(Il Vangelo secondo Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 10, 22-40, Edizioni Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 527 – Centro Ed. Valtortiano)
11. Satana non è opera di Dio ma della libera volontà dell’angelo ribelle..., e Dio dal Male – che si è volontariamente formato – trae ancora un fine buono: quello di servire a fare possessori gli uomini di una gloria meritata...
Gv 10, 22-40:
Si celebrava allora in Gerusalemme la festa della Dedicazione.
Era inverno e Gesù passeggiava nel Tempio, sotto il portico di Salomone.
I Giudei lo circondarono e gli dissero: «Fino a quando ci terrai con l’animo sospeso? Se sei tu il Cristo, diccelo apertamente».
Rispose loro Gesù: « Ve l’ho detto, ma non credete; le opere che faccio in nome del Padre mio, queste mi rendono testimonianza, tuttavia voi non credete, perchè non siete delle pecore mie.
Le mie pecore ascoltano la mia voce: io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna ed esse non periranno mai, e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti, e nessuno può rapirle di mano al Padre mio. Io e il Padre siamo uno».
Di nuovo i Giudei diedero di piglio alle pietre per lapidarlo.
Ma Gesù disse loro: «Molte opere buone vi mostrai, per virtù del Padre mio: per quale di queste opere mi lapidate?».
Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per nessuna opera buona, ma per una bestemmia, perchè tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Replicò loro Gesù:«Non è scritto nella vostra legge: ‘Io dissi: Voi siete dèi’? Se chiama Dèi quelli ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata – a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite che bestemmia, perchè ho detto: ‘Sono Figlio di Dio’? Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi: ma se le faccio, anche se non volete credere a me, credete alle opere, affinchè sappiate e conosciate che il Padre è in me ed io nel Padre».
Tentarono perciò nuovamente di prenderlo, ma egli sfuggì loro di mano.
Se ne andò di nuovo oltre il Giordano, nel luogo dove Giovanni aveva battezzato, e ci si fermò.
Or, molti andavano da lui e dicevano: «Giovanni, certo, non fece alcun miracolo, ma tutto quello che disse di costui è vero».
E lì molti credettero in lui.
11.1 Come Dio, io non ignoro il futuro degli avvenimenti. Come uomo, esente da imperfezioni e limitazioni congiunte alla Colpa e alle colpe, ho il dono della introspezione dei cuori
E’ passato qualche tempo dall’episodio precedente legato al secondo incontro con il ‘cieco’ ed al discorso del ‘Buon Pastore’.
Gesù aveva lasciato Gerusalemme ma aveva continuato a predicare nei dintorni.
Moralmente era abbattuto, ma spiritualmente era felice perchè l’ora della Redenzione si avvicinava.
Giuda aveva ormai chiaramente capito che il Regno di cui parlava Gesù non era quel regno terreno in cui egli tanto sperava per soddisfare le sue ambizioni. Inoltre presagiva che quella storia – umanamente – sarebbe finita male per Gesù e tutti loro, suoi diretti seguaci.
Giuda decide quindi di passare al ‘nemico’: cioè a quelli del Tempio.
Egli spera – tradendo Gesù e spiegando ai Capi dei Giudei quale sarebbe stato il luogo ed il momento più opportuno per catturarlo senza colpo ferire, isolato dalle folle che lo seguivano - di accattivarsene la ‘simpatia’ e di salvare la pelle.
Quella di Giuda – con il quale Gesù aveva vissuto fianco a fianco, notte e giorno, per tre anni - era l’angustia maggiore dell’Uomo-Dio.
Non si trattava dell’ostilità di un nemico, ma del tradimento di un ‘amico’.
Gesù aveva cercato e avrebbe cercato di salvare Giuda sino alla fine, non perchè non sapesse, per prescienza’ e quale Dio che viveva ‘fuori del Tempo - che sarebbe stato tutto inutile, ma perchè da Uomo-Dio che viveva nel Tempo voleva dare a Giuda ogni umana opportunità di ravvedersi affinchè egli – una volta condannato – non potesse recriminare che Dio non aveva fatto l’impossibile per salvarlo, fino a quel boccone nell’Ultima Cena prima che Giuda si alzasse da tavola per andare a consegnarlo, e per insegnare agli uomini – specie di Chiesa – che quando è in gioco la salvezza di un’anima, che rischia la perdizione per l’eternità, nulla deve essere tralasciato, nessuno sforzo, anche se considerato inutile, sino alla fine, come Egli ha fatto con Giuda.
Uno spaccato psicologico di Gesù in questo momento particolare ci viene da un bel colloquio che Egli – mentre cammina per le strade della Giudea – ha con Giovanni, dove si affronta proprio il problema di Giuda le cui colpe e trame Gesù cercava di coprire per evitare che gli altri apostoli – non ancora del tutto ‘santi’- potessero spingersi a farsi giustizia da soli seguendo impulsi come quello di Pietro che – al momento della cattura di Gesù – avrebbe sguainato una spada menando un fendente che, anche se di scarsa mira, aveva pur sempre staccato – anzichè il collo - un orecchio ad uno degli ‘scherani’ che erano stati inviati dai sacerdoti a catturarlo.
Vediamocelo un momento con la Valtorta, questo episodio, dopo di chè passeremo al commento del brano del Vangelo di Giovanni:
527. Ignoranze e tentazioni nella natura umana del Cristo.
8 novembre 1946.
Sono già sulle pendici dell'Uliveto e le tre coppie di apostoli lasciate a Gerico, a Tecua e a Betania sono di nuovo riunite al Maestro. Ma Giuda di Keriot è sempre assente e sottovoce gli apostoli ne parlano...
Gesù è di una tristezza infinita. Gli apostoli, che lo notano, dicono fra loro: «E’ certo per Lazzaro. E’ proprio un uomo finito... E le sorelle fanno tanta pena... Il Maestro non si può neppure fermare in quella casa, con tanto astio che lo perseguita. Sarebbe stato un conforto per il malato e le sorelle, e anche per il Maestro».
«Io non so capire perché non lo guariscel» esclama Tommaso.
«Sarebbe anche giusto. Un amico... Tanto aiuto che dà... Un giusto ... » mormora Bartolomeo.
«Ah! per giusto è proprio un giusto. In questi giorni io credo che tu te ne sia reso persuaso ... » dice lo Zelote a Bartolomeo.
«Sì, è vero. Ed è vero anche ciò che tu sottintendi. Non ero molto persuaso della sua giustizia... Con quella loro dimestichezza con i gentili, con l'educazione avuta dal padre che era molto, molto... dirò condiscendente a nuove forme di vita disformi dalle nostre ... ».
«La madre era un angelo» dice reciso Simone Zelote.
«Forse per questo essi sono dei giusti... Sorvoliamo sul passato di Maria. Ormai si è redenta ... » dice Filippo.
«Sì. Ma tutto questo mi faceva sospettoso. Ora sono proprio persuaso, e stupisco che il Maestro ... ».
«Mio fratello sa valutare i valori delle creature. Ne abbiamo sofferto noi pure per molto tempo, di una naturale, umana gelosia, vedendo esauditi più gli estranei che noi di famiglia. Ma adesso abbiamo capito che l'errore era nel nostro pensiero e la giustizia nel suo. Noi giudicavamo il suo modo di fare come indifferenza, e anche come svalutazione, incomprensione del nostro valore. Ora si è compreso. Egli preferisce attirarsi i deformi e gli informi. Egli... seduce, con i suoi mezzi infiniti, le anime più meschine, più lontane, più in pericolo. Vi ricordate la parabola della pecorella smarrita? La verità, la chiave del suo modo di agire è in quella parabola. Quando Egli vede le sue pecore fedeli seguirlo o stare dove e come Egli vuole, il suo spirito riposa. Ma del suo riposo si serve per correre dietro alle smarrite. Lo sa che noi lo amiamo, che Lazzaro e le sorelle lo amano, che le discepole e i pastori lo amano, e perciò non perde il suo tempo con noi, in speciali prove d'amore. Ci ama sempre, noi. Ci ha sempre nel cuore. Noi stessi ci entriamo e non ci vogliamo uscire. Ma gli altri... i peccatori, gli smarriti!... Deve correre dietro ad essi, deve attirarli con l'amore e col miracolo, con la potenza sua. E lo fa. Lazzaro, Maria e Marta continueranno ad amarlo, anche senza miracolo ... » dice Giacomo d'Alfeo.
«Questo è vero. Però... Cosa avrà voluto dire col suo ultimo saluto? Avete sentito: "L'amore del Signore per voi si manifesterà in proporzione del vostro amore. E ricordatevi che l'amore ha due ali per essere perfetto, due ali tanto più smisurate quanto più è perfetto: la fede e la speranza"» dice Andrea.
«Già! Che avrà voluto dire?» domandano in diversi.
Un silenzio. Poi Tommaso, con un grande sospiro, conclude un suo discorso interiore: « ... Però non sempre la sua pazienza buona ottiene redenzione. Anche io ho sofferto talora per la predilezione che mostra a Giuda di Keriot ... ».
«Predilezione? Non mi pare. Lo rimprovera come ogni altro di noi ... » dice Andrea.
«Per giustizia, sì. Ma considera quanto più rigore meriterebbe quell'uomo ... ».
«Questo è vero».
«Ebbene, io ne ho sofferto delle volte. Ma ora capisco che lo fa certo perché... è il più informe fra noi».
«Il più sciagurato, devi dire, Tommaso! Il più sciagurato. Voi credete che quella tristezza (e accenna a Gesù che se ne va avanti solo, assorto nella sua pena) sia data dalla malattia di Lazzaro e dalle lacrime delle sorelle. Io dico che viene dall'assenza di Giuda. Egli sperava di essere raggiunto per via da lui mentre andava a Betabara. Sperava almeno di ritrovarlo a Gerico, Tecua o a Betania al ritorno. Adesso non spera più. Ha la certezza del malfare di Giuda. Io l'ho sempre osservato... e ho visto che il suo viso ha preso quell'aspetto di assoluta derelizione quando tu, Bartolmai, hai detto: "Giuda non è venuto"» dice il Taddeo.
«Ma Egli sa le cose avanti che siano, ne sono certo!» esclama Giovanni.
«Molte. Non tutte. Io penso che il Padre suo gliene tenga occulte alcune per pietà» dice lo Zelote.
Gli undici si dividono in due partiti, chi accetta una versione e chi l'altra, e ognuno porta le sue ragioni a sostegno della propria.
Giovanni esclama: «Oh! io non voglio ascoltare né l'uno, né l'altro, neppure me stesso! Siamo tutti poveri uomini e non possiamo vedere giusto. Vado da Gesù e glielo domando».
«No. Potrebbe pensare ad altro e con questa domanda ricordare Giuda e soffrire di più» dice Andrea.
«Ma no. Non gli dirò certo che parlavamo di Giuda. Dirò così... senza riferimenti».
«Vai, vai! Gli servirà a distrarsi. Non vedete come è afflitto?» dice Pietro spingendo Giovanni.
«Vado. Chi viene con me?».
«Va', va' da solo. Con te parla senza ritegno. E poi ci dici ... ».
Giovanni va.
«Maestro!».
«Giovanni! Che vuoi?», e Gesù, con una luce di sorriso sul volto, cinge con un braccio il suo prediletto, tenendolo vicino a Sé nel camminare.
«Si parlava fra noi e si era incerti su una cosa. Questa: se Tu sai tutto il futuro, o se ti è in parte nascosto. Chi diceva una cosa e chi l'altra».
«E tu che dicevi?».
«Dicevo che era meglio di tutto chiederlo a Te».
«E così sei venuto. Hai fatto bene. Questo almeno serve a Me e a te a godere un momento di amore... E’ tanto raro, ormai, poter avere un poco di pace! ... ».
«E’ vero! Come erano belli i primi tempi! ... ».
«Sì. Per l'uomo che siamo noi, erano più belli. Ma per lo spirito che è in noi sono migliori questi. Perché ora è più conosciuta la Parola di Dio e perché soffriamo di più. Più si soffre e più si redime, Giovanni... Per questo, pur ricordando i tempi sereni, dobbiamo amare maggiormente questi che ci dànno dolore, e col dolore ci dànno anime. Ma rispondo alla tua domanda. Ascolta. Io non ignoro, come Dio. E non ignoro, come Uomo. Conosco il futuro degli avvenimenti, perché sono col Padre da prima del tempo e vedo oltre il tempo. Come Uomo esente da imperfezioni e limitazioni congiunte alla Colpa e alle colpe, ho il dono dell'introspezione dei cuori. Esso dono non è limitato al Cristo. Ma è in diversa misura di tutti quelli che, avendo raggiunto la santità, sono talmente uniti a Dio da potersi dire che non per sé operano, ma con la Perfezione che è in loro. Perciò posso risponderti che non ignoro come Dio il futuro dei secoli, e non ignoro come Uomo giusto lo stato dei cuori».
Giovanni riflette e tace.
Gesù lo lascia stare qualche momento. E poi dice: «Ad esempio, ora lo vedo in te questo pensiero: "Ma allora il mio Maestro sa esattamente lo stato di Giuda di Keriot!"».
«Oh! Maestro!».
«Sì. Lo so. Lo so e proseguo ad essere il suo Maestro, e vorrei che voi proseguiste ad essere i suoi fratelli».
«Maestro santo!... Ma proprio sempre conosci tutto? Vedi, talora noi ci diciamo che ciò non è, perché Tu vai in luoghi dove trovi nemici. Prima di andarvi lo sai di trovarceli, e ci vai per combatterli col tuo amore, per vincerli all'amore, oppure... non lo sai e vedi i nemici soltanto quando li hai di fronte e ne leggi il cuore? Una volta Tu mi hai detto - eri tanto triste anche allora, e sempre per la stessa causa - che eri come uno che non vede ... ».
«Ho provato anche questo martirio dell'uomo: il dover procedere senza vedere, affidandosi totalmente alla Provvidenza. lo devo conoscere tutto dell'uomo. Meno la colpa consumata. E ciò non per barriera messa dal Padre mio alla carne, al mondo e al demonio, ma dalla mia volontà di uomo. Io sono come voi. Ma so volere più di voi. Perciò subisco le tentazioni, ma non cedo alle tentazioni. E in questo sta, come per voi, il mio merito».
«Tentazioni Tu!... Mi pare quasi impossibile ... ».
«Perché tu ne soffri poche. Sei puro e pensi che, essendolo Io più di te, non debba conoscere la tentazione. Infatti quella carnale è così debole rispetto alla mia castità, che non è giammai sensibile all'io. E come se un petalo percuotesse un granito senza fessure. Scorre via... Se ne è stancato persino il demonio di avventarmi contro questo dardo. Ma, o Giovanni, non pensi quante altre tentazioni sono intorno a Me?».
«A Te? Tu non sei avido di ricchezze, non di onori... Quali dunque? ... ».
«E non pensi che ho una vita, degli affetti, e dei doveri anche, verso mia Madre, e che queste cose mi tentano a sfuggire il pericolo? Esso, il Serpente, lo chiama "pericolo". Ma il suo vero nome è "Sacrificio". E non pensi che ho dei sentimenti Io pure? L'io morale non è assente in Me, e soffre delle offese, degli scherni, delle doppiezze. Oh! mio Giovanni! Non ti chiedi che schifo sia per Me la menzogna e il menzognero? Sai quante volte il demonio mi tenta a reagire a queste cose, che mi danno dolore, uscendo dalla mansuetudine, divenendo duro, intransigente? E infine, non pensi quante volte soffia il suo bruciante fiato di superbia e dice: "Gloriati di questo o quello. Sei grande. Il mondo ti ammira. Gli elementi ti servono!". La tentazione di compiacersi di essere santo! La più sottile! Quanti perdono la santità già acquistata per questa superbia! Con che Satana ha corrotto Adamo? Con la tentazione al senso, al pensiero e allo spirito. E Io non sono l'Uomo che deve ricreare l'uomo? Da Me la nuova Umanità. Ed ecco che Satana cerca le stesse vie per distruggere, e per sempre, la razza dei figli di Dio . Ora va' dai compagni e ripeti le mie parole. E non pensare se Io so o non so ciò che fa Giuda. Pensa che ti amo. Non è sufficiente questo pensiero ad occupare un cuore?».
Lo bacia e lo congeda. E rimasto solo di nuovo, alza gli occhi al cielo che si vede fra il fogliame degli ulivi e geme: «Padre mio! Fa' che almeno, sino all'ultima ora, Io possa tenere occulto il Delitto. Ad impedire che questi miei diletti si sporchino di sangue. Pietà di loro, Padre mio! Sono deboli troppo per non reagire all'offesa! Che essi non abbiano odio in cuore nell'ora della Carità perfetta!», e si asciuga delle lacrime che solo Dio vede...
11.2 Io sono Uno con Dio, che è mio Padre... Ma quelli, ancora più arrabbiati, gli tirano le pietre
E – dopo questo episodio – interessante anche per conoscere meglio la ‘psicologia’ dell’Uomo Dio – ritroviamo Gesù al Tempio per la festa della Dedicazione.
Era una festa (detta anche della Purificazione o delle Encenie) che si teneva – secondo il calendario ebraico – il giorno 25 di casleu (novembre-dicembre).
Egli non perdeva occasione di festa per recarsi a Gerusalemme e intensificare la predicazione.
Lazzaro, il suo grande amico e ‘protettore’ - che con i suoi beni soleva sovvenire, insieme alle sorelle Marta e Maria di Magdala, a molte esigenze di spesa del gruppo apostolico e che per la sua amicizia politica con i romani, riusciva ancora a tenere a bada i giudei – era ormai sempre più malato.
I vangeli non danno particolari sulla sua malattia ma, dalla Valtorta, si capisce che egli soffriva di una sorta di cancrena agli arti, una malattia che assumeva l’aspetto di una specie di ‘lebbra’, una ‘infezione’ che non era infettiva ma provocava gradualmente un avvelenamento del sangue che avrebbe portato alla morte.
Le sorelle lo curavano in casa, nella dimora di Betania, vicina a Gerusalemme, con disinfezioni e impacchi antisettici e antinfiammatori, e stavano ben attente a che non si diffondesse la voce sulla natura della sua malattia che avrebbe potuto essere scambiata per lebbra vera e propria facendo scattare le norme di legge che prescrivevano che il malato fosse trasferito in un Lebbrosario, il che a quei tempi significava essere abbandonati in una cava di spazzatura dalle quali si affacciavano di quando in quando quei lebbrosi che – vedendo passare Gesù – gridavano : ‘Figlio di Davide, salvaci, per pietà’, e lui li salvava, anche se poi non tutti tornavano indietro per ringraziarlo.
I Capi giudei sarebbero stati ben lieti di togliersi in quel modo dai piedi Lazzaro, facendolo passare per un lebbroso.
Gesù cercava comunque – considerato il ‘clima’ sempre più rovente intorno a lui - di non compromettere troppo Lazzaro e si recava a trovarlo solo quando era strettamente necessario.
Dunque, Gesù è ora di nuovo a Gerusalemme, al Tempio, e passeggia sotto il portico di Salomone.
Viene subito adocchiato e un gruppetto di quelli del Tempio – che non avevano ancora digerito il discorso del Buon Pastore dal quale si capiva che anche loro erano di quei ‘cattivi pastori’ che portavano a perdizione le ‘pecorelle’ – gli si avvicinano untuosi e con un sorriso ipocrita di falsa sincerità dicendogli con tono accattivante: ‘Dai, dicci finalmente chi sei. Non parlare più per metafore o parabole. Non ci tenere più in sospeso. Se tu sei il Cristo, diccelo una volta per tutte, chiaramente’.
Se fossero stati sinceri c’era da farsi cascar le braccia, perchè Gesù ormai l’aveva detto in tutte le salse che egli non solo era il Cristo, il Messia, ma anche Figlio di Dio.
Ma – poichè vi erano presenti anche altri giudei del popolo ai quali Egli doveva continuare a dare testimonianza – Gesù riafferma pazientemente la sua identità e – come stava facendo e avrebbe fatto sino alla fine con Giuda - cerca di convincerli, ribadendo concetti analoghi:
‘Ve l’ho detto, ma voi non volete credere. Ma visto che non volete credere alle mie parole, potreste almeno credere alle mie opere, opere che Io posso fare in nome di Colui che è mio Padre. E io sono suo Figlio!’.
Gesù insomma voleva dire: ‘Sono queste opere che – al di là delle mie dichiarazioni – dovrebbero convincervi della mia natura messianica: risuscito i morti, risano i lebbrosi, guarisco i paralitici e i ciechi, libero gli indemoniati.Tralascio di parlarvi dei miracoli che opero sugli ‘spiriti’, convertendoli (e quelli sono i miracoli più difficili e grandiosi ma non ve li ricordo perchè quelli a voi non interessano) e non vi basta? Devo continuare? No, è inutile. Voi non credete perché non avete buona volontà, perché ‘non volete’ credere, e ciò avviene perché voi – nel vostro animo – non siete del mio gregge. Voi siete ‘capri’ nello spirito, voi siete gregge di Satana, ché è vostro ‘pastore’. E’ per questo che non mi volete seguire. Ma sappiate che alle ‘mie’ pecore io darò la vita eterna perché esse non periranno mai, come invece perisce chi – spiritualmente – segue l’Altro. E le mie pecore – cioè quelle che nel loro cuore mi seguono perché sono di un medesimo sentimento – Io non me le lascerò strappare mai. Dio me le ha date e nessuno me le potrà togliere, perchè nulla può essere tolto a Dio, ed Io sono Uno con Dio, che è mio Padre’.
Al sentir dire da Gesù che Egli era un tutt’uno col Padre quelli abbrancano delle pietre per terra... ma Gesù li ferma con un gesto della mano ed uno sguardo imperioso sfavillante di divinità: ‘Per quali di queste opere mi lapidate?!’.
E quelli, pietre in mano: ‘Per nessuna in particolare, ma per esserti proclamato Dio, tu che sei solo un uomo. Questa è bestemmia e, come dice la Legge, i bestemmiatori devono essere lapidati!’.
E Gesù – che aveva del sangue freddo – non si lascia scappare l’occasione per fare loro un bel sermone.
Egli - ricordando loro un brano delle Scritture dove Dio, attraverso il Profeta, dice agli uomini, fatti a sua immagine e somiglianza, che essi sono ‘dei’ - completa il ragionamento dialetticamente: ‘Se Dio chiama ‘dei’ quegli uomini ai quali parlava, non posso chiamarmi Dio Io che sono Figlio suo e che soprattutto faccio opere da Dio? Posso ammettere che non vogliate credere a quelle che dico, ma dovreste almeno credere a quello che faccio!’.
Ma quelli, ancor più arrabbiati, gli tirano le pietre.
Rimangono però con un palmo di naso perché Gesù in qualche modo anche questa volta se la cava.
11.3 Le vittorie sul Male sono la corona degli eletti. Se il Male non potesse suscitare una conseguenza buona per i volenterosi di volontà buona, Dio lo avrebbe distrutto
Infatti Gesù si eclissa dal Tempio e da...Gerusalemme. Insomma cambia aria e se ne va oltre Giordano, in quel luoghi ove aveva già predicato il suo ‘precursore’ Giovanni Battista e dove i seguaci di Giovanni, sentendolo predicare – come ora avete imparato a sentirlo voi attraverso la Valtorta – avevano concluso: ‘Giovanni non fece alcun miracolo, ma tutto quello che disse di costui è vero!’.
Ma ora vediamoci la Valtorta:
537. Al Tempio nella festa della Dedicazione, Gesù si manifesta ai Giudei, che tentano di lapidarlo.
9 dicembre 1946.
Stare fermi non è possibile nella mattinata fredda e ventosa. Sulla cima del Moria il vento che viene in direzione nord-est si abbatte frizzante, facendo svolazzare le vestì e arrossendo i volti e gli occhi. Eppure vi è della gente che è salita al Tempio per le preghiere. Mancano invece assolutamente i rabbi coi rispettivi gruppi degli allievi. E il portico pare più vasto, e soprattutto più dignitoso, privato della congrega vociante e pomposa che l'occupa di solito.
E deve essere una cosa molto strana vederlo così vuoto, perché tutti se ne stupiscono come di cosa nuova. E Pietro se ne insospettisce anche. Ma Tommaso, che sembra ancor più robusto, avvolto come è in un largo e pesante mantello, dice: «Si saranno chiusi in qualche stanza per paura di perdere la voce. Li rimpiangi?», e ride.
«Io no! Mai più li vedessi! Ma non vorrei che fosse ... », e guarda l'Iscariota che non parla, ma che afferra l'occhiata di Pietro e dice: «Veramente hanno promesso di non dare altra noia, fuorché nel caso che il Maestro li... scandalizzi. Certo che saranno vigilanti, ma posto che qui non si pecca, né si offende, essi stanno assenti».
«Meglio così. E Dio ti benedica, ragazzo, se ci sei riuscito a farli ragionare».
E’ presto ancora. Poca gente è nel Tempio. Dico «poca», e questo pare, data la vastità di esso, che per apparire pieno abbisogna di masse di popolo. Due o trecento persone neppur si vedono in quel complesso di cortili, portici, atri, corridoi...
Gesù, unico Maestro nel vasto portico dei Pagani, va in su e in giù, parlando con i suoi e con i discepoli che ha trovato già nel recinto del Tempio. Risponde alle loro obbiezioni o domande, chiarisce punti che essi non hanno saputo chiarire a se stessi e ad altri.
Vengono due gentili, lo guardano, vanno via senza dire nulla. Passano degli addetti al Tempio, lo guardano, ma non dicono nulla neppur loro. Qualche fedele si accosta, saluta, ascolta. Ma sono pochi ancora.
«Restiamo qui ancora?» domanda Bartolomeo.
«Fa freddo e non c'è nessuno. Però fa piacere essere qui così in pace. Maestro, oggi sei proprio nella Casa del Padre tuo. E da padrone» dice sorridendo Giacomo d'Alfeo. E soggiunge: «Così doveva essere il Tempio quando erano Nehemia ed i re saggi e pii».
«Io direi di andare. Di là ci spiano ... » dice Pietro.
«Chi? Farisei?».
«No. Quelli che sono passati prima ed altri. Andiamo via, Maestro ... ».
«Attendo dei malati. Mi hanno visto entrare in città, la voce certo si è sparsa. Nelle ore più calde verranno. Restiamo almeno sino ad un terzo da sesta» risponde Gesù. E riprende a camminare avanti e indietro per non rimanere fermo in quell'aria cruda.
Infatti dopo un poco, quando il sole cerca di mitigare gli effetti del tramontano, viene una donna con una bambina malata e chiede la guarigione. Gesù l'accontenta. La donna depone il suo obolo ai piedi di Gesù dicendo: «Questo per altri bambini che soffrono». L'Iscariota raccoglie le monete.
Più tardi, su una barellina, portano un uomo anziano, malato nelle gambe. E Gesù lo risana.
Terzo viene un gruppo di persone e pregano Gesù di uscire fuor dalle mura del Tempio per cacciare il demonio da una fanciulla, i cui gridi laceranti si sentono fin lì dentro. E Gesù si avvia dietro questi, uscendo nella strada che conduce in città.
Della gente, fra la quale sono degli stranieri, si è stretta intorno a quelli che tengono la giovinetta, che spuma e si divincola stravolgendo gli occhi. Parolacce di ogni sorta escono dalle sue labbra, e tanto più escono più Gesù si avvicina a lei, così come cresce il suo dibattersi. A fatica la tengono quattro uomini giovani e robusti. E, con gli improperi, prorompono gridi di riconoscimento al Cristo e suppliche affannose dello spirito che la tiene per non essere cacciato, e anche delle verità, ripetute con monotonia: «Via! Non mi fate vedere questo maledetto! Va' via! Via! Causa della nostra rovina. Lo so chi Tu sei. Tu sei... Tu sei il Cristo. Tu sei... Non ti ha unto altro olio che quello di lassù. La potenza del Cielo ti copre e ti difende. Ti odio! Maledetto! Non mi cacciare. Perché cacci noi e non ci vuoi, mentre tieni vicino una legione di demoni in un solo? Non lo sai che tutto l'inferno è in uno? Sì che lo sai... Lasciami qui, almeno sino all'ora di ... ».
La parola si arresta delle volte come strozzata, altre volte cambia, o si ferma prima, o si prolunga fra gridi disumani come quando urla: «Lasciami entrare almeno in lui. Non mi mandare là nell'Abisso! Perché ci odii, o Gesù, Figlio di Dio? Non ti basta ciò che sei? Perché vuoi comandare anche su noi? Non vogliamo comando, noi! Perché sei venuto a perseguitarci, se noi ti abbiamo rinnegato? Va' via! Non ci versare addosso i fuochi del Cielo! I tuoi occhi! Quando saranno spenti noi rideremo... Ah! No! Neanche allora... Tu ci vinci! Ci vinci! Sii maledetto Te e il Padre che ti ha mandato, e quello che da voi viene ed è voi... Aaaah!».
L'ultimo grido è addirittura spaventoso, di creatura scannata nella quale lentamente entri il ferro omicida, ed è originato dal fatto che Gesù, dopo aver troncato molte volte, per comando mentale, le parole dell'ossessa, pone fine ad esse toccando con un dito la fronte della giovinetta. E il grido termina in una convulsione orrenda, sinché, con un fragore che ha della risata e del grido di un animale da incubo, il demonio la lascia urlando: «Ma non vado lontano... Ah! Ah! Ah!», seguito subito dallo schianto secco come di un fulmine, nonostante che il cielo sia tersissimo.
Molti scappano terrorizzati. Altri si affollano ancor più ad osservare la giovinetta che si è calmata di colpo, accasciandosi fra le braccia di chi la teneva. Sta così pochi attimi e poi apre gli occhi, sorride, si vede fra la gente senza velo sul volto e sul capo e reclina il viso, per nasconderselo, sul braccio che alza al volto.
Chi è con lei vorrebbe che ella ringraziasse il Maestro. Ma Egli dice: «Lasciatela nel suo pudore. La sua anima mi ringrazia già. Riconducetela a casa, dalla madre. E’ il posto suo di fanciulla ... », e volge le spalle alla gente rientrando nel Tempio, al posto di prima.
«Hai visto, Signore, che molti giudei ci erano venuti alle spalle? Ne ho riconosciuti alcuni... Eccoli là! Sono quelli che ci spiavano prima. Guarda come disputano fra loro ... » dice Pietro.
«Staranno stabilendo in chi di loro è entrato il diavolo. C'è anche Nahum, il fiduciario di Anna. E’ tipo adatto ... » dice Tommaso.
«Sì. E tu non hai visto, perché avevi le spalle voltate. Ma il fuoco si è aperto proprio sul suo capo» dice Andrea quasi battendo i denti.
«lo gli ero vicino e ho avuto una paura!...».
«Veramente erano tutti uniti, loro. Però io ho visto il fuoco aprirsi su di noi e ho creduto di morire... Anzi ho tremato per il Maestro. Pareva proprio sospeso sul suo capo» dice Matteo.
«Ma no. Io invece l'ho visto uscire dalla fanciulla e scoppiare sul muro del Tempio» ribatte Levi, il pastore discepolo.
«Non discutete fra voi. Il fuoco non indicò né questo né quello. Fu solo il segno che il demonio era fuggito» dice Gesù.
«Ma ha detto che non andava lontano! ... » obbietta Andrea.
«Parole di demonio... Non vanno ascoltate. Lodiamo piuttosto l'altissimo per questi tre figli di Abramo guariti nel corpo enell'anima».
Intanto molti giudei, sbucati da questa e quella parte - ma non fanno parte dei loro gruppi né un fariseo, né uno scriba, né un sacerdote - si avvicinano e circondano Gesù, e uno si fa avanti dicendo: «Grandi cose Tu hai fatto in questo giorno! Opere veramente da profeta, e gran profeta. E gli spiriti degli abissi hanno detto di Te cose grandi. Ma le loro parole non possono essere accettate se non le conferma la tua parola. Noi sbigottiamo per quelle parole. Ma anche temiamo un grande inganno, poiché è noto che Belzebù è spirito di menzogna. Non vorremmo ingannarci né essere ingannati. Dicci dunque chi sei, con la tua bocca di verità e giustizia».
«E non ve l'ho detto molte volte chi Io sono? Sono quasi tre anni che ve lo dico, e prima di Me ve lo disse Giovanni al Giordano e la Voce di Dio dai Cieli».
«E’ vero. Ma noi non c'eravamo le altre volte. Noi... Tu che sei giusto devi capire il nostro affanno. Noi vorremmo credere in Te come Messia. Ma troppe volte ormai il popolo di Dio fu ingannato da falsi Cristi. Consola il nostro cuore, che spera e che attende, con una sicura parola, e noi ti adoreremo».
Gesù li guarda severamente. I suoi occhi sembrano perforare le carni e mettere a nudo i cuori. Poi dice: «In verità molte volte gli uomini sanno dire menzogne meglio di Satana. No. Voi non mi adorerete. Mai. Qualunque cosa Io vi dica. E, anche giungeste a farlo, chi adorereste voi?».
«Chi? Ma il nostro Messia!».
«Sareste da tanto? Chi è per voi il Messia? Rispondete, perché Io sappia ciò che valete».
«Il Messia? Ma il Messia è colui che per mandato di Dio riunirà lo sparso Israele e ne farà un popolo trionfale, sotto il cui potere sarà il mondo. E che? Tu non lo sai ciò che è il Messia?».
«Lo so come voi non lo sapete. Per voi dunque è un uomo che, superando Davide e Salomone e Giuda Maccabeo, farà di Israele la Nazione regina del mondo?».
«Questo è. Dio lo ha promesso. Ogni vendetta, ogni gloria, ogni rivendicazione, verrà dal promesso Messia».
«E’ detto: "Non adorerai altro che il Signore Iddio tuo". Perché allora voi mi adorereste, se in Me soltanto potreste vedere l'Uomo-Messia?».
«E che altro dobbiamo vedere in Te?».
«Che? E con questi sentimenti mi venite ad interrogare? Razza di vipere subdole e velenose! E sacrileghe anche. Perché, se in Me voi non potreste vedere altro che il Messia umano e mi adoraste, sareste idolatri. Solo a Dio va data adorazione. Ed in verità vi dico una volta ancora che Colui che vi parla è da più del Messia che voi vi fingete con missione e mansioni e poteri quali voi, privi di spirito e sapienza, vi immaginate. Il Messia non viene a dare al suo popolo un regno quale voi vi credete, non viene ad esercitare vendette su altri potenti. Il suo Regno non è di questo mondo e il suo potere supera ogni potere limitato del mondo».
«Tu ci mortifichi, Maestro. Se sei Maestro e noi siamo ignoranti, perché non ci vuoi istruire?».
«Sono tre anni che lo faccio, e voi siete sempre più nelle tenebre perché respingete la Luce».
«E vero. Forse è vero. Ma ciò che fu per il passato può non più essere nell'avvenire. E che? Tu che hai pietà dei pubblicano e delle meretrici e che assolvi i peccatori, vuoi essere senza pietà con noi, solo perché siamo di dura cervice e stentiamo a comprendere chi Tu sei?».
«Non è che stentiate. E’ che non volete capire. Essere ebeti non sarebbe una colpa. Dio ha tante luci che potrebbe fare luce nell'intelletto più ottuso ma pieno di buona volontà. In voi questa manca. Anzi avete volontà opposta. Per questo non comprendete chi Io sono».
«Sarà come Tu dici. Tu vedi come siamo umili. Ma te ne preghiamo nel nome di Dio. Rispondi alle nostre domande. Non ci tenere più oltre sospesi. Fino a quando il nostro animo deve rimanere incerto? Se sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
«Ve l'ho detto. Nelle case, nelle piazze, per le vie, per i paesi, sui monti, lungo i fiumi, in faccia al mare, di fronte ai deserti, nel Tempio, nelle sinagoghe, sui mercati ve l'ho detto, e voi non credete. Non c'è posto di Israele che non abbia sentito la mia voce. Persino i luoghi che portano abusivamente il nome di Israele da secoli, ma che sono separati dal Tempio, persino i luoghi che hanno dato il nome a questa nostra Terra, ma che da dominanti sono divenuti soggetti, e mai però si liberarono completamente dai loro errori per venire alla Verità, persino la Siro-Fenicia, dai rabbi sfuggita come terra di peccato, hanno sentito la mia voce e conosciuto il mio essere. Ve l'ho detto, e alle mie parole non credete. Ho fatto, e alle mie azioni non avete posto mente con spirito buono. Lo aveste fatto, con l'intenzione retta di sincerarvi su di Me, sareste giunti alla fede in Me, perché le opere che Io faccio nel nome del Padre mio testimoniano di Me. Quelli di buona volontà, che sono venuti al mio seguito perché mi hanno riconosciuto Pastore, hanno creduto alle mie parole e alla testimonianza che dànno le mie opere. E che? Credete forse che ciò che Io faccio non abbia un fine di vostra utilità? Di utilità per le creature tutte? Disingannatevi. E non voglìate pensare che l'utile è dato dalla salute del singolo, riacquistata per il mio potere, o dalla liberazione dall'ossessione o dal peccato di questo o quello. Questa è un'utilità circoscritta all'individuo. Troppo poca cosa rispetto alla potenza che viene sprigionata, e dalla fonte soprannaturale, più che soprannaturale, divina, che la sprigiona, per essere l'unica utilità. Vi è l'utilità collettiva delle opere che Io faccio. L'utilità di levare ogni dubbio agli incerti, di convincere i contrari oltre che di rinforzare sempre più la fede dei credenti. Per questa utilità collettiva, a favore di tutti gli uomini presenti e futuri, perché le mie opere testimonieranno di Me presso i futuri e li convinceranno di Me, il Padre mio mi dà potere di fare ciò che faccio. Nulla è fatto senza un fine buono nelle opere di Dio. Ricordatevelo sempre. Meditate questa verità».
Gesù ha un momento di arresto. Fissa lo sguardo su un giudeo che sta a capo chino e dice poi: «Tu che stai così pensando, tu dalla veste color d'uliva matura, ti chiedi se ha fine buono anche Satana. Non essere stolto per essere a Me contrario e cercare l'errore nelle mie parole. Ti rispondo che Satana non è opera di Dio, ma della libera volontà dell'angelo ribelle. Dio lo aveva fatto suo ministro glorioso, e perciò lo aveva creato a fine buono. Ecco, ora tu, parlando col tuo io, dici: ‘Allora Dio è stolto, perché aveva donato la gloria ad un futuro ribelle e affidato i suoi voleri ad un disubbidiente’. Ti rispondo: "Dio non è stolto ma perfetto nelle sue azioni e pensieri. E’ il Perfettissimo. Le creature sono imperfette, anche le più perfette. Sempre un punto di inferiorità è in esse rispetto a Dio. Ma Dio, che le ama, ha concesso alle creature la libertà di arbitrio, perché attraverso ad essa la creatura si completi nelle virtù, e si faccia perciò più simile al Dio e Padre suo". E ancora ti dico, o derisore e astuto cercatore del peccato nelle mie parole, che dal Male, che si è volontariamente formato, Dio trae ancora un fine buono: quello di servire a far possessori gli uomini di una gloria meritata. Le vittorie sul Male sono la corona degli eletti. Se il Male non potesse suscitare una conseguenza buona per i volonterosi di volontà buona, Dio lo avrebbe distrutto. Perché nulla di quanto è nel Creato deve essere totalmente privo di incentivo o di conseguenza buoni.
Non rispondi? Ti è duro dover proclamare che ti ho letto in cuore e che ho vinto le illazioni ingiuste del tuo pensiero tortuoso? Non ti forzerò a farlo. Al cospetto di tanti ti lascio nella tua superbia. Non reclamo che tu mi proclami vittorioso. Ma quando sarai solo con questi, simili a te, e con quelli che vi hanno mandato, allora confessa pure che Gesù di Nazaret ha letto i pensieri della tua mente e ti ha strangolato le obbiezioni nella strozza con la sola arma della sua parola di verità.
Ma abbandoniamo questa interruzione personale e torniamo ai molti che mi ascoltano. Se anche uno solo di tanti, per le mie parole, convertisse il suo spirito alla Luce, sarebbe ricompensata la mia fatica di parlare a delle pietre, anzi a dei sepolcri pieni di vipere.
Dicevo che quelli che mi amano mi hanno riconosciuto Pastore per le mie parole e le mie opere. Ma voi non credete, non potete credere, perché non siete delle mie pecorelle.
Cosa siete voi? Ve lo chiedo. Chiedetevelo nell'interno del cuore. Non siete stolti. Potete conoscervi per ciò che siete. Basta che ascoltiate la voce della vostra anima, che non è tranquilla di continuare a offendere il Figlio di Colui che l'ha creata. Voi, pur conoscendo ciò che siete, non lo direte. Non siete né umili né sinceri. Ma Io ve lo dico ciò che siete. Siete in parte lupi, in parte capretti selvatici. Ma nessuno di voi, nonostante la pelle di agnello che portate per fingervi agnelli, è vero agnello. Sotto il vello morbido e bianco avete tutti i colori feroci, le corna pontute e le zanne e gli artigli del caprone o della belva, e volete rimanere tali perché vi compiacete di esser tali, e sognate ferocia e ribellione. Perciò non mi potete amare e non potete seguirmi e comprendermi.
Se entrate nel gregge è per nuocere, per dare dolore o portare disordine. Le mie pecore hanno paura di voi. Se fossero come voi siete, vi dovrebbero odiare. Ma essi non sanno odiare. Sono gli agnelli del Principe di pace, del Maestro di amore, del Pastore misericordioso. E non sanno odiare. Non vi odieranno mai, come Io non vi odierò mai. Lascio a voi l'odio, che è il malvagio frutto della concupiscenza triplice con l'io scatenato nell'animale uomo, che vive dimentico di essere anche spirito, oltre che carne. Io mi tengo ciò che è mio: l'amore. E questo comunico ai miei agnelli, e offro anche a voi per farvi buoni. Se vi faceste buoni, allora mi capireste e diverreste del mio gregge, simili agli altri che sono in esso. Ci ameremmo. Io e le mie pecore ci amiamo. Esse mi ascoltano, riconoscono la mia voce. Voi non capite ciò che è in verità conoscere la mia voce. E non avere dubbi sulla sua Origine e distinguerla fra mille altre voci di falsi profeti come vera voce venuta dal Cielo. Ora e sempre, anche fra quelli che si credono, e in parte lo sono, seguaci della Sapienza, vi saranno molti che non sapranno distinguere la mia voce da altre voci che parleranno di Dio, più o meno con giustizia, ma che saranno tutte voci inferiori alla mia ... ».
«Dici sempre che presto te ne vai e poi vuoi dire che sempre parlerai? Se te ne sarai andato non parlerai più» obbietta un giudeo con il tono sprezzante col quale parlerebbe ad un menomato mentale.
Gesù risponde ancora, col suo tono paziente e accorato, che ha avuto soltanto un suono severo quando ha parlato in principio ai giudei, e dopo, quando ha risposto alle interne obbiezioni di quel giudeo:«Io parlerò sempre, perché il mondo non diventi tutto idolatra. E parlerò ai miei, eletti a ripetervi le mie parole. Lo Spirito di Dio parlerà, ed essi capiranno ciò che anche i sapienti non sapranno capire. Perché gli studiosi studieranno la parola, la frase, il modo, il luogo, il come, lo strumento attraverso i quali la Parola parla, mentre i miei eletti non si perderanno in questi studi inutili, ma ascolteranno, persi nell'amore, e capiranno poiché sarà l'Amore quello che parlerà. Essi distingueranno le ornate pagine dei dotti o le bugiarde pagine dei falsi profeti, dei rabbi di ipocrisia che insegnano dottrine inquinate o insegnano ciò che essi non praticano, dalle parole semplici, vere, profonde che da Me verranno. Ma il mondo li odierà per questo, perché il mondo odia Me-Luce e odia i figli della Luce, il tenebroso mondo che ama le tenebre propizie al suo peccare.
Le mie pecore conoscono e conosceranno Me e mi seguiranno sempre, anche sulle vie di sangue e di dolore che Io percorrerò per il primo ed essi percorreranno dopo di Me. Le vie che conducono alla Sapienza le anime. Le vie che il sangue e il pianto dei perseguitati, perché insegnano la giustizia, fanno luminose perché spicchino nella caligine dei fumi del mondo e di Satana, e siano come scie di stelle per condurre chi cerca la Via, la Verità, la Vita, e non trova chi ad esse li conduca. Perché di questo hanno bisogno le anime: di chi le conduca alla Vita, alla Verità, alla Via giusta.
Dio è pietoso verso le anime che cercano e non trovano, non per loro colpa, ma per infingardia dei pastori idoli. Dio è pietoso verso le anime che, lasciate a se stesse, si smarriscono e vengono accolte da ministri di Lucifero, pronti ad accogliere gli smarriti per farne proseliti delle loro dottrine. Dio è pietoso per quelli che cadono nell'inganno soltanto perché i rabbi di Dio, i cosiddetti rabbi di Dio, si sono disinteressati di essi. Dio è pietoso a tutti questi che vanno incontro allo sconforto, alle caligini, alla morte per colpa dei falsi maestri, che di maestri non hanno che la veste e l'orgoglio di essere detti tali. E per queste povere anime, come ha mandato i profeti per il suo popolo, come ha mandato Me per tutto il mondo, così dopo, dopo di Me, manderà i servi della Parola, della Verità e dell'Amore, a ripetere le parole mie. Perché sono le mie parole quelle che danno la Vita. Cosicché le mie pecorelle di ora e di poi avranno la Vita che Io do loro attraverso la mia Parola che è Vita eterna per chi l'accoglie, e non periranno mai e nessuno le potrà strappare dalle mie mani».
«Noi non abbiamo mai respinto le parole dei veri profeti. Abbiamo sempre rispettato Giovanni che è stato l'ultimo profeta» risponde con ira un giudeo, e i suoi compagni gli fanno eco.
«E’ morto in tempo per non venirvi inviso ed essere perseguitato anche da voi. Se egli fosse ancora fra i vivi, il "non è lecito" detto per un incesto carnale lo direbbe anche a voi, che fate un adulterio spirituale fornicando con Satana contro Dio. E voi lo uccidereste come avete in animo di uccidere Me».
I giudei tumultuano irosi, pronti già a colpire, stanchi di doversi fingere miti. Ma Gesù non se ne preoccupa. Alza a voce per dominare il tumulto e grida:
«E mi avete chiesto chi lo sono, o ipocriti? Dicevate di voler sapere per essere sicuri? Ed ora dite che Giovanni fu l'ultimo profeta? E due volte vi condannate per peccato di menzogna. Una perché dite di non avere mai respinto le parole dei veri profeti, l'altra perché, dicendo che Giovanni è l'ultimo profeta e che voi credete ai veri profeti, escludete che Io sia anche profeta, almeno profeta, e profeta vero. Bocche di menzogna! Cuori d'inganno! Sì, in verità in verità lo, qui nella casa del Padre mio, proclamo che lo sono più che Profeta. Io ho quello che il Padre mio mi ha donato. Quello che il Padre mio mi ha donato è più prezioso di tutto e di tutti, perché è cosa sulla quale il volere e il potere degli uomini non può mettere le mani rapaci. Io ho quello che Dio mi ha donato e che, pur essendo in Me, è sempre in Dio, e nessuno può rapirlo dalle mani del Padre mio né a Me, perché è l'uguale Natura Divina. lo e il Padre siamo Uno».
«Ah! Orrore! Bestemmia! Anatema!!». L'urlio dei giudei rimbomba nel Tempio, e ancora una volta le pietre, usate dai cambiavalute e dai venditori di bestiame per tenere in sesto i loro recinti, sono fornitura per quelli che cercano armi atte a colpire.
Ma Gesù si aderge con le braccia incrociate sul petto. E’ salito sopra un sedile di pietra per essere anche più alto e visibile, e di là li domina coi raggi dei suoi occhi di zaffiro. Domina e dardeggia. E’ così maestoso che li paralizza. In luogo di lanciare le pietre, le gettano o le tengono in mano, ma senza avere più l'audacia di lanciarle contro di Lui. Anche le urla si calmano in uno sbigottimento strano. E’ proprio Dio che balena nel Cristo. E quando Dio balena così, l'uomo anche più protervo si fa piccolo e spaurito. Penso quale mistero è nascosto nell'aver potuto i giudei essere tanto feroci nel Venerdì Santo. Quale nell'assenza di questo potere di dominazione nel Cristo in quel giorno. Veramente era l'ora delle Tenebre, l'ora di Satana, ed essi soli regnavano... La Divinità, la Paternità di Dio aveva abbandonato il suo Cristo, ed Egli era nulla più che la Vittima...
Gesù sta così qualche minuto. Poi riprende a parlare a questa turba venduta e vile, che ha perso ogni prepotenza soltanto per aver visto un baleno divino:
«Ebbene? Che volete fare? Mi avete chiesto chi ero. Ve l'ho detto. Siete divenuti furenti. Vi ho ricordato quanto ho fatto, vi ho fatto vedere e ricordare molte opere buone provenienti dal Padre mio e compiute col potere che mi viene dal Padre mio. Per quale di queste opere mi lapidate? Per aver insegnato la giustizia? Per aver portato agli uomini la Buona Novella? Per essere venuto ad invitarvi al Regno di Dio? Per avere guarito i vostri malati, reso la vista ai vostri ciechi, dato moto ai paralitici, parola ai muti, liberato gli ossessi, risuscitato i morti, beneficato i poveri, perdonato ai peccatori, amato tutti, anche quelli che mi odiano: voi e quelli che vi mandano? Per quale dunque di queste opere voi mi volete lapidare?».
«Non è per le opere buone che hai fatto che ti lapidiamo, ma per la tua bestemmia, perché Tu, essendo uomo, ti fai Dio».
«Non è scritto nella vostra Legge: "Io dissi: voi siete dèi e figli dell'Altissimo"? Ora, se "dèi" nominò Dio coloro ai quali parlò, dando un mandato: quello di vivere in modo che la somiglianza e l'immagine di Dio, che è nell'uomo, appaia manifesta e l'uomo non sia né demone né bruto; se "dèi" sono detti gli uomini nella Scrittura, tutta ispirata da Dio, e perciò la Scrittura non può essere modificata né annullata secondo il piacere e l'interesse dell'uomo; perché voi dite a Me che Io bestemmio, Io che il Padre ha consacrato ed inviato nel mondo, perché dico: "Sono Figlio di Dio"? Se Io non facessi le opere del Padre mio, avreste ragione di non credere a Me. Ma lo le faccio. E voi non volete credere a Me. Credete allora almeno a queste opere, affinché sappiate e riconosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre».
La bufera degli urli e delle violenze rincomincia più forte di prima. Da uno dei terrazzi del Tempio, sul quale certo erano in ascolto e nascosti sacerdoti, scribi e farisei, gracchiano molte voci: «Ma impadronitevi di questo bestemmiatore. Ormai la sua colpa è pubblica. Tutti abbiamo sentito. A morte il bestemmiatore che si proclama Dio! Dategli lo stesso castigo che al figlio di Salumit di Dabri. Sia portato fuori dalla città e lapidato! E nel nostro diritto! E’ detto: "Il bestemmiatore sia messo a morte"».
Gli incitamenti dei capi acuiscono l'ira dei giudei. I quali tentano di impadronirsi di Gesù e di darlo legato in mano dei magistrati del Tempio, che stanno accorrendo seguiti dalle guardie del Tempio.
Ma più svelti di loro sono ancora una volta i legionari che, vigilando dall'Antonia, hanno seguito il tumulto e che escono fuori dalla caserma, venendo verso il luogo dove si urla. E non portano rispetto a nessuno. Le aste delle lance manovrano a dovere sulle teste e le schiene. E si eccitano a vicenda con frizzi e insulti a lavorare sui giudei: «A cuccia, cani! Fate largo! Picchia sodo su quel tignoso, Licinio. Via! La paura vi fa puzzare più che mai! Ma che mangiate, corvacci, per essere così fetenti? Dici bene, Basso. Si purificano ma puzzano. Guarda là quel nasuto! Al muro! Al muro, che ne prendiamo i nomi! E voi, gufi, scendete di lassù. Tanto vi conosciamo. Un buon rapporto avrà da stendere il Centurione per il Preside. No! Quello lascialo. E’un apostolo del Rabbi. Non vedi che ha aspetto d'uomo e non di sciacallo? Guarda! Guarda come fuggono per quella parte! E lasciali andare! Per averli persuasi bisognerebbe infilarli tutti sulle aste! Allora soltanto li avremmo domati! Fosse domani! Ah! ma tu sei preso e non scappi. Ti ho visto, sai? La prima pietra è stata la tua. Ne risponderai di aver colpito un soldato di Roma... Anche questo. Ci ha maledetti imprecando alle insegne. Ah! Sì? Proprio? Vieni, che te le faremo amare nelle nostre carceri ... ».
E così, caricando e schernendo, acciuffando alcuni, mettendo in fuga altri, i legionari sgombrano il vasto cortile. Ma è soltanto quando i giudei vedono arrestare realmente due di loro, che si svelano per quel che sono: vili, vili, vili. O fuggono schiamazzando come un branco di polli che veda calare lo sparviero, o si gettano ai piedi dei militi per supplicare pietà con un servilismo e una adulazione rivoltanti.
Un graduato, ai polpacci del quale si attacca un vecchio grinzoso, uno dei più accaniti contro Gesù, chiamandolo "magnanimo e giusto", se ne libera con una vigorosa scossa, che manda il giudeo a ruzzolare tre passi indietro, e grida: «Va' via, vecchia volpe tignosa». E rivolto ad un compagno, mostrando il polpaccio, dice: «Hanno unghie di volpe e bava di serpe. Guarda qui! Per Giove Massimo! Ora vado subito alle Terme a cancellare i segni di quel vecchio bavoso!», e realmente se ne va, stizzito, col suo polpaccio rigato di sgraffi.
Ho perduto affatto di vista Gesù. Non potrei dire dove è andato, per quale porta è uscito. Ho visto soltanto per qualche tempo emergere e scomparire nella confusione i volti dei due figli di Alfeo e di Tommaso, lottanti per farsi strada, e quelli di alcuni discepoli pastori intenti allo stesso lavoro. Poi anche essi mi sono spariti e non è rimasto che l'ultimo starnazzio dei perfidi giudei, intenti a correre qua e là per sottrarsi alla cattura e al riconoscimento da parte dei legionari, per i quali ho l'impressione che fosse una festa poter menar sodo sugli ebrei, a ripagarsi di tutto l'odio di cui si sanno gratificati.