(S. Giovanni: ‘Il Libro dell'apocalisse’ – Cap. 1, 9-20 – Edizioni Paoline 1968)
(Padre Martino Penasa: ‘Il Libro della speranza’ – pag. 56 - Edizione a cura del Movimento di preghiera e di studio per il ‘Dialogo tra profezia ufficiale antica e profezia carismatica moderna’, nello spirito del Concilio Vaticano II, nato in seno al Movimento Sacerdotale Mariano)

 

Giovanni spiega a questo punto l’antefatto, e racconta come egli si trovasse - all'epoca di queste visioni, e cioè presumibilmente nel 95 d.C. - confinato nell'isola di Patmos essendo perseguitato a causa della sua fede cristiana.
Un giorno, di domenica, egli ebbe quello che nella terminologia mistica viene chiamato ‘rapimento’ – come spesso succede anche ai ‘veggenti’ d’oggi.
Egli - in estasi - udì vicino a sé una voce potente e solenne che diceva: ‘Quello che vedi scrivilo in un libro, e mandalo alle sette Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatira, a Sardi, a Filadelfia, a Laodicea’.
Giovanni si volta per vedere chi è che gli parla e vede sette candelabri d’oro, e in mezzo ai candelabri vede ‘Uno che rassomigliava al Figlio dell'Uomo’, di un aspetto imponente e regale.
Questi teneva nella mano destra sette stelle (vedete quanti ‘settenari?) e dalla sua bocca usciva come una spada (simboleggia la Parola?) a doppio taglio.
Al vederlo Giovanni stramazza a terra ma il Personaggio cerca di tranquillizzarlo dicendogli: ‘Non temere: Io sono il Primo e l'Ultimo, il Vivente. Ho subito la morte, ma ecco, ora sono vivo nei secoli dei secoli e tengo le chiavi della morte e dell'inferno. Scrivi dunque le cose che hai veduto, sia quelle presenti sia quelle che stanno per venire dopo di esse…’

Rifletto. É opinione condivisibile che le cose ‘presenti’ da descrivere nel libro dovevano essere quelle relative alle sette chiese locali mentre le future dovevano essere quelle riferite alle varie fasi storiche del settenario della Chiesa universale.
Mi viene in mente che Giovanni (dicono fosse il più giovane degli apostoli e che a quell'epoca dovesse essere praticamente centenario…) doveva essere un ‘vecchietto’ ben in gamba per scrivere un affare come l'Apocalisse.
Opinioni autorevoli dicono che le sette chiese locali menzionate non dovevano – a parte qualcuna – essere comunità molto importanti in quegli albori del cristianesimo.
Non erano dunque tanto i loro specifici problemi e comportamenti quelli che dovevano essere tramandati – in quella che nel Nuovo Testamento è la rivelazione profetica per eccellenza – ma qualcosa di diverso, anzi di più importante.
La conclusione è stata che non contava tanto il nome e l'importanza di quelle singole Chiese quanto invece il fatto che già allora in quelle comunità di cristiani si rilevavano pregi e difetti che, in qualche modo, si sarebbero riprodotti ed avrebbero caratterizzato la Chiesa universale nelle sue varie fasi storiche successive.
Ammonendo o incoraggiando – attraverso le lettere - quelle chiese locali Gesù otteneva dunque il duplice scopo di ammonire o incoraggiare i cristiani del futuro in modo che cercassero di non ripetere gli stessi errori: Egli parlava insomma alla nuora perché la ‘suocera’ intendesse…
Gesù afferma poi solennemente di essere Padrone del Tempo e di tenere saldamente sotto controllo le chiavi della morte e dell'inferno, intendendo dire di essere Padrone della Vita e della Morte, sia in termini fisici – essendo Egli infatti il Risorto che ha vinto la Morte – sia in termini spirituali, avendo Egli le chiavi dell'inferno perché ha il potere di giudicare, e perciò salvare o condannare gli uomini.

Mi fermo perplesso a rileggere quello che ho scritto e mi sembra che le mie ‘riflessioni’ siano un poco ‘povere’.
Allora vado a vedere quello che su questo punto ha scritto Padre Penasa (da ‘Il Libro della speranza’, pag. 56), da cui si capisce invece bene che - in fatto d’Apocalisse - lui sì che se ne intende…

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Cosa rappresenta tale scena?
C’è una serie di sette CANDELABRI D’ORO, luminosi. In mezzo ad essi sta ritta una figura umana, che rappresenta Gesù. Egli tiene in mano sette stelle. E spiega: i candelieri rappresentano le sette Chiese già viste da noi, e le sette stelle i rispettivi prelati, che Gesù chiama ‘Angeli’. Non possiamo illuderci che si tratti di veri angeli, perché ad essi Gesù rivolge il suo messaggio per la rispettiva Chiesa; e a volte li rimprovera aspramente: un vero angelo non merita mai nessun rimprovero!
Commento:
Questo brano introduce ai messaggi delle sette lettere che costituiscono tutta la prima parte del libro.
Il contenuto è tutto basato sulla logica del Nuovo Patto, del quale l'Introduzione presenta i soggetti attivi, che stringono fra loro un eterno Patto d’amore, cioè Gesù e la Fidanzata, la Chiesa, e si promettono a vicenda fedeltà, presenza, aiuto perenne, per sviluppare la Vita e crescere in essa fino a perfetta maturità: quella delle nozze della Parusìa, QUANDO LA SPOSA SARA’ LA SPLENDIDA CITTA’ DI DIO, la Gerusalemme nuova, che illumina della sua luce e gioia tutta la terra…’

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Mi blocco di colpo fulminato! Ferma lì…!
Avete visto che anche lui, Padre Penasa, colloca – come ho fatto io nelle mie buste - la ‘Gerusalemme Nuova’ - cioè una Nuova Chiesa’, una ‘Chiesa rinnovata’ - subito dopo la Parusia intermedia?

Per oggi basta così, adesso possiamo andare avanti col prossimo capitolo…, domani.