(Il Vangelo secondo Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 8, 21-59 – Ed. Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ - Cap. 507 – Centro Ed. Valtortiano)
8. Un ‘Vangelo’ per i casi disperati...
Gv 8, 21-59:
Di nuovo Gesù disse: «Io me ne vado e voi mi cercherete, ma morrete nel vostro peccato. Dove vado io voi non potete venire ».
Dicevano perciò i Giudei: « Che si voglia uccidere, perchè dice: ‘Dove vado io voi non potete venire’? ».
Egli replicò: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù. Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Per questo vi ho detto che morrete nei vostri peccati; perchè, se non credete che io sono, morrete nei vostri peccati ».
Gli dissero allora: « Chi sei tu? ».
Gesù rispose loro: « Precisamente ciò che vi dichiaro. Molto ho da dire e da condannare in voi, ma colui che mi ha mandato è verace, ed io annunzio nel mondo ciò che ho udito da lui ».
Essi non intesero che parlava loro del Padre.
Disse dunque Gesù: « Quando avrete innalzato il Figlio dell’Uomo, allora conoscerete che io sono e che niente faccio da Me, ma parlo come mi ha insegnato il Padre. E chi mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perchè io faccio sempre quello che a lui piace ».
Mentre così parlava molti credettero in lui.
E Gesù disse ai Giudei che avevano creduto in lui: « Se persevererete nei miei insegnamenti, sarete veramente miei discepoli, conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi ».
Gli opposero: « Noi siamo progenie di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno: come puoi dire che saremo liberi? ».
Rispose loro Gesù: « In verità, in verità vi dico: chiunque fa il peccato è schiavo del peccato. Or, lo schiavo, non sta sempre in casa; il figlio invece vi sta sempre. Se dunque il Figlio vi libera, sarete veramente liberi. Lo so che siete progenie di Abramo; ma intanto cercate di farmi morire, perchè la mia parola non penetra in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre mio, e voi pure fate quello che avete imparato dal padre vostro ».
Gli replicarono: « Il padre nostro è Abramo ».
Rispose loro Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo. Ma intanto cercate di far morire me, uomo che v’ho detto la verità, quale l’ho udita presso Dio; Abramo non fece così. Voi fate le opere del padre vostro ».
Gli risposero: « Non siamo mica dei bastardi; abbiamo Dio per unico padre ».
« Se Dio fosse vostro Padre, disse allora Gesù, certamente mi amereste, perchè io procedo e vengo da Dio; e non sono venuto da me stesso, ma egli mi ha mandato. Perchè non capite il mio linguaggio? Perchè non potete ascoltare la mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete soddisfare i desideri del padre vostro; egli fu omicida fin dal principio e non perseverò nella verità, perchè il lui non c’era verità; quando mentisce parla di quel che gli è proprio, perchè è bugiardo e padre della menzogna. A me, invece, perchè vi dico la verità, non credete. Chi di voi mi può convincere di peccato? Se vi dico la verità, perchè non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non le ascoltate, perchè non siete da Dio ».
Gli replicarono i Giudei: «Non diciamo, con ragione, che tu sei un Samaritano e un indemoniato?».
Gesù rispose: « Io non sono indemoniato, ma onoro il Padre mio e voi mi disprezzate. Io non cerco la mia gloria: c’è chi la cerca e giudica. In verità, in verità vi dico: chi custodisce la mia parola, non vedrà la morte in eterno ».
Gli dissero i Giudei: « or vediamo bene che sei indemoniato. Abramo è morto, e così pure i Profeti, e tu dici: ‘Chi custodisce la mia parola, non gusterà la morte in eterno’! sei forse più grande di nostro padre Abramo, che è morto? Anche i Profeti son morti. Chi ti credi?».
Gesù rispose: Se io glorifico me stesso, la mia gloria è nulla: chi mi glorifica è mio Padre, di cui voi dite: ‘E’ nostro Dio’; ma non lo conoscete. Io sì, lo conosco, e se dicessi di non conoscerlo sarei, come voi, bugiardo. Ma lo conosco e osservo le sue parole. Abramo, padre vostro, esultò di gioia al pensiero di vedere il mio giorno: lo vide e ne tripudiò ».
Gli opposero i Giudei: « Non hai ancora cinquant’anni e hai veduto Abramo? ».
Gesù rispose loro: « In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono ».
Dettero allora di piglio alle pietre per tirargliele; ma Gesù si nascose e uscì dal Tempio.
8.1 Ma Gesù si nascose...
Dal racconto di Giovanni pare di capire che non vi sia soluzione di continuità fra questo discorso di Gesù e quell’altro precedente al Tempio:‘Io sono la Luce del mondo...’.
La ‘soglia’ dell’attenzione degli uditori, per quanto il parlare di Gesù fosse eloquente e sapiente, non poteva superare l’oretta, e non è quindi improbabile che fra i due discorsi – anche se Giovanni continua il racconto con quel ‘Di nuovo Gesù disse…’ – Gesù abbia fatto intercorrere un intervallo.
Magari il primo discorso lo avrà fatto in mattinata e il secondo nel pomeriggio. Chissà...
A ben riflettere, infatti, si può notare che Giovanni aveva concluso il resoconto del primo discorso commentando che Gesù stava insegnando nel gazofilacio (cosa sarà?) ma che nessuno lo aveva preso perchè non era ancora la sua ora.
Ora questo secondo discorso si conclude con un tentativo di lapidazione, con Gesù che – come dice Giovanni - ‘si nascose’ uscendosene in qualche modo dal Tempio.
‘Si nascose…’.
Ci avevate mai fatto caso, leggendo questo brano?
Mi incuriosisce questa espressione, questa immagine di Gesù che ‘si nasconde’. Non mi sembra da Dio. Ma neanche finire su una croce era da Dio, se è per questo. Dove si sarà mai infilato? Dove poteva mai nascondersi al Tempio, con tutta quella gente?
Sarà stata una espressione di Giovanni tanto per far capire che in qualche maniera era riuscito ad eclissarsi in mezzo alla folla.
Il discorso di Gesù che Giovanni riporta ora nel suo Vangelo è uno dei più lunghi, segno che Giovanni - che di per sè è abbastanza ‘telegrafico’ e ha dimostrato la capacità di saper condensare in poche parole concetti ampli e complessi – lo considera un discorso importante.
Dovremo quindi fare uno sforzo di immaginazione e di ‘immedesimazione’ per cogliere lo ‘spirito’ delle parole di Gesù, aggiungendo magari noi quel che Giovanni – dando magari per scontato che ci arrivassimo da soli - non ci ha messo.
Dunque han cercato di lapidare Gesù.
Deve allora essere scoppiato un tumulto ben violento se questa volta Gesù è stato costretto a nascondersi.
Riflettiamo allora bene sui contenuti di quel che Gesù dice, per capire meglio la chiave di una reazione così violenta.
Gesù non era un provocatore, ma era Verità, e la Verità – si sa – è una spada a due tagli che taglia inesorabilmente, ferisce – perchè la Verità fa male – e può quindi provocare reazioni forti, molto più di una menzogna che può essere più facilmente confutata dai fatti.
E Gesù inizia: ‘Io me ne vado e voi mi cercherete, ma morrete nel vostro peccato. Dove vado io voi non potete venire’.
Gesù – lo abbiamo già detto – ama parlare in maniera metaforica. Era anche uomo, e questo era evidentemente uno stile che gli piaceva. E parlava anche in maniera velata.
Perchè velata? Perchè Dio è Verità, ma se si imponesse con la Luce abbagliante della Verità l’uomo ne verrebbe psicologicamente accecato, proverebbe uno ‘shock’ terribile, cadrebbe in ginocchio non per amore ma per terrore.
Se la Verità si rivelasse in tutta la sua evidenza, avrebbe inoltre una forza di imposizione tale da soggiogare l’uomo. Sarebbe insomma un vero e proprio atto di violenza che ci trasformerebbe in ‘schiavi’ della Verità.
Ma Dio ci vuole ‘figli’, non schiavi.
E ci vuole figli di nostra iniziativa, per nostra libera scelta, insomma per amore verso il Padre che ci ha creati.
Allora ci prospetta la Verità, ce la prospetta umanamente affinche nè possiamo cogliere almeno il ‘riflesso’ e ce la prospetta persino lasciando un margine al dubbio, perchè col dubbio siamo ancora più liberi, e Dio è ‘Dio di libertà’.
Con la libertà, di accettarlo o respingerlo, la nostra figliolanza – se lo abbiamo accettato – diventa piena, perchè consapevole.
Egli dunque ci lascia capire le cose, lasciando poi che sia il nostro ‘cuore’ ad interpretare correttamente il senso di quanto Egli dice. Non tanto e non solo l’intelligenza, ma il cuore.
E quando, anche senza aver capito bene, avremo sentito col cuore che quanto Egli ha detto è vero, ciò è più che sufficiente, perchè il ‘cuore’ è lo strumento della fede, e la fede è l’occhio soprannaturale che – come avevo già spiegato – ci consente non di vedere ma, sia pur ancora embrionalmente perchè la materialità ci fa velo, di ‘comprendere’ Dio.
Gesù parla qui dunque non solo per gli ebrei – che nella grande maggioranza non avrebbero raccolto il suo messaggio – ma soprattutto per i ‘futuri’, per quelli che – dalla lettura dei vangeli – avrebbero nei secoli successivi dovuto trarre gli insegnamenti per applicare la sua dottrina.
Egli si volgeva non tanto ai colti, quanto ai diseredati, agli umili, alle classi più basse e infelici della società che – in quell’epoca di schiavitù e di ignoranza culturale – costituivano la stragrande maggioranza della popolazione.
Intendendiamoci, non è che Egli rifiutasse i colti, anzi. Ma allora la cultura andava a braccetto con la ricchezza e la ricchezza – di norma – a quei tempi non si otteneva con l’esercizio di quelle che chiameremmo ‘virtù cristiane’ e per di più era non di rado legata alla superbia tanto da far dire a Gesù che era più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ‘ricco’entrare nel Regno dei Cieli.
Ed infatti come apostoli aveva scelto dei semplici, anzi degli ‘umili’, con la mente sgombra da ‘pregiudizi’ e quindi pronti ad accogliere la Verità.
Ed il suo Vangelo, anzi i suoi Vangeli, non dovevano essere come quello della Valtorta ma dovevan essere stringati e semplici, assimilabili da tutte le culture, perché la Parola del Verbo potesse diffondersi in tutto il mondo ed essere compresa da tutti, e soprattutto dalle classi sociali culturalmente più ‘umili’ che han sempre rappresentato - nei secoli - la grande maggioranza dell’Umanità, maggioranza che per inciso è anche poi la più sofferente e che più degli altri aveva bisogno di parole di speranza.
Dunque Gesù aveva detto: ‘Io me ne vado e voi mi cercherete, ma morrete nel vostro peccato. Dove io vado voi non potete venire...’
Gesù si apprestava a lasciare questo mondo per salire nei Cieli e solo troppo tardi, molti di quelli che ora rinnegavano la sua divinità, avrebbero finito per dire, come quel soldato romano al momento del terremoto dopo la morte di Gesù: ‘Costui allora doveva esser proprio figlio di Dio...!’
Ma Farisei e Scribi – vuol dire Gesù – respingendo la sua Parola, che è Verità e Luce, sarebbero vissuti nella menzogna e nelle tenebre, e sarebbero morti nel peccato, e come peccatori non avrebbero pertanto potuto seguirlo in Cielo.
8.2 - I due ‘padri’...
I Capi dei Giudei ostili, come al solito, si fermano alla superficie delle parole e fraintendono.
‘Dove vado io voi non potete venire’? ‘E dove va? Cosa vorrà dire? Vuole scappare all’estero? Si vuole suicidare?’
E Gesù spiega: ‘Voi siete di quaggiù, io sono di lassù. Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo’.
Gesù vuol intendere che vivere secondo i principi del ‘mondo’ significa vivere secondo i principi di Satana, che è Principe del mondo.
E chi accetta di essere e rimanere figlio di Satana, seguendone i suggerimenti e le suggestioni, non potrà mai entrare nel Regno dei Cieli. Ed essi moriranno nei loro peccati non perchè sono condannati a priori ma perchè – non credendo alla Parola di Gesù – essi rifiuteranno la sua Dottrina d’amore, preferendo nei fatti quella d’odio, quella di Satana, precludendosi così la possibilità di salvezza.
Parole forti, quelle di Gesù, che certo devono aver fatto pensare almeno alcuni degli ascoltatori.
Forse avranno avuto un fremito di paura, perchè la voce della coscienza gridava al loro interno.
Così forse si spiega quella domanda ansiosa: ‘Ma chi sei tu? Diccelo chi sei, in realtà!’
E Lui: ‘Io sono precisamente ciò che vi dichiaro, Io sono Verità e come Verità dovrei veramente dirvi cosa vi meritate e dovrei condannarvi. Io sono Verità perchè sono Figlio del Padre che è Verità. Ed è il Padre che mi ha mandato, ed io annunzio al mondo quel che Egli vuole che io – il suo Verbo, la sua Parola – debba dirvi’.
Ma i Capi, con lo spirito chiuso alla Luce, non riescono a cogliere il significato spirituale delle parole. Le interpretano sempre umanamente. La metafora non viene perforata perchè la loro vista spirituale è ‘cieca’ e, soprattutto, perchè lo Spirito Santo non illumina la loro mente e non la illumina perchè - nella loro superbia - essi rifiutano a priori le sue parole.
Questo concetto sembra quello di un cane che si morde la coda: se lo Spirito non mi illumina io non posso capire, se non posso capire non mi posso convertire, quindi è colpa dello Spirito se io non mi converto.
Ma c’è invece una seconda chiave di lettura: Dio non dipende dall’uomo, lo vuole come ‘figlio’ ma solo se l’uomo nel suo intimo lo desidera, e allora illumina solo quegli uomini al cui interno Egli legge una loro sostanziale disponibilità.
Quello che dunque conta è la nostra disposizione interiore.
Quello che conta è fare almeno il primo sforzo, quello di mettersi nell’atteggiamento mentale di voler cercare di capire e di credere.
Pensateci un po’ bene, e ditemi se non è giusto.
E Gesù continua: ‘Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io sono, e che niente faccio da Me, ma parlo come mi ha insegnato il Padre’.
Gesù profetizza quindi velatamente il suo ‘innalzamento’ sulla croce, ma chissà cosa devono aver pensato questi che sapevano che Egli si proclamava Messia. Minimo – se i Profeti avevano parlato di un Messia ‘Re dei re’ - quello alludeva al proprio futuro trono...
E come spesso succede l’opinione pubblica si divide. Se vi è chi lo odia e contesta, vi è anche chi ‘sente’ che le sue parole – che certo dovevano esser state più convincenti di quanto non possa far capire Giovanni nella sua cronaca stringata - sono parole ‘ispirate’.
E una parte dei presenti mostra di voler credere, ed è evidentemente a questi – non certo a scribi e farisei – cui Gesù si rivolge ora dicendo: ‘Sarete veramente miei discepoli non se crederete solamente ma se persevererete nella pratica dei miei insegnamenti. Così facendo potrete conoscere la Verità e questa vi renderà liberi’.
Il Cristianesimo non è una semplice ‘filosofia’ da condividere su un piano ‘teorico’ e basta. Il Cristianesimo è ‘carità’, cioè amore, e questo si manifesta non a parole ma ‘praticandolo’.
Per praticarlo bisogna combattere contro il proprio ‘io’: è la ‘battaglia’ che ci fa cristiani, anche se è una battaglia fatta di sconfitte.
Il Peccato originale ha inferto una ferita. Anche se il Battesimo lo cancella rimane pur sempre una cicatrice indelebile, dolorante, rimangono insomma le debolezze, gli istinti aggressivi, gli egoismi, ecc. ecc.
Questo non ci deve spaventare: fa ormai parte della nostra natura.
Però è una natura che possiamo combattere, che possiamo in una certa misura ridimensionare: ed è questo sforzo che ci rende cristiani, anche se non perfetti. Ed è questo sforzo quello che Dio premia, perchè tiene conto delle nostre debolezze, persino di quelle che ci portiamo dietro come eredità ‘genetica’, anzi soprattutto quelle, perchè di quelle siamo i meno responsabili.
‘Conoscerete la Verità’... – dice Gesù – ‘e la Verità vi farà liberi’.
‘Noi liberi?’ Ma noi discendiamo da Abramo e non siamo mai stati schiavi...’.
Abramo infatti ebbe due rami di discendenza: quello dei figli di Sara, donna libera (metaforicamente: libera nello spirito) e l’altro dei figli di Agar , che era una schiava (metaforicamente: schiava nella ‘carne’).
Le due discendenze furono anticipazione – spiritualmente parlando – di altri due tipi di discendenza: quella degli uomini che avrebbero teso volontariamente al Bene, e quelli che avrebbero preferito il Male.
Se dunque – pensano quei giudei – essi discendono dal ramo eletto di Sara, che era libera, come può quel Gesù affermare ora che essi saranno ‘liberi’, visto che liberi già lo sono?
E allora Gesù spiega meglio a quale libertà egli alluda: ‘In verità, in verità vi dico, chiunque fa il peccato è schiavo del Peccato’.
Ecco un nuovo concetto di Schiavitù, ecco perchè Gesù è un Liberatore.
Il mondo, e questa non è una ipotesi fantascientifica come quella di quel film di cui vi avevo raccontato, a seguito del Peccato originale è caduto sotto il dominio di Satana che ha imposto le sue leggi alle quali però gli uomini si sono in linea di massima adattati volentieri, finendo per dimenticare la Verità al punto di rifiutarla anche quando gli viene prospettata.
Il Verbo – sapendo che tanti uomini, potenzialmente, avrebbero potuto salvarsi proprio grazie a quel libero arbitrio con il quale i primi si erano persi - è sceso per ricordarci la nostra origine, per farci conoscere appunto la Verità, cioè per illuminare queste tenebre che ci avvolgono, per insegnare agli uomini che essi non sono solo ‘animali’ – come si considerano quelli che pensano di discendere dalle scimmie - ma che invece essi hanno anche un’anima.
La differenza che possiamo constatare fra noi uomini e tutti gli altri animali è così abissale non tanto perché vi sia un differente fattore di ‘intelligenza animale’ – che pur vi è – quanto perché nell’uomo-animale è infuso uno spirito-intelligente che lo rende uomo-spirituale.
‘Sarete anche progenie di Sara e di Abramo – replica a questo punto Gesù – ma certo non vi comportate secondo i principi morali di Abramo, visto che cercate in ogni modo di eliminarmi. E questo succede perchè la mia parola non penetra in voi, e non penetra in voi perchè voi rifiutate tutto ciò che è parola d’amore, parola che vi sembra sciocca e insensata. Ognuno dà la farina del sacco che ha: Io dico quel che mi ha insegnato mio Padre, voi quello che vi ha inoculato il padre vostro’.
‘Il padre nostro è Abramo’, gridano quelli.
‘No che non lo è – grida Gesù, e insiste – se foste figli di Abramo non cerchereste di ammazzarmi e vi comportereste invece come si è comportato lui. Voi in realtà fate le opere del padre vostro: cioè Satana!’.
Chissà come dovevano brillare d’odio i loro occhi al sentirsi dire così davanti a tutti, mentre – sforzandosi di assumere un tono di dialogo ragionevole – replicano: ‘Noi non siamo figli bastardi, ma il nostro unico Padre è Dio’.
E Gesù, che quel giorno non doveva sentirsi molto diplomatico, perchè quelli erano i momenti della Verità: ‘Se foste veramente figli di Dio mi amereste, perchè Io vengo da Dio e Dio mi ha mandato. Voi vi domandate e vi dite che non capite il mio modo di parlare? Non capite perchè siete ‘allergici’ alle mie parole, e lo siete perchè siete imbevuti delle parole di Satana, che è invece il vostro vero padre, padre d’elezione, e sono i suoi desideri quelli che voi volete soddisfare’.
Parole chiarissime e tremende.
Penso a coloro che – razionalisti fin nel midollo e professandosi cristiani e rispettosi della Parola di Dio – hanno ridotto Satana ad un ‘principio’ metafisico, un ‘Male’ di tipo astratto, che non si sa bene che cosa sia e se poi ci sia.
Ecco qui invece che Gesù – nel Vangelo di Giovanni – mostra di averlo ben chiaro il concetto di Satana e del Male.
Gesù contrappone due ‘padri’: Dio, che ha creato l’uomo perfetto, anche se libero, e l’altro che per odio e invidia – approfittando del libero arbitrio dell’uomo – lo ha indotto in rovina, lo ha ‘drogato’, rendendolo schiavo della sua droga che però a questo punto l’uomo invoca perchè gli è entrata nel sangue e ne sente il bisogno.
Satana – spiega Gesù – fu omicida dell’Umanità fin dal principio perchè uccise lo spirito lasciando vivere solo la ‘carne’ animale.
Ed ha ottenuto questo ispirando false dottrine da seguire, false scienze, false ideologie, false perchè egli è il padre della Menzogna, perchè egli ha respinto la Verità.
‘Voi – aggiunge Gesù – non volete credere a Me che invece dico la Verità. Ma potete mai dire, onestamente e con prove sicure, di avermi mai colto in flagranza di peccato? Perchè non mi credete? Ve lo dico io il perché. Perchè chi è da Dio ascolta le mie parole, perchè nel suo cuore ne coglie la verità e sente anche di aver qualcosa in comune con me, ma chi invece è di Satana queste verità le respinge, perchè gli fan disgusto, gli fanno orrore. Ecco perchè’.
Deve essere tremendo, Gesù.
Si sente di tutto: urla, epiteti, insulti: ‘Samaritano!, indemoniato!’
‘Indemoniato io? Io onoro il Padre mio, Dio, e voi è per questo che mi disprezzate. Io non cerco il mio tornaconto personale e la mia soddisfazione e gloria, ma solo la gloria del Padre mio, facendone la volontà. Sappiate quindi che se conserverete nel cuore le mie parole, e se le praticherete, non morirete in eterno’.
‘Ah! Lo vedi che sei pazzo e posseduto dal demonio? E’ morto lo stesso Abramo, sono morti anche i Profeti, e tu, tu pretendi di dire: ‘Chi osserva la mia parola non morirà in eterno’? Sei forse da più di Abramo, che invece è morto? Più dei Profeti? Chi ti credi d’essere?’.
E Gesù: ‘Se fossi io a dar gloria a me stesso ciò non avrebbe alcun valore, ma a darmi gloria , là sul Giordano, è stato mio Padre che voi dite esser vostro Dio. Ma Dio voi non lo conoscete, mentre io sì che lo conosco bene e, se vi dicessi il contrario, io sì che sarei un bugiardo! Io lo conosco e le pratico, le sue parole. Abramo, quello che voi definite padre vostro, nel vedere in visione la mia venuta sulla terra per redimere e salvare l’Umanità, esultò dalla gioia, cosa che voi vi guardate bene dal fare’.
E quelli, sfottendo: ‘Ma come, tu così giovane, hai veduto Abramo?’
‘In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono!’.
Ed è qui che credo sia scoppiato il finimondo, perchè dire ‘Io sono’ era prerogativa di Dio, che è eterno e vive in un eterno presente - e significava dunque affermare: Io sono Dio! - e quelli, anche se le metafore non le comprendevano bene, questa invece la capiscono al volo, e dan di mano alle pietre.
E ora vediamoci la Valtorta.
8.3. Ma un nascondiglio segreto c’era veramente
507. La grande disputa con i Giudei e fuga dal Tempio con l’aiuto del levita Zaccaria.
30 settembre 1946.
Gesù rientra nel Tempio con apostoli e discepoli. E alcuni apostoli, e non soltanto apostoli, gli fanno osservare che è imprudente il farlo. Ma Egli risponde: «Con quale diritto potrebbero negarmi di entrarvi? Sono forse condannato? No, per ora ancora non lo sono. Salgo dunque all'altare di Dio come ogni israelita che teme il Signore».
«Ma Tu hai intenzione di parlare ... ».
«E non è questo il luogo dove solitamente si adunano i rabbi per parlare? Essere fuori di qui per parlare e ammaestrare è l'eccezione, e può rappresentare il riposo preso da un rabbi, o una necessità personale. Ma il luogo dove ognuno ama tenere scuola ai discepoli è questo. Non vedete intorno ai rabbi gente di ogni nazionalità, che si accosta a sentire almeno una volta i celebri rabbi? Se non altro per poter dire, tornando al paese natio: 'Abbiamo sentito un maestro o un filosofo parlare secondo il modo d'Israele". Maestro, per quelli che già sono o tendono d'essere ebrei; filosofo, per i gentili veri e propri. Né i rabbi sdegnano di essere ascoltati da questi ultimi, poiché sperano di farne dei proseliti. Senza questa speranza, che se fosse umile sarebbe santa, essi non starebbero nel cortile dei Pagani, ma esigerebbero di parlare in quello degli Ebrei e, fosse possibile, nel Santo stesso, ché, secondo il loro giudizio verso se stessi, essi sono tanto santi che solo Dio è a loro superiore... Ed Io, Maestro, parlo dove i maestri parlano. Ma non temete! Non è ancora il momento loro. Quando sarà il momento loro, Io ve lo dirò, perché voi fortifichiate il vostro cuore».
«Tu non lo dirai» dice l'Iscariota. «Perché?».
«Perché non lo potrai sapere. Nessun segno te lo indicherà. Non c'è segno. Sono quasi tre anni che sono con Te e ti ho sempre visto minacciato e perseguitato. Anzi, allora eri solo. Ora hai dietro a Te il popolo che ti ama e che i farisei temono. Sei dunque più forte. Da cosa vuoi capire il momento?».
«Da ciò che vedo nel cuore degli uomini».
Giuda resta un attimo interdetto, poi dice: «E non lo dirai anche perché... Tu ci risparmi temendo del nostro coraggio».
«Per non affliggerci, tace» dice Giacomo di Zebedeo. «Anche. Ma certo non lo dirai».
«Io ve lo dirò. E, finché non ve lo dirò, qualunque sia la violenza e l'odio che vedrete contro di Me, non spaventatevene. Sono senza conseguenze. Andate avanti. Io resto qui ad attendere Mannaen e Marziam».
A malincuore i dodici e chi è con loro vanno avanti.
Gesù torna verso la porta per attendere i due, e anzi esce nella strada e piega verso l'Antonia.
Dei legionari, fermi presso la fortezza, se lo additano e confabulano tra loro. Sembra ci sia come un poco di discussione, poi uno dice forte: «Io glielo chiedo», e si stacca venendo verso Gesù.
«Salve, Maestro. Parli anche oggi là dentro?».
«La Luce ti illumini. Sì. Parlerò».
«Allora... guardati. Uno che sa ci ha avvertito. E una che ti ammira ha ordinato di vegliare. Noi saremo presso il sotterraneo d'oriente. Ne sai l'entrata?».
«Non l'ignoro. Ma è chiusa dall'una e l'altra parte».
«Lo credi?». Il legionario ride dì un riso breve, e nell'ombra del suo elmo gli occhi e i denti brillano facendolo più giovane. Poi saluta irrigidendosi: «Salve, Maestro. Ricordati di Quinto Felice».
«Ricorderò. La Luce ti illumini».
Gesù torna a camminare e il legionario torna al posto di prima e parla coi suoi commilitoni.
«Maestro, abbiamo tardato? Erano tanti i lebbrosi!» dicono insieme Mannaen, vestito semplicemente di marrone scuro, e Marziam.
«No. Avete fatto presto. Andiamo però. Gli altri ci attendono. Mannaen, sei stato tu che hai avvisato i romani?».
«Di che, Signore? Io non ho parlato con nessuno. E non saprei... Le romane non sono in Gerusalemme».
Sono di nuovo presso la porta della cinta. Come ci fosse per caso, è lì presso il levita Zaccaria.
«La pace a Te, Maestro. Ti voglio dire... Io cercherò di essere sempre dove Tu sei, qui dentro. E Tu non mi perdere d'occhio. E se c'è tumulto e vedi che io vado via, cerca di seguirmi sempre. Ti odiano tanto! Io non posso fare di più... Comprendimi ... ».
«Dio ti compensi e benedica per la pietà che hai per il suo Verbo. Farò ciò che dici. E non temere, che nessuno saprà del tuo amore per Me».
Si separano.
«Forse è stato lui a dire ai romani. Stando lì dentro, avrà saputo ... » sussurra Mannaen.
Vanno a pregare, passando fra la gente che li guarda con sentimenti diversi e che si riunisce poi dietro a Gesù quando, finita la preghiera, Egli torna via dal cortile degli Ebrei.
Fuori della seconda cinta Gesù fa per fermarsi, ma viene circondato da un gruppo misto di scribi, farisei e sacerdoti. Uno dei magistrati del Tempio parla per tutti.
«Sei qui ancora? Non capisci che non ti vogliamo? Neppure temi il pericolo che qui ti incombe? Vattene. E già molto se ti lasciamo entrare per pregare. Non ti permettiamo più di insegnare le tue dottrine».
«Sì. Vattene. Vattene, bestemmiatore!».
«Sì. Me ne vado come voi volete. E non solo fuor da queste mura. Me ne andrò, sto già andando, più lontano, dove più non mi potrete raggiungere. E verranno ore in cui mi cercherete anche voi, e non più per perseguitarmi soltanto, ma anche per un superstizioso terrore di esser percossi per avermi cacciato, per un'ansia superstiziosa di essere perdonati del vostro peccato per ottenere misericordia. Ma Io ve lo dico. Questa è l'ora della misericordia. Questa è l'ora di farsi amico l'altissimo. Passata questa, sarà inutile ogni riparo. Non mi avrete più e morirete nel vostro peccato. Percorreste anche tutta la terra e riusciste a raggiungere gli astri e i pianeti, non mi trovereste più, perché dove Io vado voi non potete venire. Ve lo ho già detto. Dio viene e passa. Chi è sapiente lo accoglie coi suoi doni nel suo passaggio. Chi è stolto lo lascia andare e non lo ritrova mai più. Voi siete di quaggiù. Io sono di lassù. Voi siete di questo mondo. Io non sono di questo mondo. Perciò, una volta che Io sia tornato nella dimora del Padre mio, fuori di questo vostro mondo, non mi troverete più e morirete nei vostri peccati, perché neppure saprete raggiungermi spiritualmente con la fede».
«Ti vuoi uccidere, insatanassato? Certo che allora, nell'Inferno dove scendono i violenti, noi non potremo venire a raggiungerti, ché l'inferno è dei dannati, dei maledetti, e noi siamo i benedetti figli dell'Altissimo», dicono alcuni.
E altri approvano dicendo: «Certo si vuole uccidere, perché dice che dove va noi non potremo andare. Comprende di essere scoperto e di aver fallito la prova, e si sopprime senza attendere di esser soppresso come l'altro galileo falso Cristo».
E altri, benevoli: «E se fosse invece proprio il Cristo e tornasse proprio a Colui che lo ha mandato?».
«Dove? In Cielo? Non vi è Abramo e vuoi che Egli ci vada? Prima deve venire il Messia».
«Ma Elia fu rapito al Cielo su un carro di fuoco».
«Su un carro, sì. Ma al Cielo!... Chi lo assicura?».
E il contrasto dura mentre farisei, scribi, magistrati, sacerdoti, giudei servili ai sacerdoti, scribi e farisei, incalzano il Cristo per i vasti porticati come una muta di cani incalza la selvaggina scovata.
Ma alcuni, i buoni fra la massa ostile, quelli veramente mossi da desiderio onesto, si fanno largo sino a raggiungere Gesù e gli fanno l'ansiosa domanda, già tante volte sentita fare o con amore o con odio: «Chi sei Tu? Diccelo, perché noi si sappia regolarsi. Di'la verità in nome dell'Altissimo!».
«Io sono la Verità stessa e non uso mai menzogna. Io sono quello che vi ho dichiarato sempre d'essere dal primo giorno che ho parlato alle turbe, in ogni luogo della Palestina, quello che ho detto d'essere qui, più volte, presso il Santo dei santi, del quale non temo le folgori perché Io dico la verità. Ho molte cose ancora da dire e da giudicare nel mio giorno e a riguardo di questo popolo e, per quanto paia già prossima per Me la sera, lo so che le dirò e giudicherò tutti, perché così mi ha promesso Colui che mi ha mandato e che è verace. Egli ha parlato con Me in un eterno amplesso d'amore, dicendomi tutto il suo pensiero, perché Io lo potessi dire con la mia Parola al mondo, e non potrò tacermi, né alcuno potrà farmi tacere sino a che Io avrò annunziato al mondo tutto quanto ho sentito dal Padre mio».
«E ancora bestemmi? E continui a dirti Figlio di Dio? Ma chi vuoi che ti creda? Chi vuoi che veda in Te il Figlio di Dio?», gli gestiscono i nemici quasi coi pugni sul viso, fatti stravolti dall'odio.
Apostoli, discepoli e bene intenzionati li respingono, facendo come una barriera di protezione al Maestro. Il levita Zaccaria si insinua piano piano, con mosse attente e volte a non attirare l'attenzione degli energumeni, presso Gesù, vicino a Mannaen e ai due figli di Alfeo.
Sono ormai al termine del portico dei Pagani, perché l'andare è lento fra le correnti contrarie, e Gesù si ferma al suo solito posto, all'ultima colonna del lato orientale. Si ferma. Dal luogo dove stanno anche i pagani non possono cacciare un vero israelita, a meno di non eccitare la folla. Cosa che i subdoli evitano di fare. E di lì riprende a parlare, rispondendo ai suoi offensori e a tutti con essi: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo... ».
Urlano i farisei e scribi: «E chi vuoi che ti innalzi? Misero quel paese che ha per re un ciarlatore folle e un bestemmiatore inviso a Dio. Nessuno di noi ti innalzerà, stanne certo. E quel resto di lume che ti rimane te lo ha fatto capire in tempo quando fosti tentato. Tu lo sai che non potremo mai farti nostro re!».
«Lo so. Non mi innalzerete su un trono, eppure mi innalzerete. E crederete di abbassarmi innalzandomi. Ma proprio quando crederete di avermi abbassato, sarò innalzato. Non soltanto sulla Palestina, non soltanto su tutto Israele sparso nel mondo, ma su tutto il mondo, e persino sulle nazioni pagane, persino su quei luoghi che ancora i dotti del mondo ignorano. E lo sarò non per una vita d'uomo, ma per tutta la vita della terra, e sempre più l'ombra del padiglione del mio trono si estenderà sulla terra finché tutta la coprirà. Solo allora tornerò e mi vedrete. Oh! mi vedrete!».
«Ma udite che discorsi da folle! Lo innalzeremo abbassandolo e lo abbasseremo alzandolo! Un pazzo! Un pazzo! E l'ombra del suo trono su tutta la terra! Più grande di Ciro! Più di Alessandro! Più di Cesare! Dove lo metti Cesare? Credi che ti lasci prendere l'impero di Roma? E durerà sul trono per tutto il tempo del mondo! Ah! Ah! Ah!». Sono schiaffeggianti, peggio, staffilanti nella loro ironia più di un flagello.
Ma Gesù li lascia dire. Alza la voce per essere inteso nel clamore di chi deride e di chi difende, e che empie il luogo col rumore di un mare inquieto.
«Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora comprenderete chi sono e che da Me nulla faccio, ma dico ciò che mio Padre mi ha insegnato e faccio ciò che Egli vuole. Né già Colui che mi ha mandato mi lascia solo, ma è meco. Così come l'ombra segue il corpo, altrettanto dietro Me, vegliante, presente se pur invisibile, è il Padre. E’ dietro di Me e mi conforta e aiuta e non si allontana, perché Io faccio sempre ciò che a Lui piace. Dio si allontana invece quando i suoi figli non ubbidiscono alle sue leggi e alle sue ispirazioni. Allora se ne va e li lascia soli. Per questo molti in Israele peccano. Perché l'uomo lasciato a se stesso difficilmente si conserva giusto e facilmente cade fra le spire del Serpente. E in verità, in verità vi dico che, per il vostro peccato di resistenza alla Luce e alla Misericordia di Dio, Dio si allontana da voi e lascerà vuoto di Sé questo luogo e i vostri cuori, e ciò che pianse Geremia nelle sue profezie e nelle sue lamentazioni si compirà esattamente. Meditate quelle parole profetiche e tremate. Tremate e rientrate in voi stessi con spirito buono. Sentite non le minacce, ma ancora la bontà del Padre che avverte i suoi figli mentre ancora è loro concesso di riparare e salvarsi. Sentite Dio nelle parole e nei fatti e, se non volete credere alle mie parole, perché il vecchio Israele vi soffoca, credete almeno al vecchio Israele. In esso gridano i profeti i pericoli e le sciagure della Città Santa e di tutta la Patria nostra, se non si converte al Signore Iddio suo e non segue il Salvatore. Su questo popolo già pesò la mano di Dio nei secoli passati. Ma nulla sarà il passato e il presente rispetto al tremendo futuro che lo aspetta per non aver voluto accogliere il Mandato da Dio. Né in rigore, né in durata è paragonabile ciò che attende Israele che ripudia il Cristo. Io ve lo dico, spingendo lo sguardo nei secoli: come pianta stroncata e gettata su un turbinoso riume, così sarà la razza ebraica colpita da anatema divino. Tenace, cercherà di fermarsi sulle rive, in questo o quel punto, e rigogliosa come è getterà polloni e radici. Ma quando crederà di essersi messa a dimora, la riprenderà la violenza della fiumana e la strapperà ancora, la spezzerà nelle radici nei polloni, ed essa andrà più là, a soffrire, per abbarbicarsi, per essere di nuovo strappata e dispersa. E nulla potrà darle pace, perché la fiumana che l'incalza sarà l'ira di Dio e lo sprezzo dei popoli. Solo gettandosi in un mare di Sangue vivo e santificante potrebbe trovare pace. Ma essa fuggirà quel Sangue perché, nonostante che esso avrà ancora voci d'invito per essa, sembrerà ad essa che abbia la voce del sangue d'Abele verso essa: Caino dell'Abele celeste».
Altro vasto brusio che si propaga per il vasto recinto come rumore d'onde. Ma mancano in questo brusio le voci aspre dei farisei e scribi, e dei giudei a loro asserviti. Gesù ne approfitta per tentare di andarsene.
Ma alcuni che erano lontani si accostano a Lui e gli dicono: «Maestro, ascoltaci. Non tutti noi siamo come essi (e accennano i nemici), ma però facciamo fatica a seguirti, anche perché la tua voce è sola contro cento e mille che dicono il contrario dì ciò che Tu dici. E sono le cose che dicono essi, quelle che abbiamo sentito dai padri nostri sino dall'infanzia. Però le tue parole ci inducono a credere. Ma come faremo a credere completamente e ad avere vita? Noi siamo come legati dal pensiero del passato ... ».
«Se vi stabilirete nella mia Parola come se rinasceste ora, crederete completamente e diverrete miei discepoli. Ma occorre che vi spogliate del passato e accettiate la mia dottrina. Essa non cancella tutto il passato. Anzi, mantiene e rinvigorisce ciò che è santo e soprannaturale del passato, e leva il superfluo umano mettendo la perfezione della mia dottrina là dove ora sono le dottrine umane sempre imperfette. Se venite a Me conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi».
«Maestro, è vero che ti abbiamo detto che siamo come legati dal passato. Ma questo legame non è prigionia né schiavitù. Noi siamo posterità di Abramo. Nelle cose dello spirito. Perché la posterità di Abramo, se non siamo in errore, è detta per dire posterità spirituale contrapposta a quella di Agar, che è posterità di schiavi. Come dunque puoi dire che diverremo liberi?».
«Era posterità di Abramo anche Ismaele ed i figli di lui, ve lo faccio notare. Perché Abramo fu padre e di Isacco e di Ismaele».
«Ma impura, perché figlio di donna schiava ed egizia».
«In verità, in verità vi dico: non vi è che una schiavitù, quella del peccato. Soltanto chi commette peccato è uno schiavo. E di una schiavitù che nessuna moneta riscatta. E verso un padrone inesorabile e crudele. E perdente ogni diritto alla libera sovranità nel Regno dei Cieli. Lo schiavo, l'uomo che una guerra o delle sciagure hanno fatto schiavo, può cadere anche in possesso di un buon padrone. Ma è sempre precario il suo benestare, perché il padrone lo può vendere ad altro padrone crudele. Egli è una merce e nulla più. Talora serve anche come moneta per saldare un debito. E non ha neppure il diritto di piangere. Il servo invece vive nella casa del padrone finché però esso non lo licenzia. Ma il figlio resta sempre nella casa del padre, né il padre pensa a cacciarlo. Soltanto per sua libera volontà ne può uscire. E in questo sta la differenza fra schiavitù e servitù, e fra servitù e figliolanza. La schiavitù mette l'uomo in catene. La servitù lo mette a servizio di un padrone. La figliolanza lo colloca per sempre, e con parità di vita, nella casa del padre. La schiavitù annichila l'uomo. La servitù lo rende soggetto. La figliolanza lo fa libero e felice. Il peccato fa l'uomo schiavo del padrone più crudele e senza termine: Satana. La servitù, in questo caso l'antica Legge, fa l'uomo timoroso di Dio come di un Essere intransigente. La figliolanza, ossia il venire a Dio insieme al suo Primogenito, con Me, fa l'uomo libero e felice, che conosce e ha fiducia nella carità del Padre suo. Accettare la mia dottrina è venire a Dio insieme a Me, primogenito di molti figli diletti. Io spezzerò le vostre catene sol che voi veniate a Me perché le spezzi, e sarete veramente liberi e coeredi con Me del Regno dei Cieli. Lo so che siete posterità di Abramo. Ma chi fra di voi cerca di farmi morire non onora più Abramo ma Satana, e lo serve da schiavo fedele. Perché? Perché respinge la mia Parola, ed essa non può penetrare in molti di voi. Dio non violenta l'uomo a credere. Non lo violenta ad accettarmi. Ma mi manda perché Io vi indichi la sua volontà. Ed Io vi dico quello che ho veduto e udito presso il Padre mio. E faccio ciò che Egli vuole. Ma quelli fra voi che mi perseguitano fanno quello che hanno imparato dal padre loro e quello che egli suggerisce».
Come un parossismo che risorge dopo una sosta del male, l'ira dei giudei, farisei e scribi, che pareva calmata alquanto, si ridesta violenta. Si insinuano come un cuneo nel cerchio compatto che stringe Gesù e cercano avvicinarlo. La folla ha un ondeggiare di marosi contrari, come sono contrari i sentimenti dei cuori. Urlano i giudei lividi d'ira e di odio: «Il padre nostro è Abramo. Non abbiamo nessun altro padre».
«Il Padre degli uomini è Dio. Abramo stesso è figlio del Padre universale. Ma molti ripudiano il Padre vero per uno che padre non è, ma che essi eleggono tale perché sembra più potente e pronto ad accontentarli nei loro desideri smodati. I figli fanno le opere che vedono fare dal padre loro. Se siete figli di Abramo, perché non fate le opere di Abramo? Non le conoscete? Ve le devo enumerare come natura e come simbolo? Abramo ubbidi andando nel paese che Dio gli indicò, figura dell'uomo che deve essere pronto a lasciare tutto per andare dove Dio lo manda. Abramo fu condiscendente col figlio di suo fratello e gli lasciò scegliere la regione preferita, figura del rispetto alla libertà d'azione e della carità che si deve avere per il prossimo nostro. Abramo fu umile dopo la predilezione di Dio e l'onorò in Mambre sentendosi sempre un nulla rispetto all'Altissimo che gli aveva parlato, figura della posizione di amore reverenziale che l'uomo deve sempre tenere verso il suo Dio. Abramo credette ed ubbidì a Dio anche nelle cose più difficili a credersi e penose a compiersi, e per sentirsi sicuro non si fece egoista, ma pregò per quei di Sodoma. Abramo non patteggiò col Signore volendo premio per le sue molte ubbidienze, ma anzi per onorarlo sino alla fine, al termine massimo gli sacrificò il figlio diletto ... ».
«Non lo sacrificò».
«Gli sacrificò il figlio diletto, perché in verità il suo cuore aveva già sacrificato, durante il tragitto, con la sua volontà di ubbidienza, arrestata dall'angelo quando già il cuore del padre si fendeva nel procinto di fendere il cuore del figlio. Uccideva il figlio per onorare Dio. Voi uccidete a Dio il Figlio per onorare Satana. Fate voi allora le opere di chi dite vostro padre? No, non le fate. Voi cercate di uccidere Me perché vi dico la verità così come l'ho udita da Dio. Abramo non faceva così. Non cercava di uccidere la voce che veniva dal Cielo, ma la ubbidiva. No, voi non fate le opere di Abramo, ma quelle che vi indica il padre vostro».
«Non siamo nati da una prostituta. Bastardi non siamo. Tu lo hai detto, Tu stesso, che il Padre degli uomini è Dio; e noi, poi, siamo del Popolo eletto, e delle caste elette fra questo Popolo. Perciò abbiamo Dio per unico Padre».
«Se riconosceste Dio per Padre in spirito e in verità mi amereste, perché Io procedo e vengo da Dio; non vengo già da Me stesso, ma è Lui che mi ha mandato. Perciò, se veramente conosceste il Padre, conoscereste anche Me, suo Figlio e vostro fratello e Salvatore. Possono i fratelli non riconoscersi? Possono i figli di Un solo non conoscere il linguaggio che si parla nella Casa dell'unico Padre? Perché allora non capite il mio linguaggio e non tollerate le mie parole? Perché Io vengo da Dio e voi no. Voi avete lasciato la dimora paterna e dimenticato il volto e il linguaggio di Colui che l'abita. Siete andati volontariamente in altre regioni, in altre dimore, dove regna un altro che Dio non è, e dove si parla altro idioma. E chi vi regna impone che per entrarvi uno si faccia suo figlio e l'ubbidisca. E voi lo avete fatto e lo fate. Voi abiurate, rinnegate il Padre Iddio per scegliervi un altro padre. E questo è Satana. Voi avete a padre il demonio, e volete compiere ciò che egli vi suggerisce. E i desideri del demonio sono di peccato e di violenza, e voi li accogliete. Fin dal principio egli era omicida, e non perseverò nella verità perché egli, che si ribellò alla Verità, non può avere in sé amore alla verità. Quando egli parla, parla come egli è, ossia da bugiardo e tenebroso, perché in verità egli è bugiardo e ha generato e partorito la menzogna dopo essersi fecondato con la superbia e nutrito con la ribellione. Tutta la concupiscenza è nel suo seno, ed egli la sputa e la inocula ad avvelenare le creature. E il tenebroso, lo schernitore, lo strisciante rettile maledetto, è l'obbrobrio e l'Orrore. Da secoli e secoli le sue opere tormentano l'uomo, e i segni e frutti di esse sono davanti agli intelletti degli uomini. Eppure a lui, che mente e rovina, date ascolto, mentre, se Io parlo e dico ciò che è vero ed è buono, non mi credete e mi dite peccatore. Ma chi fra i tanti che mi hanno avvicinato, con odio o con amore, può dire di avermi visto peccare? Chi lo può dire con verità? Dove le prove per convincere Me e chi crede in Me che Io sono peccatore? A quale dei dieci comandamenti ho mancato? Chi davanti all'altare di Dio può giurare di avermi visto violare la Legge e le consuetudini, i precetti, le tradizioni, le preghiere? Chi fra tutti gli uomini potrà farmi mutare nel volto per essere, con prove sicure, convinto di peccato? Nessuno può fare questo. Nessuno fra gli uomini e nessuno fra gli angeli. Dio nel cuore degli uomini grida: "Egli è l'innocente". Di questo tutti ne siete convinti, e ancor più voi che mi accusate, di questi altri che sono incerti su chi fra Me e voi ha ragione. Ma soltanto chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Voi non le ascoltate per quanto esse rimbombino nelle vostre anime notte e giorno, e non le ascoltate perché non siete da Dio».
«Noi, noi che viviamo per la Legge e nella più minuta osservanza dei precetti per onorare l'altissimo, non siamo da Dio? E Tu osi dirlo? Ah!!!». Sembrano asfissiare dall'orrore come fosse un capestro.
«E non dobbiamo dire che sei un indemoniato e un samaritano?».
«Non sono né l'uno né l'altro, ma onoro il Padre mio, anche se voi lo negate per vituperarmi. Ma il vostro vituperio non mi addolora. Non cerco la mia gloria. Vi è chi ne prende cura e giudica. Questo dico a voi che mi volete avvilire. Ma a chi ha volontà buona dico che chi accoglierà la mia parola, o già l'ha accolta, e la saprà custodire, non vedrà mai la morte in eterno».
«Ah! ora ben vediamo che per le tue labbra parla il demonio che ti possiede! Tu stesso lo hai detto: "Egli parla da bugiardo". Ciò che Tu hai detto è parola di menzogna, perciò è parola demoniaca. Abramo è morto e morti sono i profeti. E Tu dici che chi custodisce la tua parola non vedrà mai la morte in eterno. Tu dunque non morrai?».
«Io non morrò che come Uomo, per risorgere nel tempo di Grazia, ma come Verbo non morrò. La Parola è Vita e non muore. E chi accoglie la Parola ha in sé la Vita e non muore in eterno, ma risorge in Dio perché Io lo risusciterò».
«Bestemmiatore! Folle! Demonio! Sei più del nostro padre Abramo, che è morto, e dei profeti? Chi pretendi di essere?».
«Il Principio che vi parlo».
Succede un pandemonio. E, mentre avviene, il levita Zaccaria spinge Gesù insensibilmente verso un angolo del portico, aiutato in ciò dai figli di Alfeo e da altri che forse lo coadiuvano senza neppur saper bene ciò che fanno.
Quando Gesù è ben addossato al muro e con la protezione dei più fedeli davanti a Lui, e un poco si quieta il tumulto anche nel cortile, Egli dice con la sua voce così incisiva e bella, calma anche nei momenti più turbati: «Se Io mi glorifico da Me stesso, non ha valore la mia gloria. Ognuno può dire di sé ciò che vuole. Ma chi mi glorifica è il mio Padre che voi dite essere il vostro Dio, sebbene sia tanto poco vostro che voi non lo conoscete e non lo avete mai conosciuto né lo volete conoscere attraverso Me che ve ne parlo, perché Io lo conosco; e se dicessi di non conoscerlo per calmare il vostro odio verso di Me, sarei un mentitore come lo siete voi dicendo di conoscerlo. Io so che non devo mentire per nessuna ragione. Il Figlio dell'uomo non deve mentire, anche se dire la verità sarà cagione della sua morte. Perché, se il Figlio dell'uomo mentisse, non sarebbe più veramente Figlio della Verità, e la Verità lo respingerebbe da Sé. Io conosco Iddio, e come Dio e come Uomo. E come Dio e come Uomo conservo le sue parole e le osservo. Israele, rifletti! Qui è che si compie la Promessa. In Me si compie. Riconoscimi per ciò che Io sono! Abramo vostro padre sospirò di vedere il mio giorno. Lo vide, profeticamente, per una grazia di Dio, e ne tripudiò. E voi che in verità lo vivete ... ».
«Ma taci! Non hai ancora cinquanta anni e vuoi dire che Abramo ti ha veduto e Tu lo hai visto?», e la loro risata di scherno si propaga come un'onda di veleno o di acido che corrode.
«In verità, in verità Io ve lo dico: prima che Abramo nascesse, Io sono».
«"Io sono"? Solo Dio lo può dire che è, perché è eterno. Non Tu! Bestemmiatore! "Io sono"! Anatema! Sei forse Dio, Tu, per dirlo?», gli urla uno che deve essere un gran personaggio perché, sopraggiunto da poco, è già vicino a Gesù, dato che tutti si scansano quasi con terrore al suo venire.
«Lo hai detto» risponde Gesù con voce tonante.
Tutto diventa arma in mano di chi odia. Mentre l'ultimo che ha interrogato il Maestro si abbandona a tutta una mimica di scandalizzato orrore e si strappa dal capo il copricapo, si scompiglia capelli e barba e si slaccia le fibbie che tengono la veste al collo, come se si sentisse mancare dall'orrore, manciate di terra, e sassi, usati dai venditori di colombi e altre bestie per tenere tese le funi dei recinti, e dai cambiavalute per... prudenziale tutela dei loro cofani di cui sono gelosi più che della loro vita, vengono scagliati contro il Maestro, e naturalmente ricadono sulla folla stessa, perché Gesù è troppo in dentro, sotto il porticato, perché sia colpito, e la folla impreca e si lamenta...
Zaccaria, il levita, dà un potente urto a Gesù, unico mezzo per fargli raggiungere una porticina bassa, celata nella muraglia del portico e già preparata ad aprirsi, e ve lo spinge insieme ai due figli di Alfeo, a Giovanni, Mannaen, Tommaso. Gli altri restano fuori, nel tumulto... E il rumore dello stesso giunge affievolito nel cunicolo, fra le potenti muraglie dì pietre, che non so come si chiamino in architettura. Sono fatte a incastro, direi io, ossia pietre larghe e pietre più piccole, e sopra a queste sulle piccole le larghe e viceversa. Non so se mi spiego bene. Scure, potenti, scalpellate rudemente, appena visibili nella penombra che è prodotta da feritoie strette messe a distanza regolari nell'alto, per aereare e rendere non completamente tenebroso il luogo, che è una stretta galleria che non so a che serve, ma che mi dà l'impressione che giri per tutto il porticato. Forse era stata fatta per protezione, per ricovero, per rendere doppie, e perciò più resistenti, le muraglie dei portici che fanno come altrettante cinte al vero e proprio Tempio, al Santo dei santi. Insomma non so. Dico ciò che vedo. Odor di umido, e di quell'umido che non si sa dire se è freddo o no, come in certe cantine.
«E che facciamo qui?» chiede Tommaso.
«Taci! Mi ha detto Zaccaria che verrà lui, e di stare zitti e fermi» risponde il Taddeo.
«Ma... c'è da fidarsi?».
«Lo spero».
«Non temete. L'uomo è buono» conforta Gesù.
Fuori il tumulto si allontana. Passa del tempo. Poi un rumore sordo di passi e una piccola luce tremula, che viene avanti da profondità oscure.
«Sei lì, Maestro?» dice una voce che vuol farsi sentire ma che teme di esser sentita.
«Sì, Zaccaria».
«Lode a Jeovè! Mi sono fatto aspettare? Ho dovuto attendere che corressero tutti agli altri sbocchi. Vieni, Maestro... I tuoi apostoli... Sono riuscito a dire a Simone di andare tutti verso Betesda e di attendere. Di qui si scende... Poca luce. Ma via sicura. Si scende alle cisterne... e si esce verso il Cedron. Via antica. Non sempre destinata a buon uso. Ma questa volta sì... E questo la santifica ... ».
Scendono continuamente in un'ombra rotta soltanto dalla fiammella ballonzolante del lume, finché un chiarore diverso si intravvede là in fondo... e, oltre il chiarore, del verde che par lontano... Una cancellata, che è quasi una porta tanto è massiccia e fitta, termina la galleria.
«Maestro, ti ho salvato. Puoi andare. Ma ascoltami. Non venire per qualche tempo. Non potrei sempre servirti senza essere notato. E... dimentica, dimenticate tutti questa via e me che vi ci ho condotto» dice Zaccaria, facendo agire dei congegni che sono nella cancellata pesante e socchiudendola quel tanto che serva a lasciare uscire le persone. E ripete: «Dimenticate, per pietà di me».
«Non temere. Nessuno di noi parlerà. E Dio sia con te per la tua carità». Gesù alza la mano posandola sul capo chino del giovane.
Esce seguito dai cugini e dagli altri. Si trova su un piccolo spiazzo selvaggio di rovi che appena può riceverli tutti, di fronte all'Uliveto. Un sentierino da capre scende fra i rovi verso il torrente.
«Andiamo. Risaliremo poi all'altezza della porta delle Pecore e Io con i fratelli andrò da Giuseppe, mentre voi andrete a Betesda a prendere gli altri e mi raggiungerete. Andremo a Nobe domani sera dopo il tramonto».
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Oggi ho passato parte del pomeriggio a rimuginare sul Vangelo di Giovanni e su quello della Valtorta.
Prima me li sono riletti, poi ho cominciato a confrontarli cercando nel Vangelo della Valtorta se c’erano i concetti espressi da Giovanni e ‘come’ venivano espressi.
Alla fine mi sono convinto che Giovanni, anche se il suo Vangelo era certamente illuminato dallo Spirito Santo, ha fatto quel che poteva, o meglio quel che doveva.
No, non era proprio possibile tramandare alla storia un vangelo come quello della Valtorta. Troppo bello. Chi l’avrebbe capito? Non era adatto a quelle culture, perché in realtà questo è un ‘vangelo’ per i ‘razionalisti’ dell’epoca moderna, i nipoti contemporanei dell’Illuminismo e del Positivismo dell’ottocento, seguaci del Materialismo del novecento che, se non si convincono leggendo questo, non si convinceranno mai più.
Per tutti gli altri bastava una cosa semplice, elementare, tanto a quelli – la sostanza – ci avrebbe pensato lo Spirito Santo a fargliela capire, sempre che fossero stati di buona volontà.
E’ un concetto difficile questo dello Spirito Santo.
Riusciamo ancora ad ammettere Dio come creatore dell’Universo, ma difficilmente riusciamo ad ammettere che – anzichè noi per nostro merito intellettuale – sia lo Spirito Santo quello che ci fa capire le sue Verità. Non è vero?
Ma Gesù – prima di andarsene – non l’aveva detto che ci avrebbe mandato un Altro, come lui, che ci avrebbe fatto capire ogni cosa?
Padre Gabriele Maria Allegra (missionario in Cina, famoso biblista che ha tradotto l’intera Bibbia in cinese fondando lo Studio Biblico di Pechino, morto nel 1976 a Hong Kong dove appena otto anni dopo la sua morte si è aperto il processo di beatificazione) scrisse – come si legge in un interessante libro di Emilio Pisani (‘Pro e contro Maria Valtorta’ – Centro Editoriale Valtortiano) – al sinologo padre Fortunato Margiotti, che gli aveva fatto conoscere l’opera della Valtorta, che la sua lettura lo aveva distaccato dagli studi della Sacra Scrittura, lo faceva piangere e ridere di gioia e di amore e - quanto ad un giudizio sull’origine dell’opera – non credeva che l’opera di narrazione evangelica fosse semplicemente l’opera di un ‘genio’, ma che lì vi fosse invece il ‘dito di Dio’: Digitus Dei est hic!
E se lo Spirito Santo, per convincerci, si è ora tanto prodigato con la Valtorta, tanto da farci avere le sue visioni ed il contenuto integrale dei discorsi di Gesù (e leggendo la Valtorta in sovrapposizione al Giovanni ci rendiamo conto che è proprio così, perchè neanche il più grande dei ‘geni’ avrebbe potuto inventarsi tutti quei dialoghi), mi dico che lo stato generale della fede deve essere proprio grave.
Questo deve veramente essere un tentativo estremo di salvataggio per la cristianità.
Lasciamo pure che gli altri si leggano il Vangelo di Giovanni, ma non vorrei che quello della Valtorta fosse per i casi disperati, come il mio, magari.