(Il Vangelo secondo San Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 5,1 – Ed. Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Capp.174 e 205 – Centro Ed. Valtortiano)
8. Siamo tutti … figliol prodighi
Gv 5,1:
Dopo ciò, ricorrendo una festa dei Giudei, Gesù salì a Gerusalemme…
8.1 L’Esorcista!
‘Dopo ciò…’!
Sembrerebbe anche qui che Gesù - immediatamente dopo il miracolo a Cana che aveva fatto al suo ritorno dalla Giudea in Galilea - se ne fosse subito ‘salito’ nuovamente a Gerusalemme.
In realtà non fu così e – dopo ciò - mi vien da pensare che in Giovanni il dire: dopo ciò, dopo questo, il giorno dopo, ecc, come se ci si riferisse a cose successe ‘subito dopo’, debba essere non un modo sbagliato del traduttore odierno nel tradurre in italiano i testi greci o latini, ma proprio un intercalare caratteristico di Giovanni, insomma un suo modo di dire.
Infatti, dalla comparazione del testo del Vangelo di Giovanni con quello degli altri tre evangelisti, si comprende che Gesù non era andato subito a Gerusalemme ma aveva continuato dopo Cana i suoi viaggi nelle varie cittadine per predicare la buona novella. Quale buona novella? Che Dio era sceso in terra per salvare gli uomini, di buona volontà!
La sua fama – come raccontano gli altri evangelisti riferendosi a questo periodo – si era sparsa perfino in Siria, mentre numerose ‘turbe’ venivano a cercarlo dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e, più genericamente, d’oltre Giordano.
Di questo periodo gli altri vangeli sottilineano continuamente – e questo può parer strano a noi ‘moderni’ che praticamente a Satana non crediamo quasi più – che una delle sue attività più significative, oltre a quelle di guarire i corpi e convertire, fosse quella di liberare gli uomini dalle possessioni demoniache.
Quella delle possessioni demoniache è infatti per noi una realtà dura da accettare. La Psicanalisi forse non è una scienza esatta, anzi forse non ha ancora raggiunto la completa dignità di scienza e forse quel troppo di opinabile che essa contiene – riferendosi ai misteri della psiche – non le consentirà mai di essere una scienza esatta, fatto sta che però la psicanalisi e la psicologia dell’inconscio ci colpiscono e ci influenzano con quel loro bisogno di dare un nome a tutto, di ‘targare’ tutto, anche quello che magari non conoscono.
Ogni malattia della psiche viene ‘etichettata’ ed inserita in quel classificatore che ha quel dato nome la cui ‘malattia’ presenta delle caratteristiche in qualche maniera analoghe.
Ed è così che può capitare che certi psicanalisti infilino certe ‘pratiche’ dei loro pazienti nel classificatore delle ‘personalità multiple’ anziché in quello delle ‘possessioni demoniache multiple’ dove le metterebbe invece un esorcista.
Cosa sono le personalità multiple? E le possessioni demoniache multiple? Credo che - di preciso - non lo sappiano neanche gli psicanalisti, e neanche gli psichiatri. La mia sommessa impressione è che si siano limitati a rilevare il fenomeno e anche a studiarlo, ovviamente, ma quanto a scoprirne ancora le cause…, per cui non deve esser rimasta loro altra alternativa che registrarlo, etichettandolo e dandogli appunto un ‘nome’ (come aveva fatto anche per certi esperimenti Carl Gustav Jung), che poi verrà inquadrato in qualche altra cartella di carattere più vasto, come facciamo noi con i nostri archivi d’ufficio.
La realtà è che della nostra ‘personalità’ sappiamo ben poco.
Sappiamo infatti poco della nostra psiche conscia, perché non conosciamo noi stessi, figuriamoci poi di quella sub-cosciente!
Certe persone, evidentemente malate, malate sul serio, presentano fenomeni – scusate se mi esprimo alla buona - di ‘dissociazione’ della personalità, fenomeni in cui personalità diverse da quella abituale emergono e acquistano contorni particolari. Una ‘personalità’ è diversa dall’altra, anzi non si ricorda nemmeno dell’altra, come se l’altra non fosse mai esistita. E così come è arrivata, questa personalità poi ‘scompare’, magari per ripresentarsi tempo dopo, mentre riemerge la precedente per rioccupare il lettino della psicanalista dal quale si era momentaneamente allontanata per lasciarvi un corpo che sembrava non essere più suo ma dell’altra.
Per analogia, è caratteristico anche di certe esperienze spiritiche e anche medianiche, dove si interpellano degli ‘spiriti’, i quali – parlando per bocca dei medium in stato di trance - si presentano ‘qualificandosi’ come persone vissute precedentemente, non di rado come parenti che hanno la caratteristica di svelare particolari di vita noti solo alle persone presenti, oppure come ‘entità’ che ‘utilizzano’ il medium come strumento per comunicare con il mondo dei ‘vivi’.
Ma mentre nel caso delle riunioni spiritiche i ‘soggetti’ che si presentano sono ‘esterni’, nel caso delle personalità multiple o meglio – delle possessioni multiple – i ‘soggetti’ escono dall’interno della persona manifestandosi magari anche come persone vissute in altre epoche, così da dar l’impressione che quella persona che è lì sul lettino in stato di trance ipnotica sia in realtà già vissuta, una o più volte a seconda delle ‘personalità’ che si presentano.
Attenzione, non voglio dire che le personalità multiple siano ‘possessioni’, ma non bisogna neanche concludere che le possessioni siano solo personalità multiple. Mi spiego?
Un esempio clamoroso di possessioni multiple, sempre che si voglia credere al Vangelo e a dimostrazione del fatto che un’anima possa essere posseduta da più anime o anche démoni, ci è dato da quell’episodio di quando Gesù incontra a Gerasa due indemoniati, li esorcizza obbligando i demoni a farsi riconoscere e – prima di autorizzarli ad ‘emigrare’ in un branco di porci – ad ammettere che essi, in quei due poveri disgraziati - sono presenti così numerosi che il loro nome può essere detto ‘Legione’.
Vi ho incuriosito? Vorreste vederlo come lo vede e lo racconta la Valtorta? No, quello è troppo bello, bisogna che questa volta vi accontentiate di Luca (Lc 8, 26-39):
Approdarono nella regione dei Geraseni, che sta di fronte alla Galilea.
Quando Gesù fu sceso a terra, gli si fece incontro un uomo della città, posseduto da demoni.
Da lungo tempo egli non portava più vesti e aveva la sua dimora non in una casa, ma fra le tombe.
Or, appena vide Gesù, cominciò a gridare, si gettò ai suoi piedi ed a gran voce esclamò: “Che c’è fra me e te, o Gesù, Figlio di Dio Altissimo? Ti supplico, non mi tormentare ”.
Egli, infatti, stava ordinando allo spirito immondo di uscire da quell’uomo; poiché lo spirito immondo si era impossessato di lui molte volte ed erano stati costretti a legarlo con catene, a mettergli i ceppi ai piedi e sorvegliarlo; ma egli rompeva i legami ed era portato via dal demonio per i deserti.
Gesù gli domandò: “ Come ti chiami? ”.
“ Legione ”, rispose, perché molti erano i demoni entrati in lui; e supplicavano Gesù che non comandasse loro di precipitarsi nell’Abisso.
Or, vi era un branco di porci che pascolavano su per la montagna, e i demoni pregarono Gesù che li lasciasse entrare in quelli.
Gesù lo permise. Allora i demoni uscirono da quell’uomo, entrarono nei porci e il branco si lanciò nel lago dall’alto della china e annegò.
I guardiani, visto quello che era successo, fuggirono, divulgando la notizia nella città e nella campagna.
La gente uscì per andare a vedere l’accaduto: arrivò da Gesù e trovò quell’uomo da cui erano usciti i demoni, seduto ai piedi di Gesù, vestito e pienamente in sé, sicché furono presi da timore.
Quelli che avevano assistito raccontarono loro in che modo era stato liberato l’indemoniato. E tutta la gente del contado dei Geraseni pregò Gesù che si allontanasse da loro, perché erano stati presi da un grande timore..
Egli, allora, salito sopra una barca, se ne ritornò indietro.
L’uomo da cui erano usciti i demoni gli chiedeva di poter andare con lui, ma Gesù lo rimandò dicendo: “ Ritorna a casa tua e racconta tutto quello che Dio ha fatto per te ”.
Egli se ne andò divulgando per tutta la città quanto Gesù gli aveva fatto.
Luca fu medico e intellettuale, e certo doveva sapere quel che diceva, ma meglio di lui lo doveva sapere Gesù, mi dico.
Rimango un attimo a riflettere su questo episodio, perché Luca parla di un indemoniato mentre ricordo che la Valtorta parlava di due…
Questo è un dubbio che mi devo togliere, vado su nel mio studio, prendo in biblioteca la Valtorta, Vol. III, Cap. 186 e leggo…
Capisco che Gesù, reduce dall’episodio della tempesta sedata (non quella che vi ho già raccontato di Gesù che camminava sulle acque e di Pietro che ci aveva provato), si è messo nuovamente in barca con gli apostoli per attraversare il lago e dirigersi a Ippo. Erano almeno due barche perché c’erano tutti gli apostoli e due garzoni che rimangono a guardia in una insenatura riparata in attesa del loro ritorno alla sera per rientrare a Cafarnao.
Evidentemente Gesù contava di predicare in quei paraggi.
Un branco di porci ingombra la strada, e due poveri guardiani – vedendo degli ‘israeliti’ – cercano di lasciar libero il passo radunando i porci sotto delle querce.
Gli apostoli passano storcendo la bocca e facendo gli schizzinosi mentre gli animali grufulano pingui. Gesù invece sorride e ringrazia i guardiani per la loro gentilezza, tanto che questi – guardandolo stupiti – si dicono che quello davvero non sembrerebbe un israelita, non fosse per le frange che ha alle vesti.
C’è un panorama stupendo e il viottolo si allarga su un promontorio sopraelevato sul lago splendente, con la città di Tiberiade sullo sfondo.
Gli apostoli guardano e ammirano il panorama. Vedendo però certe gole che sono lì intorno commentano che quello sembra un posto da banditi.
Giovanni – pensando alla cattura di Giovanni Battista – obbietta che ci sono più banditi sull’altra sponda, la loro, dalla quale sono venuti.
Gesù interloquisce rimproverando i discepoli per aver storto il naso e fatto le facce passando davanti agli animali, e – alla loro obiezione che erano animali ‘immondi’ – Gesù ne approfitta per impartire una lezione spiegando che non è colpa loro se le bestie sono sporche perché quelle son bestie fatte così, mentre una colpa ce l’ha semmai l’uomo che è responsabile di essere immondo per il peccato!
Filippo gli chiede come mai, allora, i maiali sono stati classificati ‘immondi’, e Gesù gli spiega allora che vi è una ragione soprannaturale ed una naturale.
La prima è di insegnare al popolo a vivere avendo presente la sua elezione e la dignità dell’uomo, anche in un’azione comune come il mangiare.
L’uomo selvaggio si riempie la pancia di tutto, il pagano mangia di tutto, senza pensare che la supernutrizione fomenta vizi e tendenze che avviliscono l’uomo. Per i pagani questa frenesia di piacere è quasi una religione. Ma il figlio del popolo di Dio deve sapersi contenere e perfezionare se stesso, avendo presente la sua origine e il suo fine: Dio e il Cielo.
La ragione naturale è quella di ‘non eccitare il ‘sangue’ con cibi che portano a ‘calori’ indegni dell’uomo, al quale non è negato l’amore anche carnale, ma che deve temperarlo sempre con la freschezza dell’anima tendente al Cielo, fare cioè un amore, non una sensualità, di quel sentimento che unisce l’uomo alla compagna, nella quale deve vedere la sua simile e non la femmina’.
E se i porci non sono responsabili degli effetti che la loro carne può – a lungo andare – produrre nei corpi, non lo sono neanche i loro guardiani per i quali, se sono onesti, non ci sarà nell’altra vita nessuna differenza con lo scriba che sta curvo sui libri ma che non impara la bontà che i libri gli insegnerebbero, per cui si vedranno guardiani di porci fra i giusti e scribi fra gli ingiusti…
Si sente a questo punto un rovinìo con un rotolìo di sassi giù dal fianco del monte e appaiono – ah, eccoli finalmente, sono due! – due ossessi che avanzano imprecando verso Gesù, nudi. Beh…, il resto ve lo ha già detto Luca, ma certo che la Valtorta…
Non vi sto a dire quel che succede se non appunto la frase di risposta di uno dei demoni a Gesù che gli chiedeva il nome:
‘Legione è il mio nome perché siamo molti. Teniamo questi da anni e per essi spezziamo lacci e catene, n’è c’è forza d’uomo che li possa tenere. Terrore essi sono, per causa di noi, e ce ne serviamo per farti bestemmiare. Ci vendichiamo su questi del tuo anatema. Abbassiamo l’uomo sotto la belva per irriderti, e non c’è lupo, sciacallo e iena, non avvoltoio e vampiro simili a questi che noi teniamo. Ma non ci cacciare, troppo orrido è l’inferno!…”.
Beh, come è finita, anzi dove sono finiti, lo sapete. Mi viene però da ridere al ripensare alle faccie dei geraseni che – esterrefatti, di fronte al branco di porci annegati, e spaventati – invitano Gesù, come racconta la Valtorta, ad andarsene dal loro territorio dicendogli:
“Signore, tu sei potente, lo riconosciamo. Ma già troppo male ci hai fatto! Un danno di molti talenti. Vattene, te ne preghiamo, che il tuo potere non abbia a far scoscendere il monte e a farlo sprofondare nel lago. Và via…”.
Chiudo il Vangelo di Luca e mi dico che lui si deve essere sbagliato, perché egli non era presente mentre la Valtorta sì, e quegli indemoniati erano veramente due.
Mi viene di colpo un dubbio. Se la Valtorta dice che c’era il collegio apostolico al completo, anche se Giovanni non parla di questo episodio perché Giovanni vola ‘alto’, andiamo a vedere cosa dice Matteo (Mt 8,28-34) nel ‘suo’ vangelo:
Mt 8,28-34:
‘Giunti all’altra riva, nel paese dei Gadareni, due indemoniati, usciti dai sepolcreti…’.
A posto! Erano proprio due! Lo dicevo che la Valtorta non poteva sbagliare!
A che punto eravamo rimasti? Ah, alle possessioni multiple!
Siete convinti adesso?
Spaventati? Non c’è problema. Basta non credere all’anima! Come certi psicanalisti-materialisti!
Tutto il Vangelo – concludendo - è permeato dalla attività esorcistica di Gesù e solo la mentalità positivista e razionalista di molti ‘uomini di chiesa’ moderni e forse anche il timore di squalificarsi e di essere accusati di oscurantismo dai ‘positivisti’ e dai ‘materialisti’ (ché tanto alle Tenebre non ci credono) impedisce loro oggi di ammetterlo o di parlarne con chiarezza, quasi il parlare di esorcismi – anziché un modo salutare per aprire gli occhi alla gente su una terribile realtà dalla quale però ci si può difendere se avvertiti – fosse invece uno scandalo che mette nel ridicolo noi che ne parliamo e Gesù che – ce ne vergognamo un poco – certe cose le faceva anche e…ci credeva.
Ed è per questo che Gesù – finanche dopo morto, anzi dopo la Risurrezione, apparendo agli apostoli prima di andarsene definitivamente con l’Ascensione – non dimentica di raccomandare loro (Mc 16, 15-18): ‘Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni…’.
8.2 Satana baciò l’occhio della donna e lo stregò così…
Riprendiamo ora i ‘filo’ iniziale dopo questa parentesi psicanalitica ed …esoterica.
In quel periodo, dopo l’episodio di Cana ma prima di ‘salire’ a Gerusalemme, Gesù aveva già cominciato ad ammaestrare a fondo le folle, pronunciando il famoso ‘discorso della montagna’, un forziere di perle di dottrina cristiana che Matteo sintetizza bene ma che – nelle visioni della Valtorta – si trasforma in una vera e propria cascata.
E proprio a proposito di Satana e del libero arbitrio di cui abbiamo a lungo ragionato, è in uno di questi discorsi che Gesù – che la Valtorta vede predicare, in più giorni e di fronte a numerosissimi discepoli – spiega l’origine del Male e il meccanismo delle ‘tentazioni’ per andare poi a parare sul tema dell’adulterio e del divorzio che, se non è un tema in tema con il Vangelo di Giovanni, è pur sempre un tema di questi tempi. .
Ed è anzi da uno di quei discorsi della montagna che ha inizio un lento processo di conversione di Maria di Magdala (sorella di Marta e di Lazzaro di Betania), la donna che poi sarebbe diventata la ‘Maddalena’, la prima persona premiata e gratificata da Gesù nelle sue apparizioni di risorto, donna che - a quel che si legge - prima della conversione, in fatto di adulteri, se ne doveva intendere un pochino.
Ci sono delle signore che stanno leggendo? Siete curiose di vedere come si converte una ‘peccatrice’? Anche voi uomini? Però vi dovrete sorbire tutta la visione intera. Ne vale la pena? O.K.
Il discorso è molto lungo ma con lo ‘scanner’ del computer vi accontento subito, fotocopio dal libro della Valtorta, faccio col tasto del ‘mouse’ qualche ‘clik-clik’ trasferendo il brano nel mio computer e…
174. Sesto discorso della Montagna:
la scelta tra Bene e Male, l'adulterio, il divorzio.
L'arrivo importuno di Maria di Magdala.
29 maggio 1945.
In una mattinata splendida, di un nitore d'aria ancora più vivo del solito, per cui pare che le lontananze si accorcino o che le cose siano viste attraverso una lente oculare che le rende nitide anche nei più piccoli particolari, si prepara la folla ad ascoltare il Maestro.
Di giorno in giorno la natura si fa più bella, rivestendosi della veste opulenta della piena primavera, che in Palestina mi pare sia proprio fra marzo e aprile, perché dopo prende già l'aspetto estivo con i grani maturi e le foglie già folte e complete. Ora è tutto un fiore. Dall'alto del monte, che di suo si è vestito di fiori anche nei punti apparentemente meno atti a fiorire, si vede la pianura col suo mareggiare di grani ancora flessuosi al vento, che dà loro moto d'onda verde glauca, appena tinta di oro pallido sulla cima delle spighe che graniscono fra le reste spinose. Su questo ondulare di messi al vento lieve, stanno riti nella loro veste di petali - e sembrano tanti enormi piumini da cipria oppure pallottole di garza bianca, rosa tenuissimo, rosa carico, rosso vivo - gli alberi da frutto, e raccolti nella loro veste di penitenti ascetici gli ulivi pregano, e la loro preghiera già si muta in un nevicare, per ora ancora incerto, di fiorellini bianchi. L'Hermon è un alabastro rosa nella cima che il sole bacia, e dall'alabastro scendono due fili di diamante - da qui sembrano fili - dai quali il sole trae uno scintillio quasi irreale, e poi si affossano sotto le gallerie verdi dei boschi e non si vedono più altro che a valle, dove formano corsi d'acqua che certo vanno al lago di Meron, da qui invisibile, e poi ne escono con le belle acque del Giordano per poi tuffarsi nuovamente nello zaffiro chiaro del mare di Galilea, che è tutto un tremolio di scaglie preziose alle quali il sole fa da castone e da fiamma. Sembra che le vele scorrenti su questo specchio, quieto e splendido nella sua cornice di giardini e campagne meravigliose, siano guidate dalle nuvolette leggere che veleggiano nell'altro mare del cielo.
Veramente il creato ride in questa giornata di primavera e in quest'ora mattutina.
E la gente affluisce, affluisce, senza posa. Sale da tutte le parti: vecchi, sani, malati,bimbi, sposi che pensano iniziare la loro vita con la benedizione della parola di Dio, mendichi, benestanti che chiamano gli apostoli e danno loro offerte per chi non ha, e pare si confessino tanto cercano un posto nascosto per farlo.
Tommaso ha preso una delle loro sacche da viaggio e rovescia in essa tranquillamente tutto questo tesoro di monete, come fosse del becchime da polli, e poi porta tutto vicino al masso dove Gesù parla, e ride allegro dicendo: “ Godi, Maestro! Oggi ne hai per tutti! ”.
Gesù sorride e dice: “ E cominceremo subito, perché chi è triste sia subito contento. Tu e i compagni scegliete i malati e i poveri e portateli qui davanti ”.
Cosa che avviene con un tempo relativamente breve, perché si deve ascoltare i casi di questo e quello, e durerebbe molto di più senza l'aiuto pratico di Tommaso che col suo vocione potente, montato su un sasso per essere visto, grida: “ Tutti coloro che hanno sofferenze nel corpo vadano a destra di me, là, dove è ombra ”. Lo imita l'Iscariota, anche lui dotato di una voce non comune in potenza e bellezza, che a sua volta grida: “ E tutti coloro che credono avere diritto all'obolo vengano qui, intorno a me. E badate bene di non mentire perché l'occhio del Maestro legge nei cuori ”.
La folla si agita per separarsi così in tre parti: chi è malato, chi è povero, chi è solo desideroso di dottrina.
Ma fra questi ultimi, due, poi tre, sembrano aver bisogno di qualche cosa che non è salute e non è denaro, ma che è più necessario di queste cose. Una donna e due uomini. Guardano, guardano gli apostoli e non osano parlare.
Passa Simone Zelote col suo aspetto severo; passa Pietro indaffarato che arringa una diecina di frugoli, ai quali promette delle ulive se staranno buoni fino alla fine e delle busse se faranno baccano mentre parla il Maestro; passa Bartolomeo anziano e serio; passa Matteo con Filippo, che portano a braccia uno storpiato che troppa fatica avrebbe fatto a fendere la folla fitta; passano i cugini del Signore dando braccio ad un mendicante quasi cieco e ad una poverella di chissà quanti mai anni, che piange narrando a Giacomo tutti i suoi guai; passa Giacomo di Zebedeo con in braccio una povera bambina, certo malata, che egli ha preso alla madre, che lo segue affannosa, per impedire che la folla le faccia del male; ultimi a passare sono gli, potrei dire, indivisibili Andrea e Giovanni, perché se Giovanni, nella sua serena naturalezza di fanciullo santo, va ugualmente con tutti i compagni, Andrea, per la sua grande ritenutezza, preferisce andare con l'antico compagno di pesca e di fede nel Battista. Questi erano rimasti presso l'imbocco dei due sentieri principali, per dirigere ancora la folla ai suoi posti, ma ora il monte non presenta altri pellegrini sulle sue vie sassose, e i due si riuniscono per andare dal Maestro con le ultime offerte ricevute. Gesù è già curvo sui malati, e gli osanna della folla punteggiano i singoli miracoli.
La donna, che pare tutta in pena, osa tirare per la veste Giovanni che parla con Andrea e sorride.
Egli si china e le chiede: “ Che vuoi, donna?”.
“ Vorrei parlare col Maestro... ”.
“ Hai del male? Povera non sei...”.
“ Non ho male e non sono povera. Ma ho bisogno di Lui... perché vi sono mali senza febbre e vi sono miserie senza povertà, e la mia... e la mia... ” e piange.
“ Senti, Andrea. Questa donna ha una pena nel cuore e vorrebbe dirla al Maestro. Come facciamo? ”.
Andrea guarda la donna e dice: “ Certo è cosa che addolora farla conoscere...”.
La donna assente col capo. Andrea riprende: “ Non piangere... Giovanni, fa' di portarla dietro la nostra tettoia. Io porterò il Maestro ”.
E Giovanni, col suo sorriso, prega di far largo per poter passare, mentre Andrea va in direzione opposta verso Gesù.
Ma la mossa è osservata dai due uomini afflitti, e uno ferma Giovanni ed uno Andrea, e dopo poco, ecco, che tanto l'uno che l'altro sono insieme a Giovanni e alla donna dietro il riparo di frasche che fa da parete alla tenda.
Andrea raggiunge Gesù nel momento che Questo guarisce lo storpiato, che alza le grucce come due trofei, arzillo come un ballerino, gridando la sua benedizione.
Andrea sussurra: “ Maestro, dietro la nostra tettoia vi sono tre che piangono. Ma il loro affanno è di cuore e non può essere noto... ”.
“ Va bene. Ho ancora questa bambina e questa donna. Poi verrò. Va' a dire loro che abbiano fede ”.
Andrea se ne va mentre Gesù si china sulla bambina che la madre ha ripreso in grembo: “ Come ti chiami? ” le chiede Gesù.
“ Maria ”.
“ Ed lo come mi chiamo? ”.
“ Gesù ” risponde la bambina.
“E chi sono? ”.
“ Il Messia del Signore venuto per dare bene ai corpi e alle anime ”.
“ Chi te lo ha detto? ”.
“ La mamma e il papà che sperano in Te per la mia vita ”.
“ Vivi e sii buona ”.
La bambina, che credo fosse malata alla spina perché, per quanto già sui sette e più anni, non si muoveva che con le mani ed era tutta stretta in grosse e dure fasce dalle ascelle alle anche - si vedono perché la madre le ha aperto la vesticciola per mostrarle - sta così come era per qualche minuto, poi ha un sussulto e scivola dal grembo materno a terra e corre da Gesù, che sta guarendo la donna di cui non capisco il caso.
I malati sono esauditi tutti e sono quelli che più urlano fra la molta folla che applaude al “ Figlio di Davide, gloria di Dio e nostra ”.
Gesù va verso la tettoia.
Giuda di Keriot grida: “ Maestro! E questi?
Gesù si volge e dice: “ Attendano dove sono. Saranno essi pure consolati ”, e va lesto dietro le frasche, là dove sono, con Andrea e Giovanni, i tre in pena.
“ Prima la donna. Vieni con Me fra queste siepi. Parla senza timore ”.
“ Signore, mio marito mi abbandona per una prostituta. Ho cinque figli, e l'ultimo ha due anni... Il mio dolore è grande... e penso ai figli... Non so se li vorrà lui o li lascerà a me. I maschi, il primo almeno, lo vorrà... Ed io che l'ho partorito non devo più avere la gioia di vederlo? E che penseranno essi del padre o di me? Di uno devono pensare male. Ed io non vorrei giudicassero il padre loro...”.
“ Non piangere. Sono il Padrone della vita e della morte. Tuo marito non sposerà quella donna. Vai in pace e continua ad essere buona ”.
“ Ma... non ucciderai lui? Oh! Signore, io lo amo! ”. Gesù sorride: “ Non ucciderò nessuno. Ma ci sarà chi farà il suo mestiere. Sappi che il demonio non è da più di Dio. Tornando alla tua città saprai che ci fu chi uccise la creatura malefica e in un modo tale che tuo marito comprenderà che cosa stava facendo e ti amerà di rinato amore ”.
La donna gli bacia la mano, che Gesù le ha messo sulla testa, e se ne va.
Viene uno degli uomini.
“ Ho una figlia, Signore. Sventuratamente andò a Tiberiade con delle amiche e fu come avesse aspirato il tossico. Mi è tornata come ebbra. Vuole andarsene con un greco... e poi... Ma perché mi è nata? Sua madre è malata di dolore e forse morrà... Io... solo le tue parole, che ho udito l'inverno passato, mi trattengono da ucciderla. Ma, te lo confesso, il mio cuore l'ha già maledetta ”.
“ No. Dio, che Padre è, non maledice che a peccato compiuto e ostinato. Che vuoi da Me?”
“ Che Tu la ravveda ”.
“ lo non la conosco ed ella, certo, da Me non viene”.
“ Ma Tu puoi cambiarle il cuore anche da lontano! Sai chi mi manda a Te? Giovanna di Cusa. Stava partendo per Gerusalemme quando io sono andato al suo palazzo per chiedere se le era noto questo greco infame. Pensavo che ella non lo conoscesse perché ella è buona, pur vivendo a Tiberiade, ma poiché Cusa avvicina i gentili... Non lo conosce. Ma mi ha detto: ‘Vai da Gesù. Egli mi ha richiamato lo spirito da tanto lontano e mi ha guarita, con quella chiamata, dalla mia etisia. Guarirà anche il cuore a tua figlia. Io pregherò e tu abbi fede’. Ce l'ho. Lo vedi. Abbi pietà, Maestro ”.
“ Tua figlia entro questa sera piangerà sui ginocchi di sua madre chiedendo perdono. Tu pure sii buono come la madre: perdona. Il passato è morto ”.
“ Sì, Maestro. Come Tu vuoi e che Tu sia benedetto! ”.
Si rivolge per andarsene... ma poi torna sui suoi passi: “ Perdona, Maestro... Ma ho tanta paura... La lussuria è un tal demone! Dammi un filo della tua veste. Lo metterò nel capezzale di mia figlia. Mentre dorme il demonio non la tenterà ”.
Gesù sorride e crolla il capo... ma accontenta l'uomo dicendo: “Perché tu sia più tranquillo. Ma credi che quando Dio dice:" Voglio " il diavolo se ne va senza bisogno di altro. Vuol dire che terrai questo per ricordo di Me ” e dà un fiocchetto delle sue frange.
Viene il terzo uomo: “ Maestro, mio padre è morto. Noi credevamo avesse delle ricchezze in denaro. Non ne abbiamo trovate. E sarebbe poco male, perché non ci manca il pane fra fratelli. Ma io vivevo con mio padre, essendo il primogenito. Gli altri due fratelli mi accusano di avere fatto sparire le monete e mi vogliono fare causa come ladro. Tu vedi il mio cuore. lo non ho rubato un picciolo. Mio padre teneva i suoi denari in uno scrigno, in una cassetta di ferro. Morto che fu, aprimmo lo scrigno e la cassetta non c'era più. Loro dicono: "Questa notte, mentre noi dormivamo, tu l'hai presa ". Non è vero. Aiutami a mettere pace e stima fra di noi ”.
Gesù lo guarda ben fisso e sorride.
“ Perché sorridi, Maestro? ”.
“ Perché il colpevole è tuo padre, una colpa da bambino che nasconde il suo giocattolo per paura che glielo piglino”.
“ Ma non era avaro. Credilo. Faceva del bene ”.
“ Lo so. Ma era molto vecchio... Sono le malattie dei vecchi... Voleva preservare per voi, e vi ha messi in urto, per troppo amore. Ma la cassetta è sotterrata ai piedi della scala della cantina. Te lo dico perché tu sappia che Io so. Mentre ti parlo, per un puro caso, tuo fratello minore, percuotendo il suolo con ira, l'ha fatta vibrare e l'hanno scoperta, e sono confusi e pentiti di averti incolpato. Torna a casa sereno e sii buono con loro. Non avere parole per la loro disistima ”.
“ No, Signore. E neppure vado. Ti sto a sentire. Andrò domani ”
“ E se ti levano del denaro?”.
“ Tu dici che non bisogna essere avidi. Non lo voglio essere. Mi basta che la pace sia fra noi. Del resto... non sapevo quanto denaro era nella cassetta e non avrò afflizione per nessuna notizia disforme al vero. E penso che poteva essere perduto quel denaro... Come sarei vissuto prima vivrò ora, se me lo negheranno. Mi basta che non mi dicano ladro ”.
“ Sei molto avanti nella via di Dio. Procedi e la pace sia con te ”.
E anche questo se ne va contento.
Gesù torna verso la folla, verso i poverelli e dà, secondo sue proprie misure, gli oboli. Ora tutti sono contenti e Gesù può parlare.
“ La pace sia con voi.
Quando Io vi spiego le vie del Signore è perché voi le seguiate. Potreste voi seguire il sentiero che scende da destra e quello che scende da sinistra, insieme? Non potreste. Perché se prendete uno dovete lasciare l'altro. Neppure se fossero due sentieri vicini potreste durare a camminare sempre con un piede in uno e l'altro nell'altro. Finireste a stancarvi e a sbagliare anche fosse una scommessa. Ma fra il sentiero di Dio e quello di Satana vi è una grande distanza e che sempre più si fa profonda, proprio come quei due sentieri che sboccano qui, ma che man mano che scendono a valle sono sempre più lontani l'uno dall'Altro, l'uno andando verso Cafarnao, l'altro verso Tolemaide.
La vita è così, scorre a cavaliere fra il passato e il futuro, fra il male e il bene. Al centro è l'uomo, con la sua volontà e il libero arbitrio; ai termini: da una parte Dio e il suo Cielo, dall'altra Satana e il suo Inferno. L'uomo può scegliere. Nessuno lo forza.
Non mi si dica: " Ma Satana tenta " a scusa delle discese verso il sentiero basso. Anche Dio tenta col suo amore, ed è ben forte; con le sue parole, e sono ben sante; con le sue promesse, e sono ben seducenti! Perché allora lasciarsi tentare da uno solo dei due, e da colui che è il più immeritevole di essere ascoltato? Le parole, le promesse, l'amore di Dio non sono sufficienti a neutralizzare il veleno di Satana? Guardate che ciò depone male per voi. Quando uno è fisicamente e fortemente sano non è immune dai contagi, ma li supera con facilità. Mentre, se uno è già malato e perciò debole, perisce quasi certamente per una nuova infezione e, se sopravvive, è più malato di prima perché non ha la forza, nel suo sangue, di distruggere i germi infettivi completamente. Lo stesso è per la parte superiore. Se uno è moralmente e spiritualmente sano e forte, credete pure che non è esente da essere tentato, ma il male non attecchisce in lui.
Quando Io sento uno dirmi: " Ho avvicinato questo e quello, ho letto questo e quello, ho cercato di convincere questo e quello al bene, ma in realtà il male che era nella mente e nel cuore loro, il male che era nel libro, è entrato in me ", lo concludo: " Il che dimostra che in te avevi già creato il terreno favorevole per la penetrazione. Il che dimostra che sei un debole privo di nerbo morale e spirituale. Perché anche dai nostri nemici noi dobbiamo trarre del bene. Osservando i loro errori dobbiamo imparare a non cadere negli stessi. L'uomo intelligente non diviene zimbello della prima dottrina che sente. L'uomo saturo di una dottrina non può fare in sé posto per altre. Questo spiega le difficoltà che si incontrano per cercare di persuadere i convinti di altre dottrine a seguire la vera Dottrina. Ma se tu mi confessi che muti pensiero al minimo soffio di vento, Io vedo che tu sei pieno di vuoti, hai la tua fortezza spirituale piena di aperture, le dighe del tuo pensiero sono sfondate in mille punti, ed escono da esse le acque buone e vi entrano le inquinate, e tu sei tanto stolido e apatico che non te ne accorgi neppure e non provvedi. Sei un disgraziato ".
Perciò sappiate, dei due sentieri, scegliere il buono e proseguire su quello resistendo, resistendo, resistendo agli allettamenti del senso, del mondo, della scienza e del demonio. Le mezze fedi, i compromessi, i patti con due, contrari l'uno all'altro, lasciateli agli uomini del mondo. Non dovrebbero essere neppure fra loro, se gli uomini fossero onesti. Ma voi, voi almeno, uomini di Dio, non abbiateli. Con Dio né con Mammona non potreste averli. Non abbiateli però neppure con voi stessi, perché non avrebbero valore. Le vostre azioni, mescolate di buono e di non buono, non avrebbero valore alcuno. Quelle completamente buone verrebbero poi annullate dalle non buone. Quelle malvagie vi porterebbero direttamente in braccio al Nemico. Non fatele perciò. Ma siate leali nel vostro servire. Nessuno può servire a due padroni di diverso pensiero. O amerà l'uno e odierà l'altro, o viceversa. Non potete essere ugualmente di Dio e di Mammona. Lo spirito di Dio non può conciliarsi con lo spirito del mondo. L'uno sale, l'altro scende. L'uno santifica, l'altro corrompe. E se siete corrotti come potete agire con purezza? Il senso si accende nei corrotti, e dietro al senso le altre fami.
Voi già sapete come si corruppe Eva e come Adamo per lei. Satana baciò l'occhio della donna e lo stregò così, di modo che ogni aspetto, fino allora puro, prese per lei aspetto impuro e svegliò curiosità strane. Poi Satana le baciò le orecchie e le fece aperte a parole di una scienza ignota: la sua. Anche la mente di Eva volle conoscere ciò che non era necessario. Poi Satana all'occhio e alla mente svegliati al Male mostrò ciò che prima non avevano visto e capito, e tutto in Eva fu desto e corrotto, e la Donna, andando all'Uomo, rivelò il suo segreto e persuase Adamo a gustare il nuovo frutto, tanto bello a vedersi e così interdetto fino ad ora. E lo baciò e lo guardò con la bocca e le pupille in cui già era il torbido di Satana. E la corruzione penetrò in Adamo che vide, e attraverso l'occhio appetì al proibito, e lo morse con la compagna cadendo da tanta altezza al fango. Quando uno è corrotto trascina a corruzione, a meno che l'altro non sia un santo nel vero senso della parola.
Attenti allo sguardo, uomini. Allo sguardo dell'occhio e a quello della mente. Corrotti che siano, non possono che corrompere il resto. Lume del corpo è l'occhio. Lume del cuore è il tuo pensiero. Ma se l'occhio tuo non sarà puro - perché per la soggezione degli organi al pensiero i sensi si corrompono per un pensiero corrotto - tutto in te diverrà offuscato, e nebbie seduttrici creeranno impuri fantasmi in te. Tutto è puro in chi ha pensiero puro che dà puro sguardo, e la luce di Dio scende padrona dove non è ostacolo di sensi. Ma se per mala volontà tu hai educato l'occhio alle torbide visioni, tutto in te diverrà tenebre. Inutilmente guarderai anche le cose più sante. Nel buio non saranno che tenebre e farai opere di tenebre.
Perciò, figli di Dio, tutelate voi stessi contro voi stessi. Sorvegliatevi attentamente contro tutte le tentazioni. Essere tentati non è male. L'atleta si prepara alla vittoria con la lotta. Ma il male è essere vinti perché impreparati e disattenti. Lo so che tutto serve a tentare. Lo so che la difesa snerva. Lo so che la lotta stanca. Ma, suvvia, pensate cosa vi acquistano queste cose. E vorreste per un'ora di piacere, di qual che sia genere, perdere un'eternità di pace? Cosa vi lascia il piacere della carne, dell'oro e del pensiero? Nulla. Cosa vi acquista il ripudiarli? Tutto. Io parlo a peccatori, perché l'uomo è peccatore. Ebbene, ditemi, in verità: dopo avere appagato il senso, o l'orgoglio, o l'avarizia, vi siete sentiti più freschi, più contenti, più sicuri? Nell'ora che segue all'appagamento, e che è sempre ora di riflessione, avete proprio sinceramente sentito di essere felici? Io non ho gustato questo pane del senso. Ma rispondo per voi: " No. Appassimento, scontento, incertezza, nausea, paura, irrequietezza. Ecco cosa è stato il succo spremuto dall'ora passata ".
Però, ve ne prego. Mentre vi dico: " Non fate mai ciò ", anche vi dico: " Non siate inesorabili con coloro che sbagliano ". Ricordatevi che siete tutti fratelli, fatti di una carne e di un'anima. Pensate che molte sono le cause per cui uno è indotto a peccare. Siate misericordiosi verso i peccatori e con bontà rialzateli e conduceteli a Dio, mostrando che il sentiero da loro percorso è irto di pericoli per la carne e per la mente e per lo spirito. Fate questo e ne avrete gran premio. Perché il Padre che è nei Cieli è misericordioso coi buoni e sa dare il centuplo per uno. Onde lo vi dico...
Molto movimento avviene fra la folla che si assiepa verso il sentiero che sale al pianoro. Le teste dei più prossimi a Gesù si voltano. L'attenzione si svia. Gesù sospende di parlare e volge lo sguardo nella direzione degli altri. E’ serio e bello nel suo abito azzurro cupo, con le braccia conserte sul petto e il sole che lo sfiora sul capo col primo raggio che sormonta il picco orientale del colle.
“Fate largo, plebei” grida una iraconda voce d'uomo.
“Fate largo alla bellezza che passa”... e vengono avanti quattro bellimbusti tutti azzimati, di cui uno è certo romano perché ha la toga romana, i quali portano come in trionfo sulle loro mani incrociate a sedile Maria di Magdala, gran peccatrice ancora.
E lei ride con la sua bellissima bocca, buttando indietro la testa dalla capigliatura d'oro, tutta intrecci e riccioli trattenuti da forcine preziose e da una lamina d'oro, sparsa di perle, che le fascia il sommo della fronte come un diadema, dal quale scendono ricciolini lievi a velare gli occhi splendidi di loro e resi ancor più grandi e seduttori da un sapiente artificio. Il diadema, poi, si perde dietro le orecchie, sotto la massa delle trecce che pesano sul collo candidissimo e scoperto tutto. Anzi... lo scoperto va molto oltre il collo. Le spalle sono scoperte sino alle scapole, e il petto molto più ancora. La veste è trattenuta sulle spalle da due catenelle d'oro. Le maniche non esistono. Il tutto è coperto, per modo di dire, da un velo che ha il solo incarico di riparare la pelle dall'abbronzatura del sole. La veste è molto leggera e la donna, buttandosi come fa, per vezzo, contro l'uno o l'altro dei suoi adoratori, è come ci si buttasse addosso nuda. Ho l'impressione che il romano sia il preferito, perché a lui vanno di preferenza risatine e occhiate e più facilmente riceve il capo di lei sulla spalla.
“ Ecco accontentata la dea”, dice il romano.
“ Roma ha fatto da cavalcatura alla Venere novella. E là è l'Apollo che hai voluto vedere. Seducilo dunque... Ma lascia anche a noi briciole dei tuoi vezzi ”.
Maria ride e con mossa agile e procace balza a terra, scoprendo i piedini calzati da sandali bianchi con fibbie d'oro e un bel pezzo di gamba. Poi la veste, che è amplissima, di una lana sottile come velo e candidissima, trattenuta alla vita, ma molto in basso, verso i fianchi, da un cinturone tutto a borchie d'oro, snodate, copre tutto. E la donna sta come un fiore di carne, un fiore impuro, sbocciato per sortilegio sul verde pianoro in cui sono mughetti e narcisi selvatici in grande quantità.
E’ bella più che mai. La bocca piccola e porporina pare un garofano che sbocci sul candore della dentatura perfetta. Il volto e il corpo potrebbero accontentare il più incontentabile pittore o scultore, sia per tinta che per forme. Ampia di petto e di fianchi in misura giusta, con una vita naturalmente flessuosa e sottile rispetto ai fianchi e al petto, pare una dea, come ha detto il romano, una dea scolpita in un marmo lievemente rosato, su cui si tende la stoffa lieve sui fianchi per poi ricadere in una massa di pieghe sul davanti. Tutto è studiato per piacere.
Gesù la guarda fisso. E lei ne sostiene con spavalderia lo sguardo mentre ride e si torce lievemente per il solletico che il romano le fa scorrendola sulle spalle e sul seno, che ha scoperti, con un mughetto colto fra l'erba. Maria, con un corruccio studiato e non vero, rialza il velo dicendo: “ Rispetto al mio candore…”, il che fa scoppiare i quattro in una fragorosa risata.
Gesù la continua a fissare. Appena il rumore delle risate si perde, Gesù, come se l'apparizione della donna avesse riacceso fiamme al discorso che si assopiva nella finale, riprende, e non la guarda più. Ma guarda i suoi uditori che paiono impacciati e scandalizzati per l'avvenuto.
Gesù riprende:
“ Ho detto d'esser fedeli alla Legge, umili, misericordiosi, di amare non solo i fratelli di sangue ma anche chi vi è fratello sol perché nato come voi da uomo. Vi ho detto che il perdono è più utile del rancore, che il compatimento è migliore dell'inesorabilità. Ma ora vi dico che non si deve condannare se non si è esenti dal peccato per cui si è portati a condannare. Non fate come scribi e farisei che sono severi con tutti ma non con se stessi. Che chiamano impuro ciò che è esterno, e può contaminare solo l'esterno, e poi accolgono nel più fondo seno - il cuore - l'impurità.
Dio non è con gli impuri. Perché l'impurità corrompe ciò che è proprietà di Dio: le anime, e specie le anime dei piccoli che sono gli angeli sparsi sulla terra. Guai a quelli che strappano loro le ali con crudeltà di belve demoniache e prostrano questi fiori di Cielo nel fango, facendo loro conoscere il sapore della materia! Guai!... Meglio sarebbe morissero arsi da un fulmine anziché giungere a tale peccato!
Guai a voi, ricchi e gaudenti! Perché è proprio fra voi che fermenta la più grande impurità a cui fanno letto e guanciale ozio e denaro! Ora siete satolli. Fino alla gola vi arriva il cibo delle concupiscenza e vi strozza. Ma avrete fame. Una fame tremenda, insaziabile e senza addolcimento in eterno. Ora siete ricchi. Quanto bene potreste fare colla vostra ricchezza! Ve ne fate tanto male per voi e per gli altri. Conoscerete una povertà atroce in un giorno che non avrà fine. Ora ridete. Credete d'essere i trionfatori. Ma le vostre lacrime empiranno gli stagni della Geenna. E non avranno più sosta.
Dove si annida adulterio? Dove corruzione di fanciulle? Chi ha due o tre letti di licenza, oltre il proprio di sposo, e su essi profonde il suo denaro e la vigoria di un corpo che Dio gli ha dato sano perché lavori per la sua famiglia e non si spossi in luridi connubi che lo mettono al disotto di una bestia immonda?
Avete udito che fu detto: " Non commettere adulterio ". Ma lo vi dico che chi avrà guardato una donna con concupiscenza, che chi è andata ad un uomo col desiderio, anche solo con questo, ha già commesso adulterio nel suo cuore. Nessuna ragione giustifica la fornicazione. Nessuna. Non l'abbandono e il ripudio di un marito. Non la pietà verso una ripudiata. Avete un'anima sola. Quando essa è congiunta ad un'altra per patto di fedeltà, non menta. Altrimenti il bel corpo per cui peccate andrà seco voi, anime impure, nelle fiamme inesauste. Mutilatelo piuttosto, ma non l'uccidete in eterno dannandolo. Tornate uomini, voi ricchi, sentine verminose di vizio, tornate uomini per non fare ribrezzo al Cielo...”.
Maria, che ha ascoltato in principio con un viso che era un poema di seduzione e di ironia, avendo di tanto in tanto delle risatine di scherno, sulla fine del discorso si fa nera di corruccio. Capisce che senza guardarla Gesù parla a lei. Ilsuo corruccio si fa sempre più nero e ribelle e all'ultimo ella non resiste. Si avvolge dispettosa nel suo velo e, inseguita dalle occhiate della folla che la scherniscono e dalla voce di Gesù che la persegue, si dà in corsa giù per la china lasciando lembi di veste sui cardi e sui cespugli di rose canine che sono ai margini del sentiero, e ride di rabbia e di scherno.
Non vedo altro. Ma Gesù dice: “ Vedrai ancora ”.
(29 maggio 1945.)
Gesù riprende: “ Voi siete sdegnati dell'avvenuto. Sono due giorni che il nostro rifugio, ben alto sul fango, è turbato dal sibilo di Satana. Non è più dunque un rifugio e noi lo lasceremo. Ma voglio ultimarvi questo codice del " più perfetto" in quest'ampiezza di luci e di orizzonti. Qui realmente Dio appare nella sua maestà di Creatore, e vedendo le sue meraviglie noi possiamo giungere a credere fermamente che il Padrone è Lui e non Satana. Non potrebbe il Maligno creare neppure uno stelo d'erba. Ma Dio tutto può. Questo ci conforti. Ma voi siete tutti al sole ormai. E ciò vi nuoce. Spargetevi allora su per le pendici. Vi è ombra e frescura. Prendete il vostro pasto, se volete. lo vi parlerò sullo stesso argomento. Molti motivi hanno protratto l'ora. Ma non vi rincresca di ciò. Qui siete con Dio .
La folla grida: “ Sì, sì. Con Te ” , e si sposta sotto i boschetti sparsi sul lato orientale, di modo che la parete e le frasche fanno riparo al sole già troppo caldo.
Gesù dice intanto a Pietro di smontare la sua tettoia. Ma... ce ne andiamo proprio?
“ Sì ”.
“ Perché è venuta lei?...”.
“ Sì. Ma non lo dire ad alcuno e specie allo Zelote. Ne rimarrebbe afflitto per Lazzaro. Non posso permettere che la parola di Dio sia fatta scherno di pagani...”.
“ Capisco, capisco... ”.
“ Allora però capisci anche un'altra cosa ”.
“ Quale, Maestro? ”.
“ La necessità di tacere in certi casi. Mi raccomando. Tu sei tanto caro, ma sei anche talmente impulsivo da uscire in osservazioni pungenti ”.
“Capisco... non vuoi per Lazzaro e Simone...”.
“E per altri ancora ”.
“ Pensi che ce ne saranno oggi?”.
“ Oggi, domani e dopodomani e sempre. E sempre sarà necessario sorvegliare l'impulsività del mio Simone di Giona. Vai, vai a fare quanto ti ho detto ”.
Pietro se ne va, chiamando in suo aiuto i compagni.
L'Iscariota è rimasto pensieroso in un angolo. Gesù lo chiama. Tre volte, perché non sente. Infine si volge.
“ Mi vuoi, Maestro? ”, chiede.
“ Sì. Va' tu pure a prendere il tuo cibo e ad aiutare i compagni ”.
“ Non ho fame. E neppure Tu ”.
“ Neppure Io. Ma per opposti motivi. Sei turbato, Giuda? ”.
“No, Maestro. Stanco... ”.
“ Ora andiamo sul lago e poi in Giudea, Giuda. E da tua madre. Te l'ho promesso... ”.
Giuda si rianima.
“ Vieni proprio con me solo? ”.
“ Ma certo. Voglimi bene, Giuda. Io vorrei che il mio amore fosse in te al punto da preservarti da ogni male ”.
“ Maestro... sono uomo. Non sono angelo. Ho attimi di stanchezza. E’ peccato aver bisogno di dormire? ”.
“ No, se tu dormi sul mio petto. Guarda là la gente come è felice e come è lieto il paesaggio da qui. Però deve essere molto bella anche la Giudea, in primavera ”.
“ Bellissima, Maestro. Solo là, sulle montagne, che sono più alte di qui, è più tardiva. Ma vi sono fiori bellissimi. I pometi sono uno splendore. Il mio, cura particolare della mamma, è uno dei più belli. E quando ella vi cammina, coi colombi che le corrono dietro per avere grano, credi che è una vista che placa il cuore
“Lo credo. Se mia Madre non sarà troppo stanca mi piacerebbe portarla dalla tua. Si amerebbero perché sono due buon ”.
Giuda, sedotto da questa idea, torna sereno e, dimenticandosi di ‘non aver fame e di essere stanco’, corre dai compagni ridendo allegro, e, alto come è, slaccia i nodi più alti senza fatica e si mangia il suo pane e ulive, allegro come un fanciullo.
Gesù lo guarda con compassione e poi si avvia verso gli apostoli.
“ Ecco il pane, Maestro. E un uovo. Me lo sono fatto dare da quel ricco là, vestito di rosso. Gli ho detto: " Tu ascolti e sei beato. Lui parla ed è sfinito. Dàmmi uno dei tuoi ovetti. Farà meglio a Lui che a te ”.
“ Ma Pietro! ”.
“ No, Signore! Sei pallido come un bambino attaccato a un petto vuoto e stai divenendo esile come un pesce dopo gli amori. Lascia fare a me. Non voglio avere rimproveri da farmi. Ora lo metto in questa cenere calda, sono le fascine che ho arrostite, e Tu te lo bevi. Non lo sai che sono... quanti sono? settimane certo, che non si mangia che pane e ulive e un poco di latticello... Uhm! Sembriamo in purga. E Tu mangi meno di tutti e parli per tutti. Ecco l'uovo. Bevilo tiepido, che fa bene ”.
Gesù ubbidisce e, vedendo che Pietro mangia solo pane, chiede:“ E tu? Le ulive? ”.
“ Sss! Mi servono per dopo. Le ho promesse ”.
“ A chi?”.
“ A dei bambini. Però se non stanno zitti fino alla fine io mi mangio le ulive e a loro do i noccioli, ossia schiaffi “ Ma benissimo! ”.
“ Eh! non li darò mai. Ma se non si fa così! Ne ho presi tanti anche io, e se mi avessero dovuto dare tutti quelli che meritavo per le mie monellerie ne avrei dovuto prendere dieci volte di più! Ma fanno bene. Sono così perché le ho prese. Ridono tutti della sincerità dell'apostolo.
“ Maestro, io ti vorrei dire che oggi è venerdì e che questa gente... non so se potrà procurarsi cibo in tempo per domani o raggiungere le case ”, dice Bartolomeo.
“ E vero! E’ venerdì! ”, dicono in diversi.
“ Non importa. Dio provvederà. Ma lo diremo loro ”.
Gesù si alza e va al suo nuovo posto, in mezzo alla folla sparsa fra i boschetti.
“ Per prima cosa ricordo che è venerdì. Ora Io dico che chi teme di non poter giungere in tempo alle case e non può giungere a credere che Dio darà domani cibo ai suoi figli, può ritirarsi subito, di modo che il tramonto non lo colga per via”.
Su tutta la folla si alzano una cinquantina di persone. Tutti gli altri restano dove sono.
Gesù sorride e comincia a parlare.
“ Avete udito che fu detto in antico: " Non commettere adulterio ". Chi fra voi mi ha già udito in altri luoghi sa che più volte lo ho parlato su questo peccato. Perché, guardate, per Me è peccato non solo per uno ma per due e tre persone. E mi spiego. L'adultero pecca per sé, pecca per la sua complice, pecca portando a peccare la moglie o il marito tradito, il quale o la quale possono giungere a disperazione o a delitto. Questo per il peccato consumato. Ma Io dico di più. lo dico: " Non solo il peccato consumato ma il desiderio di consumarlo è già peccato
Cosa è l'adulterio? E’ il desiderare febbrilmente colui che non è nostro, o colei che non è nostra. Si comincia a peccare col desiderio, si continua con la seduzione, si completa con la persuasione, si corona con l'atto.
Come si incomincia? Generalmente con uno sguardo impuro. E ciò si ricollega a quanto dicevo prima. L'occhio impuro vede ciò che è nascosto ai puri e per l'occhio entra la sete nelle fauci, la fame nel corpo, la febbre nel sangue. Sete, fame, febbre carnale. Ha inizio il delirio. Se l'altro, il guardato, è un onesto, ecco che il delirante resta solo a rivoltolarsi sui suoi carboni ardenti, oppure giunge a denigrare per vendetta. Se è disonesto anche il guardato, ecco che risponde allo sguardo, ed ha inizio la discesa nel peccato.
Perciò lo vi dico: " Chi ha guardato una donna con concupiscenza ha già commesso adulterio su lei perché il suo pensiero ha già commesso l'atto del suo desiderio ". Piuttosto che questo, se il tuo occhio destro ti è stato cagione di scandalo càvatelo e gettalo lungi da te. Meglio per te che tu sia senza un occhio che sprofondare nelle tenebre infernali per sempre. E se la tua mano destra ha peccato mozzala e gettala via. Meglio per te essere senza un membro piuttosto che essere tutto dell'inferno. E’ vero che è detto che i deformi non possono più servire Dio nel Tempio. Ma oltre la vita i deformi per nascita, che siano santi, o i deformi per virtù, diverranno belli più degli angeli e serviranno Dio, amandolo nella gioia del Cielo.
Vi è anche stato detto: " Chiunque rimanda la propria moglie le dia libello di divorzio “.
Ma questo va riprovato. Non viene da Dio. Dio disse ad Adamo: "Questa è la compagna che ti ho fatto. Crescete e moltiplicatevi sulla terra, riempitela e fatela a voi soggetta ". E Adamo, pieno di intelligenza superiore perché ancora il peccato non aveva offuscato la sua ragione uscita perfetta da Dio, esclamò: " Ecco finalmente l'osso delle mie ossa e la carne della mia carne. Questa sarà chiamata Virago, ossia altro me, perché tratta dall'uomo. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre, e i due saranno una sola carne ". E in un accresciuto splendere di luci l'eterna Luce approvò con un sorriso il detto d'Adamo, che diventò la prima, incancellabile legge. Ora, se per la sempre crescente durezza dell'uomo, l'uomo legislatore dovette mettere un nuovo codice; se per la sempre crescente volubilità dell'uomo dovette mettere un freno e dire: " Se però l'hai ripudiata non la puoi più riprendere ", questo non cancella la prima, genuina legge, nata nel Paradiso terrestre e approvata da Dio.
Io vi dico: " Chiunque rimanda la propria moglie, eccetto il caso di provata fornicazione, l'espone all'adulterio ". Perché, infatti, che farà nel novanta per cento dei casi la donna ripudiata? Passerà ad altre nozze. Con quali conseguenze? Oh! su questo quanto ci sarebbe da dire! Non sapete che potete provocare incesti involontari con questo sistema? Quante lacrime sparse per una lussuria! Sì. Lussuria. Non ha altro nome. Siate schietti. Tutto si può superare quando lo spirito è retto. Ma tutto si presta a motivo per soddisfare il senso quando lo spirito è lussurioso. Frigidità femminile, pesantezza di lei, incapacità relativa alle faccende, lingua bisbetica, amore al lusso, tutto si supera, anche le malattie, anche le irascibilità, se si ama santamente. Ma siccome dopo qualche tempo non si ama più come il primo giorno, ecco che allora si vede impossibile ciò che è più che possibile, e si getta una povera donna sulla via e verso la perdizione. Fa adulterio chi la respinge. Fa adulterio chi la sposa dopo il ripudio.
Solo la morte rompe il matrimonio. Ricordatevelo. E se avete fatto una scelta infelice, portatene le conseguenze come una croce, essendo due infelici, ma santi, e senza fare maggiori infelici nei figli, che sono gli innocenti che più soffrono di queste disgraziate situazioni. L'amore dei figli dovrebbe farvi meditare cento volte e cento, anche nel caso di una morte di coniuge. Oh! se sapeste accontentarvi di quanto avete avuto e al quale Dio ha detto: " Basta "! Se sapeste, voi vedovi e voi vedove, vedere nella morte non una menomazione ma una elevazione ad una perfezione di procreatori! Esser madre anche per la madre estinta. Esser padre anche per il padre estinto. Esser due anime in una, raccogliere l'amore per le creature sul labbro gelato del morente e dire: " Va' in pace, senza paura per quelli che da te sono venuti. Io continuerò ad amarli, per te e per me, amarli due volte, sarò padre e madre, e l'infelicità dell'orfano non peserà su loro e neppure sentiranno la innata gelosia del figlio di coniuge risposato per colui o colei che prende il posto sacro alla madre, al padre, da Dio chiamati ad altra dimora ".
Figli, il mio dire si volge alla fine, come sta per volgersi alla fine il giorno che già declina, col sole, verso occidente. Di questo ritrovo sul monte lo voglio ricordiate le parole. Scolpitevele nei cuori. Rileggetele spesso. Vi siano guida perenne. E soprattutto siate buoni con chi è debole. Non giudicate per non essere giudicati. Ricordate che potrebbe venire il momento in cui Dio vi ricordasse: "Così hai giudicato. Perciò sapevi che ciò era male. Hai dunque, con coscienza di quanto facevi, commesso peccato. Sconta ora la tua pena ".
La carità è già un'assoluzione. Abbiate la carità in voi, per tutti e su tutto. Se Dio vi dà tanti aiuti per mantenervi retti, non inorgoglitevene. Ma cercate di salire per quanto è lunga la scala della perfezione e porgete la mano agli stanchi, agli ignari, a coloro che sono preda di subite delusioni. Perché osservare con tanta attenzione il bruscolo nell'occhio del tuo fratello se prima non ti curi di levare il trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo prossimo: " Lascia che io ti levi dall'occhio questo bruscolo mentre la trave che è nel tuo ti accieca? Non essere ipocrita, figlio. Levati prima la trave che hai nel tuo e allora potrai levare il bruscolo al fratello senza rovinarlo del tutto.
Ugualmente all'anticarità non abbiate l'imprudenza. Io vi ho detto: " Porgete la mano agli stanchi, agli ignari, a coloro che sono preda di improvvise delusioni ". Ma se è carità istruire gli ignari, animare gli stanchi, dare nuove ali a quelli che per molte cose le hanno spezzate, è imprudenza rivelare le verità eterne agli infetti di satanismo, i quali se ne appropriano per fingersi profeti, insinuarsi fra i semplici, corrompere, traviare, sporcare sacrilegamente le cose di Dio. Rispetto assoluto, saper parlare e saper tacere, saper riflettere e saper agire, ecco le virtù del vero discepolo per fare dei proseliti e per servire Iddio. Avete una ragione, e se sarete giusti Dio vi darà tutte le sue luci per guidare ancora meglio la vostra ragione. Pensate che le verità eterne sono simili a perle, e mai si è visto buttare le margarite ai porci, che preferiscono ghiande e broda fetida alle preziose perle e le pesterebbero senza pietà sotto i piedi per poi, con la furia di chi è stato schernito, rivolgersi a sbranarvi. Non date le cose sante ai cani. Questo per ora e per poi.
Molto vi ho detto, figli miei. Ascoltate le mie parole; chi le ascolta e le mette in pratica è paragonabile ad un uomo riflessivo che, volendo costruire una casa, scelse un luogo roccioso. Certo faticò a costruire le basi. Dovette lavorare di piccone e scalpello, incallirsi le mani e stancarsi le reni. Ma poi poté colare le sue calcine negli spacchi della roccia e mettervi i mattoni serrati come in una muraglia di fortezza, e la casa crebbe solida come un monte. Vennero le intemperie, i nubifragi, le piogge fecero traboccare i fiumi, i venti fischiarono, le onde percossero, ma la casa resistette a tutto. Così è colui che ha una ben fondata fede. Invece chi ascolta con superficialità e non si sforza di incidersi nel cuore le mie parole, perché sa che per fare ciò dovrebbe fare fatica, provare dolore, estirpare troppe cose, è simile a chi per pigrizia e stoltezza edifica la sua casa sulla rena. Non appena vengono le intemperie, la casa, presto costruita, presto cade, e lo stolto si guarda desolato le sue macerie e la rovina del suo capitale. E qui è più che una rovina, riparabile ancora con spesa e fatica. Qui, crollato l'edificio mal costruito di uno spirito, nulla più vi resta per riedificarlo. Nell'altra vita non si edifica. Guai a presentarsi là con delle macerie!
Ho finito. Ora Io scendo verso il lago e vi benedico nel nome di Dio uno e trino. La mia pace sia con voi ”.
Ma la folla urla: “ Veniamo con Te. Lasciaci venire! Nessuno ha le tue parole! ”. E si danno a seguire Gesù, che scende non dalla parte presa nel salire ma da quella opposta e che va in direzione diretta di Cafarnao.
La discesa è più ripida, ma è molto più svelta, e presto giungono ai piedi del monte che si adagia in una pianura verde e fiorita.
(Gesù dice: “ Basta per oggi. Domani... ”).
8.3 A prevenire obbiezioni…, ci manca l’immaginazione!
Rimango a lungo a meditare su quanto sia difficile comportarsi da cristiani, roba da scoraggiarsi.
Ma non dovete scoraggiarvi. Questi ragionamenti del discorso della montagna – e vi è andata bene che avete sentito i discorsi di un solo giorno e non quelli dei cinque giorni precedenti, perché altrimenti correreste ad abbracciare un’altra religione che vi lasci viver tranquilli – sono ragionamenti, sono insomma un codice di perfezione evangelica.
Vorrete mica fare i perfezionisti tutto d’un colpo, no?
Ed io allora cosa dovrei dire, io, di quel che ‘Lui’ ha sottinteso per me quando parlava di quei vedovi che si risposano e che dovrebbero invece far le mamme ai figli?
Col mio carattere avrei anche accettato di non risposarmi, ma di fare la balia…mai!
Penso – in ordine ai dieci comandamenti - che l’uomo non senta tanto il bisogno di far obbiezioni a quello di non ammazzare, anche se, quando lo fa, lo fa alla grande e ci rimettono la pelle milioni di persone. E nemmeno a quello di non rubare, perché queste son cose che si capiscono. L’uomo invece contesta il perché ci si dovrebbe difendere dalla sessualità.
Detto da Gesù, si può ben capire, ma da uno di noi…
L’episodio di Satana che ‘bacia’ l’occhio della donna, nel Paradiso terrestre, stregandolo, è un esempio della potenza voluttuosa di certe tentazioni – non quelle che vengono dal proprio Io – ma quelle che vengono inoculate dall’Altro. Esse – parlo delle tentazioni in genere, non solo di quelle sessuali – possono assumere una grande potenza suggestiva, e quella realtà che esse ci fanno balenare ci pare così irresistibilmente appetibile che c’è solo da augurarsi di non venircisi a trovare mai, perché si possono concludere con una frana fragorosa difficile da arginare, se non ben temprati nella volontà di resistere o nella volontà di pentirsi e risollevarsi.
Ma a conforto di coloro che son convinti, specie dopo aver letto questo brano di Eva, che la sua tentazione fu un atto ‘sessuale’, ribadirò – come avevo già accennato in precedenza, che l’atto sessuale – inteso in questo caso come esplosione di sessualità – fu solamente l’atto finale di un precedente atto spirituale di superbia, la superbia di voler essere come Dio, coltivata insieme all’orgoglio di voler creare ‘in proprio’, anzi di ‘procreare’, con la potenza di Dio, per essere come Dio.
San Giovanni evangelista ci perdonerà se per un attimo lasciamo i temi del suo Vangelo per approfondire questo del Peccato Originale, che ‘intriga’ ognuno di noi e del quale non siamo mai riusciti a capire, bene, in che cosa fosse consistito e che male ci fosse stato, tutto sommato, visto che noi uomini siam ben fatti di carne, ed alla fin fine è ‘Lui’che ci ha fatti così, dicendoci per giunta ‘Crescete e moltiplicatevi’, no?
A proposito di moltiplicazione, mentre ne ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ (nuova versione tipografica de ‘Il Poema dell’Uomo-Dio’), nulla si dice al riguardo, nella precedente versione del Centro Editoriale Valtortiano, al Vol. III, pagine 218 e 219, è riportata in calce la seguente ‘nota’ della mistica, che riporta a sua volta quel che Gesù stesso le aveva chiarito successivamente in merito al discorso del ‘bacio’ dell’occhio di Eva e della sua sessualità risvegliata
Nota:
Dice Gesù:
A prevenire obbiezioni spiego in che consistette la corruzione dell'occhio e orecchio di Eva. Parlo, e lo si rifletta, di bacio immateriale, ossia di lezione di malizia intellettuale data a destare una curiosità inizialmente spirituale, come spirituale era la prova proposta da Dio per confermare in grazia Adamo ed Eva: l'ubbidienza dell'unico comando di Dio. La curiosità inizialmente spirituale degenerò poscia in curiosità sostanziali sempre più presenti e animali. Eva, tutta grazia e innocenza, con dovizia di doni preternaturali, vedeva e conosceva con giustizia Dio e sé stessa: creatura elevata al grado sopranaturale di figlia di Dio. Vedeva e conosceva i rapporti suoi di creatura col suo Creatore, la sua differenza da Lui, non mai annullata né per la somiglianza e immagine ricevuta dal Padre Creatore, né per l'amore divino verso il suo creato. Nulla del moltissimo ricevuto l'aveva tratta al delirio di credersi uguale, in natura e potenza, a Dio, e perciò Dio come Lui. Nulla l'aveva fatta avida di essere e potere tutto, come Dio che è il Tutto e tutto può. Innocente e felice come un pargolo era paga di ciò che le era stato donato, sana moralmente e fisicamente perché immune da fermenti e appetiti anormali. Si conosceva come figlia di Dio, e come tale conosceva il compagno. Aveva il creato sensibile ai suoi piedi di regina dei regni inferiori, ma la sua vista non corrompeva il suo io, anzi era sprone ad essere sempre più creatura soprannaturale perché le meraviglie dell'Eden, delle quali vedeva soltanto che erano buone, la portavano ad un amore sempre più perfetto verso il suo Signore.
Si conosceva nella parte superiore di figlia di Dio, si ignorava nella parte inferiore di creatura animale.
Satana, in veste di serpente, attrasse a sé l'incauta, la affascinò come è proprietà del serpente, del suo astuto incanto fe' tossico mortale che offuscò il vedere e intelligere spirituale della donna, e, lubrico e insinuante, rivelò la donna a sé stessa.
Ed Eva si vide potente come Dio, se avesse gettato lungi da lei il segno di creatura: il dovere di ubbidire a quanto Dio comandava, e di limitarsi a fare ciò che Dio concedeva di fare. E gettatolo per essere “come Dio” entrò in lei la lussuria spirituale del tutto potere. La quale generò quella mentale del tutto conoscere, il Bene e soprattutto il Male che Dio le vietava di conoscere, mentre il Serpente la spronava a conoscerlo, perché soltanto per la conoscenza completa del Bene e del Male sarebbero divenuti, lei e Adamo, “come dèi” rendendo immortale il loro sangue e il loro seme per capacità propria, e le si offriva a maestro nel tutto conoscere. Ed Eva lo accettò per maestro. La lussuria mentale figlia di quella spirituale generò la lussuria carnale. Ed Eva, che aveva già usato al male vista e udito, volle usare al male il tatto prendendo conoscenza del misterioso frutto, l'olfatto aspirandone l'essenza inebbriante, il gusto mordendo la scorza dì una conoscenza nuova per gustarne l'ignoto sapore. E sorse in lei l'appetito concupiscibìle di consumare completamente quanto aveva appena assaggiato, perché, ormai spoglia di Grazia, innocenza e integrità, le parve buono ciò che buono non era, né più poteva tener il senso soggetto alla ragione. Si conobbe e conobbe, e volle che il compagno conoscesse, e andata a lui con malizia lo trasse a calpestare il comando di Dio, lo tentò a mordere ciò che prima lei aveva morso, e fattolo simile a sé in lussuria e malizia lo persuase a consumare il proibito perché dava nuovo immediato godimento e futuro potere di esser simili a Dio creando da soli, con leggi naturali, comuni ai bruti e diverse da quelle stabilite da Dio, nuovi uomini alla terra. Le due scale di Satana per fare dell'uomo: figlio di Dio, un animale, e per tentare di fare dell'Unigenito divino fattosi Uomo un peccatore. La prima discendente dallo spirito alla carne e riuscita con la fatale caduta. La seconda ascendente dalla carne allo spirito e fallita, perché quanto era satanico disegno di indurre in peccato il Messia, onde distruggere per sempre ogni possibilità di rigenerazione dell'uomo a figlio di Dio, servì per la perfezione dell'Uomo-Dio, a confermare il Cristo nella sua grazia d'uomo, e quindi nella sua potenza di Messia causa di eterna salute per la redenta figliolanza d'Adamo
***
Beh…? Ora che avete letto quello che - ‘a prevenire obbiezioni’ – ha spiegato Gesù sul come intendere il bacio dell’occhio e dell’orecchio di Eva, avrete capito finalmente perché noi – dopo il Peccato originale - siamo dei pover’uomini che non comprendiamo, come anche quelle due mie amiche di cui vi avevo accennato, cosa ci sia poi di tanto male nella sessualità.
Infatti ci succede una cosa per certi versi analoga – anche se inversa - a quella che Gesù ha detto che successe ad Eva.
Eva sbagliò infatti perché, conoscendo di sé solo la parte spirituale superiore, non poteva immaginare quella animale inferiore
Noi sbagliamo perché conoscendo quella inferiore non riusciamo ad immaginare quella spirituale superiore…
Insomma, ci manca l’immaginazione!
8.4 Padre ho peccato contro il Cielo e contro di te…!
Comunque ritornando al tema originario, e cioè a quel ‘Dopo ciò…’di Giovanni, è bene ricordare – perché intercorrenti fra l’episodio di Cana ed il ritorno a Gerusalemme - gli episodi connessi alle parabole di cui ci parla Matteo: quella del seminatore, del grano e del loglio, l’episodio della tempesta sedata, di quei due di Gerasa posseduti da una ‘Legione’ di demoni, di cui abbiamo già parlato , l’insegnamento della preghiera del Padre Nostro e infine la famosissima parabola del Figliol prodigo che Giovanni non ci racconta perché l’aveva già raccontata Luca, e bene, ma che noi – ora che, avendo letto quel po’ po’ di roba sul Peccato originale, ci sentiamo più ‘prodighi’ che mai – ci andiamo a leggere due volte: prima in Luca, ché quella siam sicuri che è Parola del Signore, e poi nella Valtorta, perché poi ci viene il dubbio che anche quella di quest’ultima – senza offesa per Luca - sia mica male come ‘parola del Signore’:
Lc, 15, 1-32:
Egli disse ancora: ‘Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: ‘Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta’.
E il padre divise fra i figli i suoi beni.
Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, messa insieme ogni cosa, se ne partì per un paese lontano, e là scialacquò tutto il suo patrimonio vivendo dissolutamente.
Quando ebbe dato fondo ad ogni cosa, venne in quella regione una tremenda carestia ed egli cominciò a sentir la miseria.
Allora se ne andò e si mise a servizio di un uomo di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a custodire i porci.
Avrebbe voluto riempirsi il ventre delle carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava.
Allora, rientrato in se stesso, disse: ‘Quanti mercenari di mio padre hanno pane in abbondanza, ed io, qui, muoio di fame!… Mi alzerò e andrò da mio padre e gli dirò: ‘Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te! Non son più degno di essere chiamato tuo figlio: trattami come uno dei tuoi mercenari’.
E alzatosi, andò da suo padre.
Lo vide il padre, mentre era ancora lontano, e ne ebbe pietà; allora, correndogli incontro, gli si gettò al collo e teneramente lo baciò.
Il figlio gli disse: ‘Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio’.
Ma il padre ordinò ai servi: ‘Portate subito la veste più bella e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito ed i calzari ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, si banchetti e si faccia festa; perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto e si è ritrovato’.
E incominciarono a far festa.
Il figlio maggiore era nei campi. Al ritorno, già vicino a casa, sentendo musica e canti, chiamò un servo e gli domandò cos’era tutto quello.
Il servo gli rispose: ‘E’ ritornato tuo fratello, e tuo padre ha ammazzato il vitello grasso, perché lo ha potuto riavere sano e salvo’.
Egli allora si adirò e non voleva entrare.
Il padre uscì fuori a pregarlo. Ma egli si rivolse al padre e disse: ‘Ecco, sono tanti anni che io ti servo, senz’avere mai trasgredito uno dei tuoi ordini, e tu non mi hai dato mai nemmeno un capretto per far festa con i miei amici. E ora che è tornato questo tuo figlio, che ha consumato tutti i suoi beni con delle meretrici, ti gli hai ucciso il vitello grasso’.
Il padre rispose: ‘Figlio, tu sei sempre con me, e tutto quello che io ho è tuo; ma era ben giusto far festa e darsi alla gioia, perché questo tuo fratello era morto ed è ritornato in vita, era perduto e si è ritrovato’.
205. La parabola del fíglio prodigo.
30 giugno 1945.
“ Giovanni di Endor, vieni qui con Me. Ti devo parlare ” dice Gesù affacciandosi sull'uscio.
L'uomo accorre lasciando il bambino al quale insegnava qualcosa.
“ Che mi vuoi dire, Maestro? ” chiede.
“ Vieni con Me qui sopra ”.
Salgono sulla terrazza e si siedono dalla parte più riparata perché, per quanto sia mattina, il sole è già forte. Gesù gira lo sguardo sulla campagna coltivata, in cui i grani di giorno in giorno divengono d'oro e gli alberi gonfiano le loro frutta. Pare volere attingere il pensiero da quella metamorfosi vegetale.
“ Senti, Giovanni. Oggi Io credo che verrà Isacco per condurmi i contadini di Giocana prima della loro partenza. Ho detto a Lazzaro di prestare a Isacco un carro per fare loro accelerare il ritorno senza tema di giungere con un ritardo che provocherebbe loro un castigo. E Lazzaro lo fa. Perché Lazzaro fa tutto ciò che lo dico. Ma da te Io voglio un'altra cosa. Ho qui una somma che mi è stata data da una creatura per i poveri del Signore. Generalmente è un mio apostolo l'incaricato di tenere le monete e di dare gli oboli. Giuda di Keriot generalmente; qualche volta gli altri. Giuda non è presente. Gli altri non voglio siano a cognizione di quel che voglio fare. Anche Giuda questa volta non lo sarebbe. Lo farai tu, in mio nome... ”.
“ Io, Signore?... Io?... Oh! non ne sono degno!... ”.
“ Ti devi abituare a lavorare in mio nome. Non sei venuto per questo? ”.
“ Sì. Ma pensavo dovere lavorare a ricostruire la povera anima mia ”.
“ E Io te ne do il mezzo. In che hai peccato? Contro la misericordia e l'amore. Con l'odio hai demolito la tua anima. Con l'amore e la misericordia la ricostruirai. lo te ne do il materiale. Ti adibirò particolarmente alle opere di misericordia e di amore. Tu sei anche capace di curare, tu sei capace di parlare. Per questo sei atto ad avere cura delle infelicità fisiche e morali, e hai capacità di farlo. Inizierai con quest'opera. Tieni la borsa. La darai a Michea e ai suoi amici. Fànne parti uguali. Ma fàlle così come Io dico. La dividi per dieci, poi ne da quattro parti a Michea: una per sé, una per Saulo, una per Gioele e una per Isaia. E le altre sei le dai a Michea perché le dia al vecchio padre di Jabé, per sé e per i suoi compagni. Potranno così avere qualche conforto ”.
“ Va bene. Ma che dico loro per giustificare? ”.
“ Dirai:" Questo è perché vi ricordiate di pregare per un'anima che si redime”.
“ Ma potranno pensare che sia io! Non è giusto! ”.
“ Perché? Non ti vuoi redimere? ”.
“ Non è giusto che pensino che sia io il donatore
“ Lascia, e fa' come Io dico ”.
“ Ubbidisco... ma almeno concedimi di mettere anche io qualche cosa. Tanto... ora non mi occorre più nulla. Libri non ne compero più, polli da nutrire non ne ho più. A me basta tanto poco... Tieni, Maestro. Serbo solo un minimo per le spese dei sandali... ” ed estrae da una borsa che aveva in cintura molte monete e le aggiunge alle monete di Gesù.
“ Dio ti benedica per la tua misericordia... Giovanni, fra poco ci lasceremo perché tu andrai con Isacco ”.
“Me ne duole, Maestro. Ma ubbidisco ”.
“Anche a Me duole di allontanarti. Ma ho tanto bisogno di discepoli peregrinanti. Io non basto più. Presto lancerò gli apostoli, poi manderò i discepoli. E tu farai molto bene. Ti serberò a speciali missioni. Intanto con Isacco ti formerai. E’ tanto buono e lo Spirito di Dio lo ha veramente istruito durante la lunga malattia. Ed è l'uomo che tutto ha sempre perdonato... Lasciarci, del resto, non vuole dire non vederci più. Ci incontreremo sovente, e ogni volta che ci ritroveremo parlerò proprio per te, ricordatelo... ”.
Giovanni si piega su se stesso, si nasconde il volto fra le mani con un aspro scoppio di pianto, e geme: “ Oh! allora dimmi subito qualche cosa che mi persuada che io sono perdonato... che io posso servire Dio... Se sapessi, ora che è caduto il fumo dell'odio, come vedo la mia anima... e come... e come penso a Dio... ”.
“ Lo so, non piangere. Resta nell'umiltà, ma non ti avvilire. L'avvilimento è ancora superbia. Solo, solo umiltà abbi. Suvvia, non piangere... ,.
Giovanni di Endor si calma poco a poco...
Quando lo vede calmato, Gesù dice: “ Vieni, andiamo sotto quel folto di meli e raduniamo i compagni e le donne. Parlerò a tutti, ma ti dirò come Dio ti ama ”.
Scendono, radunandosi intorno gli altri man mano che vanno, e si siedono poi a cerchio sotto l'ombra del pometo. Anche Lazzaro, che parlava con lo Zelote, si aggiunge alla compagnia. Venti persone in tutto.
“ Udite : E’ una bella parabola che vi guiderà con la sua luce in tanti casi.
Un uomo aveva due figli. Il maggiore era serio, lavoratore, affezionato, ubbidiente. Il secondo era intelligente più del maggiore - che in verità era un poco ottuso e si lasciava guidare per non avere da affaticarsi a decidere da sé - ma in compenso era anche ribelle, svagato, amante del lusso e del piacere, dissipatore e ozioso. L'intelligenza è un grande dono di Dio. Ma è un dono che va usato saggiamente. Altrimenti è come certi farmachi i quali, usati in mal modo, non sanano ma uccidono. Il padre - era nel suo diritto e nel suo dovere - lo richiamava a vita più saggia. Ma senza alcun utile, tolto quello di averne male risposte e un maggior irrigidimento del figlio nelle proprie cattive idee.
Infine un giorno, dopo una disputa più fiera, il figlio minore disse: " Dàmmi la mia parte dei beni. Così non sentirò più i tuoi rimproveri e i lagni del fratello. Ognuno il suo e sia finito tutto ". " Guarda " rispose il padre " che presto sarai rovinato. Che farai allora? Pensa che io non sarò ingiusto in favore di te e non riprenderò un picciolo a tuo fratello per darlo a te ”.
“Non ti chiederò nulla. Sta' sicuro. Dàmmi la mia parte ”.
Il padre fece stimare le terre e le cose preziose e, visto che denaro e gioielli facevano tanto quanto le terre, dette al maggiore i campi e i vigneti, le mandre e gli ulivi, e al minore il denaro e i gioielli, che il giovane vendette subito mutando tutto in denaro. E fatto questo, in pochi giorni, se ne andò in lontano paese dove visse da gran signore, scialacquando tutto il suo in bagordi di ogni specie, facendosi credere un figlio di re perché si vergognava di dire: " sono campagnolo", rinnegando perciò il padre suo. Festini, amici e amiche, vesti, vini, giuoco... vita dissoluta... Presto vide scemare la sostanza e venire avanti la miseria. E con la miseria, a farla più grave, venne nel paese una grande carestia che dette fondo ai resti della sostanza.
Avrebbe potuto andare dal padre. Ma era superbo e non volle. Andò allora da un riccone del paese, già suo amico nei tempi buoni, e lo pregò dicendo: " Accoglimi fra i tuoi servi in ricordo di quando godesti delle mie dovizie ". Vedete voi come è stolto l'uomo! Preferisce mettersi sotto la frusta di un padrone anziché dire ad un padre: " Perdono! Ho sbagliato! ". Quel giovane aveva imparato tante cose inutili con la sua intelligenza aperta, ma non aveva voluto imparare il detto dell'Ecclesiastico: " Quanto è infame colui che abbandona il padre suo e quanto è maledetto da Dio chi fa inquietare la madre ". Era intelligente ma non sapiente.
L'uomo a cui si era rivolto, in cambio del molto che aveva goduto dal giovane stolto, mise questo stolto di guardia ai porci - perché si era in paese pagano e vi erano molti porci - e lo mandò a pasturare nei suoi possessi le mandre dei porci. Lurido, stracciato, puzzolente, affamato - perché il cibo era scarso per tutti i servi e specie per gli infimi, e lui, straniero mandriano di porci e deriso, era ritenuto tale - vedeva i porci satollarsi delle ghiande e sospirava: " Potessi almeno io pure empirmi il ventre di questi frutti! Ma sono troppo amari! Neppure la fame me li fa parere buoni ". E piangeva pensando ai ricchi festini da satrapo fatti poco tempo prima fra risa, canti, danze... e pensava poi agli onesti pranzi ben nutriti della sua casa lontana, alle porzioni che il padre faceva a tutti imparzialmente, serbando per sé sempre il meno, lieto di vedere il sano appetito dei suoi figli... e pensava anche alle parti fatte ai servi da quel giusto, e sospirava: " I garzoni di mio padre, anche i più infimi, hanno pane in abbondanza... e io qui muoio di fame....... Un lungo lavoro di riflessione, una lunga lotta per strozzare la superbia...
Infine venne il giorno che, rinato nell'umiltà e nella sapienza, sorse in piedi e disse: " Io vado dal padre mio! E’ stolto questo orgoglio che mi fa prigione. E di che? Perché soffrire e nel corpo e più nel cuore mentre posso avere perdono e sollievo? Vado dal padre mio. E’ detto. Che gli dirò? Ma quello che è nato qui dentro, in questa abbiezione, fra queste lordure, fra i morsi della fame! Gli dirò: 'Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami perciò come l'infimo dei tuoi garzoni, ma sopportami sotto il tuo tetto. Che io ti veda passare... '. Non potrò dirgli: ' ... perché ti amo'. Non lo crederebbe. Ma lo dirà la mia vita, ed egli lo comprenderà, e prima di morire mi benedirà ancora... Oh! lo spero. Perché mio padre mi ama ". E, tornato la sera in paese, si licenziò dal padrone, e mendicando per via tornò a casa sua.
Ecco i campi paterni... e la casa... e il padre che dirigeva i lavori, invecchiato, scarnito dal dolore, ma sempre buono... Il colpevole, guardando quella rovina causata da lui, si fermò intimorito... ma il padre, girando l'occhio, lo vide e gli corse incontro, perché era ancora lontano, e raggiuntolo gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Solo il padre aveva riconosciuto in quel mendicante avvilito la sua creatura e solo lui aveva avuto un movimento di amore. Il figlio, stretto fra quelle braccia, con il capo sulla spalla paterna, mornorò fra i singhiozzi: " Padre, lascia che io mi getti ai tuoi piedi ". " No, figlio mio! Non ai piedi. Sul mio cuore, che ha tanto sofferto della tua assenza e che ha bisogno di rivivere col sentire il tuo calore sul mio petto ". E il figlio, piangendo più forte, disse: " Oh! padre mio! Io ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato da te: figlio. Ma permettimi di vivere fra i tuoi servi, sotto il tuo tetto, vedendoti, mangiando il tuo pane, servendoti, bevendo il tuo alito. Ad ogni boccone di pane, ad ogni tuo respiro si riformerà il mio cuore tanto corrotto e diverrò onesto......’. Ma il padre, tenendolo sempre abbracciato, lo condusse verso i servi, che si erano ammucchiati in distanza e che osservavano, e disse loro: "Presto, portate qui la veste più bella e catini di acque odorose, lavatelo, profumatelo, rivestitelo, mettetegli dei calzari nuovi e un anello al dito. Poi prendete un vitello ingrassato e ammazzatelo. E si prepari un banchetto. Perché questo figlio mio era morto ed ora è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato. Io voglio che ora lui pure ritrovi il suo semplice amore di pargolo; e il mio amore e la festa della casa per il suo ritorno glielo devono dare. Deve capire che egli è sempre per me il caro bambino ultimo nato, quale era nella infanzia sua lontana, quando mi camminava al fianco facendomi beato col suo sorriso e il suo balbettio". E così fecero i servi.
Il figlio maggiore era in campagna e non seppe nulla fino al suo ritorno. A sera, venendo verso casa, la vide luminosa di lumi e udì suoni di strumenti e danze uscire da essa. Chiamò un servo che correva indaffarato e gli disse: " Che avviene? ". E il servo rispose: "E’ tornato tuo fratello! Tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso perché ha riavuto il figlio e sano, guarito dal suo grande male, ed ha ordinato banchetto. Non si attende che te per cominciare ". Ma il primogenito, in collera perché gli pareva ingiustizia tanta festa per il minore, che oltre che minore era stato cattivo, non volle entrare e anzi fece per allontanarsi da casa.
Ma il padre, avvertito di questo, corse fuori e lo raggiunse tentando di convincerlo e pregandolo di non amareggiargli la sua gioia. Il primogenito rispose al padre suo: " E vuoi che io non sia inquieto? Tu fai ingiustizia e spregio al tuo primogenito. Io da quando ho potuto lavorare ti ho servito, e sono molti anni. Io non ho mai trasgredito ad un tuo comando, neppure ad un tuo desiderio. lo ti sono sempre stato vicino e ti ho amato per due per farti guarire dalla piaga fatta da mio fratello. E tu non mi hai dato neppure un capretto per godermelo cogli amici. Questo, che ti ha offeso, che ti ha abbandonato, che è stato infingardo e dissipatore e che torna ora, perché è spinto dalla fame, tu lo onori e per lui ammazzi il vitello più bello. Vale la pena essere lavoratori e senza vizi! Questo non me lo dovevi fare! ".
Il padre disse allora stringendoselo al seno: " Oh! figlio mio! E puoi credere che io non ti ami perché non stendo un velo di festa sulle tue azioni? Le tue azioni sono sante di loro, e il mondo ti loda per esse. Ma questo tuo fratello, invece, ha bisogno di essere rialzato nella stima del mondo e nella stima sua stessa. E credi tu che io non ti ami perché non ti do un premio visibile? Ma mattina e sera e in ogni mio alito e pensiero tu sei presente al mio cuore, e ad ogni attimo io ti benedico. Tu hai il premio continuo di essere sempre con me, e tutto quanto è mio è tuo. Ma era giusto banchettare e fare festa per questo tuo fratello, che era morto ed è risuscitato al Bene, che era perduto ed è stato ritornato al nostro amore ". E il primogenito si arrese.
Così, amici miei, succede nella Casa del Padre. E chi si sa uguale al figlio minore della parabola pensi pure che, se lo imita nell'andare al Padre, il Padre gli dice: " Non ai miei piedi. Ma sul mio cuore, che ha sofferto della tua assenza e che ora è beato per il tuo ritorno ". Chi è in condizioni di figlio primogenito e senza colpa verso il Padre, non sia geloso della gioia paterna, ma ne prenda parte, dando amore al fratello redento.
Ho detto. Rimani, Giovanni di Endor, e tu, Lazzaro. Gli altri vadano a preparare le mense. Presto verremo ”.
Tutti si ritirano. Quando Gesù, Lazzaro e Giovanni sono soli, Gesù dice a Lazzaro e Giovanni: “ Così si farà dell'anima cara che tu attendi, Lazzaro, e così si fa della tua, Giovanni. La bontà di Dio supera ogni misura ”.
...Gli apostoli, insieme alla Madre e alle donne, vanno verso casa preceduti da Marjziam che saltella correndo avanti. Ma presto ritorna e prende Maria per mano dicendole: “ Vieni con me. Ti devo dire una cosa, da soli ”. E Maria lo ac-
contenta.
Torcono verso il pozzo, sito in un angolo del cortiletto, tutto velato da una pergola folta che da terra sale con un arco verso la terrazza. Là dietro è l'Iscariota.
“ Giuda, che vuoi? Vai, Marjziam... Parla, che vuoi? ”.
“ Io sono in colpa... Non oso andare dal Maestro né affrontare i compagni... Aiutami...”.
“ Ti aiuterò. Ma non pensi quanto dolore dài? Mio Figlio ha pianto per causa tua. E i compagni ne hanno sofferto. Ma vieni. Nessuno ti dirà niente. E, se puoi, non ricadere più in queste colpe. E’ indegno di un uomo, ed è sacrilego verso il Verbo di Dio ”.
“ E tu, Madre, mi perdoni?”.
“ Io? Io non conto presso te che ti senti tanto grande. Io sono la più piccola delle serve del Signore. Come ti puoi preoccupare di me se non hai pietà di mio Figlio? ”.
“ Perché ho anche io una madre e, se ho il tuo perdono, mi pare di avere il suo”.
“ Ella non sa questa tua colpa ”.
“Ma ella mi aveva fatto giurare di essere buono col Maestro. Sono spergiuro. Sento il rimprovero dell'anima di mia madre”.
“ Senti questo? E il lamento e il rimprovero del Padre e del Verbo non lo senti? Sei un disgraziato, Giuda! Semini, in te e in chi ti ama, il dolore ”.
Maria è molto seria e mesta. Senza acredine parla, ma con molta serietà. Giuda piange.
“ Non piangere. Ma migliorati. Vieni ”, e lo prende per mano entrando così nella cucina.
Lo stupore di tutti è vivissimo. Ma Maria previene ogni uscita poco pietosa. Dice: “Giuda è ritornato. Fate come il primogenito dopo il discorso del padre. Giovanni, va' ad avvisare Gesù ”.
Giovanni di Zebedeo parte di corsa.
Un silenzio grava nella cucina... Poi Giuda dice: “ Perdonatemi, tu Simone per il primo. Hai un cuore tanto paterno. Sono un orfano io pure ”.
“ Sì, sì, ti perdono. Per favore, non parlarne piú. Siamo fratelli... e non mi piacciono questi alti e bassi di perdoni chiesti e di ricadute fatte. Avviliscono chi li fa e chi li dà. Ecco Gesù. Vai da Lui. E basta ”.
Giuda va mentre Pietro, non potendo fare altro, si dà a spezzare con foga delle legna secche...