatto discutere, resistito agli attacchi che miravano a stroncarla.
La terza edizione presenta l'Opera con il suo vero titolo, preso dalla edizione francese, e con altre importanti innovazioni che sono illustrate con una nota in ciascuno dei dieci volumi.  Preparata con cura, la nuova edizione esce quando l'autorità ecclesiastica mostra di voler mantenere, dell'antica condanna, solo il disconoscimento dell'origine soprannaturale dell'Opera, consentendo ai cattolici di leggerla e diffonderla come un prodotto letterario che ha la forma stilistica del rivelato.
L’editore rispetta l'autenticità del manoscritto valtortiano fin dal titolo, e nel contempo si sottomette, come cattolico, al giudizio della Chiesa.

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Ma ora che abbiam parlato del 'piccolo Giovanni' cosa dire del ‘catecumeno’?
Egli - come già accennato all'inizio - ha scritto: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto - ovvero i Dialoghi di un catecumeno’ (Edizioni Segno,1997), dove la Luce (un 'interlocutore' di sogno che nel libro dialogava con lui) ‘presentava’ opera e catecumeno così:

Luce:
"Alla Ricerca del Paradiso perduto" è la storia, che potrebbe essere di tanti, di un uomo che, avendo Fede senza sapere di averla, la cerca nei posti sbagliati senza saper neanche con precisione cosa cercare. La ricerca del Paradiso perduto è in realtà la ricerca affannosa, inquieta, di Dio.
L'uomo è un uomo dei nostri tempi, moderatamente colto, normalmente colto.  Egli ha però approfondito quei settori dello scibile razionalista che cercano di dare una risposta ai problemi di questa esistenza, e dell'altra.  E allora (lui crede) la curiosità (ma in realtà è l'anelito interiore) lo spinge allo studio della psicanalisi (per cercare di comprendere se inconscio, subconscio o anima siano la stessa cosa o qualcosa di simile), delle tecniche di meditazione e concentrazione del ‘training autogeno’ (per capire se, rivolgendo 1'attenzione verso la propria interiorità, egli riesca a scoprire qualcosa di trascendentale che possa chiamarsi anima), allo studio dei fenomeni spiritici, studio in chiave parapsicologica (per capire se questi siano la rivelazione di un mondo spirituale che esiste, o frutto di macchinazioni truffaldine, o fenomeni di tipo ESP-extrasensoriale ma non attribuibili al mondo dello Spirito ), allo studio della ‘dottrina’ spiritistica elaborata nell'opera di Allan Kardec, padre dello spiritismo moderno (per raffrontarla con le dottrine sulla reincarnazione di tipo orientale), allo studio di quei filosofi - come Pitagora - che avevano elaborato dottrine in questa direzione, allo studio delle religioni e delle filosofie orientali (per analizzare come queste abbiano affrontato il problema di Dio e dell'anima), infine allo studio dell'evoluzionismo darwiniano (per comprendere se l'uomo possa o meno essere il prodotto di una evoluzione da forme di vita inferiore) e, per terminare, a quello della fisica moderna (per comprendere quale risposte essa possa dare al problema dell'origine dell'universo).

Come si vede questa è una ricerca culturale penosa, ammantata sotto il pretesto della curiosità intellettuale, ma che è volta alla ricerca disperata del senso della vita:  Dio.
Dio, questo sconosciuto, a troppi "Dio ignoto", come per i Greci che però almeno gli elevavano un altare.
Dio, questo sconosciuto, anche se tutta la natura, tutta la Creazione grida di Lui.
I ‘dolori’ non sono estranei a questa ricerca, sono i dolori che accompagnano la vita di ogni uomo, che lo mettono di fronte al problema della Morte e quindi dell'esistenza o meno dell'altra vita.
Ma alla fine la ricerca ha termine.
La ricerca sui problemi della vita, la ricerca sulle risposte in merito a Dio, alla sua esistenza, ai suoi fini creativi, allo scopo della esistenza dell'uomo, si conclude alla fine proprio nella dottrina cristiana che, adeguatamente approfondita in chiave razionalista, ha dimostrato di saper dare anche all'uomo moderno la risposta ai problemi che si poneva anche l'uomo antico.
Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, chi è Dio, perché ha creato l’uomo, perché esistono l’odio, l’ingiustizia, il dolore.  Quale è il senso della nostra vita, quale quello della nostra morte.
In queste domande e nelle relative risposte si sviluppa la piccola "opera" dove, alla ricerca appunto del ‘Paradiso perduto’ l’uomo immagina di ‘sognare’.
Egli sogna di partire per il Tibet, come molti fanno, per andare a cercare nelle foreste e sui monti, in un monastero tibetano, le risposte spirituali ai quesiti che la convulsa vita moderna non lascia neanche porre.
Durante il percorso, durante la sosta in una caverna, durante il sonno, una ‘Luce’ appare in sogno e parla all'uomo.

Luce  : Chi sei?!
Uomo:  Uno che cerca la Verità.
Luce :  Perché rifiuti la mia ?
Uomo:  Perché non sa darmi risposte che convincano la mia
            ragione.
Luce:   Ma conosci tu veramente la mia dottrina ?
Uomo: Veramente no, ma quel poco che so non mi ha mai convinto ...   
(incerto)
Luce :  E se Io ti convincessi mi seguiresti e ti presteresti a convincere quelli                            
            come te?
Uomo:  Sì!
Luce :  Bene. Da adesso tu sarai il ‘Catecumeno’ ed Io sarò il tuo
            Maestro.

Il sogno si dipana e, attraverso i "dialoghi" fra la Luce ed il catecumeno, inizia la spiegazione del Progetto creativo di Dio, chedimostra’ se stesso, la verità della propria Dottrina, spiegata in termini semplici e razionali, le risposte ai problemi esistenziali della vita.
E attraverso i ‘dialoghi’ l’uomo si converte, prima in termini intellettuali e poi spirituali, perché la conversione intellettuale passa attraverso la conversione del proprio ‘Io naturale’, con i suoi istinti: conversione dolorosa, giornaliera, fatta di battaglie e sconfitte, dove non si è veramente mai vincitori perché anche dopo una vittoria vi è ancora un'altra prova, ma dove alla fine, martiri del proprio ‘Io’, si perviene alla scoperta del Paradiso perduto ...

***

E infatti è proprio 'Alla scoperta del Paradiso perduto' il titolo della successiva opera dell’autore - in due volumi - il primo dal sottotitolo ‘Il Dio interiore’ ed il secondo ‘La rivelazione del Dio nascosto’, opera alla quale fa ora seguito questa terza: ‘Il Vangelo del grande e del piccolo Giovanni (letto e commentato da un ‘catecumeno)’, in tre volumi.

L’autore